Gazzetta Musicale di Milano, 1842/N. 36
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GAZZETTA MUSICALE | ||
N. 36 |
DOMENICA |
DI MILANO |
J. J. Rousseau.
CLASSICA MUSICALE.
ESTETICA MUSICALE.
imitazioni: sibhiutiva.
(Tedi i fogli 19, 22, 23, 24, 20, 28 e 34/
MERCATANTE
Finale del Giuramento.
XXXVIII. Ela’isa ama ’Viscardo d’un
amor si potente che l’esserne riamata si
è fatto per essa un’assoluta necessità della
vita } ma Viscardo ama Bianca, ne è corrisposto,
e non sente per Ela’isa che disprezzo.
La scoperta di un tale amore è
per questa un colpo mortale} nel primo
impelo di disperazione essa vorrebbe svenare
la rivale} ma un pegno di riconoscenza
scoperto al collo della medesima le
fa cangiar pensiero. E poi, qual prò di
una vendetta? Nuli’altro che l’odio implacabile
di Viscardo. Non vi ha che un mezzo
per ottenere da lui qualche sentimento slmile
all’amore ed essere ad un tempo fedele
al fatto giuramento: farlo felice salvandogli
l’amata e ponendola in suo potere.
Ma dopo un tale sagrifizio potrà ella
sopravvivere? No. Un cuore dominato da
sì imperiosa passione non può tollerare
che l’oggetto amato viva in braccio ad altro
amore.
È forza morire, ed Ela’isa per ottenere
su Viscardo la massima delle vittorie ha
risoluto morire per di lui mano mentre gli
ridona l’amata} e vi riesce. L innamorato
di Bianca credendola morta per mano di
Ela’isa ha appena vibrato nell’ebbrezza dell’ira
il mortai colpo che Bianca si desta,
ed egli intende da chi e per chi fosse salvata.
Prima di spirare sa Ela’isa di aver
riportato sul cuor dell’amato una tale vittoria
per cui ogni suo palpito d’amore
dovrà ricondurgliela al pensiero colla memoria
del suo eroismo, e forse dovrà
amarla quanto la stessa Bianca. Ecco una
morte beata.
E il concetto di Mercadante corrisponde
pienamente all’affetto, e la soavità della
melodia è fatta anche maggiore da quella
di corno inglese che s’accoppia al canto,
quasi fosse il sentimento d’Ela’isa personificato.
Il tono non passa al minore che
all’addio di estrema dolorosa separazione.
Abbiamo accennato questo tratto: si
esamini pure tutta l’Opera, o ad eccezione
di alcune sconnessioni e durezze d’armonia
in cui cadde l’autore forse per troppo desiderio
di novità e di una forza spesso soDI
MILAINO
La musique, par des inflexions vives, accentuées, et,
• pour ainsi dire, parlantes, exprime toutes les pas•
sions. peint tous les tableaux, rend tous les objets,
• soumet la nature entière à ses savantes imitations,» et porte ainsi jusqu’au coeur de l’Iiomme des sen~. timents propres à l’émouvoir.»
J. J. Rousseau.
verchia ed opprimente d’orchestra, vi si
troveranno di molte bellezze (*).
Fra le recenti Opere alcuni altri esempi
potremmo citare di belle espressioni musicali,
ma e perchè sarebbe un dilungarci
di troppo, e perchè correndo a mano di
tutti è facile allo studioso lo esaminarle da
sè, e perchè anche fra gli antichi, il cui
nome non suona più che nella memoria
di pochi, abbenchè degno di lunga ricordanza,
anche fra gli antichi, dico, bellissimi
esempi si rinvengono meritevoli di osservazione,
ne piace uno almeno trasceglierne
col quale pqrrem fine a questo
capitolo.
L’esempio che proponiamo è un duetto
dell’esimio Mayr nella Ginevra di Scozia„
argomento tratto dall’Ariosto} e servirà a
meglio dimostrare che, ove vi è verità di
espressione e calore di affetto, il bello è di
tutti i tempi, nè punto soggiace alla volubile
moda.
XXXIX. Ariodante prode guerriero di
ventura ama ed è riamato da Ginevra figlia
del Re di Scozia. Un vile e iuvido duca,
mal sofferendo vederlo in favore, astutamente
il viene tacciando di follie, e volendo
dargli a credere ingannatrice l’amante
gli propone di fargli vedere coi proprii
occhi come esso duca è accolto di notte
tempo dalla principessa.
Dato il convegno, ed avendo fra le damigelle
di Corte una druda la persuade
ad accoglierlo vestita degli abiti di Ginevra, e con tal mezzo trae in inganno
Ariodante, il quale mal soffrendo un tanto
tradimento risolve di togliersi la vita. Impedito
di ferirsi dal fratello Lurcanio che
furtivamente e temendo insidia l’aveva
seguito, si precipita da uno scoglio} se
non che pentitosi ad un tratto, ed abile
essendo al nuoto potè salvarsi e fuggire
di là. Testimonio del fatto e dolente del
perduto fratello, Lurcanio accusa al Re Ginevra
come impudica, la quale secondo le
(t) Per quel che è dell’istromenlazionc (che a noi in
questo Giuramento sembra piena di magislero sccntilico
non solo ma ed anco in più luogld ispirata dalle
più fine intenzioni drammatiche) non possiamo ommettcre
una singolare osservazione critica. Perchè mai il
dotto e riflessivo Mercadante potè dimenticare la convenienza
e la verità scenica al punto da introdurre la
banda militare nella camera da letto di Bianca? ( Veggasi
la stretta del finale dell’atto primo). Forse per avere
un aumento di mezzi a rendere più romorosa la chiusa
della prima parte del dramma? Ma un compositore dell’alta
portata di Mercadante ha egli bisogno di ricorrere,
anche commettendo un imperdonabile controsenso,
a simili ripieghi? E poi chi saprà provarne che l’intensità
dell’effetto nei finali deve essere in proporzione del
romorc che si fa cogli aiuti stromcritali? E quando i signori
compositori vorranno emanciparsi dalla pratica
ormai diventata quasi obbligo pedantesco di terminare
il primo atto delie Opere col fracasso dei tutti?
