Gazzetta Musicale di Milano, 1842/N. 36

N. 36 - 4 settembre 1842

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GAZZETTA MUSICALE

N. 36

DOMENICA
4 Settembre 1842.

DI MILANO
Si pubblica ogni domenica. — Nel corso dell’anno si danno ai signori Associati dodici pezzi di scelta musica classica antica e moderna, destinati a comporre un volume in 4.° di centocinquanta pagine circa, il quale in apposito elegante frontespizio figurato si intitolerà Antologia classica musicale.
La musique, par des inflexions vives, accentuées. et. pour ainsi dire. parlantes, exprimè toutes les passions, peint tous les tableaux, rend tous les objets, soumet la nature entière à ses savantes imitations, et porte ainsi jusqu’au coeur de l’homme des sentiments propres à l’émouvoir.

J. J. Rousseau.

Il prezzo dell’associazione annua alla Gazzetta e all’Antologia classica musicale è di Aust. lire. 24 anticipate. Pel semestre e pel trimestre in proporzione. L’affrancazione postale della sola Gazzetta per l’interno della Monarchia e per l’estero fino a confini è stabilita ad annue lire 4. — La spedizione dei pezzi di musica viene fatta mensilmente e franca di porto ai diversi corrispondenti dello Studio Ricordi, nel modo indicato nel Manifesto — Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Ufficio della Gazzetta in casa Ricordi, contrada degli Omenoni N.° 1720; all’estero presso i principali negozianti di musica e presso gli Uffici postali. Le lettere, i gruppi, ec. vorranno essere mandati franchi di porto.


CLASSICA MUSICALE. ESTETICA MUSICALE. imitazioni: sibhiutiva. (Tedi i fogli 19, 22, 23, 24, 20, 28 e 34/ MERCATANTE Finale del Giuramento. XXXVIII. Ela’isa ama ’Viscardo d’un amor si potente che l’esserne riamata si è fatto per essa un’assoluta necessità della vita } ma Viscardo ama Bianca, ne è corrisposto, e non sente per Ela’isa che disprezzo. La scoperta di un tale amore è per questa un colpo mortale} nel primo impelo di disperazione essa vorrebbe svenare la rivale} ma un pegno di riconoscenza scoperto al collo della medesima le fa cangiar pensiero. E poi, qual prò di una vendetta? Nuli’altro che l’odio implacabile di Viscardo. Non vi ha che un mezzo per ottenere da lui qualche sentimento slmile all’amore ed essere ad un tempo fedele al fatto giuramento: farlo felice salvandogli l’amata e ponendola in suo potere. Ma dopo un tale sagrifizio potrà ella sopravvivere? No. Un cuore dominato da sì imperiosa passione non può tollerare che l’oggetto amato viva in braccio ad altro amore. È forza morire, ed Ela’isa per ottenere su Viscardo la massima delle vittorie ha risoluto morire per di lui mano mentre gli ridona l’amata} e vi riesce. L innamorato di Bianca credendola morta per mano di Ela’isa ha appena vibrato nell’ebbrezza dell’ira il mortai colpo che Bianca si desta, ed egli intende da chi e per chi fosse salvata. Prima di spirare sa Ela’isa di aver riportato sul cuor dell’amato una tale vittoria per cui ogni suo palpito d’amore dovrà ricondurgliela al pensiero colla memoria del suo eroismo, e forse dovrà amarla quanto la stessa Bianca. Ecco una morte beata. E il concetto di Mercadante corrisponde pienamente all’affetto, e la soavità della melodia è fatta anche maggiore da quella di corno inglese che s’accoppia al canto, quasi fosse il sentimento d’Ela’isa personificato. Il tono non passa al minore che all’addio di estrema dolorosa separazione. Abbiamo accennato questo tratto: si esamini pure tutta l’Opera, o ad eccezione di alcune sconnessioni e durezze d’armonia in cui cadde l’autore forse per troppo desiderio di novità e di una forza spesso soDI MILAINO La musique, par des inflexions vives, accentuées, et, • pour ainsi dire, parlantes, exprime toutes les pas• sions. peint tous les tableaux, rend tous les objets, • soumet la nature entière à ses savantes imitations,» et porte ainsi jusqu’au coeur de l’Iiomme des sen~. timents propres à l’émouvoir.» J. J. Rousseau. verchia ed opprimente d’orchestra, vi si troveranno di molte bellezze (*). Fra le recenti Opere alcuni altri esempi potremmo citare di belle espressioni musicali, ma e perchè sarebbe un dilungarci di troppo, e perchè correndo a mano di tutti è facile allo studioso lo esaminarle da sè, e perchè anche fra gli antichi, il cui nome non suona più che nella memoria di pochi, abbenchè degno di lunga ricordanza, anche fra gli antichi, dico, bellissimi esempi si rinvengono meritevoli di osservazione, ne piace uno almeno trasceglierne col quale pqrrem fine a questo capitolo. L’esempio che proponiamo è un duetto dell’esimio Mayr nella Ginevra di Scozia„ argomento tratto dall’Ariosto} e servirà a meglio dimostrare che, ove vi è verità di espressione e calore di affetto, il bello è di tutti i tempi, nè punto soggiace alla volubile moda. XXXIX. Ariodante prode guerriero di ventura ama ed è riamato da Ginevra figlia del Re di Scozia. Un vile e iuvido duca, mal sofferendo vederlo in favore, astutamente il viene tacciando di follie, e volendo dargli a credere ingannatrice l’amante gli propone di fargli vedere coi proprii occhi come esso duca è accolto di notte tempo dalla principessa. Dato il convegno, ed avendo fra le damigelle di Corte una druda la persuade ad accoglierlo vestita degli abiti di Ginevra, e con tal mezzo trae in inganno Ariodante, il quale mal soffrendo un tanto tradimento risolve di togliersi la vita. Impedito di ferirsi dal fratello Lurcanio che furtivamente e temendo insidia l’aveva seguito, si precipita da uno scoglio} se non che pentitosi ad un tratto, ed abile essendo al nuoto potè salvarsi e fuggire di là. Testimonio del fatto e dolente del perduto fratello, Lurcanio