Firenze artigiana nella storia e in Dante/Capitolo II

Capitolo II

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II

Pei Medici, popolani di Mercato Vecchio presso San Tommaso, non potremmo ricostruire se non incompiutamente, sopr’accenni scarsi e fugaci, le prime pagine di loro storia: dall’abitare in quelle case modeste, la cui traccia nelle edificazioni successivamente addossatesi era scomparsa assai prima della odierna troppo imparziale distruzione così del vecchio come del decrepito, allo insediarsi nel palagio di via Larga superbo, che dovrebbe portare, [p. 21 modifica]gnamente irraggiato dall'arte di Miche- lozzo, il nome Mediceo. Da quelle case scomparse, a quel palagio fatto pe' secoli, corre idealmente la storia della formazione civile di Firenze : dai primordi austeri del Comune artigiano, alla espansione lumi- nosa del Rinascimento. Ma in tutt' altra parte della città, sulle memorie conserva- teci d'un' altra delle tante famiglie di mer- catanti, le cui forze congiunte furono la forza e la gloria di Firenze, noi possiamo rinvergare e da documento positivo deri- vare quella storia ideale. Sono le memorie dei Velluti, nel loro se- sto d'Oltrarno, in tempi ne' quali l'Oltrarno co' suoi tre borghi in formazione era quasi esteriore alla città vera e propria, sono le memorie di questa famiglia, che ci offrono una sensibile imagine del formarsi (e come in quel sesto di là dal fiume, così nelli altri cinque di qua) formarsi fondachi e botte- ghe, case prima e poi palagi, compagnie di [p. 22 modifica]commercio, consorterie, clientele; e da ciò tutto, la città e lo stato di Firenze artigiana. Incominciano i Velluti, nella prima metà del secolo XIII, appiè della pendice su cui oggi sorge Pitti regale, incominciano a «fare alcuna mercanzia, tenere alcuno fondaco» nel Borgo di sa’ Iacopo; poi a edificare in terreni «non accasati, anzi orti» .11 luogo si chiama Casellina, e Santo Spirito in Casellina una chiesicciuola fra que’ campi smarrita, che di lì a due secoli sarà il Santo Spirito delBrunellesco. Fabbricano, «multiplicano in avere e persone» (mi valgo, lo avete già sentito, dell’autentica parola di loro, come s’è’ raccontassero a Voi oggi), e poi «viene volontà» a un di loro, Bonaccorso di Piero, «di abitare meglio, e fare altrove fondaco»: e comperano terreno verso la via maggiore che muove dall’Arno, dove presto s’inarcherà il ponte di santa Trinità: e mutano, non senza orgoglio di buoni mercatanti, la loro ragion mercantile «Bonaccorso Velluti [p. 23 modifica] compagni, in Casellina » con quest'altra « Bonaccorso Velluti e compagni, in Via maggiore, » che poi, per lo scorciamento fiorentino, sarà Via maggio. Sorge il loro palagio, grande e massiccio, in quel « sito fuori di mano e, poteasi dire, in villa», tan- toché la gente si facea beffe dicendo: «Vedi ov' e' Velluti sono iti ad abitare, e fare così fatto casamento ! » Ma in cotesto casamento e nel fondaco annesso la famiglia cresce pro- speramente, e la compagnia intensamente lavora; e il loro traffico si stende, « seguendo di tempo in tempo, a Bologna, Vinegia, Me- lano, Pisa, Genova, Roma, Parigi, e in Fran- cia e Inghilterra». I compagni, i fattori e discepoli della compagnia (e quanti altri di quante altre, come quella, fiorentine f) por- tano « per mare e per terra » il nome e T in- dustria di Firenze, e ne riportano l'oro che, suggellato ne' bei fiorini «del Batista», per terra e per mare refluirà di Firenze il nome e la potenza. 4 ) [p. 24 modifica]E questo Bonaccorso che fonda la grandezza del suo traffico insieme e della sua famiglia, lo volete Voi personalmente conoscere ? conoscere in lui di che tempra fossero quelli artefici, del cui lavoro e legittima ricchezza si veniva formando la democrazia fiorentina? Egli è stato giovine nel decimosecondo secolo, e ha vissuto quasi tutto il decimoterzo; ha, si può dire, veduto nascere la Firenze nuova, quella delle cui origini Dante, nel cielo di Marte, fa che il trisavolo crociato ricongiunga con la preistoria del Comune guelfo le vetuste memorie. Fiero uomo, lealissimo nell’esercizio dell’arte sua di Calimala o de’ panni franceschi, ha combattuto, per le vie cittadine e a’ trebbi asserragliati, in difesa della sua fede cattolica, cavalier del Bigallo, contro gli eretici Patarini; e di quelle zuffe la vegeta e soda sua carne è tutta cincistiata di ferite e cicatrici. Ora (siamo nel 1296) ha centoventi anni, e da venti è cieco, e fra [p. 25 modifica]Dalla « Cronica domestica ' di messer Donato Velluti, nell'Archivio dei signori Velluti-Zati duchi di San Clemente. [p. 27 modifica]pochi giorni morrà. Lo ucciderà una scot- tatura a un piede, fattasi a una stufa o ba- gno, perchè questa gì' impedirà la consueta sua passeggiata di tutte le mattine nel ve- rone che è sul didietro del palagio da lui costruitosi in Via maggio. Il verone è lungo quanto tiene tutto il palagio, e vi rispon- dono tre grandi camere; e il vecchione lo suol passeggiare ogni mattina, tanto che gli paia aver fatto tre miglia; e poi asciolve, cioè fa la sua colazione : e l'asciolvere suo non è meno di due pani, come gran man- giente (questo è il linguaggio del tempo) gran mangiante eh' egli è. Morirà così. Sdraiato sul letto, e presentendo la sua fine per questo essere impedito del con- sueto esercizio, egli, nel giorno che il suo figliuolo Filippo mena in casa la seconda moglie monna Gemma de' Pulci, dopo aver partecipato, durante la giornata, all'alle- grezza delle nozze, fino a dire che il più al caso di ripigliar moglie, per averne cor[p. 28 modifica]tesia d’amorevole aiuto, sarebbe lui, si alzerà per sedere, lì a pochi passi dal letto, sul tettuccio, sorreggendosi alle spalle dei nipoti: e in tale atto, fra que’ due giovani, appoggiando i suoi centovent’anni sulla loro fiorente robustezza, questo sopravvissuto dal secolo di Cacciaguida al secolo della Comedia di Dante, serenamente, senza che paia suo fatto, anzi senza ch’e’ senta la morte, morrà.

