Gazzetta Musicale di Milano, 1842/N. 42

N. 42 - 16 ottobre 1842

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GAZZETTA MUSICALE

N. 42

DOMENICA
16 Ottobre 1842.

DI MILANO
Si pubblica ogni domenica. — Nel corso dell’anno si danno ai signori Associati dodici pezzi di scelta musica classica antica e moderna, destinati a comporre un volume in 4.° di centocinquanta pagine circa, il quale in apposito elegante frontespizio figurato si intitolerà Antologia classica musicale.
La musique, par des inflexions vives, accentuées. et. pour ainsi dire. parlantes, exprimè toutes les passions, peint tous les tableaux, rend tous les objets, soumet la nature entière à ses savantes imitations, et porte ainsi jusqu’au coeur de l’homme des sentiments propres à l’émouvoir.

J. J. Rousseau.

Il prezzo dell’associazione annua alla Gazzetta e all’Antologia classica musicale è di Aust. lire. 24 anticipate. Pel semestre e pel trimestre in proporzione. L’affrancazione postale della sola Gazzetta per l’interno della Monarchia e per l’estero fino a confini è stabilita ad annue lire 4. — La spedizione dei pezzi di musica viene fatta mensilmente e franca di porto ai diversi corrispondenti dello Studio Ricordi, nel modo indicato nel Manifesto — Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Ufficio della Gazzetta in casa Ricordi, contrada degli Omenoni N.° 1720; all’estero presso i principali negozianti di musica e presso gli Uffici postali. Le lettere, i gruppi, ec. vorranno essere mandati franchi di porto.


Si pregano i signori associati di aiTertire che il foglio che dovrebbe pubblicarsi Domenica prossima, si darà fuori invece unitamente all’altro di Domenica 30 corrente ottobre «. STORIA VI t*» in VI II II. 1,1 MUSICA Rivoluzioni dell’orthfxtf». Continuazione (a). ’lcuu tempo dopo jMonteverde, agli stromenti vennero uniti in ^grandi divisioni di violini, viole: bassi; ma gli stromenti da fiato

} disparvero quasi nello stesso

tempo dell orchestra. Nell’anno 1634, Stefano Laudi, maestro della cappella Pontificia, compose un dramma in musica, intitolato il S. Alessio: l’orchestra era divisa in varie sezioni distinte di violini, di arpe, di liuti, di tiorbe, di bassi di viola, e di gravicembali per il basso continuo. Una tale unione potrebbe sembrare a’ nostri giorni un po’ troppo scolastica; ma ne doveva essere originale l’effetto prodotto. L’orchestra dei componimenti di Cavalli, di Carissimi e di Lulli era formata soprattutto di violini e di viole di varia grandezza, di bassi di viola, e di doppi bassi di viola, chiamati italianamente violoni. La parte di violino scrivevasi con chiave di sol in prima riga, e le varie specie di viole in chiave di do su la prima, seconda e terza riga. Una simile distribuzione si osserva in tutte le partiture di Lulli: questo compositore adopera pur talora alcuni stromenti da fiato nelle sue orchestre. In certi tratti delle sue opere si veggono indicati i flauti W, gli oboe (2), i (a) Fedi il If. 40 di questa Gazzetta. (t) È duopo non dimenticare ch’cran questi flauti a becco, non flauti traversi, l’uso de’quali cominciò a rendersi comune verso il 1710. L’oboe antico (1630) aveva otto buchi, senza chiavi; era della totale lunghezza di due piedi: aveva un suono duro e rauco. Il tenore di oboe era una quinta più basso del contralto; aveva due piedi e quattro pollici di lunghezza, otto buchi, dei quali uno veniva turato da una chiave incastrata in un bariletto traforato da molti buchi. Il basso di oboe aveva cinque piedi di lunghezza ed undici buchi, quattro de’ quali venivan chiusi da chiavi incastrate in un bossolo, Questo slromento era di figura retta, aveva la forma di oboe e si sonava con un bocchello, come il bassone. bassotti (*), i fagotti <3) ed anche le trombe (3). Ma abbenchè accresciuto il numero degli stromenti, e un | po’ più varialo il modo di sonarli, gli accompagnamenti non faceano che servire servilmente la voce del cantante; i soli ritornelli presentavano una lieve varietà. Questa maniera tanto monotona si mantenne in Francia fino ai tempi di Ranteau: la stessa Italia ai tempi di Pergolese avea fatto ben pochi progressi. In questo paese, Leo e Durante furono i primi a rendere un po’ più interessante l’uso dell’orchestra senza aumentare il numero degli stromenti. Però l’arte dell’istromentazione fu perfezionata più che mai da Majo e da Jomelli. L’invenzione del clarinetto, nel 1690, fatta da Giovanni Cristoforo Denner O), l’introduzione del flauto Iraverso nelle orchestre ed il perfezionamento del corno da caccia, fornirono ai compositori mezzi sufficienti onde produrre varietà nell’effetto dell’istromentazione, la cui importanza