Gazzetta Musicale di Milano, 1842/N. 37

N. 37 - 11 settembre 1842

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GAZZETTA MUSICALE

N. 37

DOMENICA
11 Settembre 1842.

DI MILANO
Si pubblica ogni domenica. — Nel corso dell’anno si danno ai signori Associati dodici pezzi di scelta musica classica antica e moderna, destinati a comporre un volume in 4.° di centocinquanta pagine circa, il quale in apposito elegante frontespizio figurato si intitolerà Antologia classica musicale.
La musique, par des inflexions vives, accentuées. et. pour ainsi dire. parlantes, exprimè toutes les passions, peint tous les tableaux, rend tous les objets, soumet la nature entière à ses savantes imitations, et porte ainsi jusqu’au coeur de l’homme des sentiments propres à l’émouvoir.

J. J. Rousseau.

Il prezzo dell’associazione annua alla Gazzetta e all’Antologia classica musicale è di Aust. lire. 24 anticipate. Pel semestre e pel trimestre in proporzione. L’affrancazione postale della sola Gazzetta per l’interno della Monarchia e per l’estero fino a confini è stabilita ad annue lire 4. — La spedizione dei pezzi di musica viene fatta mensilmente e franca di porto ai diversi corrispondenti dello Studio Ricordi, nel modo indicato nel Manifesto — Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Ufficio della Gazzetta in casa Ricordi, contrada degli Omenoni N.° 1720; all’estero presso i principali negozianti di musica e presso gli Uffici postali. Le lettere, i gruppi, ec. vorranno essere mandati franchi di porto.


STUDJ BIOGRAFICI.

GIOVANNI WOLFANGO MOZART.

Chi voglia formarsi una ben chiara idea della diversità che corre tra il genio musicale dei tedeschi e quello degli italiani, deve osservare anzi tutto e tener conto del modo in gran parte opposto col quale i critici dell’una nazione e quelli dell’altra sogliono recar giudizio delle bellezze dei capolavori di musica ed esprimere la loro ammirazione per essi. Uno scrittore tedesco, il quale, a cagion d’esempio, sia chiamato a dar il suo voto intorno a un’opera melodrammatica, osserverà principalmente la così detta verità e unità di concetto nel tutto e nelle parti, la severa gastigatezza e originalità nelle forme dei pezzi e nel loro più o meno libero sviluppo, il magistero col quale i vari! mezzi dell’orchestra e dell'armonia sono adoperati a dar vita al pensiero poetico, movimento all’azione, evidenza alla pittura dei caratteri e perfino al colorito locale, al costume storico, ecc. - Un critico italiano all’opposto non baderà più che tanto a tutte codeste ch’egli chiamerà astruserie metafisiche, e fors’anco se ne riderà come di visione immaginaria, e persuaso fin nel fondo dei precordi che la musica, sia drammatica o non drammatica, è fatta per divertire, e che per questo non fa bisogno ch’ella abbia la potenza nè descrittiva, nè imitativa, nè altro che a forza le si vuole attribuire da un’estetica trascendentale non ancora allignata tra noi, nè si facile ad allignare, se avrà a render conto di un’opera in musica si occuperà prima di tutto della così detta novità dei motivi e del gusto delle cabalette, poi osserverà se le melodie sono chiare e a periodi ben ritondati; poi se ci prestano bene alle voci de’ cantanti, se ci sono delle belle cavatine e de’ buoni duetti, e tutto al più se è uomo che pretende a un po’ di cultura musicoteatrale, si occuperà un tantino dell'istromentazioue, se è più o meno fragorosa nei tutti, più o meno fiorita negli accompagnamenti, ecc., ecc. Da questo diverso e poco men che opposto modo di giudicare della creazione musicale, propria alla diversa natura dei due popoli, (la quale è da attribuire a cause che sono troppo al dissopra delle nostre indagini) vuolsi far derivare la grande divergenza che si nota fra le due scuole, l’essere 1'una di esse famosa per la leggiadria delle forme esterne, appariscente ne’ suoi vezzi all’uditore meno educato e per conseguenza sommamente popolare, ed atta a dar diletto allo spirito e ricreare dolcemente gli animi e scuoterli con svariate ed efficaci impressioni, l’altra al contrario, celebrata per più peregrini e reconditi pregi, per austerità di concepimenti, sapienza di stile e tecnica elaborazione non comprensibile che alle menti educate allo studio del bello dell’arte ne’ suoi rapporti coll’estetica