accusa al Re Ginevra come impudica, la quale secondo le (t) Per quel che è dell’istromenlazionc (che a noi in questo Giuramento sembra piena di magislero sccntilico non solo ma ed anco in più luogld ispirata dalle più fine intenzioni drammatiche) non possiamo ommettcre una singolare osservazione critica. Perchè mai il dotto e riflessivo Mercadante potè dimenticare la convenienza e la verità scenica al punto da introdurre la banda militare nella camera da letto di Bianca? ( Veggasi la stretta del finale dell’atto primo). Forse per avere un aumento di mezzi a rendere più romorosa la chiusa della prima parte del dramma? Ma un compositore dell’alta portata di Mercadante ha egli bisogno di ricorrere, anche commettendo un imperdonabile controsenso, a simili ripieghi? E poi chi saprà provarne che l’intensità dell’effetto nei finali deve essere in proporzione del romorc che si fa cogli aiuti stromcritali? E quando i signori compositori vorranno emanciparsi dalla pratica ormai diventata quasi obbligo pedantesco di terminare il primo atto delie Opere col fracasso dei tutti? Il prezzo dell’associazione annua alla Gazzetta e alVdittologia Classica musicale c di Ausi. lire 24 antici* pate. Pel semestre e pel trimestre in proporzione. L’affrancazione postale della sola Gazzetta per l’interno della Monarchia c per l’estero fino a confini è stabilita ad annue lire 4, — La spedizione dei pezzi di musica viene fatta mensilmente c franca di porto ai diversi corrispondenti dello Studio Ricordi, nel modo indicalo nel Manifesto. — Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Uflìcio della Gazzella in casa Ricordi, contrada degli Omcnoni N.° 1720; all’estero presso i principali negozianti di musica c presso gli Unici postali. — Le ìettcrc, i gruppi, cc. vorranno essere mandati franchi di porto. leggi dello Stato avrebbe dovuto perire se fra un mese non fosse difesa da un camÌiione in campo chiuso contro l’accusatore, ’ubblicato il decreto ne giunse la nuova ad Ariodante il quale benché persuaso della di lei reità, mal soffrendo che essa ne debba morire, nè presentandosi, già quasi spirato il termine, altro campione, risolve difenderla; perlochè assunte sconosciute insegne venne alla Corte. L’uso concedeva un segreto abboccamento al campione coll’accusata, ed è questo che forma il duetto di cui si tratta, nel quale è espresso il tumulto d affetti dei due personaggi. La situazione è sommamente drammatica. 11 guerriero che sta per esporre la sua vita a sostenere l’innocenza di Ginevra si fa qui suo accusatore, e colle minacele di morte e con un furore a stento represso che dagli atti, dalla voce, e dallo sguardo non ostante la visiera traspare, costituisce per essa un inesplicabile tormentoso mistero, che non può spiegare fin che crede perito 1 amante. «Oh! se dall’ombra tornasser gli estinti;) die’ella, e la già scorta rassomiglianza la rende ansiosa di conoscerlo, di essere creduta innocente non meno che di far salva la di lei vita che è in estremo pericolo. Nè meno agitato è l’animo d’Ariodante fra il credere, o a ciò ch’ei vide cogli occhi proprii, o alla sicurezza con cui Ginevra persiste a dirsi innocente. Osservate con quanto affetto Ginevra pronunzia quelle parole «Per pietà, deh non lasciarmi.» Notate di quai terribili note è vestita la risposta del guerriero «Questo volto non vedrai - Se non cado al suolo estinto,» e l’orrore dipinto ne’ due seguenti versi: a Di pallor mortai dipinto - Ti farà d’orror gelar». SI noti a passo a passo come in tutto questo dialogo la musica è vera espressione dei moti dell’animo, e seguendo la parola che succede senza alcuna ripetizione varia la modulazione ed il ritmo degli accompagnamenti or tranquilli or agitali, or frementi secondo che il senso lo esige. Ma gli affetti sono giunti a tale tumulto, a tale angoscia che richiamano per un momento intorno al cuore tutte le potenze vitali. Ecco l’adagio preceduto da una modulazione che non apparisce per nulla oziosa, perchè aneli’essa espressiva; ecco 1 ’«due semplicissimo ma pieno di verità e soltanto lungo quanto è supponibile possa durare in tanta tempesta un’apparenza di Ò calma. Ripreso vigore Ariodante vuole involarsi, Ginevra insiste perchè si sveli, la sua insistenza vie più lo adira, e già sta per pa [p. 158 modifica]lesai’Ie quel nome, per iscoprirle quel Tolto eh1 ei crede doverla come un fulmine annientare... Suona la tromba che chiama al campo. L’agitazione è al colmo, cessa la melodia che più noi comporta l’affetto; tronchi sono gli accenti, il ritmo solo può spiegarne la foga. Che di più appassionato di quelle parole «Mi manca l’anima? 55 Che di più lacerante di quel grido di Ginevra che precede di poco le ultime cadenze, e si ripete nell’ultima? Giovani! Di bellezze musicali sì semplici in apparenza e sì vere di rado se ne incontrano e fra i moderni, e fra gli antichi: studiatele. (Sarà continualo) SCHIZZI BIOGRAFICI. ALESSANDRO SCARLATTI. ( Vedi il foglio N. 35. ) Veramente un’epoca memorabile nell arte è riguardata quella dell’anno quando Alessandro Scarlatti fu chiamato a rendere in musica il dramma Onestà in amore, da rappresentarsi in Roma nel palazzo della reina Cristina di Svezia, la quale, dopo la sua abdicazione al trono che fu nell’anno -1654., aveva fermato sua dimora in quella capitale dell’orbe cattolico. Questa fu la prima Opera drammatica che di Alessandro fosse al pubblico rappresentata, e valse ad aprire nuova strada ai maestri di questo genere di musica; imperciocché le arie che fino allora non avevano un ritmo ben definito e senza più erano espresse con gretta e povera melodia, incominciarono per opera di lui, a disegnarsi