non fu a prima giuula riconosciuta, percliè non se ne rilevava la necessità. A quei tempi l’arte era nuova: le forme del canto erano tutt’altro che esauste: esse sole attraevano l’attenzione, e gli uomini di genio che fiorivano al principio del secolo XVIII, procuravano al pubblico veri diletti con mezzi semplicissimi: più tardi l’espressione della parola, delle situazioni e dei sentimenti drammatici, divenne l’importante scopo degli artisti e degli amatori. Non era ancora il momento di mendicare risorse dalle varie combinazioni degli stromenti; appena (1) Il bassone era composto di un sol pezzo, e mancava il fazza, come il basso di oboe; si sonava pure con un bocchello. (2) Il fagotto, slromento del genere dell’oboe, fu inventato in Italia verso il principiare del secolo XVII da un ecclesiastico chiamato jAfranio. Era composto di varii pezzi come il moderno fagotto. Ve ne erano di tre specie: la prima aveva dodici buchi c tre chiavi; la seconda aveva io stesso numero di buchi, ma era priva di chiari; molti di questi buchi si chiudevano con bischeri, che si toglievano o si mettevano, secondo i tuoni ne’ quali voleasi sonare. Il fagotto di terza specie era più piccolo degli altri aveva undici buchi c tre chiavi L’ultimo strumento della specie degli oboe eia il ccrvelas. Aveva la lunghezza di soli cinque pollici; si sonava con un’angia di oboe; era traforalo da sedici bacili. (3) Queste trombe aitro non erano che il cornetto a bocchello. (4) Giovanni Cristoforo Denner, celebre liutista, nacque a Lipsia il giorno 13 agosto dell’anno 1655; all’età di otto anni seguì a Norimberga la sua famiglia, che quivi poi si stabili Ne’ primi anni di sua giovinezza imparò a tornir flauti, arte posseduta a perfezione dal padre suo. Giovanni Cristoforo, dotalo di spirito inventivo, si studiò in appresso onde perfezionare questo stromcnto; poi inventò il Clarinetto, chiamato da prima stock fagotts, basso a canna, di poi racltelten fagott {basso a racchetta) il cui uso si smarrì dopo lungo tempo. Denner mori a Norimberga il 20 aprile 1707 lasciando due Agli, degni eredi della riputazione del padre. cominciava l’accompagnamento del canto a staccarsi dalla parte principale ed a prendere un andamento proprio. L’abilità degli istromentisti accrescendosi colf aumentare il bisogno di estendere la sfera degli effetti musicali, permetteva ai compositori di variare le forme melodiche dell’istromentazione. Jomelli, Piccini e Gluck, ai quali deggionsi in tal genere attribuire molte felici innovazioni, ben più che non il gusto del pubblico, seguivano gli slanci del loro genio. E per vero, il pubblico non era ancora educato a riconoscere l’influenza dell’istromentazione sull’effetto maggiore o minore della musica; si può anzi affermare che questa, quasi più disturbo che piacere arrecavagli. Il solo canto attraeva la sua attenzione, e gli era di disgusto tutto quanto poteva indurgli la minima distrazione; d’onde poi vennero i tanti rimproveri scagliati contro compositori accusati di sacrificar troppo la semplicità del canto al colorito più o meno carico dell’istromentazione. Galuppi sviluppando la forma dell’opera buffa, diede origine ai pezzi così detti a note e parole, obbligati principalmente all’istromentazione, dietro la quale il canto non precede che per modi semplici e a guisa di discorso famigliare. Questa invenzione, perfezionata poi da Paisiello, da Cimarosa, da Guglielmi, da Mozart e da Rossini, fu sorgente di un numero infinito di bellezze musicali nel loro genere veramente squisite. Ilaydn, rendendo precise le forme della sinfonia, preparò verso il 1760 quell’importanza che poi doveva acquistare l’orchestra nella musica drammatica. Al grande Mozart era serbata una tal gloria, acquistata senza la condanna di aver fatto studio particolare su l’effetto degli stromenti a danno del canto e della espressione musicale. Genio originale, con cln non ha egli gareggiato nel creare cantilene soavi, significanti ed energiche? Ma poiché il suo organismo interamente musicale lo traeva a dar perfezione ad ogni cosa nella quale ponesse mano, seppe sollevare l’importanza delfistromentale ad una altezza non peranco scoperta; e pur comprese doversi questa limitare ad un punto, al di là del quale emerge danno alla chiarezza del canto e alla nobile semplicità della musica. Risogna rammentare che le sue più belle opere vennero composte dal 4786 al 4792, e che prima di quest’epoca non un sol maestro aveva saputo tanto bene studiare e prevalersi delle risorse e della natura di ciascuno stromento dell’orchestra; la sua istromentazione è sempre [p. 182 modifica]1 (‘{Tetto di un vivo e profondo sentimento, giammai