e colla metafisica, ecc. Chi volesse affermare che od i tedeschi al loro modo siano veramente i giudici più savii e i più giusti apprezzatori del merito in fatto di composizione musicale, ovvero agli italiani debba concedersi esclusivamente questa qualità, si nell’uno che nell’altro caso errerebbe a partito, stantechè noi crediamo che appunto, come danno in eccesso i primi coll'esigere nella musica de’ vanti, a discoprire e comprendere i quali vuolsi una tale finezza e cultura di spirito ajutate da sì viva immaginativa e penetrazione che troppo difficile è trovare negli uditori ordinarii, al modo medesimo, dicevamo, peccano del soverchio opposto gli Italiani nel tenersi contenti di quelle bellezze che costituiscono più presto la forma anziché l’intima essenza della musicale creazione, e le quali dal più al meno riescono facilmente alla portata dei compositori anche non dotati di genio ma solo aiutati da molto gusto, da un tal quale istinto melodico, e, forse più che tutto, da una facile ritentiva che loro fa agevole appropriarsi gli altrui pensieri e vestirli con garbo e con artifizio in modo che abbiano una tal quale sembianza di novità. Opiniamo quindi che il critico più sagace e giusto del valore reale dei prodotti del musicale ingegno possa essere quegli che in sè accoglie e contempera le doti, più naturali che acquisite, di gusto e di fino sentire proprie all’Italiano, e quelle meno comuni di intima convinzione del bello e di ponderato criterio artistico, peculiari al tedesco. Colla attitudine di giudizio derivante dalla prima di queste due diverse specie di capacità critica egli saprà farsi chiara e giusta ragione delle bellezze materiali, e quasi diremmo esterne e sensibili, che pur debbono fregiare ogni buona musica, se ha da raggiungere lo scopo cui si destina, cioè commovere e scuotere, e coll’altra attitudine di giudizio, propria alla seconda specie di capacità critica, salirà a un più alto ordine di indagini e potrà fare compiuto nella propria mente il concetto intero e profondo che vuolsi formare dell’intimo e sostanzialmente pregio delle musicali creazioni. Le Opere sia drammatiche, sia stromentali o ecclesiastiche del grande Mozart, ad essere degnamente apprezzate richiedono nientemeno che un sì raro accordo di virtù critiche, perchè, forse superiormente a quelle di qualsivoglia altro più acclamato compositore antico o moderno, accolgono in sè con mirabile fusione tutto quanto costituisce il prestigio singolare della musica dovuta al fecondo genio italiano, non che le doti di ispirata concezione e di elaborazione, caratteristiche delle musicali fantasie tedesche. Nell’autore del Don Giovanni e delle Nozze di Figaro la facile e abbondante vena dei pensieri melodici, il vezzo de’ canti più naturali, il fraseggiare espressivo e svariato, la spontanea eleganza nelle forme degli accompagnamenti, e tutto insomma il tesoro delle bellezze che vediamo largamente profuse nelle Opere de’ corifei della scuola napoletana; la profonda ispirazione drammatica di Gluck, gli svariati e pittoreschi effetti stromentali di Haydn, il magistero armonico di Hasse e di Haendel, e tutte le più sapienti squisitezze proprie della scuola alemanna, sono in modo sì meraviglioso assorellate e commiste che, a debitamente gustarle, comprenderle e sentirle, è duopo appunto possedere l’insieme delle doti di criterio, di gusto, di coltura e di penetrazione estetica proprie alle due diverse nature musicali testé definite. Genio vasto ed eclettico, dotato di grande forza di mente e in uno di rara sensibilità di cuore, veemente e caldo, tenero e passionato, brillante e patetico, Mozart, comparso in un’epoca in cui pareva interamente occupato il campo della gloria musicale, dal momento in cui egli si presentò nell’arringo furono per lui tutti i vanti, e il nome suo sarebbe di gran lunga più ammirato nella nostra Italia, se un astro sfolgorante di luce più viva, ma non più intensa, non fosse sorto a gettare nell’ombra le creazioni mozartiane, che ad essere bene interpretate da chi doveva eseguirle, e comprese da chi doveva udirle, richiedevano un grado di cultura e di educazione musicale al quale gl’italiani di quel tempo, è duopo dirlo francamente, non eran giunti per anco, e forse appena il sono sufficientemente oggidì.