Il prezzo dell’associazione annua alla Gazzetta e alVdittologia
Classica musicale c di Ausi. lire 24 antici*
pate. Pel semestre e pel trimestre in proporzione. L’affrancazione
postale della sola Gazzetta per l’interno della
Monarchia c per l’estero fino a confini è stabilita ad annue
lire 4, — La spedizione dei pezzi di musica viene fatta
mensilmente c franca di porto ai diversi corrispondenti
dello Studio Ricordi, nel modo indicalo nel Manifesto.
— Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Uflìcio
della Gazzella in casa Ricordi, contrada degli Omcnoni
N.° 1720; all’estero presso i principali negozianti
di musica c presso gli Unici postali. — Le ìettcrc, i gruppi,
cc. vorranno essere mandati franchi di porto.
leggi dello Stato avrebbe dovuto perire se
fra un mese non fosse difesa da un camÌiione
in campo chiuso contro l’accusatore,
’ubblicato il decreto ne giunse la nuova
ad Ariodante il quale benché persuaso della
di lei reità, mal soffrendo che essa ne debba
morire, nè presentandosi, già quasi spirato
il termine, altro campione, risolve difenderla;
perlochè assunte sconosciute insegne
venne alla Corte. L’uso concedeva un segreto
abboccamento al campione coll’accusata,
ed è questo che forma il duetto di
cui si tratta, nel quale è espresso il tumulto
d affetti dei due personaggi.
La situazione è sommamente drammatica.
11 guerriero che sta per esporre la sua
vita a sostenere l’innocenza di Ginevra si
fa qui suo accusatore, e colle minacele di
morte e con un furore a stento represso
che dagli atti, dalla voce, e dallo sguardo
non ostante la visiera traspare, costituisce
per essa un inesplicabile tormentoso mistero,
che non può spiegare fin che crede
perito 1 amante. «Oh! se dall’ombra tornasser
gli estinti;) die’ella, e la già scorta rassomiglianza
la rende ansiosa di conoscerlo,
di essere creduta innocente non meno che
di far salva la di lei vita che è in estremo
pericolo. Nè meno agitato è l’animo d’Ariodante
fra il credere, o a ciò ch’ei vide cogli
occhi proprii, o alla sicurezza con cui Ginevra
persiste a dirsi innocente.
Osservate con quanto affetto Ginevra
pronunzia quelle parole «Per pietà, deh
non lasciarmi.» Notate di quai terribili note
è vestita la risposta del guerriero «Questo
volto non vedrai - Se non cado al suolo
estinto,» e l’orrore dipinto ne’ due seguenti
versi: a Di pallor mortai dipinto - Ti
farà d’orror gelar». SI noti a passo a passo
come in tutto questo dialogo la musica è vera
espressione dei moti dell’animo, e seguendo
la parola che succede senza alcuna ripetizione
varia la modulazione ed il ritmo
degli accompagnamenti or tranquilli or agitali,
or frementi secondo che il senso lo
esige.
Ma gli affetti sono giunti a tale tumulto,
a tale angoscia che richiamano per un momento
intorno al cuore tutte le potenze
vitali. Ecco l’adagio preceduto da una modulazione
che non apparisce per nulla oziosa,
perchè aneli’essa espressiva; ecco 1 ’«due semplicissimo ma pieno di verità e soltanto
lungo quanto è supponibile possa
durare in tanta tempesta un’apparenza di Ò
calma.
Ripreso vigore Ariodante vuole involarsi,
Ginevra insiste perchè si sveli, la sua insistenza
vie più lo adira, e già sta per pa lesai’Ie quel nome, per iscoprirle quel Tolto
eh1 ei crede doverla come un fulmine annientare... Suona la tromba che chiama
al campo. L’agitazione è al colmo, cessa
la melodia che più noi comporta l’affetto;
tronchi sono gli accenti, il ritmo solo può
spiegarne la foga. Che di più appassionato
di quelle parole «Mi manca l’anima? 55
Che di più lacerante di quel grido di Ginevra
che precede di poco le ultime cadenze,
e si ripete nell’ultima?
Giovani! Di bellezze musicali sì semplici
in apparenza e sì vere di rado se ne incontrano
e fra i moderni, e fra gli antichi:
studiatele.
(Sarà continualo)
SCHIZZI BIOGRAFICI.
ALESSANDRO SCARLATTI.
( Vedi il foglio N. 35. )
Veramente un’epoca memorabile nell arte
è riguardata quella dell’anno quando
Alessandro Scarlatti fu chiamato a rendere in
musica il dramma Onestà in amore, da rappresentarsi
in Roma nel palazzo della reina
Cristina di Svezia, la quale, dopo la sua
abdicazione al trono che fu nell’anno -1654.,
aveva fermato sua dimora in quella capitale
dell’orbe cattolico. Questa fu la prima
Opera drammatica che di Alessandro fosse
al pubblico rappresentata, e valse ad aprire
nuova strada ai maestri di questo genere
di musica; imperciocché le arie che fino
allora non avevano un ritmo ben definito
e senza più erano espresse con gretta e
povera melodia, incominciarono per opera
di lui, a disegnarsi in cantabile convenientemente
spazioso e oltremodo gradevole
ad ascoltare, lo che parve allora un
miracolo. Similmente il recitativo che prima
era una semplice e quasi piana declamazione,
avvegnaché per opera del Carissimi
prendesse un andare più musicale, fu però
dallo Scarlatti reso più nobile, e molto
acquistò di bontà e di efficacia per lo sostegno
adattatovi dell’armonia degli stranienti
che a quando a quando ne dirigevano
e contrassegnavano la modulazione:
la qual cosa non costumandosi in prima, era cagione che il recitativo, così
sprovveduto, era costretto a languire nell’uniforme
monotonia del suono onde era
impresso con detrimento della espressione
de’ variati sentimenti della poesia. Quest’arte
di modulare il recitativo e di istromentarlo,
in processo di tempo, mirabilmente
si migliorò ed accrebbe sino all’abuso,
e non mancano esempi di moderni
recitativi che altro non hanno di
questo genere di musica che il nome, essendo
troppo sovente intramezzati di ritmi,
e troppo carichi d’istromentazione con
danno della varietà dell’effetto; la qual
cosa spesso è cagione di sazietà e di noja
negli uditori.