del calcolo. Affermiamolo senza il timore eli venire smentiti; nell’istromentazione del Tinaie deb seconcf atto delle Rozze di Figaro, di quasi tutto il Don Giovanni e del Flauto Magico, Mozart La attinto il più elevato punto di perfezione? I lavori di Paisiello e di Cimarosa ben poco, o forse nulla, aggiunsero alle invenzioni di un sì grande artista: anzi questi compositori non hanno saputo del certo al par di lui prevalersi de’vantaggiai una armonia variata e del fiorito e grandioso istromentale. Mehul e Cherubini in Francia ingrandirono ancor più le risorse dell’orchestra perfezionando gli stromenti di ottone (■*), ed adottando forme di accompagnamento studiate e simmetriche, dall’abuso delle quali non si ottenne però sempre gradevole effetto. Ma all’Italia era riserbalo l’onore di operare una compiuta rivoluzione, sia nel sistema armonico, sia nell"istromentale. Il nòstro Secolo ne fu testimonio, e 11 nome ìli Rossini è qui proferito da ogni lettore. Dopo di aver appreso quanto di meglio si poteva dalle composizioni di Mozart, di Beethoven, di Cherubini e (li Mehul, egli stesso, trasportato dal sùo genio, [mitrasse a sommo grado l’effetto istromentale. Le sue partiture offrono i primi esempi di quattro parti di violini, l’unione imponente di quattro corni, trombe ordinarie, trombe a chiavi, tromboni ecc., soli impiegati nell’accompagnamento di qualche pezzo particolare, le fogge variate del disegno, dell’armonia di tali stromenti. l’uso quasi costante della gran cassa, de’timpani e dei triangoli. Gli effetti ammirabili che da questa parte del suo istromentale si ottengono, giustificano abbastanza l’eccesso dei mezzi; e nulla meglio testifica la grandezza del suo genio, quanto l’aver egli saputo dilettali con tanto chiasso un popolo come l’Italiano così per lo innanzi nemico di ogni sorta di accompagnamento troppo strepitoso. (Sarà continuato) M ) Egli è nelle Opere di questi clic per la prima volta si trovano quattro corni usali in tuoni differenti. DELL’ISTROMENTAZIftKE. Coni iniia&iotte (1). Lo stromenlo detto dai francesi cornei a pistons. molto è alla moda oggidì in Francia, specialmenteJin un certo mondo musicale in cui l’elevatezza e purezza dello stile non sono considerate come qualità essenziali nella composizione: però egli è divenuto l’istromento a solo indispensabile per le contraddanze, galoppo, arie variate cd altre composizioni di secondo ordine. L’abitudine che si ha di sentirlo nelle orchestre di ballo eseguire melodie più o meno prive di’ originalità e di squisitezza, e la ragion del suo timbro che non ha nè la nobiltà de’ suoni del corno, nè la fierezza di quelli della tromba’, rendono assai difficile l’introdurre il corno a chiavi nell’alto stile melodico. Può però tenervi buon luogo, ma assai dirado, e a patto di non cantare se non frasi di largo movimento e di vera e reai dignità. Per la qual cosa il ritornello del tema del lìo(J) Cedi i fogli 39 e -il i, 8, 10, 19, 21, 25, 20, ’27, 32, 38, m berlo il Diavolo, «Mon fils, /non fils, ma tendresse infime,» sta ottimamente bene al coiì/et a.pistons.Ge melodie allegre avranno sempre da lui a lamentare la perdita d’una parte della loro nobiltà, dato che pur n’abbiano,’e se non ne hanno, da lui potranno ‘riconoscere un subisso di trivialità. Vi sarà una frase che parrebbe tollerabile eseguila dai. violini o dagli stromenti da fiato, di legno: essa diverrà pedestre e vile, esp*fessa e posta in rilièvo dal suono sfrontato, mordente e plateale del coi net a pistoris. Questo sconcio si terrà di mezzo, ‘dato che la frase sia di tal natura da potére essere eseguita nel medesimo tempo da uno o più tromboni, i quali colla loro voce poderosa coprono e rendono nobile quella del coni et a pistons. Questo strumento, armonicamente adoperato, si fonde ottimamente infra la massa degli stromenti di metallo: esso serve a compiere gli accordi delle note diatoniche o cromatiche delle trombe, od a lanciare rapidi gruppi di note, la qual cosa mal potrebbonò fare i tromboni. V’hanno cornette a due e a tre chiavi: queste ultime danno tutti i gradi della scala cromatica; le altre menò sono ricche, e non possono dare nè il re sopra le righe, nè il la bemolle di mezzo. Questi difetti nella scala hanno portato la preferenza alle cornette a tre chiavi, le quali presto saranno adottate ad esclusione delle altre. Questo stromenlo, quantunque piccolo sia, non è così acuto come generalmente si crede; la struttura del suo tubo è tale che le alte note escono meno agevolmente che dalla tromba. Però più facile è dare il mi allo sopra una tromba in re, di quello che il la alto sopra un cornetto in la’., queste due