Chi voglia farsi giusta ragione dell’altezza, alla quale seppe Mozart pervenire nella sua troppo breve carriera, dovrà rammentare i casi principali della sua vita; epperò vorrà dare con noi uno sguardo allo sviluppamento progressivo delle facoltà onde la natura aveva sì doviziosamente provveduto il grande artista.

B.

(Sarà continuato)

[p. 162 modifica]n. CONSERVA TOMO RI MUSICA. Onorata dalla presenza delle LL. AA. II. e 11R. il S erenissimo Arciduca Yi’cerè e la Serenissima Arciduchessa "Viceregina, dell’Augusta loro figlia l’Arciduchessa Maria, di S. E. il sig. Conte di Spaur, Governatore della Lombardia, e d’altri illustri e cospicui Personaggi, la mattina del giorno 0 ora scorso seguì nella grand" aula di questo I. R. Consevatorio la consueta annuale accademia, dedicala a rendere solenne la distribuzione de’ premj a quelli tra gli allievi che ben meritarono nel corso degli studj. L’adunanza fu, come sempre eletta e numerosissima; ed acciamatissimi l’urono lutti i pezzi musicali offerti a ricreamento dell’uditorio e ad esperimento della valentia degli alunni, sui quali sì profittevole e si benignamente si versa la splendidezza della munificenza sovrana. Il trattenimento cominciò coll’essere inaugurato dall’inno nazionale eseguito sulle note di Haydn da tulli gli allievi dell’uno e dell’altro sesso; e primo ad essere salutato da bella copia d’applausi fu l’alunno Arditi di Vercelli, il quale produsse a piena orchestra una sua sinfonia in cui, oltre la scorrevolezza e la leggiadria delle immagini, era da commendarsi il buon maneggio delle armonie. Una scena e duello di composizione dell’alunno Bellini e cantati dall’alunna Cella coll’altro alunno Gandini fu la seconda produzione che intrattenne gli uditori, i quali furon egualmente liberali d’applausi così all’ingegno dell’inventore che a quello degli esecutori. Ci parve nondimeno che distinta lode meritasse l’alunna Cella, per l’espressione,’il sentimento e la perfetta intonazione che regola il suo canto formato da una bella, suonante, e gradevolissima voce. Un altro esperimento che piacque agii ascoltatori fu una fantasia per fagotto composta ed eseguita dall’alunno Devastili, il quale assai fu encomiato per due pregi che ci parvero caratteristici: quello di un’arte di cavare dallo stromenlo suoni sempre soavi, e quello di adoperare un metodo di comporre che, anziché alle malagevoli difficoltà, mira a creare una dolce ed attraente melodia. Festeggiato poi sovra tutto fu un duetto di Donizetli nell’Opera Maria Padilla, cantato dalle alunne Pecorini e Boha. La venustà, il colorito ed il perfetto accordo con che venne eseguito furono veramente mirabili. E qui distintamente ci sembrò si manifestasse il valore del maestro Mazzuccalo, distinto ingegno, il quale sì maestrevolmente adopera i mezzi dell’educazione a comporre di due spirili un solo, che move le più care armonie quasi fossero animate da una sola volontà: questo pezzo fu un vero prodigio di bella esecuzione. L’alunna Pecorini sorprese per una rara abilità a vincere le cose più difficili; l’alunna Bolza per una certa qual soavità di modulazione che scende nell’animo come una favella incantevole. Notabilmente Iodata fu poi un aria di Mercadante nella Gabriella di Vergy, eseguita dall’alunno Mazzocchi, e così un divertimento per violoncello composto e suonato dal bravo alunno Quaienghi: l’uno fu degno d’elogio per affettuoso vezzo di canto; l’altro per brio e vivezza d’idee, non meno che per una singolare bravura di esecuzione. Èli finale di Panini nella S iJTo, cantato dall’alunna Bolza con quella dolcezza e maestria che le è propria, fu degno chiudimeli to alla prima parte del trattenimento. La ricreazione ricominciò con una pre?evole sinfonia del Devasini ed un’aria dei ‘uritani di Bellini cantata dalla Pecorini, nella quale più che in altro mostrò tutto il suo raro magistero nel canto. I suoi gorgheggi sono d una nitidezza e di una leggiadria che al vero sorprende. Tenne indi dietro a questi pozzi uno scherzo brillante per due violini composto cd eseguito sopra vari motivi di Donizetli dagli alunni Arditi e dotti, che neH acCàdemia s’ebbe meritamente gli onori del trionfo. I battimani furon cosi insistenti, che per quattro volte dovettero ricomparire al cospetto dell’udienza entusiasmata. L’uno fu degno delI altro; e l’intelligenza era in loro si grande nel saper formare di due un solo stromento, che detto si sarebbe che ambedue fossero mossi da un arcano prestigio. Chi non ha udito non può farsi un’immagine dell’esito stupendo ch’essi hanno ottenuto. La scena cd aria del Bravo di Mercadante: Della vita nel sentiero, cantata dall’alunno Gandini, colse onori malgrado che succedesse al miglior saggio del divertimento. Così distintamente applaudito fu un duetto che venne dopo, di fattura dell’alunno Meiners. ed eseguito dalle alunne Balza e. Cella, in cui la bella composizione fu egregiamente interpretata dalle valenti esecutrici. II finale dell’atto primo della Donna, del Patio di Rossini, benissimo eseguito da tutti i nominati allievi cd allieve cantanti, diede fine alle armonie. Per mano poi della prelodata E. S.. il signor conte di Spaur. Governatore, seguì la solenne distribuzione de’premj agli alunni ed alle alunne che avendo quest’anno compiuto il corso de’ loro studj furon giudi cati meritevoli di questa onorifica ricompensa. E furon premiati Nel bel Canto. Prcoam l- iovvvmw, di Piacenza, lloi./i I.i’i<-iA. iiiilsìEsese. Mazzocchi Luci, ili Piacenza. Nel Violino. Ariiiti luci, vercellese. ai tei» e enti menzione onorev ole nella l’»iii|io> dizione, coinè (studio accessorio. •Sotti lirici, milanese. Nel Violoncello. 