Fisiologia vegetale (Cantoni)/Capitolo 26
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§ 26. — Radici funzionano come stomaco rovesciato. Relazione fra succhiatoj e foglie.
Già vi rassomigliai le foglie a polmoni esterni, alle branchie de’ pesci, che assorbono gli elementi opportuni alla respirazione senza un’ispirazione, e per conseguenza senza espirazione, cioè senza introdurre nei polmoni tutti i componenti dell’aria per poi eliminare quelli che sono inutili o superflui. Ora possiamo paragonare le radici ad uno stomaco esterno, o rovesciato, il quale non assimila, per la propria azione chimica, se non quelle sostanze che sono utili all’aumento e riparazione del proprio organismo. Le escrezioni sono inevitabili negli stomachi non esterni, nei quali, colle sostanze utili, vengono introdotte molte sostanze inutili o superflue. In tal caso lo stomaco assimila quei materiali che gli sono utili, e nella quantità possibile o necessaria, abbandonando quanto è inutile o superfluo, che poi viene evacuato dall’organismo sotto il nome di escrezione.
Le escrezioni non si formano colle materie assimilate, ma con quelle non assimilate. Può darsi, è vero, che venendo per forza d’alcune condizioni assimilata o meglio forse assorbita, una quantità di sostanze superiore ai bisogni dell’organismo, la parte superflua venga resa al tubo intestinale ed unita agli escrementi: e lo stesso avviene, allorchè, per insufficiente o mancata nutrizione, l’organismo, obbligato ad elaborare i propri materiali, elimina quanto pel momento non è utile. Ma in questi casi l’emissione è piuttosto una trasudazione od una secrezione, che non una vera escrezione; la quale per le condizioni suaccennate non può aver luogo che negli organi liberamente comunicanti coll’esterno. Ora, dalla bocca all’ano degli animali, il tubo digerente si deve considerare un organo interno, ma aperto. Ma nelle piante le escrezioni si vorrebbero far derivare da’ materiali già assimilati; ed alle foglie, oltre alla facoltà respiratoria, si sarebbe attribuita anche la facoltà digerente, quella cioè di elaborare il nutrimento, separando le parti utili dalle inutili, e di preparare le escrezioni, le quali, per canali ignoti, unitamente al sugo plastico nutritivo, discenderebbero fino alle estreme radici. Alle foglie adunque due funzioni fisiologiche d’un ordine superiore, alle radici una sola semplicissima fisica, l’assorbimento. L’estremità tenera delle radici è incaricata dell’assorbimento dell’umidità e dell’elaborazione o succhiamento de’ materiali. Queste due funzioni non sembrano effettuarsi entrambe, pel medesimo organo, ma per due organi affatto distinti di forma e posizione. Ciononpertanto i fisiologi finora, non avendo distinto assorbimento da succhiamento od elaborazione, non pensarono a localizzare diversamente queste due funzioni, nè ad attribuir loro organi distinti. Anzi, siccome le estremità tenere delle radici si presentano per una certa tratta rivestite di peli esilissimi, di figura tubulare, terminanti all’apice con un rigonfiamento conico verdeggiante, ora a questo rigonfiamento ed ora ai peli si attribuì la facoltà di assorbire il nutrimento previamente disciolto nel terreno. A tal uopo mi piace citare quanto da ultimo scrisse il dottor Alfonso Cossa1 nella sua dotta Memoria sull’assorbimento delle radici.