note, producendo l’una e l’altra il fa diesis, sono nondimeno all’unisono. Bisogna bene, scrivendo, aver sempre considerazione a questa differenza. I tuoni di ricambio del carnet a,pistons sono dei pari numerosi che quelli della tromba, ma disposti in ordine differènte: quelli della tromba comprendono cromaticamente l’estensione di una settima, togliendosi dal la basso e salendo sino al tuono di sof quelli del cornei a. pistons partono dal tuono di re e si elevano sino al tuono di do acuto. Queste espressioni di la bassó e di do acuto delle quali abitualmente suole ciascuno servirsi, sono improprie; solamente si dovrebbe dire tuono di la e tuono di do. perchè in generale le trombe non hanno il tuono di la alto, nè i cornetti a pistons il tuono di do basso. Io insisto sopra queste distinzioni, perchè troppo sovente elle sono ignorate dai compositori, e molti.di costoro non hanno ancora un’idea ben chiara de’ veri punti di rapporto che v ita fra il diapason de’ cornetti a pistons e quello delle trombe. L’osservazione che ho fatto di sopra intorno all’estensione in grave de’tuoni alti e in acuto de’tuoni gravi del corno, è applicabile anche ai cornetti a pistons. Sebbene essi possiedano una o due note di più, non bisogna loro dare se non una scala di due ottave, scrivendo dal si naturale sotto le righe al si bemolle sopra ( pei cornetti in sol. la bemolle, la naturale e si bemolle); e dal do sotto le righe al do o al re sopra (pei tuoni di re, mi bemolle, mi naturale e fa), ancora debbo aggiugnere che assai pochi esecutori possono dare il si bemolle alto nel tuono di la, il la alto nel tuono di si, e il sol alto nel tuono di do, cioè le tre note che rappresentano il sol acuto, e che essi darebbero eziandio ancor meno questo medesimo sol (rappresentato da Un fa sopra le righe) nel tuono di re. Quantunque i cornetti a tre pistons possedano tutti i suoni della scala cromatica, la scelta del tuono di scambio non è però indifferente; meglio sempre! è scegliere quello che più sostiene che sieno poste in opera molte note naturali, e che poco ha necessità di diesis o bemolli alia chiave. Quando l’orchestra suona in mi naturale. per esempio, se non s’adopera altrimenti il cornetto a pistons in mi, il meglio da prendere sarà quello in /«,• egli allora suonerà in sol. Meglio sarà ancora quando l’orchestra sia in re prendere il cornetto a pistons in hi clic suonerà in fa. Così via quanto agli altri tuoni. Cosi spiegata la cosa, meglio s’intenderà perchè comunemente e da tutti si usi scrivere i cornetti a pistons come i semplici corni e non come le trombe; cioè una settima sopra il suono reale pel corno in rè, una quarta sopra pel,corno in sol, ecc.? ecc., esattamente come se si scrivessero corni comuni in sol e in tei mentre che le trombe in re si scrivono un tuono sotto al suono reale, e le trombe in sol una quinta sotto. Ora i cornetti a pistons non valendo a coglier così facilmente come le trombe le più alte note, e il sistema dei cosi detti pistons avendo riempiuto l’immenso vano che prima era sulla natura di tulli questi stromenti, fra il conti a-sol grave, il conti a-do grave, il sol grave e il secondo do, n’è di necessità seguito che le note buone o favorite del cornetto a pistons alto sono-appunto quelle gravi note che mancano alle trombe, e che per iscriverle bisognerebbe impiegare un numero di linee suppletorie sopra le righe, che sarebbe un imbarazzo pel compositore e per l’esecutore insieme. Quinci l’abito preso di scrivere i cornetti a pistons al disopra e non al disotto del tuono reale, come si fa rispetto ai corni comuni ne’tuoni reciprochi. In seguito di quest’uso, il cornetto a pistons in do è all’unisono del corno co-mune in do acuto, i cornetti a pistons in si e in la sono alfunisono de’corni comuni in si e in la acuto, e per conseguente i cornetti a pistons in sol, fa, mie. re, sono all’ottava hassa delle trombe nei medesimi tuoni. (Sarà continuato). OSSERVAZIONI Di un vecdiio suonatore «ti viola, aiutante in Bergamo, intorno ad un articolo «lei signor «le Sevelinges inserito nella Biografia universale sulla vita e le ogiere di Pier Iiuigi Palestrina (I). Tutto ciò che ha relazione colle arti della parola, e coi diversi modi d’influire sulle idee e sugli affetti degli uomini è legato di sua natura con oggetti gravissimi. Manzovi. nella prefazione al Carmagnola. È stanziato in questa nostra città un vecchio suonatore di viola a cut non posso rifiutare in coscienza il titolo di galantuomo. Egli ebbe la bella ventura di conoscere personalmente Haydn, uomo semplice e grande, l’inventore della sinfonia, l’autore dell’Oratorio sulla Creazione, e del (1) Egli, è già