5)imi!V(.nj (ii’ouEi.m, mantovano. Nel Fagotto. nr.vMLti Sòiesumi’, milanese, attrite eon menzione onorevole nella CoittBcosizione, come studio oecessorio. A queste nostre parole crediamo di non poter dare fine migliore che rendendo pubblica testimonianza alle cure solerti e veramente paterne con che il signor Conte Renalo Borromeo, sopratlende all’ordine ed alla direzione delle costi dello stabilimento. Un pubblico omaggio a chi dedica tante cure a beneficio della società è il minor premio che si possa offerire. G. V. DELLA MUSICA DE’ GRECI. (articolo II.) (redi il foglio N. 27 di questa Gazzetta). Ne’tempi più remoti, pare che la musica sia stata il maggior dilettò del greco popolo. Molti avvéniménti maravigliosi si raccontano intorno agli effetti da quest’arte prodotti; ma non sono da credersi sì fatte cose alla cieca. Nè sempre sono questi avyenimenti concepibili: coloro però che sono exp* stati testimoni della influenza della musica li/L sulla passione d una adunanza d’uòmini, gf o sul carattere melanconico di individui isolati, non le disprezzano interamente. Egli è probabile che tutte le tradizioni popolari dell’antichità, per assurde che potessero parere, abbiano loro origine in quegli avvenimenti reali la cui verità è nascosta sotto il velame della allegoria. In fra gli uomini celebri negli annali della musica de Greci di quest’epoca, va per la maggiore Orfeo, il quale scrisse inni religiosi, perfezionò il flauto ed aggiunse alla lira le corde hypate ossia si. e parypate ossia do, le quali per mezzo della corda re, aggiunta precedentemente da Lino, compivano 1 eptacordo, cioè le sette note. Orfeo, secondo la storia greca, attraeva gli animali selvaggi dal fondo delle foreste eoH’allettamento della sua musica; la qual cosa importa che per mezzo della sua sapienza e prudenza raddolcì i costumi del suo tempo e rese gentili que’popoli barbari fra’quali vivrà. Lino, discepolo d’Orfeo e maestro d Ercole (quel medesimo che aggiunse una corda alla lira) è del pari avuto pi r uno de più grandi musici deli"antichità. Poscia vengono Musco, figlio o, secondo alcuni scrittori, discepolo d’Orfeo; Tamiri al quale il medesimo insegnò a trattar la lira; Chirone precettore d’Achille, cd Ambone, figlio di Giove e di Antiope. Si narra che avendo costui innalzato un altare ad Ercole, ebbe da questo dio in dono lina virtù così straordinaria, che al suono della sua lira le pietre da sé si mossero e ne furono senza opera d uomo fatte le mura di Tebe. Ambone si tiene come discepolo d’Orfeo nel suono della lira e come inventore del modo lidio. Nondimeno alcuni scrittori gli contendono questo vanto; e Pausania afferma che solamente fu celebre per la sua parentela colla famiglia di Tantalo. Lo stato cui questi personàggi lasciarono la musica si può desumere preciso colla scorta del poema d Omero. Tutti hanno contezza delle accurate descrizioni, delle veraci isloriche narrazioni di questo principe de’poeti; però solo è mestieri aver ricorso alle sue opere per rinvenire una fedel pittura de" costumi e degli usi del tempo in cui vivea. L epoca della guerra di Troja, del pari che quella di tutti gli avvenimenti [(receduti alla nascita di Gesù Cristo, è argomento di gravi discussioni. Secondo Dionigi d Alicarnasso e Vafrone. questo celebre assedio fu l’anno Ì185 prima dell’era volgare. I calcoli dell’arcivescovo Uslicr, del Dott. Blair, e i marmi di Oxford coincidono con questa data; ma Newton e dopo lui il D. Priestley lo assegnano a 904 anni prima di Gesù Cristo, mentre che i marmi d’Arundel ne fissano l’epoca verit’anni prima del tempo supposto da Dionigi d Alicarnasso e da Marrone. Il tempo in cui visse Omero è soggetto di quistione, e altrettanto è della patria di questo grand uomo. Il Dott. Blair il fa vivo 900 anni prima di Gesù Cristo, il D. Priestley 830, e i marmi d’Arundel presso a 1000. Si è parlato di musica più di cinquanta volte nell’Iliade e nella Odissea, e sempre Con gran lodi di quest’arte. La musica vocile era certamente più coltivata d’ogni altra in questi tempi eroici, perché, quantunque non si parli di canto senza stranienti, non vi si discerne perù la minima [p. 163 modifica]traccia di musica puramente