Non è a dirsi quanto plauso e favore
ottenesse la detta prima Opera dello Scarlatti
in Roma. Basti che d’allora in poi
vennero meno nella comune estimazione
quelle Opere che d’altro pregio non andavano
adorne se non di quello che poteva
loro prestare la scienza del contrappunto
e l’ingegnoso modo di far giuocare
più parti sopra un soggetto: arte di puro
calcolo che non ammette varietà di movimento,
e che non può non inceppare e
turbare il verosimile della scena. Ma non
si creda che lo Scarlatti poco fosse valente
contrappuntista: egli solamente schifò lo
sforzo scientifico in quanto che male ei si
conveniva al melodramma, ma diede mai
sempre saggio di molto essere innanzi in
questa parte nelle sue sinfonie, nelle suonate,
in molte delle sue cantate; nei quali
generi tutti di musica egli usò però una
maniera nuova ed originale; onde fu detto
non avere Alessandro mai imitato altro
maestro se non lui medesimo. Anzi, rispetto
alla sinfonia, vogliamo osservare
che a’quei di solo un modo si conosceva
di trattarla e questo era quello inventato
da tutti e da tutti gli altri seguito: non
però da Scarlatti, che un nuovo e lutto suo
proprio ne introdusse, il quale è poi stato
in appresso adottato da tutti i compositori,
e con poche modificazioni, rispetto alla disposizione
delle parti o dei membri, è pervenuto
sino ai tempi moderni. Questo
modo è stato abbandonato da molti degli
odierni compositori italiani, a’ quali è piaciuto
piuttosto attenersi alla maniera di
trattare la sinfonia introdotta dai tedeschi,
0 di comporla in forma più capricciosa e
variata a loro talento. Nò si pensi che le
opere drammatiche di Scarlatti spirino poco
fondamento di scienza musicale, perchè, per
avere Alessandro fatto uso moderato delle
fughe e de’canoni, non però del tutto gli
escluse dal suo melodramma come avrebbe
potuto fare, ed oltre a ciò fece prova di
quell’artistico sapere affatto indipendente
dai suddetti argomenti scientifici il quale
specialmente consiste nel trattare con isquisitezza
di gusto le molteplici combinazioni
dell’armonia; nel qual magistero, siccome
dalle sue Opere possiamo vedere, egli fu,
secondo quei tempi, valentissimo.
Il lieto successo dell’Onestà in amore
fu cagione che altre opere fossero ad Alessandro
allogate pei teatri di Roma, le quali
non meno della prima furono accolte con
favor singolare: tanto che la fama della
sua virtù oltremonte, fu successivamente
chiamato e al regio teatro di Monaco in
Baviera e a quello imperiale di Vienna;
onde carico di onori ritornò in patria e
fu meritamente dovunque avuto in couto
del miglior maestro che a quel tempo fosse
in Italia. Si diede allora a comporre musica
da Chiesa, e prodigioso è il numero delle
sue opere di questo genere piene di profonda
scienza armonica, state poscia proposte
a modello e dal cui esempio ed imitazione
dobbiamo riconoscere quel tanto
che ancora di meglio ne fecero i grandi
maestri che uscirono dalla sua scuola. Nel
Regio Collegio di musica in Napoli si conservano
ancora molte sacre composizioni
detlo Scarlatti, fra le quali s’hanno in maggior
pregio un Memento, Doniine a quattro
parti senza basso alla maniera di Palestriua,
uno Stabat Maler a due voci con
due violini e viola, ari Antifona a otto
parti reali in due cori e la Passione descritta
da san Giovanni, con violini e viole.
Vogliamo osservare che la maniera usata
dallo Scarlatti nelle sacre composizioni non
differisce da quella che egli usò nelle cose
profane se non in una certa gravità di stile
più conveniente al luogo santo e al senso
religioso de’sacri testi: onde è presumibile
che a que’ dì gli fosse opposta la menda
di degenerare in modi convenienti alla musica
profana, querela che abbiarn veduto
essere stata mai sempre mossa contro lutti
1 compositori che si sono ingegnati di
adoperare nelle lodi divine il meglio dei
mezzi che offriva l’arte de’loro tempi. Come
che fosse a’tempi dello Scarlatti, certo è
che in appresso le sue sacre composizioni
sono state proposte a modello di musica
veramente religiosa.
Prodi gioso è il numero delle cantate,
serenate, canzonette e madrigali di Alessandro
Scarlatti, opere avute tutte in conto
di lavori eccellenti di contrappunto e di
espressione. Alcune delle sue cantate furono
ridotte in duetti da quel grande armonista
e compositore slromentale, Francesco Durante,
come avremo a dire in appresso se
verremo a descrivere la vita anche di quest
ultimo. Fra le serenate dello Scarlatti
celebre è quella a quattro voci ch’ei compose
nel 1 per le sponsalizie del principe
di Stigliano; fra i madrigali, quello
a cinque voci: Cor mio deh! non languire;
e fra le cantate, l’Arianna e la Stravaganza.
