Gandino e il suo distretto/Capitolo III

Capitolo III

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CAPITOLO III.


Agricoltura — industria — giornalieri lavori — e prosperità del paese.


Fra i mezzi importanti onde aumentare la popolazione, esprimonsi d’accordo gli economisti tutti, si è di ampliare quelli della susistenza. Fra questi principalmente è raccomandata l’agricoltura, che può solo stabilire e moltiplicare della terra i prodotti.

Nessuno io credo meglio del Gandinese, ama, onora e coltiva, quantunque scarso, il proprio di lui suolo; sa trarre profitto d’ogni piccolo spazio, e preferisce sopra ogni altra cosa l’alimento di prima necessità. Da così esperto agricola quindi vengono coltivati colla maggior diligenza, il sorgo turco ed il frumento; dal laborioso villico sono a meraviglia zappati e vangati per cui in poche pertiche di terra ne ritrae il triplo prodotto, e più che altrove, a ciò contribuendo il concime che abbonda in paese, e del quale non ne fa risparmio. Un tale prodotto per altro non arriva a mantenere la popolazione, che per quattro mesi.

Una maggior base di prosperità si va preparando al paese colle vendite ed enfiteusi di fondi comunali, che si eseguiscono, e pascoli. Di una più estesa coltura si renderanno capaci e daranno un doppio valore per alimentare un più gran numero di persone, e da un tal lato un grande progresso va facendo l’agricoltura, per le saggie viste del Legislatore. [p. 17 modifica]

In tale proposito, è da circa un mezzo secolo esprimevasi appunto un sommo scrittore di economia politica; nei seguenti termini, che mi piace di riferire per confondere le voci di alcuni, che tanto predicano la crociata, contro le dominanti economiche innovazioni.

„Non vi è terra che coll’opera dell’uomo non si renda feconda; non vi è dunque parte di Europa si può dire, dove l’agricoltura sia pervenuta al suo apice. Converrebbe affinchè ciò avvenisse, che le brughiere tutte fossero ridotte a coltura, e così tutti gli incolti fondi comunali, fossero dalla mano dell’uomo coltivati; che solo quanto è necessario, esistessero i pascoli, per mantenere gli animali, che cooperano alla stessa agricoltura, corrispondono alla consumazione degli abitanti. Il numero degli animali eccedente questo limite, e che si nutriscono per servir di materia prima, sono una sensibile diminuzione del popolo.“

Stante le massime stabilite dal nostro scrittore sarebbe forse troppo abbondevole il numero delle pecore e capre, d’altronde alcuni capraj, non mantenendo la necessaria ventilazione nelle stalle nell’inverno, dove trovansi stipate le persone, facilmente ingeneransi delle malattie, anche per le putride esalazioni, che ne succedono.

Alcuni mandriani tenendo in tempo di notte, in un debolissimo riparo d’assi, o steccato, le mandre, sopravvenendo un temporale, spaventandosi, e sortendo, corrono rischio di precipitare. L’abbondanza inoltre delle capre, troppo danno arreca ai proprietarj dei boschi, e se ne dovrebbe restringere il numero. [p. 18 modifica]

D’altronde pel diritto, che hanno i poveri di far pascere i loro bestiami nei fondi comunali, anzichè derivarne loro un vantaggio, spesse volte un mal ne succede. Secca e corta essendo in quei luoghi incolti l’erba addiventa nociva, e frequenti malattie negli animali produce.

Indipendentemente da tali inconvenienti l’industria per altro e l’operosità in Gandino, e nel distretto, in ogni epoca e in ogni giorno dell’anno sono ammirevoli. È una meraviglia in fatti, uno stupore l’osservare in questo borgo più effervescente il travaglio nel tempo che dal crudo gelo ciascuno è costretto starsi altrove accovacciato al fuoco. In questa orrida stagione il vigoroso, l’atletico alpigiano, il povero giornaliere, che occupato nei mestieri non trovasi, lunge da se l’inerzia scacciando col sorgere dall’alba, di scure armato, intrepido si arreca sui monti le nevi e i ghiacci sfidando, a tagliar legna ai proprietarj dei boschi, a consoci seco traendosi i giovanetti laboriosi figli. Impiega desso due e tre ore di cammino, gli erti gioghi salendone, e scendendone per due e tre volte, carico il dorso dai quindici a venticinque pesi delle grosse e smisurate recise piante. Di strame, fieno, spiche, cimaglie ed altro, l’incallito ed indurato suo corpo si carica, in ogni tempo dell’anno.

Scarso il numero degli agricoli per essere poco il terreno nelle opportune stagioni ne coltivano dessi i campi, ritirandosi in certe epoche fra i monti ove esistono cascinaggi e bellissime praterie, particolarmente in sul Farno e nella Valpiana chiamata, le mandrie pascendo, e curando. Il restante della popolazione alle arti, al traffico, al commercio [p. 19 modifica]si dedica, alla filatura delle lane, alla tessitura dei panni al vecchio metodo, al travaglio degli edificj ed opificj a macchine. Le donne guadagnando una buona giornata impiegansi nell’inverno ad incannar seta ai negozianti del circondario e città, ritraendola dai bozzoli ed inaspandola di estate, nelle filande, annoverandosi circa 225 fornelli, e quindi occupate per tre mesi estivi circa 600 femmine, e due terzi nei gelidi.

Estesi adunque essendo i mezzi di sussistenza fra l’attivissima popolazione, soccorsi i veri impotenti dalla beneficenza dei PP. LL. la plebe non vive fra gli stenti di una squallida povertà. Suddivisi inoltre e ben ripartiti i terreni, meglio prosperano, si aumentano e coltivansi. Attesa adunque, siccome abbiamo osservato, la somma attività che regna nella valle, (e se tale non fosse non potrebbero gli abitanti provvedere all’annuo mantenimento per essere scarso il terreno), si può in proposito applicare, quanto il Muzio scriveva a lode in generale della meravigliosa industria della nazione bergamasca:

     Frugi hominum species, duri patienque laboris
     Fortunam audacter novit utramque sequi.

È il Valvasone

     Non ha parte l’occaso e l’oriente
     La tramontana, e l’austro, sì remota
     Ove i passi non mova; ove la mente
     Non levi; ove non sia famosa e nota.
     Non è terror sì duro, ed evidente,
     Che l’arditezza sua conturbi o scuota,

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     Dal riposo nemica, e all’una, e all’altra
     Fortuna sempre, e sofferente e scaltra.

D’altronde arricchisconsi i bergamaschi per essere parchi nello spendere, nel mangiare e vestire frugali, nel contrattare circospetti, e quindi con poca facoltà ne sanno far molta. Essendo poi religiosi, siccome si esprime il P. Celestino1, e soccorrendo all’uopo i bisognevoli, prosperano meglio i loro negozj, narrando il preaccennato istorico, che fino ai suoi tempi, nel 1600 quelli del suo ordine, in Alemagna, furono mantenuti e soccorsi, patendo di necessità, dai negozianti di panno Gandinesi, che colà ritrovavansi.


Note

  1. Celestino storia pag. 554