in cantabile convenientemente spazioso e oltremodo gradevole ad ascoltare, lo che parve allora un miracolo. Similmente il recitativo che prima era una semplice e quasi piana declamazione, avvegnaché per opera del Carissimi prendesse un andare più musicale, fu però dallo Scarlatti reso più nobile, e molto acquistò di bontà e di efficacia per lo sostegno adattatovi dell’armonia degli stranienti che a quando a quando ne dirigevano e contrassegnavano la modulazione: la qual cosa non costumandosi in prima, era cagione che il recitativo, così sprovveduto, era costretto a languire nell’uniforme monotonia del suono onde era impresso con detrimento della espressione de’ variati sentimenti della poesia. Quest’arte di modulare il recitativo e di istromentarlo, in processo di tempo, mirabilmente si migliorò ed accrebbe sino all’abuso, e non mancano esempi di moderni recitativi che altro non hanno di questo genere di musica che il nome, essendo troppo sovente intramezzati di ritmi, e troppo carichi d’istromentazione con danno della varietà dell’effetto; la qual cosa spesso è cagione di sazietà e di noja negli uditori. Non è a dirsi quanto plauso e favore ottenesse la detta prima Opera dello Scarlatti in Roma. Basti che d’allora in poi vennero meno nella comune estimazione quelle Opere che d’altro pregio non andavano adorne se non di quello che poteva loro prestare la scienza del contrappunto e l’ingegnoso modo di far giuocare più parti sopra un soggetto: arte di puro calcolo che non ammette varietà di movimento, e che non può non inceppare e turbare il verosimile della scena. Ma non si creda che lo Scarlatti poco fosse valente contrappuntista: egli solamente schifò lo sforzo scientifico in quanto che male ei si conveniva al melodramma, ma diede mai sempre saggio di molto essere innanzi in questa parte nelle sue sinfonie, nelle suonate, in molte delle sue cantate; nei quali generi tutti di musica egli usò però una maniera nuova ed originale; onde fu detto non avere Alessandro mai imitato altro maestro se non lui medesimo. Anzi, rispetto alla sinfonia, vogliamo osservare che a’quei di solo un modo si conosceva di trattarla e questo era quello inventato da tutti e da tutti gli altri seguito: non però da Scarlatti, che un nuovo e lutto suo proprio ne introdusse, il quale è poi stato in appresso adottato da tutti i compositori, e con poche modificazioni, rispetto alla disposizione delle parti o dei membri, è pervenuto sino ai tempi moderni. Questo modo è stato abbandonato da molti degli odierni compositori italiani, a’ quali è piaciuto piuttosto attenersi alla maniera di trattare la sinfonia introdotta dai tedeschi, 0 di comporla in forma più capricciosa e variata a loro talento. Nò si pensi che le opere drammatiche di Scarlatti spirino poco fondamento di scienza musicale, perchè, per avere Alessandro fatto uso moderato delle fughe e de’canoni, non però del tutto gli escluse dal suo melodramma come avrebbe potuto fare, ed oltre a ciò fece prova di quell’artistico sapere affatto indipendente dai suddetti argomenti scientifici il quale specialmente consiste nel trattare con isquisitezza di gusto le molteplici combinazioni dell’armonia; nel qual magistero, siccome dalle sue Opere possiamo vedere, egli fu, secondo quei tempi, valentissimo. Il lieto successo dell’Onestà in amore fu cagione che altre opere fossero ad Alessandro allogate pei teatri di Roma, le quali non meno della prima furono accolte con favor singolare: tanto che la fama della sua virtù oltremonte, fu successivamente chiamato e al regio teatro di Monaco in Baviera e a quello imperiale di Vienna; onde carico di onori ritornò in patria e fu meritamente dovunque avuto in couto del miglior maestro che a quel tempo fosse in Italia. Si diede allora a comporre musica da Chiesa, e prodigioso è il numero delle sue opere di questo genere piene di profonda scienza armonica, state poscia proposte a modello e dal cui esempio ed imitazione dobbiamo riconoscere quel tanto che ancora di meglio ne fecero i grandi maestri che uscirono dalla sua scuola. Nel Regio Collegio di musica in Napoli si conservano ancora molte sacre composizioni detlo Scarlatti, fra le quali s’hanno in maggior pregio un Memento, Doniine a quattro parti senza basso alla maniera di Palestriua, uno Stabat Maler a due voci con due violini e viola, ari Antifona a otto parti reali in due cori e la Passione descritta da san Giovanni, con violini e viole. Vogliamo osservare che la maniera usata dallo Scarlatti nelle sacre composizioni non differisce da quella che egli usò nelle cose profane se non in una certa gravità di stile più conveniente al luogo santo e al senso religioso de’sacri testi: onde è presumibile che a que’ dì gli fosse opposta la menda di degenerare in modi convenienti alla musica profana, querela che abbiarn veduto essere stata mai sempre mossa contro lutti 1 compositori che si sono ingegnati di adoperare nelle lodi divine il meglio dei mezzi che offriva l’arte de’loro tempi. Come che fosse a’tempi dello Scarlatti, certo è che in appresso le sue sacre composizioni sono state proposte a modello di musica veramente religiosa. Prodi gioso è il numero delle cantate, serenate, canzonette e madrigali di Alessandro Scarlatti, opere avute tutte in conto di lavori eccellenti di contrappunto e di espressione. Alcune delle sue cantate furono ridotte in duetti da quel grande armonista e compositore slromentale, Francesco Durante, come avremo a dire in appresso se verremo a descrivere la vita anche di quest ultimo. Fra le serenate dello Scarlatti celebre è quella a quattro voci ch’ei compose nel 1 per le sponsalizie del principe