La maggior parte degli autori, è detto in quella Memoria, opinarono che esso si facesse esclusivamente in massima parte dalla spongiuola ossia dalla estremità conica verdeggiante colla quale terminano le giovani radichette. Da questa opinione si scostarono Ohlert, Link e Schat affermando essere la parte giovine delle radici, ricoperta di peli e di epitelio quella che assorbe dal terreno le sostanze necessarie alla vegetazione delle piante. Anche Knight negò assolutamente alla spongiuola un potere assorbente considerandola come una parte non perfettamente organizzata e destinata solamente all’ulteriore sviluppo delle radici stesse e perciò inetta a succhiare dal suolo e trasmettere alcuna specie di fluido per il servizio delle altre parti del vegetabile. — Tra noi il canonico Bellani2 enunciò per il primo l’importanza di risolvere questa questione, e forte dell’autorità dei sullodati autori e di quella ancora di Liebig non volle si concedesse alla spongiuola il carattere essenziale di organo assorbente. L’onore d’avere più d’ogni altro rischiarato questo punto oscuro della fisiologia botanica spetta al professore Guglielmo Gasparini3, il quale dopo avere accuratamente studiato la struttura e la funzione dei peli radicali, che egli chiama succiatori, ammette che nella generalità delle piante le spongiuole assorbono poco o nulla e che gran parte dell’umore necessario alla vegetazione viene assorbito dai succiatori. Onde assicurarsi che questa opinione è quella che più delle altre s’accosta più al vero basta il riflettere in primo luogo che questi peli radicali o succiatori nelle epatiche ed in altri vegetabili di ordine inferiore rappresentano soli l’organo descendente ed assorbente; secondariamente riflettasi che ritenendo le spongiuole per i soli organi assorbenti non vi può essere corrispondenza tra l’estensione della superficie succhiante e la quantità dell’umore e la celerità colla quale questo viene assorbito; mentre nei peli radicali l’ampiezza della superficie che rappresentano, il loro gran numero, la loro sottigliezza tubulare e la permeabilità delle loro membrane possono solamente dare una ragione sufficiente così della quantità delle materie passate nelle radici come della celerità con cui succede l’assorbimento.
Da questa citazione risulta che l’estremità conica verdeggiante, detta spongiuola, non sarebbe altro che l’estremità del germoglio radice, ed i peli, che ne ricoprono la tenera estremità, sarebbero i veri succhiatori, cioè quelli che assorbono le soluzioni nutritive, potendosi col loro gran numero spiegare il grande assorbimento d’umori. — Pure, qualora si voglia fare distinzione fra assorbimento ed assimilazione, possiamo con miglior ragione far concorrere i peli e l’estremità conica all’ufficio complessivo della nutrizione, assegnando all’estremità conica verdeggiante l’ufficio di elaborare, digerire ed assimilare i materiali nutritivi, ed ai peli quello di assorbire l’umidità necessaria a mantenerli in uno stato di conveniente fluidità.
L’estremità conica delle radici si può considerare soltanto quale un germoglio sotterraneo, appoggiandosi anche ai fenomeni del suo sviluppo. Recentemente venne osservata una specie di esfogliazione durante l’allungarsi, appunto come succede ne’ germogli aerei, nei quali, mentre cadono le foglie sviluppatesi per le prime, altre se ne sostituiscono di più recenti all’apice. 4 — Fin qui non v’è punto da maravigliarsi se radici e rami, se germogli aerei e sotterranei, si sviluppano dietro gli stessi principj, e vediamo infatti che possono sostituirsi a vicenda secondo le condizioni. — Pure, se il germoglio aereo deve, per necessità di struttura, allungarsi per dar luogo a nuove foglie, questa necessità è doppia nelle radici, le quali devono costantemente cambiar di posto per rintracciare nuovo alimento. — Ma ciò che distingue sopratutto L’estremità conica delle radici, da ogni altra parte sotterranea, è una leggier tinta verdastra propria solo delle parti aeree che assorbano e contengano acido carbonico non combinato ad altri materiali, ma tutt’al più disciolto. Questo colore ci fa pertanto sospettare che l’estremità conica delle radici, durante il giorno, emetta l’acido carbonico trasmessogli, come vedremo, dalle foglie, all’intento di