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In tale proposito, è da circa un mezzo secolo esprimevasi appunto un sommo scrittore di economia politica; nei seguenti termini, che mi piace di riferire per confondere le voci di alcuni, che tanto predicano la crociata, contro le dominanti economiche innovazioni.
„Non vi è terra che coll’opera dell’uomo non si renda feconda; non vi è dunque parte di Europa si può dire, dove l’agricoltura sia pervenuta al suo apice. Converrebbe affinchè ciò avvenisse, che le brughiere tutte fossero ridotte a coltura, e così tutti gli incolti fondi comunali, fossero dalla mano dell’uomo coltivati; che solo quanto è necessario, esistessero i pascoli, per mantenere gli animali, che cooperano alla stessa agricoltura, corrispondono alla consumazione degli abitanti. Il numero degli animali eccedente questo limite, e che si nutriscono per servir di materia prima, sono una sensibile diminuzione del popolo.“
Stante le massime stabilite dal nostro scrittore sarebbe forse troppo abbondevole il numero delle pecore e capre, d’altronde alcuni capraj, non mantenendo la necessaria ventilazione nelle stalle nell’inverno, dove trovansi stipate le persone, facilmente ingeneransi delle malattie, anche per le putride esalazioni, che ne succedono.
Alcuni mandriani tenendo in tempo di notte, in un debolissimo riparo d’assi, o steccato, le mandre, sopravvenendo un temporale, spaventandosi, e sortendo, corrono rischio di precipitare. L’abbondanza inoltre delle capre, troppo danno arreca ai proprietarj dei boschi, e se ne dovrebbe restringere il numero.
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