gran tempo che questo Osservazioni furono date in altro foglio, ma per la sua natura, questo nostro giornale era in obbligo di riprodurle, tanta è la dottrina e il senno che vi dimostra la penna che le dettò, illustre per aver dato al teatro musicale de’ca- 7^5 polavori degni di formar tipo nell’arte. ||§ S§^I8|| [p. 183 modifica]quale si disse che‘quando in quell’opera imitava coi suoni lo splendor della luce, ^§■5^ parve dipinger il suo ingegno.Egli conobbe /rU) Beethoven, cui suole chiamare il Dante © della musica, e lo vide inspirarsi, e lo senti j improvvisare sul graviceinbalo con istraordinario valore: egli copiò molti di quegli sparliti, ne’ quali il Pachierotli inteneriva tutti gli animi’; egli fece scorrere alla meglio 1 arco sopra la sua viola in qualcuna di quelle orchestre che accompagnarono la musica infiorata da Marchesi. E perciò che quando alcuno cerca di sapere l’opinione di lui intorno a questa od a quella novità musicale, ed egli si lascia persuadere a manifestarla, è solito di protestar prima j che saprà dir solo quanto gli insegnò una pratica ahi! troppo lunga, e vorrebbe anche aggiungere, quella.infinitesima porzione di buon senso, che potrebbe aver sortito dalla natura, se non fosse assicuralo che la sarebbe questa una millanteria. Non è però facile il fargli aprir bocca, e spesso i suoi giudizj si vogliono indovinare da qualche sorriso, da ufi piegamento di capo, da un’alzata di spalle. Le espressioni oggi tanto di moda dì beffo ’ ideale, di estetica e cose simili non le usa mai,’ e quando sente ragionare sui raffinamenti, sui capricci delle arti, egli esclama - Natura... genio e basta! Ciò non pertanto sarebbe una ingiustizia l’asserire, che il nostro sonatore abbia giurato la guerra ai libri. Ogni qualvolta dovette trascrivere delle composizioni di accreditati maestri antichi e moderni, ebbe sempre la curiosità di essere informalo delle loro vicende, e quindi usò d’interrogar quegli artisti con cui si abbattè e di leggere ogni scritto.die gli,capitasse fra mani risguardànte l’arte musicale. Per tal modo potè fare annotazione di quanto ascoltò, e di quanto lo colpì maggiormente nelle sue letture, scrivendo ogni cosa in un immenso scartafaccio con ordine alfabetico. Anzi fra tante cose che gli passarono per la testa, egli alcuna volta si era pur sognato di formare una, galleria dei ritratti biografici degli scrittori di musica, sciegliendone i classici in ogni genere e ne’varj tempi della storia dell artepdi analizzarne le produzioni, mostrandone le invenzioni, ed esaminando i diversi cangiamenti da essi introdotti dalle prime epoche fino ai dì nostri. Avrebbe anche voluto a così dire delineare i tratti caratteristici di ciascuna di quelle epoche, e Sempre colle opere originali degli artisti alla mano di vedere di farne gustare le bellezze particolari e permanenti senza tacerne del resto i difetti, e distinguendo quegli proprj all’uno, od all’altro autore, da quelli provenienti soltanto dal gusto predominante del secolo. Non avrebbe voluto tralasciare di spargere qua e là delle notizie concernenti la loro vita domestica, e molto più la loro carriera artistica. In questa guisa essendo la storia de professori di un’arte quella dell’arte stessa, giungerebbesi forse a produrre dei quadri istruttivi, equivalenti a tante lezioni accademiche, la cui varietà potrebbe generare diletto. Ma il sonatore fortunatamente capì che il peso non era per le sue spalle. Un giorno che il vecchio professore trovavasi in una società di amici presso una Ò bravissima dilettante di canto (la signora É donna Teresa Imperatori) di cui egli assai volentieri accompagna talvolta col suono le soavissime melodie, un tale gli disse come un giornale, che si consacra ai progressi delle belle arti, e particolarmente della musica, cercando di raggiungere il suo scopo col diffondere delle cognizioni intorno alla medesima, avea detto con ragione che i suoi professori per lo più hanno poca coltura nella parte erudita deifi arte - che ci voleva Una medicina per guarirli di questo male - che si dovevano aspergere di dolce liquore gli orli del vaso contenente il rimedio - che sarebbe stato desiderabile che si desse in Italia, come in Inghilterra ai tempi del dottor Burney, la laurea anche in musica, e per ottenerla bisognasse aver fatto un corso di studj relativi non alla sola parte tecnica ma anche alla parte letteraria e storica della stessa, e che tornerebbero utili per ciò degli schizzi biografici. In fatti lo stesso giornale avea cominciato con lodevole esempio a presentare un articolo su Pier Luigi Palestrina già pubblicato nella Biografia universale e scritto dall’illustre