di Stigliano; fra i madrigali, quello a cinque voci: Cor mio deh! non languire; e fra le cantate, l’Arianna e la Stravaganza. Si conoscono ancora di Alessandro due tomi di suonale per cembalo. Ma il genere di musica nel quale deve l’arte riconoscere da lui grande aumento e splendore quello è della musica drammatica; nel quale mostra che egli non facesse ritratto da nessuno de’suoi predecessori, come appare evidentemente all’incontro che tutti i suoi successori abbiano fedelmente in questa Farte calcate le orme di lui. Olire alOnestà in amore sono celebri fra i suoi melodrammi la Didone abbandonata, il Ci/ o riconosciuto e la Caduta dei Decemviri. Nè prima dello.Scarlatti aveva la musica italiana ottenuto il favore e la preferenza presso ogni altra nazione, onde si vuol rettamente giudicare che per le grazie singolari e attrattive delle opere di lui la musica italiana mirabilmente incominciasse a propagarsi ovunque e rendersi per tutto popolare ed accetta. E ne fa fede il Leré, poeta francese, il quale ne’suoi canti: les dons des en/’ans de Datone, stampato a Parigi nel 1754, pone lo Scarlatti in capo al triumvirato de’maggiori ingegni musicali dell’epoca, e conclude dando il vanto all’italiana sopra ogni altra musica. Ma se grande fu il nome di Alessandro Scarlatti come compositore, non minore è la fama di lui come capo e principal fondatore della famosissima scuola napoletana, dalla quale sempre sono poscia usciti in ogni tempo in maggior numero gli astri primarii della musica italiana. Leonardo Leo, Nicolò Porpora, Domenico Scarlatti, Adolfo Hasse, detto il Sassone e lo stesso Pergolesi, ebbero tutti agio qual più qual meno intimamente di attendere a suoi insegnamenti. Ma fra questi, più furono famigliar! discepoli di Alessandro, il suo detto figliuolo Domenico e il Sassone. Quest’ultimo in vita sua mai si mostrava abbastanza pago di celebrare e levare a cielo le opere di Alessandro, esprimendosi che nessun maestro gli andava innanzi quanto alla parte dell’armonia. Sacchini, quando in Venezia tenea scuola di canto, si valea come per testo delle cantate di Alessandro Scarlatti, e non finiva mai alcuna delle sue lezioni senza baciare il libro che le conteneva. Alcuni attribuirono ad Alessandro l’invenzione del da capo, ed alcuno scrittore, biasimando questo trovato come pernizioso alla verità della scena, ne attribuisce la scoperta a un certo Ferri. Come che sia, certo è che il ripigliare il motivo e il ripetere a quando a quando la frase, ad imitazione dei lirici cantici, è cosa molto confacente alla musica e gran sorgente di diletto negli ascoltanti. Solo è da porsi considerazione a non far luogo al da capo [p. 159 modifica]se non quando il senso poetico delle parole il comporti, il che per altro accade ben di rado. Venuto Alessandro alquanto in vecchiezza, poco più scrisse di cose profane e solo attese a comporre per Chiesa, nè mai lasciò il suo prediletto suono dell arpa nel quale fu sempre valentissimo esecutore: e attesta il Quanz di averlo udito a suonare in principio dell anno 17i;U, che fu anche quello della sua morte: alla quale si sottopose il di 2-4 ottobre dell anno medesimo, con gran compianto de suoi discepoli e di tutta la città. Fu dato onorato sepolcro alle sue spoglie nella cappella de’ Filarmonici palatini dedicata a santa Cecilia nella Chiesa de’soppressi Carmelitani di Montesanto, ove ancora si legge un pomposo epitafio latino che tutte commemora le virtù dell’illustre defunto. Il cav. Domenico Scarlatti, figlio di Alessandro, riuscì eccellente compositore e del pari che suo padre valentissimo suonatore di arpa. Dimorò in Venezia, in Roma ed in Madrid ove ammaestrò nella musica la principessa delle Asturie che fu poscia regina di Spagna. Sono ben note le sue suonale per cembalo, alcune cantale, e il dramma la Merope. Morì egli nel 1757. Ancora Giuseppe Scarlatti, figlio di Domenico, nato in Napoli intorno all’anno 4718 riuscì buon compositore e molti drammi italiani serii e burleschi pose in musica pel teatro di Vienna ove morì nel 1776. Il suo stile molto è lodalo per grazia e facilità. C. Melimi. CRITICA MELODRAMMATICA I. R. TEATRO ALLA SCALA OSSERVAZIONI VARIE. Nel Giuramento di Mercadante, riprodotto dopo tre o quattro anni sulle scene della Scala, e infelicemente riuscito per cagioni che vano ora sarebbe l’enumerare, si è distinto il tenore sig. Guasco. Egli è lodato per un porgere naturale, scevro di affettazione e di manierismo nell’espressione degli affetti, e nondimeno a sufficienza sentito, ed ove la situazione il comporta, caldo ed animato. Nei modi di canto del sig. Guasco, dotato di buona e omogenea voce di tenore ch’1 egli non guasta con isforzi di cattiva scuola, è anzi tutto gradita una tal quale spontaneità che non lascia scorgere nè la fatica né lo studio. A questo scopo debbe tendere principalmente ogni arte consecrata al diletto e alla comozione. Un altro pregio del sig. Guasco è 1 intonazione, alla quale egli è fedele per abitudine; che se talvolta qualche voce non gli esce precisamente misurata, non è egli certo l’ultimo ad accorgersene, come suol troppo spesso accadere anche a molti cantanti che si dicono o sono detti di primo cartello; non è egli l’ultimo ad accorgersene, dicevamo, e tosto se nè raddrizza ed impedisce così que’ tremendi effetti che suol cagionare l’imperturbabilità e la perseveranza del cantare stonato, venuto sì bravamente di moda ai nostri gloriosi giorni musicali. Ci par singolare cosa di dover compartire elogi ad un primo tenore della Scala per la buona intonazione! è uno stesso come se lodassimo un valente letterato già autor di lodati scritti, perchè sa bene