Si conoscono ancora di Alessandro due
tomi di suonale per cembalo. Ma il genere
di musica nel quale deve l’arte riconoscere
da lui grande aumento e splendore
quello è della musica drammatica; nel quale
mostra che egli non facesse ritratto da nessuno
de’suoi predecessori, come appare
evidentemente all’incontro che tutti i suoi
successori abbiano fedelmente in questa
Farte calcate le orme di lui. Olire alOnestà
in amore sono celebri fra i suoi
melodrammi la Didone abbandonata, il Ci/ o
riconosciuto e la Caduta dei Decemviri.
Nè prima dello.Scarlatti aveva la musica
italiana ottenuto il favore e la preferenza
presso ogni altra nazione, onde si vuol
rettamente giudicare che per le grazie singolari
e attrattive delle opere di lui la musica
italiana mirabilmente incominciasse a
propagarsi ovunque e rendersi per tutto
popolare ed accetta. E ne fa fede il Leré,
poeta francese, il quale ne’suoi canti: les
dons des en/’ans de Datone, stampato a
Parigi nel 1754, pone lo Scarlatti in capo
al triumvirato de’maggiori ingegni musicali
dell’epoca, e conclude dando il vanto all’italiana
sopra ogni altra musica.
Ma se grande fu il nome di Alessandro
Scarlatti come compositore, non minore
è la fama di lui come capo e principal
fondatore della famosissima scuola napoletana,
dalla quale sempre sono poscia usciti
in ogni tempo in maggior numero gli astri
primarii della musica italiana. Leonardo
Leo, Nicolò Porpora, Domenico Scarlatti,
Adolfo Hasse, detto il Sassone e lo stesso
Pergolesi, ebbero tutti agio qual più qual
meno intimamente di attendere a suoi insegnamenti.
Ma fra questi, più furono famigliar!
discepoli di Alessandro, il suo detto
figliuolo Domenico e il Sassone. Quest’ultimo
in vita sua mai si mostrava abbastanza
pago di celebrare e levare a cielo le opere
di Alessandro, esprimendosi che nessun
maestro gli andava innanzi quanto alla parte
dell’armonia. Sacchini, quando in Venezia
tenea scuola di canto, si valea come per
testo delle cantate di Alessandro Scarlatti,
e non finiva mai alcuna delle sue lezioni
senza baciare il libro che le conteneva.
Alcuni attribuirono ad Alessandro l’invenzione
del da capo, ed alcuno scrittore,
biasimando questo trovato come pernizioso
alla verità della scena, ne attribuisce la
scoperta a un certo Ferri. Come che sia,
certo è che il ripigliare il motivo e il ripetere
a quando a quando la frase, ad
imitazione dei lirici cantici, è cosa molto
confacente alla musica e gran sorgente di
diletto negli ascoltanti. Solo è da porsi
considerazione a non far luogo al da capo se non quando il senso poetico delle parole
il comporti, il che per altro accade
ben di rado.
Venuto Alessandro alquanto in vecchiezza,
poco più scrisse di cose profane
e solo attese a comporre per Chiesa, nè
mai lasciò il suo prediletto suono dell arpa
nel quale fu sempre valentissimo esecutore:
e attesta il Quanz di averlo udito
a suonare in principio dell anno 17i;U, che
fu anche quello della sua morte: alla quale
si sottopose il di 2-4 ottobre dell anno
medesimo, con gran compianto de suoi
discepoli e di tutta la città. Fu dato onorato
sepolcro alle sue spoglie nella cappella
de’ Filarmonici palatini dedicata a
santa Cecilia nella Chiesa de’soppressi Carmelitani
di Montesanto, ove ancora si legge
un pomposo epitafio latino che tutte commemora
le virtù dell’illustre defunto.
Il cav. Domenico Scarlatti, figlio di Alessandro,
riuscì eccellente compositore e del
pari che suo padre valentissimo suonatore
di arpa. Dimorò in Venezia, in Roma ed
in Madrid ove ammaestrò nella musica la
principessa delle Asturie che fu poscia regina
di Spagna. Sono ben note le sue suonale
per cembalo, alcune cantale, e il
dramma la Merope. Morì egli nel 1757.
Ancora Giuseppe Scarlatti, figlio di Domenico,
nato in Napoli intorno all’anno
4718 riuscì buon compositore e molti
drammi italiani serii e burleschi pose in
musica pel teatro di Vienna ove morì nel
1776. Il suo stile molto è lodalo per grazia
e facilità.
C. Melimi.
CRITICA MELODRAMMATICA
I. R. TEATRO ALLA SCALA
OSSERVAZIONI VARIE.
Nel Giuramento di Mercadante, riprodotto
dopo tre o quattro anni sulle scene
della Scala, e infelicemente riuscito per
cagioni che vano ora sarebbe l’enumerare,
si è distinto il tenore sig. Guasco. Egli è
lodato per un porgere naturale, scevro di
affettazione e di manierismo nell’espressione
degli affetti, e nondimeno a sufficienza
sentito, ed ove la situazione il comporta,
caldo ed animato. Nei modi di canto
del sig. Guasco, dotato di buona e omogenea
voce di tenore ch’1 egli non guasta
con isforzi di cattiva scuola, è anzi tutto
gradita una tal quale spontaneità che non
lascia scorgere nè la fatica né lo studio. A
questo scopo debbe tendere principalmente
ogni arte consecrata al diletto e alla
comozione. Un altro pregio del sig. Guasco
è 1 intonazione, alla quale egli è fedele
per abitudine; che se talvolta qualche voce
non gli esce precisamente misurata, non è
egli certo l’ultimo ad accorgersene, come suol
troppo spesso accadere anche a molti cantanti
che si dicono o sono detti di primo
cartello; non è egli l’ultimo ad accorgersene,
dicevamo, e tosto se nè raddrizza ed
impedisce così que’ tremendi effetti che
suol cagionare l’imperturbabilità e la perseveranza
del cantare stonato, venuto sì bravamente
di moda ai nostri gloriosi giorni
musicali. Ci par singolare cosa di dover
compartire elogi ad un primo tenore della
Scala per la buona intonazione! è uno stesso
come se lodassimo un valente letterato già
autor di lodati scritti, perchè sa bene l’ortografia, ovvero perchè non inciampa nella
sintassi grammaticale!