signor de Sevelinges, quegli che tradusse in francese la storia americana del Botta. — Si, miei signori (si fece a dire il sonatore) è vero che in generale gli artisti musicali hanno bisogno di maggior coltura nella parte letteraria e storica dell’arte, quantunque il pubblico non istimi un ette di più un compositore, se questi sa chi abbia trovato la famosa sillaba sì, per cui tre nazioni si contendono 1 onore dell’invenzione;, o chi pel primo abbia stabilito il divieto delle due quinte progressive. E vero però, che non ci sarebbe mezzo più atto che quello de’ giornali per ispargere delle cognizioni negli amatori della musica ed arricchirne le menti degli artisti. E pur vero che gli articoli biografici potrebbero contribuir benissimo a farci ottenere un tale intento semprechò non mirino solo a soddisfare una curiosità puerile, ma sviluppando i pregi che caratterizzano i sommi dell’arte, dimostrino a qual meta essi sien giunti colle doti della natura e collo studio indefesso: la loro gloria debile servire eli stimolo efficace alla emulazione della gioventù studiosa. Conviene però che simili articoli non sieno copiati da magri ed inesatti dizionarj biografici, e che 1 erudizione sia fondata.sopra fatti certi, e non sopra vaghi racconti, e che il dolce non usurpi tutto fiutile, come una fioritura fuor di luogo e sopraccaricata uccide la più bella frase musicale piena di sentimento e di espressione. Del resto poi non si poteva cominciar meglio che da Pier Luigi Palestrina, da quel1 ingegno straordinario che divenne il riformatore della musica di chiesa, e da cui ebbe principio la gloria eminente dell’Italia in quest’arte divina. Si fece lettura dell’articolo del letterato francese, ed il sonatore questa volta non potè tenersi dal fare una chiacchierata, cui poscia per aderire alle gentili istanze dei suoi amici egli scrisse ed ampliò, già s intende dopo aver consultato il suo fedele scartafaccio. Siccome poi, secondo ciò che disse l’egregio scrittore, di cui si riportò una sentenza in fronte a queste osservazioni, r error solo è frivolo in ogni senso, parve a taluni che la chiacchierata del vecchio professore la potesse correre, se non altro perchè non vi debbon esser bugie. Scrisse il Sevelinges, che il Palestrina «ottenne da un maestro fiammingo alcune «lezioni di mùsica o piuttosto di canto <■<■ fermo. I Fiamminghi aveano allora più fati ma in questo che gli Italiani stessi. Nulla tt meno una vana pretensione alla scienza «li aveva condotti ad un genere si biz- Kj§| «zarro. che la musica sacra aveva perduta gis «tutta la sua nobiltà e tutta la sua espres«sione. Papa Marcello II n’era talmente tù* “ disgustato, che stette in procinto di ban- © «dire la musica dai templi, allorché il Fa- i «lastrina ebbe il permesso di fargli sen-; “ tire una messa clic avea composta scii condo le sue idee particolari. Tale opera, «che fu conservata come un monumento «curioso del risorgimento dell’arte, è cbia«mata ancora la Messa di Papa Marti (fello, ecc., ecc. E piacevole l’aneddoto di questa Messa, ma il malanno si è che quantunque replicato da innumerevoli scrittori sino al giorno d’oggi, manca di verità storica. Papa Marcello II. di cui il Muratori fa molti elogi, morì nella notte precedente al primo di maggio dell’anno Inno, ed il Palestrina compose la suddetta messa nel lofio, per ordine de’Cardinali Vitellozzi e Carlo Borromeo (il santo), delegati dal Pontefice Pio IVall’esecuzione de’decreti del Concilio Tridentino, il quale avea deciso non già di abolire il cauto figuralo, ma solamente ordinato di purgarlo da ogni indecenza ed impurità. Per adempier meglio tale commissione i mentovati Cardinali si consigliarono anche coi Cappellani cantori pontifici e convennero: 1 clic i mottetti e le messe cbn mescolamento di diverse parole non verrebbero più cantati: il." che le | messe lavorate sopra temi di canzoni profane e luride fossero sbandite perpetua- j mentev 5.® che i mottetti di parole capricciose messe in campo da persone private non si sarebbero giammai eseguiti. Dubitando alcuni, che per gli artifizj usati non si potessero render chiare all’uditorio le j sacre parole, il Vitellozzi, clic era amantissimo della musica e per conseguenza | stimava assaissimo il giovane e già famoso Pier Luigi, fece che di unanime consenso si stabilisse di dare allo stesso l’incombenza di scrivere una messa veramente ecclesiastica, soda, Scevra di qual si fosse mescolanza di lascivo ed impuro e nel tema e nella melodia e nella misura, ed il cui tenore fosse tale che a fronte della risuonanza delle armonie e della necessaria vincolazione delle fughe se ne intendessero limpidamente tutte quante le parole ed il senso. S. Carlo parimente persuaso delle insigni doti musicali e delle virtù religiose clic adornavano l’animo del Palestrina fu quegli che gli fece una siffatta proposizione. 