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lesai’Ie quel nome, per iscoprirle quel Tolto eh1 ei crede doverla come un fulmine annientare... Suona la tromba che chiama al campo. L’agitazione è al colmo, cessa la melodia che più noi comporta l’affetto; tronchi sono gli accenti, il ritmo solo può spiegarne la foga. Che di più appassionato di quelle parole «Mi manca l’anima? 55 Che di più lacerante di quel grido di Ginevra che precede di poco le ultime cadenze, e si ripete nell’ultima? Giovani! Di bellezze musicali sì semplici in apparenza e sì vere di rado se ne incontrano e fra i moderni, e fra gli antichi: studiatele. (Sarà continualo) SCHIZZI BIOGRAFICI. ALESSANDRO SCARLATTI. ( Vedi il foglio N. 35. ) Veramente un’epoca memorabile nell arte è riguardata quella dell’anno quando Alessandro Scarlatti fu chiamato a rendere in musica il dramma Onestà in amore, da rappresentarsi in Roma nel palazzo della reina Cristina di Svezia, la quale, dopo la sua abdicazione al trono che fu nell’anno -1654., aveva fermato sua dimora in quella capitale dell’orbe cattolico. Questa fu la prima Opera drammatica che di Alessandro fosse al pubblico rappresentata, e valse ad aprire nuova strada ai maestri di questo genere di musica; imperciocché le arie che fino allora non avevano un ritmo ben definito e senza più erano espresse con gretta e povera melodia, incominciarono per opera di lui, a disegnarsi in cantabile convenientemente spazioso e oltremodo gradevole ad ascoltare, lo che parve allora un miracolo. Similmente il recitativo che prima era una semplice e quasi piana declamazione, avvegnaché per opera del Carissimi prendesse un andare più musicale, fu però dallo Scarlatti reso più nobile, e molto acquistò di bontà e di efficacia per lo sostegno adattatovi dell’armonia degli stranienti che a quando a quando ne dirigevano e contrassegnavano la modulazione: la qual cosa non costumandosi in prima, era cagione che il recitativo, così sprovveduto, era costretto a languire nell’uniforme monotonia del suono onde era impresso con detrimento della espressione de’ variati sentimenti della poesia. Quest’arte di modulare il recitativo e di istromentarlo, in processo di tempo, mirabilmente si migliorò ed accrebbe sino all’abuso, e non mancano esempi di moderni recitativi che altro non hanno di questo genere di musica che il nome, essendo troppo sovente intramezzati di ritmi, e troppo carichi d’istromentazione con danno della varietà dell’effetto; la qual cosa spesso è cagione di sazietà e di noja negli uditori. Non è a dirsi quanto plauso e favore ottenesse la detta prima Opera dello Scarlatti in Roma. Basti che d’allora in poi vennero meno nella comune estimazione quelle Opere che d’altro pregio non andavano adorne se non di quello che poteva loro prestare la scienza del contrappunto e l’ingegnoso modo di far giuocare più parti sopra un soggetto: arte di puro calcolo che non ammette varietà di movimento, e che non può non inceppare e turbare il verosimile della scena. Ma non si creda che lo Scarlatti poco fosse valente contrappuntista: egli solamente schifò lo sforzo scientifico in quanto che male ei si conveniva al melodramma, ma diede mai sempre saggio di molto essere innanzi in questa parte nelle sue sinfonie, nelle suonate, in molte delle sue cantate; nei quali generi tutti di musica egli usò però una maniera nuova ed originale; onde fu detto non avere Alessandro mai imitato altro maestro se non lui medesimo. Anzi, rispetto alla sinfonia, vogliamo osservare che a’quei di solo un modo si conosceva di trattarla e questo era quello inventato da tutti e da tutti gli altri seguito: non però da Scarlatti, che un nuovo e lutto suo proprio ne introdusse, il quale è poi stato in appresso adottato da tutti i compositori, e con poche modificazioni, rispetto alla disposizione delle parti o dei membri, è pervenuto sino ai tempi moderni. Questo modo è stato abbandonato da molti degli odierni compositori italiani, a’ quali è piaciuto piuttosto attenersi alla maniera di trattare la sinfonia introdotta dai tedeschi, 0 di comporla in forma più capricciosa e variata a loro talento. Nò si pensi che le opere drammatiche di Scarlatti spirino poco fondamento di scienza musicale, perchè, per avere Alessandro fatto uso moderato delle fughe e de’canoni, non però del tutto gli escluse dal suo melodramma come avrebbe potuto fare, ed oltre a ciò fece prova di quell’artistico sapere affatto indipendente dai suddetti argomenti scientifici il quale specialmente consiste nel trattare con isquisitezza di gusto le molteplici combinazioni dell’armonia; nel qual magistero, siccome dalle sue Opere possiamo vedere, egli fu, secondo quei tempi, valentissimo. Il lieto successo dell’Onestà in amore fu cagione che altre opere fossero ad Alessandro allogate pei teatri di Roma, le quali non meno della prima furono accolte