stromentale, e la danza ancora, a quanto pare, era accompagnata dalla voce. Gli stranienti di musica ricordati ne’poemi d’Omero non sono molti; non se ne possono contare che tre: la lira, il llauto e la siringa. Puossi perciò concludere che solamente questi fossero conosciuti al tempo della guerra di Troja. Del pari che gli Egiziani e gli Ebrei, si servivano ì Greci della musica nelle religiose cirimonie. Omero attribuisce la cessazione della pestilenza al potere della musica. Vi erano inni per tutte le divinità, d una in fuori; imperciocché ìEschilo ci insegna che la Morte, non potendo essere placata con offerte e con sacrilìcii, non aveva altare e nessun cantico a lei s innalzava. Il medesimo poeta dice che ì Greci avevano la musica in conto d una parte essenziale delle loro feste pubbliche e private. Quanto alla musica militare, sebbene Omero parli della tromba per oggetto di sue poetiche similitudini, la qual cosa mostra che questo strumento era conosciuto all’epoca in cui scriveva, pure e sembra indubitato che non venisse usata nelle guerre di Troja, e che la voce di Slentore ne facesse le veci. Omero ha reso immortale ne’suoi poemi molti cantori o rapsodi. Quanto egli ne dice prova e mette in chiara che questi personaggi erano allora ciò che sono stati dappoi i Dardi delle nazioni del settentrione dell’Europa. Essi cantavano i poemi d improvviso nelle città e per le Corti de principi, dove erano onorevolmente accolti, e del pari che gli antichi musici scozzesi essi pretendevano di essere inspirali. Da Omero venendo sino a Saffo, che viveva incirca a G00 anni prima di Gesù Cristo, v’ha un vano negli annali dell arte musicale; certo è pero che in questo mezzo tempo fiorirono molli musici eccellenti, e che la musica greca s’andò perfezionando d’assai. Fra il numero de migliori musici di quest’epoca, si ricorda Talete di Creta (870 anni prima di Gesù Cristo), che era eccellente nel flauto e nell arte del canto; Eumelo (730 anni avanti Gesù Cristo), che scrisse la storia del suo paese in forma di poema isterico; Archiloco (700 anni avanti Gesù Cristo), che si ha per inventore delia poesia lirica, non essendo altro poema in uso prima di lui che l’eroico in versi esametri. nè avendosi contezza alcuna dell arte di variare di metro. Egli, dicesi ancora, in il primo che fece uso di quella maniera di composizione chiamata oggidì recitativo accompagnalo, la quale fu in seguito adottata dai poeti tragici e ditirambici. Olimpio il Frigio, da alcuni storici fatto discendere da Olimpio l’antico, e che vivea 697 anni prima di Gesù Cristo, è uno de’più famosi musici dell’antichità. 11 suo musicale ingegno è celebrato da Platone, da Aristotele e da Plutarco. Dice Platone che la musica di lui commoveva ed animava coloro che vi davano orecchio. Aristotele fa fede che ella eccitava l’entusiasmo, e Plutarco afferma che vinceva per semplicità e per espressione la musica sino allor conosciuta: egli a lui attribuisce la composizione di più nomi od arie che spesso si trovano negli antichi scrittori citate, quali, per esempio: il Minervio, 1 A nunzio, il Carraio o l’aria de’carri, e lo Spondeon o il Libazio. Olimpio fu seguito da Terpandro, inventore della nota (G70 anni prima di Gesù Cristo.) Egli è avuto in conto del primo compositore di schoglios ossia canzone di tavola de’Greci. Tirteo, i cui canti così erano popolari che ci dice Licurgo che dugento anni dopo la morte di lui. erano ancora cantati nel campo degli Spartani, era contemporaneo di Terpandro. Egli 111 seguito da Minerme di Smirne che fioriva in sul cominciare del sesto secolo avanti Gesù Cristo. A quest’epoca, siccome avvisa Campbell, la poesia e la musica ajutavano a vicenda i loro progressi. La musica eccitava 1 entusiasmo eie’poeti, e questo entusiasmo dava luogo ad una varietà di metri che reagiva sulla musica presentando a lei nuove risorse. Oggidì, gii è vero, la musica è pressoché indipendente dalla poesia; ma in que’tempi, siccome hanno molto giudiciosameute rilevato Burney, e prima di lui il P. Martini, il ritmo governava dispoticamente la melodia, e l’invenzione d’un nuovo metro dovea necessariamente far nascere una musica novella. Archiloco, che. secondo che si dice, diede il primo esempio d’accompagnare col suono* della lira la transizione d’imo in altro ritmo, può considerarsi come l’inventore dalla lirica poesia. I poeti lirici principali della Grecia sono Alemane, Stesicore, Alceo, Saffo, Simonide, Ibico, Bacchilide, Anacreonte, Callistrato, Arione e Pindaro. Essi si succederono l’uno all’altro durante lo spazio di ben dugenf anni, ed arricchirono la patria delle opere loro. ESTETICA MUSICALE. BEMjA SJKAffiSiA’JTfiCA. CKSIVI. credi i [oijli 10, 22, 23, 24, 26, 2S, 34 e 86/ L’indole degli elementi dell’arte nostra ci porta naturalmente ad alcune considerazioni sulla piega che dovrebbero dare i poeti alla poesia destinata ad essere vestita di note, intorno alla quale