La buona e sicura intonazione dovrebbe
essere il primo elemento di chi comincia
a far prova di sè nel canto al cospetto
del pubblico; al modo stesso che il primo
elemento di un ballerino è il saper star
ben ritto e in bilico sulle gambe. Siamo
sicuri che il sig. Guasco è deila nostra opinione,
e forse sorride in sè dell’importanza
che abbiam data alla sua abilità nell intonare.
Però rifletta che non fu senza un
perchè se insistemmo a lodarlo per questo,
in molti casi è duopo volgere un complimento
ad uno, onde indirettamente l’altro
0 gii altri vicini ci capiscano dentro un rimprovero
per sè stessi, e facendo, come si
suol dire, l’indiano, ne profittino alla bella
e meglio, se pure ciò sta in loro facoltà.
Un altro encomio che vogliamo dare al
sig. Guasco si volge alla sua azione, non
punto di maniera accademica, ma giusta,
ma sobria, ma naturale. Abbiamo udito
taluni accusarlo di poco animato e anzi freddo
porgere drammatico. Noi non facciamo
gran contò di simili rimproveri, perchè sappiamo
che è spesso facile nel giudicare così
di canto come di azione, il confondere i.1
fare smaniato e l’esagerazione per calore,
e intensità di sentimento. L’impostura è
odiosa in tutto, ma nelle arti è insopportabile.
Quanti artisti cantanti, a chi li vede
sul palco contorcersi, scarmanarsi, cacciar
occhi a dritta e a sinistra, dimenar le braccia
incessanti con atti da esorcizzatori, pajono
gli esseri più passionali e sentimentali
del mondo, c a conoscerli dappresso,
sono le anime più fredde e lasaguoue! Tutto
quel contorcersi e scarmanarsi, tutto
quel spingere di voci a mo di singhiozzi
e di gemiti, non sono che cose di artifizio,
malizie studiate, finzioni per ingannare il
pubblico e buscarsi degli applausi. E al1
opposto quanti cantanti-che a riguardarli’
sulla scena, avari di gesti e di movimenti,
composti della persona, non facili a contrazioni
di volto, ad occhiate da spiritati,
si direbbero freddi e passivi, e invece sentono
moltissimo, e ne danno prova a momento
opportuno, e non sciupano l’espressione
e il far tragico ad ogni più insignificante
punto dell’azione. O ci inganniamo
o ne pare che il bravo sig. Guasco sia da
porsi in questo novero. Se avverrà ch’egli
abbia a prodursi in qualche Opera che nel
complesso dell’esecuzione riesca più felicemente
di quel che sortì la riproduzione mal
consigliata del Giuramento, ci occuperemo
di lui con più deliberala attenzione, e
faremo di esaminare più per dettaglio il
suo valore non solo, ma anche i difetti
che per caso ci verranno in lui osservati.
Chi ami sapere come la pensiamo noi
intorno al merito della musica di questa
bella partizione di Mercadante voglia dare
una scorsa all’articolo messo in capo al
presente foglio, ove il nostro valente collaboratore
il maestro R. Bucheron offre
l’analisi del miglior pezzo dell’Opera. Però
per conto nostro aggiugneremo che ne
sembra dovere osservare nello spartito alcune
ineguaglianze di stile, il quale talora
accenna alla maniera betliniana, talora sa
del fare più rifiorito e ritmizzato, proprio
della scuola di Rossini, talora infine,
e specialmente nella concertazione e nello
stromentale, rivela lo studio de’ grandi modelli
oltremontani; il tutto però temperato
e fuso con un’arte e con una finitezza veramente
degna di quel dotto compositore
che è Mercadante.
Intanto accenniamo di passaggio che errano
a nostro credere coloro i quali, nel
lamentare in Mercadante l’abuso degli effetti
stromentali, accusano di questa menda»2
una lai quale sua tendenza a imitare troppo
dappresso la musica tedesca. Se codesti signori
critici si dessero la pena di osservare
le partiture dei grandi compositori
alemanni si persuaderebbero di leggieri che,
come è falso il credere che il merito loro
principale stia nella complicazione contrappuntistica
e nella scientifica astruseria, così
ingiustamente si appongono coloro che si
credono essere carattere principale di quella
scuola, non che della scuola francese, il soverchio
fragore della istromentazione. A
persuadersi di ciò basterebbe un’occhiata
che ei gettassero ai capolavori musicali di
Ilavdn. di Mozart, di Weber, di Beethoven,
di Meyerbeer, di Auber, di Onslow, ecc.
Ma d’ordinario coloro i quali scagliano le
loro sentenze di condanna sulla musica
drammatica d’oltremonte, non fanno altro
che far eco pappagallescamente a certe vecchie
pregiudicale opinioni, e dei pregi
veri o dei difetti di quella musica nulla
all’atto ne sanno, perch’essa è tra noi poco
meno che sconosciuta, come quella che da
troppo lungo tempo dorme sepolta ne’ magazzini
de" nostri editori, per lasciar (ulto
il posto alle Operueeie più fàcili, più gustose
per gli orecchianti, e quindi più popolari,
de’ molti maestri indigeni. E fuor di
dubbio che Mercadante ha studiato e molto
seriamente studiato i capolavori musicali
tedeschi ed anche i francesi, ma da quell’artista
insigne ch’egli è, gli ha studiati
per impararne ben altra cosa che non le mere
ricercatezze armoniche o i modi da far
molto fracasso con una piuttosto che con
altra data combinazione di slromenti. In
Mozart, in Beethoven e in Weber, l’autore
del Gitili amento e della P estale, avrà bensì
osservato la grand’arte di essere veracemente
inspirato nell’invenzione, sicuro e
ardito nella espressione degli affetti e nel
linguaggio delle passioni, libero dai ceppi
deile forinole nella imitazione pittoresca,
e lutto ciò con semplicità, con spontaneità,
con sobrietà dei migliori mezzi della scienza
e dell’arte, ovvero con solo quel tanto di
quella e di questa che basta alla verità relativa
e giustezza dell’effetto.