l’ortografia, ovvero perchè non inciampa nella sintassi grammaticale! La buona e sicura intonazione dovrebbe essere il primo elemento di chi comincia a far prova di sè nel canto al cospetto del pubblico; al modo stesso che il primo elemento di un ballerino è il saper star ben ritto e in bilico sulle gambe. Siamo sicuri che il sig. Guasco è deila nostra opinione, e forse sorride in sè dell’importanza che abbiam data alla sua abilità nell intonare. Però rifletta che non fu senza un perchè se insistemmo a lodarlo per questo, in molti casi è duopo volgere un complimento ad uno, onde indirettamente l’altro 0 gii altri vicini ci capiscano dentro un rimprovero per sè stessi, e facendo, come si suol dire, l’indiano, ne profittino alla bella e meglio, se pure ciò sta in loro facoltà. Un altro encomio che vogliamo dare al sig. Guasco si volge alla sua azione, non punto di maniera accademica, ma giusta, ma sobria, ma naturale. Abbiamo udito taluni accusarlo di poco animato e anzi freddo porgere drammatico. Noi non facciamo gran contò di simili rimproveri, perchè sappiamo che è spesso facile nel giudicare così di canto come di azione, il confondere i.1 fare smaniato e l’esagerazione per calore, e intensità di sentimento. L’impostura è odiosa in tutto, ma nelle arti è insopportabile. Quanti artisti cantanti, a chi li vede sul palco contorcersi, scarmanarsi, cacciar occhi a dritta e a sinistra, dimenar le braccia incessanti con atti da esorcizzatori, pajono gli esseri più passionali e sentimentali del mondo, c a conoscerli dappresso, sono le anime più fredde e lasaguoue! Tutto quel contorcersi e scarmanarsi, tutto quel spingere di voci a mo di singhiozzi e di gemiti, non sono che cose di artifizio, malizie studiate, finzioni per ingannare il pubblico e buscarsi degli applausi. E al1 opposto quanti cantanti-che a riguardarli’ sulla scena, avari di gesti e di movimenti, composti della persona, non facili a contrazioni di volto, ad occhiate da spiritati, si direbbero freddi e passivi, e invece sentono moltissimo, e ne danno prova a momento opportuno, e non sciupano l’espressione e il far tragico ad ogni più insignificante punto dell’azione. O ci inganniamo o ne pare che il bravo sig. Guasco sia da porsi in questo novero. Se avverrà ch’egli abbia a prodursi in qualche Opera che nel complesso dell’esecuzione riesca più felicemente di quel che sortì la riproduzione mal consigliata del Giuramento, ci occuperemo di lui con più deliberala attenzione, e faremo di esaminare più per dettaglio il suo valore non solo, ma anche i difetti che per caso ci verranno in lui osservati. Chi ami sapere come la pensiamo noi intorno al merito della musica di questa bella partizione di Mercadante voglia dare una scorsa all’articolo messo in capo al presente foglio, ove il nostro valente collaboratore il maestro R. Bucheron offre l’analisi del miglior pezzo dell’Opera. Però per conto nostro aggiugneremo che ne sembra dovere osservare nello spartito alcune ineguaglianze di stile, il quale talora accenna alla maniera betliniana, talora sa del fare più rifiorito e ritmizzato, proprio della scuola di Rossini, talora infine, e specialmente nella concertazione e nello stromentale, rivela lo studio de’ grandi modelli oltremontani; il tutto però temperato e fuso con un’arte e con una finitezza veramente degna di quel dotto compositore che è Mercadante. Intanto accenniamo di passaggio che errano a nostro credere coloro i quali, nel lamentare in Mercadante l’abuso degli effetti stromentali, accusano di questa menda»2 una lai quale sua tendenza a imitare troppo dappresso la musica tedesca. Se codesti signori critici si dessero la pena di osservare le partiture dei grandi compositori alemanni si persuaderebbero di leggieri che, come è falso il credere che il merito loro principale stia nella complicazione contrappuntistica e nella scientifica astruseria, così ingiustamente si appongono coloro che si credono essere carattere principale di quella scuola, non che della scuola francese, il soverchio fragore della istromentazione. A persuadersi di ciò basterebbe un’occhiata che ei gettassero ai capolavori musicali di Ilavdn. di Mozart, di Weber, di Beethoven, di Meyerbeer, di Auber, di Onslow, ecc. Ma d’ordinario coloro i quali scagliano le loro sentenze di condanna sulla musica drammatica d’oltremonte, non fanno altro che far eco pappagallescamente a certe vecchie pregiudicale opinioni, e dei pregi veri o dei difetti di quella musica nulla all’atto ne sanno, perch’essa è tra noi poco meno che sconosciuta, come quella che da troppo lungo tempo dorme sepolta ne’ magazzini de" nostri editori, per lasciar (ulto il posto alle Operueeie più fàcili, più gustose per gli orecchianti, e quindi più popolari, de’ molti maestri indigeni. E fuor di dubbio che Mercadante ha studiato e molto seriamente studiato i capolavori musicali tedeschi ed anche i francesi, ma da quell’artista insigne ch’egli è, gli ha studiati per impararne ben altra cosa che non le mere ricercatezze armoniche o i modi da far molto fracasso con una piuttosto che con altra data combinazione di slromenti. In Mozart, in Beethoven e in Weber, l’autore del Gitili amento e della P estale, avrà bensì osservato la grand’arte di essere veracemente inspirato nell’invenzione, sicuro e ardito nella espressione degli affetti e nel linguaggio delle passioni, libero dai ceppi deile forinole nella imitazione pittoresca, e lutto ciò con semplicità, con spontaneità, con sobrietà dei migliori mezzi della scienza e dell’arte, ovvero con solo quel tanto di quella e di questa che basta alla verità relativa e giustezza dell’effetto. Il biasimo che può