non ben s’accordano i dotti. Anche qui preghiamo ci sia perdonata un’incursione nelle altrui proprietà: vi siamo spinti dal vedere come spesso i maestri siano costretti a trattare parole tanto scipite che agghiaccerebbero qualunque più calda immaginazione, vi siamo spinti ancora da che i nostri poeti drammatici vogliono rovesciare sull’ignoranza dei maestri la colpa delle loro insulsaggini. Egli è dovere dei maestri di apprendere a ben intendere il valore delle frasi, delle bellezze poetiche: ma è dovere pur anco del poeta che scrive in questo genere, di conoscere i limiti dell’espressione musicale e in questi ristringersi, ponendo e nel ritmo poetico e nella direzione e nella scelta delle parole massima cura, affinchè lutto possa concorrere all espressione, alia verità. XL. Si è da molti, e per lungo tempo creduto, che il primo requisito dei versi destinati al cauto consista nella scelta di vocaboli sonori. Metastasio scriveva al cembalo e molto studio in ciò poneva, e per verità ciò era in quei tempi necessario, perchè le arie drammatiche deslinavansi più che alfespression dell’affetto a far ammirare le qualità direm quasi materiali del cantante. Egli è perciò che se noi veggiamo le partiture dei maestri di quei tempi vi troviamo appena accennate le note principali del canto, onde lasciare libero il campo al cantante di frastagliarlo in mille guise,. Shakspeare sì che l’idea del maestro veniva a perdersi intieramente. L’impero della melodia non per anco stabilito, non conosciuta la potenza espressiva del ritmo, la poesia non impiegava che recitativi per le più belle situazioni drammatiche, e non offriva per lo più alla musica ritmica che sentenze morali, in cui il cuore cessava di prender parte. Altri più grammatici che artisti, non calcolando per nulla il sentimento delle parole, condannano qualunque poesia in cui la dizione sla meno che forbitissima. Noi non saremmo mai per difendere gli errori di lingua e le laute goffaggini che furono regalate e tuttavia si regalano al teatro italiano, solo osserviamo che questo genere di poesia deve più d’ogni altro esser pieno di effetto. Ai primi apporremmo la prosa della liturgia che pure si cauta benissimo non ostante la poca armonia che in molle parole spesso vi si incontra, e la mancanza di ritmo. E non si canta in ogni lingua? Ai secondi faremo osservare la sconvenienza del metro italiano e della rima colla natura della lingua latina clic con molte altre sconcezze grammaticali in molti inni c nelle sequenze s’incontrano, e che pure nulla tolgono al Dies iroe, allo Stabat Mater, ed altri della qualità eminentemente musicale e, dicasi pure, veramente poetica che intrinsecamente posseggono. - Fra una poesia calda d’alleilo, sebbène di non bella dizione, ed una forbita ma fredda, sceglieremmo sempre la prima da porre in musica. Abbiamo disapprovato le arie consistenti in sentenze morali, non si creda perciò approvar noi la menoma immoralità sulla scena. Il Teatro dove concorrere al miglioramento sociale; ma non perciò il dramma deve contenere delie prediche: vi sarebbero mal accolte. Presentare allo spettatore ili quadro delle vicende degli affetti e delle passioni umane,.facendo sì che il vizio si mostri odioso anche quando trionfa, che s ami la virtù anche soccombente, informare gli animi alla commiserazione degli infelici, al bello d’ogni più bella azione: ecco la morale del dramma, stimiamo inutile far qui parola del dramma giocoso o buffo. In questo genere gli affetti sono più miti, e per l’ordinario non oltrepassano lo scherzo; epperò di rado esigono dalla musica più che mezze tinte. Ond’è die il maestro in tali drammi, scelto che ha un ritmo, un tono analogo alla situazione, è del resto per lo più libero di dare sfogo alla propria fantasia; ed anzi molto spesso gli corre 1 obbligo di far tutto da sè, e purché non gli manchi l’estro e la perizia nel maneggio dell’arte, qualunque cosa ei faccia sarà per bene. Ciò vediamo nelle migliori Opere di Bossini, e segnatamente nell Italiana in Algeri, e nel Barbiere di Siviglia, nelle quali i migliori pezzi sono costrutti su parole del tutto insignificanti, e in situazioni comiche sì, ma di poco risentito affetto. Che se talvolta la poesia s’innalza a forti passioni ed affetti veementi che pur si destano in ogni cuore a certi ulti, allora anche la musica deve seguirne il volo. Ciò accade più spesso nei così detti drammi semiserii contro cui tanto si è declamato e tuttor si declama, mentre non si manca di ammirare le tragedie miste in cui sono introdotti bassi ed anche burleschi personaggi come in quelli di Yittor Hugo e di re che ne sono il modello. ® B. Boucueeon. li t I’ 1 il Bk [p. 164 modifica]ì NOTIZIE VARIE.? — Al teatro dell’Opera Comica di Parigi fu dato un A nuovo melodramma in un atto intitolato il Consiglio dei j Dieci, il quale riusci piuttosto fortunatamente. Le pap role sono de’signori Brunswick e de Leuven, le note