Il biasimo che può darsi a Mercadante
per avere, nelle ultime sue Opere (e principalmente
nel Bravo e nelle Illustri Rivali),
abusato dei mezzi stromentali, ed essersi
addimostrato troppo povero di spontanee,
geniali ed espressive ispirazioni melodiche,
è al tutto indipendente dalla sua predilezione
allo studio dello stile melodrammatico
de’sommi tedeschi, ma vuoisi accagionarne
in parte la falsa tendenza del gusto del
pubblico, in parte la penuria di cantanti
della vera e buona scuola, ecc., in parte
il genere bislacco delle così dette tragedie
liriche ultimamente venule in voga e per la
più parte consistenti in forzate e strampalate
situazioni drammatiche, per rendere
musicalmente le quali è bisogno al maestro
di dare nell’esagerazione e nel falso, per non
mostrarsi da meno del poeta. E quest’ultima
causa (unita a una tal quale stanchezza
di fantasia, forse momentanea) è, a parer
nostro, quella che maggiormente influì a
modificare l’ingegno melodrammatico di
Mercadante, e lo trascinò a deviare, nelle
ultime sue produzioni, dalla bella strada
sulla quale ei s’era messo e alla quale,
se non è tornato col Proscritto, saprà ridursi
a prima occasione. B. TEATRO RE.
Altri cenni intorno al JLa&xareilo
del maestro Marmami.
Lo scorso mercoledì ebbero fine le recite melodrammatiche
del Re, che volsero a compimento con sutliciente
fortuna. Vi si diede per ultimo spartito il già
annunziato Don Desiderio del principe Poniatowski,
che mercè al talento comico del sig. Gennaro Luzio potè
sostenersi per qualche sera. - Di tre nuovi sparliti che ne
furono presentati, il solo Lazzarello di Marliani, si
sostenne per le reali bellezze della musica, abbenché ecclissato
in buona parte dalla meschinità del libretto, e
dalla mancanza dell’esecuzione vocale. Ed abbenchò noi
abbiamo già parlato del merito estetico di quest’opera,
crederemmo cosa ingiusta l’ommettere un esame breve
si, ma dettagliato anche intorno al lavoro puramente
musicale, del quale non abbiamo toccato che di volo.
La sinfonia è lunga, ed abbenchè intessuta di alcune
particelle dello spartito, manca assolutamente del colore
leggero e gaio che gli si doveva; la condotta abbenchè
non nuova, è tuttavia buona e sicura.
11 coro d’introduzione è senza pretesa; perciò passiamolo
noi pure in silenzio.
Piena d’affetto è la cavatina di Lazzarello, elegantissimo
ne è lo stromentale.
Or veniamo a quella vaga canzone, che è infatto la
Xacarilla, ben degna di farsi titolare del suo spartito.
V’ha alcuno che la vuole non originale del Marliani,
ma nazionale spagnuola; sia quello che meglio si voglia,
certo è che questa canzone, come qui fu trattata dal
compositore, è uno di que’ pezzi che ben di rado scorrono
giù dalla penna anche dei primi nostri compositori.
V’ha novità, freschezza, leggiadria di molivi; elegantissimi
giri armonici, un seguitarsi continuo di modi
maggiori e minori, con brio, affetto, libertà di fornice
nessuno stento. Tutta la parte dell’orchestra è trattata
a tocchi delicati, nobili, sicuri, matematicamente economizzata
e poeticamente concepita ad un tempo stesso.
Ogni lode di questo pezzo, che è pur lungo e che aggirasi
sempre su un tempo solo ed imperfetto, ogni
lode, lo ripetiamo, non è esagerata.
Nulla avvi di rimarchevole fino al terzetto che precede
il primo finale, il quale terzetto brilla nel primo
tempo per vivace movimento d’orchestra, e nella cabaletta
per bella e vaga disposizione di parti, e per una
melodia, che unisce ad un’impronta leggerissima e quasi
aerea, una cotale strana incertezza di ritmo, che in
Iqogo di defraudarne, aggiunge vaghezza al pensiero, e
l’impronta di novità.
L’Olivier e la Goggi l’accentavano con molto garbo
e leggiadria.
Di bel carattere apresi il finale col breve coro in la
bemolle «Della notte nel mistero» che bene si conduce
all’altro improntato di facile cantilena «Sul vostro
ardir contiamo». L’effetto straordinario prodotto dalla
breve canzone di Lazzarello che succede, era dovuta a
parer nostro in gran parte al franco c vezzoso accentare
della Goggi; egli è vero che il pensiero principale
è facile, scorrevole, ma non è nuovo, nè nel canto, nè
nello istromentale. Esso però cade assai a proposito e
gli danno molto vezzo e affetto al maggiore della strofa
quelle belle note tenute de’ primi violini che sovrastano
or d’una terza or d’una sesta al canto.
Se questa canzone non ha il merito di lavoro della
prima, ne.ha però l’effetto, che è pur merito della
scienza nel fare del compositore. Un altro breve largo
in do nello stesso finale è meno stimabile, e sembra
più aggirarsi su dettagli anziché su un concetto primitivo
e deciso. L’istessa pecca potrebbe riscontrarsi nella
stretta, che racchiude nondimeno di belli artifizj di contrappunto
e qualche bel giuoco di parti.
Del seeond’atto abbiain poco a dire. Non v’hanno
pecche, ma non v’hanno neppur gemme. Manca il
mezzo principale, ch’è quello di cattivarsi l’attenzione.
