Apriamo ora gli spartiti del Guglielmo
Teli di Rossini, di Roberto il Diavolo o
degli Ugonotti di Meyerheer, della Mula
di Portici di Auber, del Tebaldo e Isolina
di Morlacchi, del Giuramento di Mercadante,
e vedremo clic, sciolti dalla servilità
delle forme, ne nasce ben tosto maggior
novità, e non essendone men ragionata
la condotta, l’interesse ne è più vivo,
il carattere più individuato, e il genio più
libero spazia.
Allo scrittore che veracemente il voglia
non sarà difficile formarsi uno stile,purché
alla propria immaginazione appresti alimento
colla lettura di quegli autori che
più si distinguono per originalità. Rossini
ebbe immaginazione fervidissima, eppure
dopo certo numero di opere sembrò quasi
esausto; quando recatosi a Parigi, ed ivi
pascolata la mente coi capi d’opera delle
scuole Tedesca e Francese, potè prendere
nuovo slancio e sorprendere di nuovo 1 Europa
col suo Guglielmo Teli, in cui niuna
reminiscenza trovi delle opere antecedenti.
Ma alla lettura conviene applicarsi non
già per imitare il fare di tale o tal altro
maestro, bensì per ampliare le proprie vedute
e risvegliare la fantasia. 11 vero fonte
da cui derivare lo stile è il proprio cuore.
Fatto tesoro di idee, conviene studiare sé
stesso ed esprimere ciò che si sente; ma
sovra ogni cosa conviene guardarsi dalle
forinole.
11 ripetiamo; formarsi uno stile non è
cosa sommamente difficile, e se riescono i
semplici esecutori ad imprimere un carattere
particolare a tutto che suonano o cantano,
benché lavorino le idee altrui, ben
più facile ciò sarà al compositore. Così fecero
i grandi artisti d’ogni genere, tempo
e nazione, e i loro nomi celebra non peritura
fama.
Qui non possiamo a meno di lamentare
altamente la mancanza di una istituzione
in questa nostra Italia, il di cui scopo sia
di lar conoscere le migliori produzioni dei
maestri d1 ogni tempo e nazione che non
possono trovar luogo nei nostri teatri. La
quale istituzione potrebbe recare in uno
tre sommi vantaggi. L’istituzione degli artisti
cioè, maggior buon gusto e intelligenza
nel pubblico, e mezzo facile agli
esordienti di farsi conoscere, esponendo coi
necessari mezzi di esecuzione le loro composizioni.
Giunti gli alunni di composizione al termine
dello studio del contrappunto, tutti
si accordano nel raccomandare ai medesimi
l’osservazione continua delle opere dei migliori
maestri, e di prenderle a modello;
ma a dir vero lo studio fatto sulle partizioni
senza sentirne l’effetto nell’esecuzione
è di ben poco giovamento. Egli è come
studiare su una piccola incisione appena
delineata le opere di Raffaello, di Tiziano,
di Canova, di Migliava, di Hayez.
Questi medesimi alunni poi han duopo di
provare le proprie forze, di esporsi al giudizio
del pubblico per farsi dotti di probasta
a coprirla di una tal quale monotonia ed a farle
perdere gran parte di sua originalità. Si consultino su
di ciò le incomparabili opere di Beethoven, in ispecic
gli adagio delle sue meravigliose sinfonie. Nè si creda
che noi vogliamo distogliere gli artisti novelli da quella
semplicità che il buon gusto tanto raccomanda nelle
orti tutte, e consigliare un fare complicalo e confuso.
Vorremmo vedere anzi questa semplicità nelle compozioni
musicali de’ nostri maestri come la rinveniamo
nelle statue di Canova, di Barlolini, di Barimi, di Pampaioni;
nei dipinti di Rafaello, del Quercino, di Tiziano,
di Guido, ecc. Ma non si confondano le idee. Altro è
semplicità, altro è scipitezza e sterilità di maniere, così
come altro è confusione, altro eleganza, altro è grazia,
altro alienazione.
pria esperienza e per trovar committenti,
al che fare trovano mille ostacoli. Infatti
vogliono essi far conoscere le loro produzioni
col mezzo della stampa? conviene
fare le spese dell’edizione col rischio di non
esitarne dieci esemplari. Cercano aprirsi la
via sempre pericolosa del teatro? conviene
lottare colla ritrosia degli appaltatori sempre
diffidenti, perchè non tutti capaci
di giudicare da sè del merito di un maestro.
Tendono essi allo stile di Chiesa?
Saranno costretti per lo più a commettere
le loro composizioni a scarsa e cattiva orchestra,
cui per giunta increscono le prove
troppo necessarie ad una passabile esecuzione.
Sorte comune a tutti i maestri che
non hanno acquistato tanta fama da poter
dettar legge ai committenti.
A tutto ciò provederebbe abbondantemente
un’Accademia non difficile ad istituirsi
in qualunque città possegga un Conservatorio
od una sufficiente orchestra. E
se ne ritrarrebbe inoltre il vantaggio di
diffondere sempre più il buon gusto nel
pubblico, la cui retta maniera di giudicare
dipende in gran parte dal numero dei confronti
che può fare. R. Boucheion.
DELL’ISTROMENTAZïOAE.
( ContiMiiaatotte (i)j.