  • del maestro Girard. Quella Gazzetta Musicale chiama

il libretto bastevolmente divertente, e la musica d’un carattere leggero, facile e d una buona declamazione. Dopo aver riferito un individuale giudizio di tutti i pezzi che costituiscono la nuova produzione, conchiude ch’essa non farà veramente fare un gran passo all’arte musicale, nò alla drammatica, ma occuperà nondimeno nel repertorio un posto che non sarà tra gl’infimi. Di simili opere il teatro italiano è già da molto tempo fecondissimo. Le mediocrità sembrano aver occupato il posto delle creazioni del genio. Molti sono gli spartiti che al loro apparire sono festeggiati come capi d operà, e riprodotti in altri teatri cadono come corpi cui manca il germe della vita. Se non che, prestando attenzione alle cose che accadono ne’ varj paesi si vedrà che se i prodotti dell’ingegno sono d’ordinario quasi simili dappertutto, ove simili siano le condizioni dei popoli, tali non son dappertutto la buona fede c la lealtà degli scrittori. Chi è più povero è.quegli che più s’affatica a vantare le proprie dovizie. E il mezzo specifico per allontanare e distruggere ogni speranza di mai più arricchire. -- La questione di un terzo teatro lirico, soggiunge Io stesso giornale, è sempre all’ordine del giorno. Sene occupa tutta la stampa. II Conslilulionnel pubblicò in questi passati giorni alcune idee su questo argomento che non sembrano uscite dal medesimo spirito, nè dalla medesima penna. Checché sia per divenirne, chi voglia tener conto delle inconseguenze de’giornali e de’loro demagoghi, prenderebbe a numerar le miserie di questo mondo di errori. — La Corte Reale di Parigi ha confermata la sentenza di prima istanza che condanna Fanny Elsslcr a sborsare alla Direzione dell’Opera scssantamila franchi, convenuti come compenso in caso di volontaria infrazione della convenzione. È una giustizia severa, ma che prova che nemmeno le ali delle silfidi possono sottrarre dai vincoli che si contraggono con questa umana famiglia che chiamasi positiva, e mai non i’ è tanto come allorché trattasi d’interesse. La France Musicale racconta a proposito di questa ballerina che prima di ripartire per l’America, passò da Londra a Vienna per passarvi alcuni giorni. Un degli antichi suoi compagni che l’avca veduta in Inghilterra narrò che la Fanny dell’Opera era prodigiosamente cangiata. Ella prese de’ modi di alterezza che la rendono quasi intrattabile. Una delle sue amiche, che ultimamente Favea conosciuta a Parigi, avendo voluto abbracciarla in segno d’alletto, madamigella Elssler la respinse con una freddezza mortale. Pare che la fortuna e la ricchezza abhian travolto il cervello alla bella ballerina d’una volta. — I teatri di provincia sono in Francia in istato di nessuna prosperità. Da un anno in qua più d’uno ha dovuto cessare. Alcuni ne accagionano i repertori musicali e propongono come mezzo di salute di tradurre in francese le opere straniere. Altri, al contrario, affermano essere le traduzioni la vera causa del male de’ teatri provinciali. ’l’utti nondimeno convengono clic la Lucia di Donizetti ebbe tradotta una buona sorte dappertutto. Se questo è, a noi sembra che i primi siano più che gli altri dalla parte della ragione. Se la Lucia diede buon frutto ai teatri che I’ hanno rappresentata, perché non daranno un esito eguale gli altri capolavori nostri che non sono in merito inferiori alla Lucia? — Salisburgo 1 settembre. La solennizzazionc dell’inaugurazione del monumento di Mozart il 4 corrente avrà luogo come segue, conforme alle determinazioni dell’ultima seduta del Comitato. Dopo che nella mattina 25 colpi di mortaretti avranno annunziato la festa, vi sarà la messa grande domenicale nel duomo, colla musica della messa in do di Mozart, diretta dal nostro compatriotta maestro cavaliere Neukomm. Subito dopo si dispone il corteggio festivo, precede una banda musicale, seguono le compagnie de’minatori del Diirrenberg, le corporazioni di Stato, i muratori e tagliapietre stati impiegati all’erezione del monumento, gli allievi delle scuole, del ginnasio e del liceo preceduti dal vessillo del magistrato, i superiori del Mozarteo, recentemente cretto coi loro allievi, i presenti membri della famiglia di Mozart, il Comitato Mozart, le altre autorità di Salisburgo, e quei signori visitatori della festa che vorranno unirvisi; finalmente una banda musicale. Il corteggio si muove dalla piazza del duomo per vario strade della città passando innanzi alla casa ove nacque Mozart, alla piazza di San Michele. Risuona una triplice fanfara. S’inoltra il venerabile maestro cavaliere di Neukomm e pronunzia una orazione festiva, a che egli è appropriato più di tutti, non solo pel suo posto musicale, ma prerogativamente come nativo salisburghese, come membro anziano del comitato, e come allievo dell’immortale maestro alemanno. Colie ultime parole del discorso s’abbasserà la co- j pertura del magnifico monumento; in quel momento generali suoni di trombe, colpi di mortaretti c svolazzamento di bandiere. Segue una cantata festiva composta dal figlio di Mozart sulle idee prese dalle sue opere, e da esso diretta; indi la solenne consegna del documento del dono del monumento alla città; un coro della Clemenza di Tito di Mozart con accompagnamento istromentalc chiude la festa. Il giorno susseguente esecuzione solenne