elaborare i materiali terrestri; laddove di notte, nell’oscurità, invertendosi la funzione, le foglie funzionerebbero come le radici, emettendo l’acido carbonico assorbito di giorno. Se poi si osserva il contegno di questa estremità conica verdeggiante, che io chiamerei non spongiuola ma succhiatore, si vedrà ch’essa è quella che penetra le sostanze tenere, e che aderisce fortemente ai materiali solidi. Certamente queste sole estremità coniche non varrebbero a spiegare la quantità d’umore assorbito dalle piante nel terreno, ed a ciò appunto suppliscono i peli che per buon tratto accompagnano la parte più recente delle radici. Anzi, è più logico il credere che all’estremità conica basti, e valga meglio, poca umidità per lasciar all’acido carbonico maggior azione per intaccare i materiali terrestri, e che in seguito, quando sono introdotti, i peli vi aggiungano l’umidità necessaria a mantenerli in uno stato di fluidità tale che possano arrivare anche alle foglie delle più lontane diramazioni. All’estremità conica adunque il succhiamento, ossia l’elaborazione, ai peli l’assorbimento dell’umidità, ossia del veicolo acquoso. All’estremità conica pertanto il nome di succhiatore, ai peli il nome di sistema assorbente. Questo si verifica non solo nelle radici, per riguardo all’umidità terrestre, ma eziandio nelle parti aeree, per rapporto all’umidità atmosferica, purchè siano tenere e munite di peli. Col mezzo de’ peli si mantengono verdeggianti i mazzi di fiori, i germogli ecc., ma non si possono nutrire, mancando l’organo a ciò destinato, il succhiatore. — D’onde l’importanza di conservare l’estremità delle radici alle piante che si trasportano dai semenzaj, dai vivaj, o da un luogo ad un altro. Guasti o perduti i succhiatoj, possono rinnovarsi, come si rinnovano le gemme aeree per mezzo di germi latenti, ma intanto si perde tempo; e, se questi germi tardano a svolgersi, la pianta mantiene ancora per poco, coll’assorbimento, l’apparenza di vita, come un mazzo di fiori, ma in seguito, mancando l’organo assimilatore, finisce coll’appassire e disseccare. — I succhiatori, ossia le estremità coniche delle radici, rappresenterebbero i varj punti della superficie dello stomaco rovesciato de’ vegetali. — Se la nutrizione vegetale si dovesse intendere come finora la s’intese, costituirebbe un fenomeno affatto dipendente dalle condizioni esterne, e la pianta sarebbe passiva nell’importante fenomeno della propria nutrizione. Si rifiuterebbe alla pianta quell’azione di scelta che, nel proprio aumento, presentano i polipi, i coralli e perfino quei corpi che furono detti inorganici, i quali aumentano, cioè si uniscono o si combinano ad altri corpi, dietro quelle leggi dette di affinità, le quali in essi, alla fine, rappresentano un’azione propria od una scelta.
Ammesso finalmente che soluzioni nutritive, utili per le piante, non si formino nel terreno; che le migliori sostanze sono sempre allo stato insolubile; che quand’anche si potessero disciogliere, il terreno le assorbirebbe per non cederle: che materiali i quali difficilmente formano carbonati solubili, o che non si uniscono all’acido carbonico, nell’organismo vegetale entrano in minima dose o non vi entrano affatto; che l’acido carbonico, in qualunque modo arrivato e contenuto nel terreno, non è sufficiente o non può sciogliere tutti i materiali utili alle piante, è necessario ricorrere all’acido carbonico dell’atmosfera, assorbito dalle foglie e trasmesso alle radici, le quali per mezzo de’ succhiatoj direttamente lo applichino ai materiali da elaborarsi, sottraendolo all’azione de’ materiali circostanti. — L’acido carbonico agirebbe come il sugo gastrico dello stomaco degli animali, promovendo una particolare azione chimica, per la quale svincolerebbersi le parti utili dalle inutili.
- ↑ Sull’assorbimento delle radici; considerazioni e ricerche del dottor Alfonso Cossa.
- ↑ Osservazioni di Fisiologia vegetale. — Giornale dell’Istituto Lombardo, Milano, 1846, T. XIV, pag. 30.
- ↑ Gasparini — Ricerche sulla natura de’ succiatori e su la secrezione delle radici. — Napoli, 1856.
- ↑ Garreau e Brauwers. Recherches sur les formations cellulaires, l’accroisement et l’exfoliaton des extrémités radiculaires (Annales des Sciences nat. Ser. IV, v. 10, pag. 181).