Forte e solenne è il timbro della tromba,
e specialmente s’addice alle idee guerresche,
a’gridi del furore e della vendetta,
del pari che ai canti del trionfo; egli si
presta alla espressione di tutti i sentimenti
forti, fieri e grandiosi, alla più parte dei
tragici accenti; può altresì bene essere adoperato
in un pezzo allegro, quando che
ivi spiri una colai specie di allegrezza pomposa,
grave e solenne. L’estension della
tromba è a un dipresso come quella del
corno, li cui suoni aperti, essa (all’ottava
superiore) tutti possiede. Alcuni artisti pervengono
non infelicemente a cavar della
tromba suoni chiusi; ma queste note tornano
così sgradite all’orecchio e così male
intuonate, che quasi tutti i compositori si
sono lodevolmente guardati e tuttavia si
guardano di farne uso. Vuoisi ancora preterire
l’uso del contra do basso che è di debole
e volgare sonorità, nè alcuno effetto speciale
produce, e può in luogo di quello collocarsi
una nota di corno incomparabilmente per
tutti i conti migliore. Il fa acuto è un po’
troppo alto: questo difetto e la difficoltà
di pigliarlo di posta, mostrano che bisogna
solamente trattarlo per nota di transizione
melodica fra il mi e il sol. Quanto detto
ho del numero de’diversi tuoni del corno,
del modo di renderli utili per mezzo dei
pezzi aggiunti, e delle precauzioni da
aversi rispetto alle note alte de’ tuoni acuti
0 alle note gravi de’bassi tuoni, può convenire
ottimamente anche alle trombe.
D’uopo è solamente aggiugnere che il
destro di scriverle in tuoni differenti non
viene altrimenti spesso. La più parte delle
nostre orchestre non hanno che due trombe
e due corni a chiavi in luogo di quattro
trombe, onde meglio è, in questo caso,
lasciare le due trombe in un tuono solo,
bastando per complemento dell’armonia,
1 due corni a chiavi i quali possono prestare
tutti gli intervalli, ed hanno un
timbro non tanto differente da quello delle
trombe, per cui possono ben fondersi ini,
27, 32,
sieme nel complesso. Comunemente non
sogliono abbisognare due trombe in tuoni
differenti se non nel tuono terza minore,
quando si voglia loro assegnare alcun passo
die porti indispensabilmente l’uso della
terza o quinta nota della scala. In sol diesis
minore, per esempio, se bisogna far suonare
successivamente ad una tromba le due
note sol diesis e si, mentre che l’altra farà
sentire una terza sopra od una sesta sotto,
le altre due note si e re diesis, è indispensabile
di avere una tromba in mi naturale
(il cui mi e sol danno sol diesis e si) e
un’altra in si naturale (il cui do e mi naturale
danno il si e il re diesis)j questo
ha fatto il sig. Meyerheer nella grande
scena dell’alto quarto degli Ugonotti.
Quantunque sia invalso l’abuso continuo
del fòrte nelle trombe, s’hanno però buoni
effetti dal piano di esse; Gluck, per uno
de primi l’ha provato con quella sua lunga
tenuta di due trombe unite pianissimo
sulla dominante, nell’andante dell’introduzione
della Ifigenia in Tauride’, Beethoven
poscia (spezialmente nell’andante della sua
sinfonia in la), e Weber, n’hanno tratto
ottimo partito. Perchè queste dolci note
possano essere con sicurezza emesse, bisogna
generalmente desumerle dall’accordo
di sesta e quarta inferiore, sol, do, mi,
sol, togliendosi dal sol sopra le righe, e
non farle troppo rapidamente succedersi.
11 si bemolle di mezzo è troppo basso,
onde bisogna temperare questo difetto di
precisione colla forza dell’emissione del
suono: esso non deve però aversi nel novero
delle note dolci della tromba. Il do
superiore non ha questo sconcio, onde
può essere tenuto, e può prendersi con
dolcezza, se non altro sui quattro tuoni
inferiori, la naturale, si bemolle, si naturale,
e do. Nel tuono di re, io credo
che un valoroso artista possa, sostenendo
questo do, dargli molta dolcezza, ma sarà
prudente coprirne 1 entrata con un Jorte
del resto dell’orchestra.
Ad onta della fierezza e importanza del
suo timbro, pochi stromenti sono stali più
avviliti della tromba. Sino a Beethoven e
a Weber, tutti i compositori, non eccettuato
Mozart, si sono ostinati a condannarla
e costringerla ai vili termini di servir
di ripieno, o a farle suonare due o tre formole
di ritmo, sempre quelle stesse e pedestri
e ridicole, e spesso sconvenienti al
carattere del pezzo ove si fanno entrare.
Questo sciocco luogo comune s’è finalmente
abbandonato oggidì; tutti i compositori
che hanno stile, ai disegni melodici,
alle forme d accompagnamento, e allo
squillar ripercosso delle trombe danno la
latitudine, la varietà e l’indipendenza che
si conviene alla natura dello stromento.
Per giungere a questo è stato bisogno che
trascorresse quasi un secolo.
Le trombe dette dai francesi a pistons
hanno il beneficio di potere, come i corni
a pistons, percorrere tutta la scala diatonica
e cromatica. Esse niente (così modificate)perdono
del timbro della tromba ordinaria,
e la precision loro è al tutto soddisfacente.
Le trombe a semplici chiavette non possono
compararsi alle precedenti quanto al
suddetto beneficio.
La tromba che i Francesi chiamano a
coulisse altro non è che la tromba ordinaria
fornita d’uno apparecchio meccanico
per mezzo del quale l esecutore, col semplice
movimento di un dito, può ad un
tratto cangiare il tuono dell’istromento.
(Sarà continuato).
questi
Sin
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