con favor singolare: tanto che la fama della sua virtù oltremonte, fu successivamente chiamato e al regio teatro di Monaco in Baviera e a quello imperiale di Vienna; onde carico di onori ritornò in patria e fu meritamente dovunque avuto in couto del miglior maestro che a quel tempo fosse in Italia. Si diede allora a comporre musica da Chiesa, e prodigioso è il numero delle sue opere di questo genere piene di profonda scienza armonica, state poscia proposte a modello e dal cui esempio ed imitazione dobbiamo riconoscere quel tanto che ancora di meglio ne fecero i grandi maestri che uscirono dalla sua scuola. Nel Regio Collegio di musica in Napoli si conservano ancora molte sacre composizioni detlo Scarlatti, fra le quali s’hanno in maggior pregio un Memento, Doniine a quattro parti senza basso alla maniera di Palestriua, uno Stabat Maler a due voci con due violini e viola, ari Antifona a otto parti reali in due cori e la Passione descritta da san Giovanni, con violini e viole. Vogliamo osservare che la maniera usata dallo Scarlatti nelle sacre composizioni non differisce da quella che egli usò nelle cose profane se non in una certa gravità di stile più conveniente al luogo santo e al senso religioso de’sacri testi: onde è presumibile che a que’ dì gli fosse opposta la menda di degenerare in modi convenienti alla musica profana, querela che abbiarn veduto essere stata mai sempre mossa contro lutti 1 compositori che si sono ingegnati di adoperare nelle lodi divine il meglio dei mezzi che offriva l’arte de’loro tempi. Come che fosse a’tempi dello Scarlatti, certo è che in appresso le sue sacre composizioni sono state proposte a modello di musica veramente religiosa. Prodi gioso è il numero delle cantate, serenate, canzonette e madrigali di Alessandro Scarlatti, opere avute tutte in conto di lavori eccellenti di contrappunto e di espressione. Alcune delle sue cantate furono ridotte in duetti da quel grande armonista e compositore slromentale, Francesco Durante, come avremo a dire in appresso se verremo a descrivere la vita anche di quest ultimo. Fra le serenate dello Scarlatti celebre è quella a quattro voci ch’ei compose nel 1 per le sponsalizie del principe di Stigliano; fra i madrigali, quello a cinque voci: Cor mio deh! non languire; e fra le cantate, l’Arianna e la Stravaganza. Si conoscono ancora di Alessandro due tomi di suonale per cembalo. Ma il genere di musica nel quale deve l’arte riconoscere da lui grande aumento e splendore quello è della musica drammatica; nel quale mostra che egli non facesse ritratto da nessuno de’suoi predecessori, come appare evidentemente all’incontro che tutti i suoi successori abbiano fedelmente in questa Farte calcate le orme di lui. Olire alOnestà in amore sono celebri fra i suoi melodrammi la Didone abbandonata, il Ci/ o riconosciuto e la Caduta dei Decemviri. Nè prima dello.Scarlatti aveva la musica italiana ottenuto il favore e la preferenza presso ogni altra nazione, onde si vuol rettamente giudicare che per le grazie singolari e attrattive delle opere di lui la musica italiana mirabilmente incominciasse a propagarsi ovunque e rendersi per tutto popolare ed accetta. E ne fa fede il Leré, poeta francese, il quale ne’suoi canti: les dons des en/’ans de Datone, stampato a Parigi nel 1754, pone lo Scarlatti in capo al triumvirato de’maggiori ingegni musicali dell’epoca, e conclude dando il vanto all’italiana sopra ogni altra musica. Ma se grande fu il nome di Alessandro Scarlatti come compositore, non minore è la fama di lui come capo e principal fondatore della famosissima scuola napoletana, dalla quale sempre sono poscia usciti in ogni tempo in maggior numero gli astri primarii della musica italiana. Leonardo Leo, Nicolò Porpora, Domenico Scarlatti, Adolfo Hasse, detto il Sassone e lo stesso Pergolesi, ebbero tutti agio qual più qual meno intimamente di attendere a suoi insegnamenti. Ma fra questi, più furono famigliar! discepoli di Alessandro, il suo detto figliuolo Domenico e il Sassone. Quest’ultimo in vita sua mai si mostrava abbastanza pago di celebrare e levare a cielo le opere di Alessandro, esprimendosi che nessun maestro gli andava innanzi quanto alla parte dell’armonia. Sacchini, quando in Venezia tenea scuola di canto, si valea come per testo delle cantate di Alessandro Scarlatti, e non finiva mai alcuna delle sue lezioni senza baciare il libro che le conteneva. Alcuni attribuirono ad Alessandro l’invenzione del da capo, ed alcuno scrittore, biasimando questo trovato come pernizioso alla verità della scena, ne attribuisce la scoperta a un certo Ferri. Come che sia, certo è che il ripigliare il motivo e il ripetere a quando a quando la frase, ad imitazione dei lirici cantici, è cosa molto confacente alla musica e gran sorgente di diletto negli ascoltanti. Solo è da porsi considerazione a non far luogo al da capo