Però alcuni vivi pensieri nello stromentale riscontransi
qua e colà, come sarebbe nel bel primo tempo del
duetto tra Rita e Sancio, c nel primo ed ultimo del
quartetto. L’applaudita cabaletta dell’altro duetto, Lazzarello
e Sancio, doveva il suo effetto pure alla bella e
disinvolta pronunzia della signora Goggi; e cosi anche
l’ultima aria, se godette un po’di fortuna, fu merito più
eli’ altro della gentile esecutrice.
Ripetiamo però e concludiamo che in questo spartito
v’hanno assai buoni fatti e molte belle speranze, e (he
sarebbe desiderabile per l’arte, che del sig. Marliani si
facesse buon conto da’nostri signori appaltatori, come
di persona, che oltre a naturale istinto, dà saggi di
grandi studj attinti a’ sommi modelli.
A. M.
VARIETÀ. — La Gazzetta Musicale di Parigi nel render conto, in una Rivista Critica, delle nuove composizioni stromentali pubblicate dall’esimio violoncellista sig. FrancoMendes, esordisce al suo articolo con queste parole che a noi paiono dettate da giustissimo sentimento dell’arte: «On ne saurait trop louer les Artistes en possession de charmer le public par un talent rémarquable d’exécution et pour qui les triomphes sont chose facile à obtenir, de savoir resister au torrent des caprices et des fantaisies sur les pauvretés en vogue pour se livrer au culte de la musique sericuse, de l’art véritable. Combien de natures aujourd’hui richement douces qu’un deplorable talent de virtuose a égarées, et qui enivrées par d’éphémères succès, consument le meilleur de leurs forces et de leurs facultés dans des ouvres plus éphémérés encore, tandis qu’elles eussent été capables de conceptions, si elles eussent sagrifié a quelques années de patience et de travail, quelques hâtives satisfactions d’amour propre!» Le parole che la Gazzetta Musicale di Parigi qui dirige agli autori di musica da camera potrebbero benissimo venir rivolte tra noi a tanti nostri compositori teatrali, i quali, scritturati che sicno per scrivere delle Opere, la loro briga principale non è il far bene ma il far presto, non il comporre per ottenere il voto durevole de’ più severi intelligenti, ma per carpire il favore della frivola moltitudine. Ed è per questo che sì spesso vediamo dimenticati dopo pochi mesi tanti spartiti apparsi sulle scene festeggiati da un menzognero clamore, e da un entusiasmo prezzolato. — Nel primo semestre di questo anno 1842 furono pubblicate in Germania 1354 Opere musicali. Per Orchestra 42 Violino.. 65 Violoncello 26 Flauto 30 Varj stromenti da fiato 16 Chitarra 20 Pianoforte con accompagnamento. 83 Pianoforte a quattro mani.... 413 Pianoforte solo 345 Danze per Pianoforte 138 Marcie per detto 8 Metodi per detto 3 Organo li Arpa 3 Fisarmonica 10 Musica sacra 67 Canto con accompagnamento... 16 Canto a più voci 70 Opere in musica 54 Canto solo 231 Metodi per canto 5 Opere teoretiche e giornali... 28 1354 — Nella più antica Gazzetta Musicale, incominciata a Lipsia nel 1736, leggesi nell’anno 1746 una notizia da Dresda, che dimostra quanto Federico il Grande favorisse la musica. Questa notizia, della cui verità non è punto da dubitare, dice quanto segue: «S. M. il Re di Prussia, • avendo fatto il suo ingresso a Dresda dopo la balta«di Kesselsdorf, fece ordinare col mezzo di un suo «ajutante generale al maestro di cappella Hasse, di • far rappiesentarc nella sera susseguente la sua nuova «opera Arminio al regio teatro, locchè difatto ebbe «luogo il giorno 49 dicembre del 1745, coi balli ana■ loghi, e S. M. manifestò il suo piacere particolare «sulla musica, sull’esecuzione, ed encomiò molto la «prima donna, l’illustre Faustina Hasse (nata Bordo«ni). Durante il soggiorno di S. M. a Dresda, cioè • dal 4 8 al 27 dicembre, non mancò mai in nessuna «sera la musica di camera ne’ suoi gabinetti. Vi can• tarono per lo più la sullodala Faustina e il musico «Bindi. La cosa più rimarcabile si è, che in queste «serate musicali il Re stesso eseguì ogni qual volta tre «pezzi sul flauto, accompagnati dal maestro Hasse sul • cembalo, e S. M. eccitò l’ammirazione degli uditori, «massime nell’esecuzione dell’adagio. Il sig. Quanz, • il quale, come è noto, insegnava il flauto al Re, as«sicurò che S. 31. abbia composto più di 300 a solo • per quel istromento. Il maestro Hasse n’ebbe per «regalo in’questa occasione un prezioso anello e 1000» talleri. Chi non vede che S. 31. grande nella guerra, «grande nella pace, grande nel governare e grande nelle «scienze, non è pur grande nella musica! Evviva Fede • rico il Grande! NOTIZIE YAUIE. — In una supplica presentala al Ministro dell’interno di Francia dagli Allievi premiati del R. Conservatorio, e appoggiata dal Direttore del Conservatorio stesso, il sig. Auber, all’oggetto di ottenere l’erezione, di un terzo teatro musicale (Vedi la nostra Gazzetta, N. 32 e 33) si leggono fra le altre le seguenti frasi: «Il Governo spende rilevanti somme all’uopo di educare e mantenere de’compositori al Conservatorio; esso manda a sue spese i primi premiati a Roma per il perfezionamento ne’loro studi, e questi primi premiati al loro ritorno, veggono d’ordinario intercludersi l’awenire che vien loro promesso, per la impossibilità in cui si trovan posti di mettere a profitto i loro studii a cagione delia mancanza di teatri musicali sui quali prodursi». Queste poche parole daranno a fare delle serie riflessioni anche ai nostri giovani compositori. Quanti tra essi che pur si sentono chiamati dal loro genio a percorrere una fortunata carriera son condannati a languire nella