darsi a Mercadante per avere, nelle ultime sue Opere (e principalmente nel Bravo e nelle Illustri Rivali), abusato dei mezzi stromentali, ed essersi addimostrato troppo povero di spontanee, geniali ed espressive ispirazioni melodiche, è al tutto indipendente dalla sua predilezione allo studio dello stile melodrammatico de’sommi tedeschi, ma vuoisi accagionarne in parte la falsa tendenza del gusto del pubblico, in parte la penuria di cantanti della vera e buona scuola, ecc., in parte il genere bislacco delle così dette tragedie liriche ultimamente venule in voga e per la più parte consistenti in forzate e strampalate situazioni drammatiche, per rendere musicalmente le quali è bisogno al maestro di dare nell’esagerazione e nel falso, per non mostrarsi da meno del poeta. E quest’ultima causa (unita a una tal quale stanchezza di fantasia, forse momentanea) è, a parer nostro, quella che maggiormente influì a modificare l’ingegno melodrammatico di Mercadante, e lo trascinò a deviare, nelle ultime sue produzioni, dalla bella strada sulla quale ei s’era messo e alla quale, se non è tornato col Proscritto, saprà ridursi a prima occasione. B. [p. 160 modifica]TEATRO RE. Altri cenni intorno al JLa&xareilo del maestro Marmami. Lo scorso mercoledì ebbero fine le recite melodrammatiche del Re, che volsero a compimento con sutliciente fortuna. Vi si diede per ultimo spartito il già annunziato Don Desiderio del principe Poniatowski, che mercè al talento comico del sig. Gennaro Luzio potè sostenersi per qualche sera. - Di tre nuovi sparliti che ne furono presentati, il solo Lazzarello di Marliani, si sostenne per le reali bellezze della musica, abbenché ecclissato in buona parte dalla meschinità del libretto, e dalla mancanza dell’esecuzione vocale. Ed abbenchò noi abbiamo già parlato del merito estetico di quest’opera, crederemmo cosa ingiusta l’ommettere un esame breve si, ma dettagliato anche intorno al lavoro puramente musicale, del quale non abbiamo toccato che di volo. La sinfonia è lunga, ed abbenchè intessuta di alcune particelle dello spartito, manca assolutamente del colore leggero e gaio che gli si doveva; la condotta abbenchè non nuova, è tuttavia buona e sicura. 11 coro d’introduzione è senza pretesa; perciò passiamolo noi pure in silenzio. Piena d’affetto è la cavatina di Lazzarello, elegantissimo ne è lo stromentale. Or veniamo a quella vaga canzone, che è infatto la Xacarilla, ben degna di farsi titolare del suo spartito. V’ha alcuno che la vuole non originale del Marliani, ma nazionale spagnuola; sia quello che meglio si voglia, certo è che questa canzone, come qui fu trattata dal compositore, è uno di que’ pezzi che ben di rado scorrono giù dalla penna anche dei primi nostri compositori. V’ha novità, freschezza, leggiadria di molivi; elegantissimi giri armonici, un seguitarsi continuo di modi maggiori e minori, con brio, affetto, libertà di fornice nessuno stento. Tutta la parte dell’orchestra è trattata a tocchi delicati, nobili, sicuri, matematicamente economizzata e poeticamente concepita ad un tempo stesso. Ogni lode di questo pezzo, che è pur lungo e che aggirasi sempre su un tempo solo ed imperfetto, ogni lode, lo ripetiamo, non è esagerata. Nulla avvi di rimarchevole fino al terzetto che precede il primo finale, il quale terzetto brilla nel primo tempo per vivace movimento d’orchestra, e nella cabaletta per bella e vaga disposizione di parti, e per una melodia, che unisce ad un’impronta leggerissima e quasi aerea, una cotale strana incertezza di ritmo, che in Iqogo di defraudarne, aggiunge vaghezza al pensiero, e l’impronta di novità. L’Olivier e la Goggi l’accentavano con molto garbo e leggiadria. Di bel carattere apresi il finale col breve coro in la bemolle «Della notte nel mistero» che bene si conduce all’altro improntato di facile cantilena «Sul vostro ardir contiamo». L’effetto straordinario prodotto dalla breve canzone di Lazzarello che succede, era dovuta a parer nostro in gran parte al franco c vezzoso accentare della Goggi; egli è vero che il pensiero principale è facile, scorrevole, ma non è nuovo, nè nel canto, nè nello istromentale. Esso però cade assai a proposito e gli danno molto vezzo e affetto al maggiore della strofa quelle belle note tenute de’ primi violini che sovrastano or d’una terza or d’una sesta al canto. Se questa canzone non ha il merito di lavoro della prima, ne.ha però l’effetto, che è pur merito della scienza nel fare del compositore. Un altro breve largo in do nello stesso finale è meno stimabile, e sembra più aggirarsi su dettagli anziché su un concetto primitivo e deciso. L’istessa pecca potrebbe riscontrarsi nella stretta, che racchiude nondimeno di belli artifizj di contrappunto e qualche bel giuoco di parti. Del seeond’atto abbiain poco a dire. Non v’hanno pecche, ma non v’hanno neppur gemme. Manca il mezzo principale, ch’è quello di cattivarsi l’attenzione. Però alcuni vivi pensieri nello stromentale riscontransi qua e colà, come sarebbe nel bel primo tempo del duetto tra Rita e Sancio, c nel primo ed ultimo del quartetto. L’applaudita cabaletta dell’altro duetto, Lazzarello e Sancio, doveva il suo effetto pure alla bella e disinvolta pronunzia della signora Goggi; e cosi anche l’ultima aria, se godette un po’di fortuna, fu merito più eli’ altro della gentile esecutrice. Ripetiamo però e concludiamo che in questo spartito v’hanno assai buoni fatti e molte belle speranze, e (he sarebbe desiderabile per l’arte, che del sig. Marliani si facesse buon conto da’nostri signori appaltatori, come di persona, che oltre a naturale istinto, dà saggi di grandi studj attinti a’ sommi modelli.