11 Palestrina l’accettò trepidando e diede tre saggi di messe invece di una. Nel sabbato in Albis, 28 aprile dSGo, esse vennero provale da lutti i Cappellani cantori pontificj nel palazzo del Cardinal Vitellozzi, ov’eran radunali anche tutti gli altri Cardinali della Congregazione. Furon molto gradite dalla rispettabile udienza tali messe, ma gli elogj maggiori vennero dati alla terza, che per la sua singolare novità fece maravigliare i medesimi esecutori. I Porporati si rallegrarono vivamente coll’autore l’accomandandogli di continuare a scrivere in quello stile e di comunicarlo ai suoi allievi, e quindi rivolti a’cantori pontificj conchiusero, che la musica ecclesiastica non avrebbe patito mutazione, ma che fosse loro cura di scegliere sempre composizioni degne del Santuario, siccome erano quelle del Palestrina. La preloduta Ó messa fu poi a’ -19 di giugno del Ì5G5 can- PS tata la prima volta nella cappella di Sisto & nel Vaticano, ed è fama che Pio IV dicesse esser quelle le armonie del cantico (fe [p. 184 modifica]nuovo, cui Giovanni Apostolo udì cantare nella Gerusalemme trionfante, e che un altro Gioyanni ripeteva nella Gerusalemme terrena. Questa è la storia precisa di quella messa. Coloro che vogliono ammaestrare gli altri, e vi ricantano ad ogni tratto la vecchia canzone, che gli Italiani non si curano delle loro glorie, dovrebbero cercare <f istruire meglio sè stessi intorno alle materie che imprendono a trattare. Yoi sapete che io sono schietto, e perciò duro un po’ di fatica a perdonare a chi stampò in una Biografia meritamente celebrata e tradotta anche in Italia quelle poche parole piene di strafalcioni su di un tanto uomo, il quale anche due secoli dopo veniva chiamato non altrimenti che il famoso maestro, siasi appoggiato al Dizionario di Choron eFayolle (sia detto fra noi copiato dall*antico di Gerber) e non abbia cercato di attingere le notizie a sorgenti sicure. In uno scritto eruditissimo per esempio dell’abate Giuseppe Baini, intitolato: Memorie storicocritiche della vita e delle opere di Giovanni Pier Luigi Pale strina, stampato in Roma, già da tempo, ognuno può vedere le prove irrefragabili di quanto vi ho esposto in breve. Ma la dedica a Papa Marcello è cosa di fatto, diranno molti. Anche di ciò vi si trova una esatta informazione. La detta messa venne pochi anni dopo intitolata dal Palestrina all’ombra (Manibus) di Marcello e per gratitudine a questo suo gran Mecenate e per consiglio ancora del Cardinale Vitellozzi, perchè essendo ricercata quella composizione da Filippo II Re di Spagna, non sembrasse che dessa ed il suo autore fossero costretti di cercarsi fuor di Roma e (T Italia un Protettore, nè si offendesse quella Corte colla dedica ad alcun altro Principe. (Sarà continuato) NOTIZIE VARIE. — Da qualche tempo parlavasi a Parigi di un nuovo stromcnto del quale desideravasi veder T uso nella stromentazione delle nuove Opere. Al teatro del grand’Opéra si provò in fatto questo stromento alla presenza del maestro Meyerbeer, ed è desso un contrabasso di costruzione al tutto nuova. E più grande dei comuni nella sua parte inferiore, e alle funzioni dell’arco supplisce una ruota la quale si muove col mezzo d’un manubrio. Si osserva però che all’atto dell’esecuzione, questo stromento lascia udire lo sfregamento continuo della ruota, 10 che distrae l’attenzione. Ma deve esser facile recar rimedio a questo difetto ed ottenuto ciò rimarrà, al nuovo stromento il vantaggio di posseder suoni di un vigore finora sconosciuto. — Corradino Creutzer, il celebre compositore tedesco, si è dimesso dalle sue funzioni di maestro di Cappella del gran teatro di Colonia. A quanto si dice ha egli ora stabilita la sua dimora a Parigi per scrivervi una nuova opera comica, e per mettervi in iscena altre sue opere Una notte a Granata e lo Scudiero, già da lungo tempo celebri in Germania. — Il Menestrel, giornale musicale di Parigi, annunzia che Donizetti fu scritturato per scrivere una nuova Opera buffa pel teatro Italiano. — Si dice che stretto dalle istanze del signor Auber, 11 signor Bériot, il celebre violinista, accetterà al Conservatorio di Parigi il posto del suo antecessore Baillot. — Il signor Berlioz ha dato a Brusselles una grande Accademia, la cui orchestra componevasi di duecento parti. Vi si eseguì per intero la grandiosa sinfonia Giulietta e Romeo, composizione strumentale d’un genere drammatico-descrittivo a noi Italiani poco meno che sconosciuto. — 4 