dimenticanza, nell’ozio e fors’anche nel bisogno, per l’impossibilità in cui si trovano di produrre i loro primi saggi al pubblico e ottenerne gli incoraggiamenti che potrebbero meritare. E noi sappiamo in fatti di molti compositori esordienti i quali o ributtati dalle difficoltà che si incontrano a por il piede per la prima volta sui teatri di cartello, i soli ove potrebbe essere loro assicurata una felice interpretazione per parte dei cantanti, dell’orchestra, ecc., o spaventati dall’idea di vedere la loro musica di primo esperimento rovinata nell’effetto da un’esecuzione infelice sulle secondarie scene di provincia, per la più spiccia rinunziano all’arririgo melodrammatico, e si rifugiano nella professione ingrata e soporifera dell’insegnamento. Tra costoro v’ha molti che non riescirebbero bene sulla scena perchè non dolati nè di estro nè di dottrina sufficiente; ma taluno, confuso nella turba, sarebbe pur tale da emergere, ove le necessarie condizioni d’incoraggiamento non gli mancassero... Gl’Impresari nelle cui mani stanno al presente i destini del teatro musicale italiano, non sono di certo gente da saper scegliere dal mazzo codesti eletti, e porli sul piedestallo della gloria. - Adunque che ne avviene? — La Melodia, nuovo giornale di musica parigino, annunzia prossima la pubblicazione di un gran studio di solfeggio su tiìtle le chiavi ed anche con trasporto di chiavi, di A. Panseron, professore di canto al R. Conservatorio di Parigi. — Leggiamo nell’Osservator Belgio, del 7 agosto, non pochi elogi compartiti alla direzione del Conservatorio di Brusselles pei notevoli progressi che ivi si fanno ncH’insegnamenlo stromentale. Queste lodi sono in gran parte dovute al sig. Fétis animalo da tanto zelo pel lustro di quella Istituzione che ormai contende il primato alle altre di simil natura che al presente sono stimate principali in Europa. — Le Autorità municipali della Comune de la Villette, in Francia, hanno presentata una istanza al signor Auber, Direttore del Conservatorio di Parigi, onde ottenere un Giurì musicale incaricato di aggiudicare dei prendi nell’occasione di un concorso che ebbe luogo, giorni fa, tra le bande musicali di cinque reggimenti di linea. Il sig. Auber nominò membri di questo Giurì i signori Caraffa, Panseron e Meiffred professori del Conservatorio. La gara musicale fra le cinque diverse bande fu mollo lodevolmente subita, c il primo premio consistente in una ricca medaglia d’oro fu riportato da quella del 35.° che si distinse per grande precisione, accordo delle parti perfetto, e squisito modo di colorire. Il Direttore di questa banda è certo signor Joinvillc, valentissimo professore di musica. - Abbiamo accennato questo fatto onde valga quale prova, fra molte altre, che la musica stromentale è assai stimala in Francia. — La statua di 3Iozart venne fusa in bronzo a Monaco Essa arriverà quanto prima a Salisburgo, patria dell’illustre compositore, ove, come è noto, si celebrerà al più presto la solennità della sua inaugurazione. — Listz e Ernst si propongono di recarsi a Salisburgo per assistere alla festa che ivi si deve celebrare in onore di 31ozart. La Francia e la Germania musicale avranno dei degni rappresentanti a questa solennità artistica. Brameremmo sapere chi tra gl’italiani distinti nell’arte vi interverrà per poterne dare contezza a’ nostri lettori. — Dai fogli tedeschi si rileva che al teatro reale di Berlino è addetto un personale di 1900 individui dei due sessi. — Ultimamente fu dato a Brusselles il Moïse di Rossini con molta accuratezza ed impegno; epperò la riuscita fu pari al merito di quella musica di classica bellezza. Non sono mai abbastanza lodati quegli intraprenditori teatrali i quali dovendo riprodurre i capolavori dei più rinomati compositori, non ommettono cure nè spese a far sì che invece di scapitare, per colpa di una cattiva esecuzione, nel concetto del pubblico, riconfermino invece la splendida fama in cui sono tenuti. E all’incontro si meritano, a nostro credere, il maggior biasimo quegl’altri, che poco curanti dell’onore dei poveri maestri lontani ne riproducono le Opere più applaudite in sì riprovevole guisa che per poco non è messa a rischio anche la musica di incorrere que’segni di condanna che dovrebbero essere riservati solamente ai cattivi esecutori. — A Riga, un maestro tedesco, il sig. Dorn, vantaggiosamente conosciuto per alcune graziose melodie, produsse una nuova Opera intitolata Das Banner von England che ebbe ottimo successo e molte rappresentazioni. Il giornale officiale di Riga pretende che questa Opera sia un capolavoro destinato a vivere lungo tempo al pari delle migliori partizioni di 3Iozart e di Weber, e che ove fosse stata data a Parigi o in qualche città primaria di Italia tutto il mondo stimerebbe il sig. Dorn come il primo compositore de’ nostri dì. MOVE PUBBLICAZIONI MUSICALI DELI/I. n. STABILIMENTO NAZIONALE PKIVILEG.0 DI «IOVASXI KICOKDI. Dramma lirico di Temistocle Solera MUSICA DEL M.° mwmwpm wumm Sono pubblicati diversi pezzi ridotti tanto per Canto con accomp.0 di Pianoforte, che per Pianoforte solo. NB. Gli altri pezzi a compimento dell’Opera stanno sotto i torchj per essere pubblicati in breve. Siiaâ areà ttour le l*i fino fori e PAR m JO ÔEIIÆU Op. 41 - Fr. 2 SO. liiìTOO mm. mmm composta per Pianoforte DA Fr. GIOVASTIVI RICORDI EDITORE-PROPRIETARIO. Dall’I. R. Stabilimento Srazionale Privilegiato di Paleografia, Copisteria e Tipografia musicale di GIOVA.WI RICORDI. Contrada degli Omenoni N. -1720.