 A. M.

VARIETÀ. — La Gazzetta Musicale di Parigi nel render conto, in una Rivista Critica, delle nuove composizioni stromentali pubblicate dall’esimio violoncellista sig. FrancoMendes, esordisce al suo articolo con queste parole che a noi paiono dettate da giustissimo sentimento dell’arte: «On ne saurait trop louer les Artistes en possession de charmer le public par un talent rémarquable d’exécution et pour qui les triomphes sont chose facile à obtenir, de savoir resister au torrent des caprices et des fantaisies sur les pauvretés en vogue pour se livrer au culte de la musique sericuse, de l’art véritable. Combien de natures aujourd’hui richement douces qu’un deplorable talent de virtuose a égarées, et qui enivrées par d’éphémères succès, consument le meilleur de leurs forces et de leurs facultés dans des ouvres plus éphémérés encore, tandis qu’elles eussent été capables de conceptions, si elles eussent sagrifié a quelques années de patience et de travail, quelques hâtives satisfactions d’amour propre!» Le parole che la Gazzetta Musicale di Parigi qui dirige agli autori di musica da camera potrebbero benissimo venir rivolte tra noi a tanti nostri compositori teatrali, i quali, scritturati che sicno per scrivere delle Opere, la loro briga principale non è il far bene ma il far presto, non il comporre per ottenere il voto durevole de’ più severi intelligenti, ma per carpire il favore della frivola moltitudine. Ed è per questo che sì spesso vediamo dimenticati dopo pochi mesi tanti spartiti apparsi sulle scene festeggiati da un menzognero clamore, e da un entusiasmo prezzolato. — Nel primo semestre di questo anno 1842 furono pubblicate in Germania 1354 Opere musicali. Per Orchestra 42 Violino.. 65 Violoncello 26 Flauto 30 Varj stromenti da fiato 16 Chitarra 20 Pianoforte con accompagnamento. 83 Pianoforte a quattro mani.... 413 Pianoforte solo 345 Danze per Pianoforte 138 Marcie per detto 8 Metodi per detto 3 Organo li Arpa 3 Fisarmonica 10 Musica sacra 67 Canto con accompagnamento... 16 Canto a più voci 70 Opere in musica 54 Canto solo 231 Metodi per canto 5 Opere teoretiche e giornali... 28 1354 — Nella più antica Gazzetta Musicale, incominciata a Lipsia nel 1736, leggesi nell’anno 1746 una notizia da Dresda, che dimostra quanto Federico il Grande favorisse la musica. Questa notizia, della cui verità non è punto da dubitare, dice quanto segue: «S. M. il Re di Prussia, • avendo fatto il suo ingresso a Dresda dopo la balta«di Kesselsdorf, fece ordinare col mezzo di un suo «ajutante generale al maestro di cappella Hasse, di • far rappiesentarc nella sera susseguente la sua nuova «opera Arminio al regio teatro, locchè difatto ebbe «luogo il giorno 49 dicembre del 1745, coi balli ana■ loghi, e S. M. manifestò il suo piacere particolare «sulla musica, sull’esecuzione, ed encomiò molto la «prima donna, l’illustre Faustina Hasse (nata Bordo«ni). Durante il soggiorno di S. M. a Dresda, cioè • dal 4 8 al 27 dicembre, non mancò mai in nessuna «sera la musica di camera ne’ suoi gabinetti. Vi can• tarono per lo più la sullodala Faustina e il musico «Bindi. La cosa più rimarcabile si è, che in queste «serate musicali il Re stesso eseguì ogni qual volta tre «pezzi sul flauto, accompagnati dal maestro Hasse sul • cembalo, e S. M. eccitò l’ammirazione degli uditori, «massime nell’esecuzione dell’adagio. Il sig. Quanz, • il quale, come è noto, insegnava il flauto al Re, as«sicurò che S. 31. abbia composto più di 300 a solo • per quel istromento. Il maestro Hasse n’ebbe per «regalo in’questa occasione un prezioso anello e 1000» talleri. Chi non vede che S. 31. grande nella guerra, «grande nella pace, grande nel governare e grande nelle «scienze, non è pur grande nella musica! Evviva Fede • rico il Grande! NOTIZIE YAUIE. — In una supplica presentala al Ministro dell’interno di Francia dagli Allievi premiati del R. Conservatorio, e appoggiata dal Direttore del Conservatorio stesso, il sig. Auber, all’oggetto di ottenere l’erezione, di un terzo teatro musicale (Vedi la nostra Gazzetta, N. 32 e 33) si leggono fra le altre le seguenti frasi: «Il Governo spende rilevanti somme all’uopo di educare e mantenere de’compositori al Conservatorio; esso manda a sue spese i primi premiati a Roma per il perfezionamento ne’loro studi, e questi primi premiati al loro ritorno, veggono d’ordinario intercludersi l’awenire che vien loro promesso, per la impossibilità in cui si trovan posti di mettere a profitto i loro studii a cagione delia mancanza di teatri musicali sui quali prodursi». Queste poche parole daranno a fare delle serie riflessioni anche ai nostri giovani compositori. Quanti tra essi che pur si sentono chiamati dal loro genio a percorrere una fortunata carriera son condannati a languire nella dimenticanza, nell’ozio e fors’anche nel bisogno, per l’impossibilità in cui si trovano di produrre i loro primi saggi al pubblico e ottenerne gli incoraggiamenti che potrebbero meritare. E noi sappiamo in fatti di molti compositori esordienti i quali o ributtati dalle difficoltà che si incontrano a por il piede per la prima volta sui teatri di cartello, i soli ove