Notwick in Inghilterra fu dato un festival il quale produsse la somma di 170,000 franchi. Vi cantarono Rubini e madama Persiani. — Leggiamo in un foglio musicale la seguente notizia - Roma 2 settembre. Il vicariato generale ha emanato un decreto in forza del quale è d’oggi innanzi divietato usare nelle Chiese degli stati Pontifici altri sgomenti di musica tranne l’organo, il fagotto e il trombone; però nelle Solennità straordinarie e quando ci saranno motivi sufficienti per derogare da questa regola, si accorderà il permesso di servirsi d’altri stromenti da fiato: ma gli stromenti da arco non potranno più per verun pretesto adoperarsi nell’interno delle Chiese. (Dalla G. di V.) — Musica in Olanda. Da per tutto avvi concerti privati {permanenti. I principali nelle varie città sono colle loro denominazioni Latine o Olandesi; Felix Meritis c Stryx-en Blaaslusl a Amsterdam, Collegium musicum ultrajeetinum (che conta già più di duecento anni) a Utrecht), Diliycntia nell’Aja, Eruditio musica a Rotterdam, Musis sacrum e Sempre crescendo a Leyda, Euterpe a Zwoll; ve ne sussistono inoltre a Gròninga, Leuwarden, Nimwega ecc. L’Euterpe a Zwoll riunisce pur anco una scuola di musica e di canto, e conta più di 120 allievi. Nelle varie scuole di canto di Leyda si contano ormai 5f>o allievi. La maggiore però fra tutte le riunioni musicali è la nota Unione per promuovere la musica, la quale ha delle divisioni in 14 Città maggiori o minori, ognuno de’ cui membri paga 4 fiorini olandesi annui alla cassa generale; il loro numero è di 2100, 1600 de’quali sono a Amsterdam, Rotterdam, Aja e Utrecht. Questa unione, oltre al mantenimento delle scuole ed accademie di musica, pubblica altresì ogni anno de’ premj per lavori musicali. Amsterdam possiede ormai lò o 20 voci di vaglia, e sua sorella Rotterdam gliene presta altre sei. Avvi poi due Regie scuole di musica, l’una nell’Aja, e un’altra a Amsterdam, la prima della quale presta molto di più che non l’ultima. Il teatro, particolarmenle l’opera, vai poco, eccettuato il teatro Francese all’Aja. — Il signor Beale a Londra, della Casa Cramcr, Addington e Beale, inventò un nuovo istromento, da lui detto: Eufonico, che deve unire le qualità del pianoforte con quelle dell’arpa. Comprende 7 ottave, ha la figura di un tavolo oblungo, e una triplice tavola armonica. — Thalberg, il quale presentemente è a Vienna, visiterà, durante il novembre c la prima metà di dicembre, l’Inghilterra, la Scozia e l’Irlanda, poscia 9i reca in Olanda, e alla fine di gcnnajo, per la via di Brusselles, a Parigi, ove preliminarmente si fermerà sino ad aprile. Abbiamo queste notizie dalla propria sua bocca. (Gazz. Mus. di Lipsia) — Secondo la nuova tariffa doganale della Norvegia, ogni istromento musicale che vi s’introduce, deve pagare 20 talleri di Spagna come dazio d’ingresso DELL I. R. STABILIMENTO NAZIONALE PRIVILEG. Di eiOVAirai RICORDI. Mirtilli per it Pianoforte a qaattro mani SOPRA DIVERSI MOTIVI DELL’OPERA DEL MAESTRO COMPOSTA DA?» r/uiàiem Fr. 5. Unit V&mw® NOTTURNO per Pianoforte DI ALBERTO MAZZUCATO Fr. — 73. A1ÏÏH0L0G1M1ÜS1CALE FANTAISIES BR;I&XANTES pour le Pianoforte SUR LES MOTIFS FAVORIS DES OPÉRAS NOUVEAUX PAR F. Z. CHOÏEtf Cahjer S.^Zes Gibelins à Pisa - Meyerbeer Fr. 3 50 - 4. Lucia di Lammermoor - Donizetti» 3 50» 5. Gemma di Vergy - Idem...» 2 75 DELL OPERA LINDA DI CHAMOI NIX MUSICA DEL M.° CAV. ©©MICETTI trascritta per Pf te a t et! a 41 mani nello stile brillante 3 S3 gse aa aa^. A 2 mani Fr. 3 50 A 4 mani» 5 — Itili il HIM eBASOE valse brillante; ponr le Piatto S. 1IIHS Op. 420. - Fr. 2 73. BWER.TÎS5ÊM £N:T pour Pianoforte et Pliite ou Violoncelle SUR US AIR FAVORI DE l’oPÉRA COMPOSE PAR F. HÏ1ÎTEH Op. 421. - Fr. 3. 50. VARIATIONS BRILLANTES ponr te Piano SUR UN THEME FAVORI DE I^OPÉRA ROBERTO DEVEREUX COMPOSÉES PAR Op. 422 - Fr. 3 50. Dramma lirico di Temistocle Soiiba MUSICA DEL M.° wmm L’Opera completa per Canto con accompagnamento di Pianoforte Fr. 50. L’Opera completa per Pianoforte solo Fr. 48. Sta sotto i torchj la suddetta Opera completa per Pianofolte a quattro mani e per Pianofolte e riolino o Flauto. eiOVAMI RICORDI EDITORE-PROPRIETARIO. Dall’I. R. Stabilimento nazionale Privilegiato di Calcografia, Copisteria e Tipografia Musicale di CIOVAA AI RICORDI Contrada degli Otnenoni If. 1720. Si pul danno a classica lume in apposito TOI.OGIA GIOA rappn dare u innan Adela talent’per si attrici ciò cl: arie d posito teltric cantai al mo sconi il pici dinide due, 1 barazz Dui a Vei p Ioide dova ste di impro Cinesi Dopo mente dra mn Manze prodol suo a lameni netto i per qi matica finire per cc cui p Ranzii Al pa: colta i Finta e la p (1) v