del Requiem di Mozart nel Duomo. Nelle feste musicali che avranno luogo i giorni 4 e 5 si eseguiranno soltanto le composizioni del celebrato maestro. Il primo concerto sarà diretto dal maestro di Cappella d; Corte bavarese Lachner: il secondo dal sig. Pott, maestro di Cappella di Corte di Oldenhurg. Nel primo sarà pronunziato un prologo festivo, poesia dell’illustre Grillparzer. Le cantanti sono le signore Hasselt-Barth e Stòckel-Heincfetter, i cantanti signori Staudigl, Diez e Lutz. Verso la mezzanotte della prima festa gli studenti di questa città eseguiranno una processione al chiaror delle torcie sulla piazza di San Michele.coll’accompagnamento di stromenti da fiato; in fine illuminazione del monumento con fuoco del Bengala, nel mentre che si sentirà rimbombare ne’ vasti spazj della città il solenne suono dell’antichissimo organo che si trova nell’attigua fortezza. La casa natale di Mozart sarà pur essa illuminata nella prima sera festiva. Le ore pomeridiane della prima giornata festiva sono dedicate alla visita della vicina fortezza, rimarcabile per la sua storia c situazione veramente romantica. Nella mattina della seconda festa passeggiate al castello Leopldskrone, ove avranno luogo regate. Nel terzo giorno volo apostatico verso le saline; giuochi piacevoli nel parco, tiro al bersaglio, nella sera festa da ballo nel Museo di questa città. Nel quarto giorno, dopo il mezzodì, corse varie nel prato in vicinanza del castello Mirabello. II monumento di Mozart qui recato 15 giorni fa dalle celebri officine di Sclrwanthalcr e Sliegclmaier eccita la ammirazione e la gioja di tutti che lo videro. Migliaja di persone sono occupate de’preparativi della grande e rara solennità. Ogni ora si aumenta il numero de’concorrenti. Il sig. Pott, vero fondatore del monumento, come pure, ambo i mentovati artisti creatori di esso, acquisteranno il diritto di cittadinanza d’onore di questa città, e si pretende che gli analoghi diplomi siano capolavori di calligrafia. — Altra del 2. — Più che si avvicina la festa di Mozart, con maggior sollecitudine c fretta si puliscono le strade e si dipingono le case e le stanze. La città è innondata di produzioni industriali di ogni specie, portanti tutte il nome Mozart come firma invitatoria. In tutte le botteghe de’ fornai vi sono paste ricordanti Mozart; nelle offellerie lire, busti, statue di Mozart fatte di cioccolata, zuccaro e marzapane; nelle botteghe d’industria di galanteria, di stampe, cappelli, cuffie, berretti, eravate, bottoni, di Mozart, anelli coll’annessovi ritratto, busto o monumento di Mozart, incisioni e litografie simili. Per fino nelle bettole si offre il più squisito vino di Mozart del 34. Le madri promettono di far chiamare Amedeo o Amedea i loro nascenti nel giorno della festa. Con tal moto continuo cresce in un modo sorprendente il numero de’ forestieri che arrivano da tutte le contrade nazionali ed estere, di maniera che formicolan di ospiti tutte le vie e passeggiate di Salisburgo. Personaggi distinti di ogni ceto e condizione arrivarono già perfino dall’Inghilterra, dalla Francia, Italia c Russia. Numerosi rappresentanti delle più lontane corporazioni musicali, come p. e. inviati de’ conservatoci ed accademie di Pietroburgo, Varsavia, Roma, Vienna, Praga, Francoforte, ecc. Dopo l’arrivo della signora ITasselt, la signora Heinefelter annunziò, che non potrà comparire alla festa. NUOVE dellY r. stabilimento nazionale privileg.0 di GIOVAHHI BICORDI. LINDA DI CHAMOUNIX Melodramma in & atti ili G. Mossi; MUSICA DEL M.° CAV. (SMMdì nXDHMm Sono pubblicali diversi pezzi ridotti per Pianoforte solo, compresovi la Sin fonia, non che varj altri pezzi ridotti per Canto con accompagnamento di Pianoforte, oltre quelli già annunciati nel num. 34 di questa Gazzetta. STIIIT BEI. CEEEBRE ROSSI.l trascritto t»er il Pfte a 4 titani Diviso in due parti, Fr. 7 cadauna. Completo1, Fr. 12. Sta sotto i iorchj l’istesso STABAT trascritto per Piano forte solo da E. II E li /. e per Fisarmonica c Pianoforte (o per 2 Pianoforti) da G. LICIIL. SAFFO MUSICA DEL MAESTRO CAVALIERE a. rnsin ridotta iter dite Flauti (o iter Flauto solo) Atto I. per due flauti fr. 5 per flauto solo fr. 2 75 Atto IL»7 4 — Atto III» 6» 3 50 PENERO FÌTOEB&E ED ELEGIACO In morte «81 S. A. IS. il linea d’Orlcang con)/santo iter Piattoforte DA ©B M* 0BAM1EB Op. 98-Fr. 1. Iter Pianoforte SOMA VA11J MOTIVI DELL’OPERA DEL MAESTRO COMPOSTA DA Fr. 3 73. Iter Violino (o Flauto) e Pianoforte concertanti SOPRA REMINISCENZE DELLA lUm FÀDILLA DI 5. DOHISBTTI COMPILATE DA wmmm. (Xfouue idee di aeCP opeta MARIA PAPILLA SVILUPPATE UV FORMA DI CONCERTINI Iter Violoncello e Pianoforte DA». 1MÉMSJ N. 1 al 4. M IÌ»D»(DÌIKM8 per Pianoforte SOPRA MOTIVI DELL*’OPERA COBBADQ iD’ALTAIVrUBA ni FÉ». RICCI COMPOSTI DA ANTONIO DIABELLI Cadauno Fr. 5. I c/c/i oficlaA c/c ■■nt Petites Fantaisies faciles et brillantes Itour le Piano SUR LES MOTIFS LES PLUS FAVORIS DES OPÉRAS RE BELUHI» Op. 31. N. I. Beatrice di Tenda. IV. 2. Bianca e Fernando. N. 3. I Montecchi e Caputeti. IV. 4. Norma. Cliaque Fr. 1 73. NT,. Gli altri numeri a compimento stanno sotto i torchj. CilOV VWI RICORRI EDITORE-PROPRIETARIO. Rall’I. R. Stabilimento Stazionale Privilegiato •li Calcografia, Copisteria e Tipografia TI ««sleale di CilOV.i.VAJ RICORRI. Contrada degli Omcnoni IV, 1720.