potrebbe essere loro assicurata una felice interpretazione per parte dei cantanti, dell’orchestra, ecc., o spaventati dall’idea di vedere la loro musica di primo esperimento rovinata nell’effetto da un’esecuzione infelice sulle secondarie scene di provincia, per la più spiccia rinunziano all’arririgo melodrammatico, e si rifugiano nella professione ingrata e soporifera dell’insegnamento. Tra costoro v’ha molti che non riescirebbero bene sulla scena perchè non dolati nè di estro nè di dottrina sufficiente; ma taluno, confuso nella turba, sarebbe pur tale da emergere, ove le necessarie condizioni d’incoraggiamento non gli mancassero... Gl’Impresari nelle cui mani stanno al presente i destini del teatro musicale italiano, non sono di certo gente da saper scegliere dal mazzo codesti eletti, e porli sul piedestallo della gloria. - Adunque che ne avviene? — La Melodia, nuovo giornale di musica parigino, annunzia prossima la pubblicazione di un gran studio di solfeggio su tiìtle le chiavi ed anche con trasporto di chiavi, di A. Panseron, professore di canto al R. Conservatorio di Parigi. — Leggiamo nell’Osservator Belgio, del 7 agosto, non pochi elogi compartiti alla direzione del Conservatorio di Brusselles pei notevoli progressi che ivi si fanno ncH’insegnamenlo stromentale. Queste lodi sono in gran parte dovute al sig. Fétis animalo da tanto zelo pel lustro di quella Istituzione che ormai contende il primato alle altre di simil natura che al presente sono stimate principali in Europa. — Le Autorità municipali della Comune de la Villette, in Francia, hanno presentata una istanza al signor Auber, Direttore del Conservatorio di Parigi, onde ottenere un Giurì musicale incaricato di aggiudicare dei prendi nell’occasione di un concorso che ebbe luogo, giorni fa, tra le bande musicali di cinque reggimenti di linea. Il sig. Auber nominò membri di questo Giurì i signori Caraffa, Panseron e Meiffred professori del Conservatorio. La gara musicale fra le cinque diverse bande fu mollo lodevolmente subita, c il primo premio consistente in una ricca medaglia d’oro fu riportato da quella del 35.° che si distinse per grande precisione, accordo delle parti perfetto, e squisito modo di colorire. Il Direttore di questa banda è certo signor Joinvillc, valentissimo professore di musica. - Abbiamo accennato questo fatto onde valga quale prova, fra molte altre, che la musica stromentale è assai stimala in Francia. — La statua di 3Iozart venne fusa in bronzo a Monaco Essa arriverà quanto prima a Salisburgo, patria dell’illustre compositore, ove, come è noto, si celebrerà al più presto la solennità della sua inaugurazione. — Listz e Ernst si propongono di recarsi a Salisburgo per assistere alla festa che ivi si deve celebrare in onore di 31ozart. La Francia e la Germania musicale avranno dei degni rappresentanti a questa solennità artistica. Brameremmo sapere chi tra gl’italiani distinti nell’arte vi interverrà per poterne dare contezza a’ nostri lettori. — Dai fogli tedeschi si rileva che al teatro reale di Berlino è addetto un personale di 1900 individui dei due sessi. — Ultimamente fu dato a Brusselles il Moïse di Rossini con molta accuratezza ed impegno; epperò la riuscita fu pari al merito di quella musica di classica bellezza. Non sono mai abbastanza lodati quegli intraprenditori teatrali i quali dovendo riprodurre i capolavori dei più rinomati compositori, non ommettono cure nè spese a far sì che invece di scapitare, per colpa di una cattiva esecuzione, nel concetto del pubblico, riconfermino invece la splendida fama in cui sono tenuti. E all’incontro si meritano, a nostro credere, il maggior biasimo quegl’altri, che poco curanti dell’onore dei poveri maestri lontani ne riproducono le Opere più applaudite in sì riprovevole guisa che per poco non è messa a rischio anche la musica di incorrere que’segni di condanna che dovrebbero essere riservati solamente ai cattivi esecutori. — A Riga, un maestro tedesco, il sig. Dorn, vantaggiosamente conosciuto per alcune graziose melodie, produsse una nuova Opera intitolata Das Banner von England che ebbe ottimo successo e molte rappresentazioni. Il giornale officiale di Riga pretende che questa Opera sia un capolavoro destinato a vivere lungo tempo al pari delle migliori partizioni di 3Iozart e di Weber, e che ove fosse stata data a Parigi o in qualche città primaria di Italia tutto il mondo stimerebbe il sig. Dorn come il primo compositore de’ nostri dì. MOVE PUBBLICAZIONI MUSICALI DELI/I. n. STABILIMENTO NAZIONALE PKIVILEG.0 DI «IOVASXI KICOKDI. Dramma lirico di Temistocle Solera MUSICA DEL M.° mwmwpm wumm Sono pubblicati diversi pezzi ridotti tanto per Canto con accomp.0 di Pianoforte, che per Pianoforte solo. NB. Gli altri pezzi a compimento dell’Opera stanno sotto i torchj per essere pubblicati in breve. Siiaâ areà ttour le l*i fino fori e PAR m JO ÔEIIÆU Op. 41 - Fr. 2 SO. liiìTOO mm. mmm composta per Pianoforte DA Fr. GIOVASTIVI RICORDI EDITORE-PROPRIETARIO. Dall’I. R. Stabilimento Srazionale Privilegiato di Paleografia, Copisteria e Tipografia musicale di GIOVA.WI RICORDI. Contrada degli Omenoni N. -1720.