Quello fra’ suoi discendenti, messere Donato, che un mezzo secolo dopo scriverà, sopr’una lucida vacchetta mercantile (la possediamo anc’oggi), la Cronica domestica dei Velluti 5 ), i loro parentadi e le consorterie, il lavoro molteplice e i sudati guadagni ne’ commerci a banco e oltralpe, i patti fidati e le sanguinose vendette per anni e anni covate, i magistrati e le ambascerie di Comune e le gare cittadine; e ritrarrà in parlanti figure i loro uomini e le donne, senza esornamenti biografici, ma [p. 29 modifica]sentendo che son vite non passate invano per la famiglia e per la città; e alla storia del Comune congiungerà la propria loro, nella guerra guelfa di Campaldino e nella tirannide del Duca d'Atene, ne' contrasti di Popolo e Grandi e ne' torbidi delle am- monigioni guelfe, e novamente nella guerra guelfa con Pisa, e nelle resistenze ai Visconti all'Impero alla Chiesa; - questo messere Donato, mercatante e legista; popolano dei grassi, spesso mescolati co' Grandi ma po- polani tuttavia sempre ; cauto e destro alle proprie ambizioni e a' vantaggi della fami- glia, ma soprattutto fedele al Comune la cui grandezza è grandezza di tutti; che le con- fessioni dell'opera sua domestica e citta- dina, «non per me lodare ma per memoria delle cose» , inquadra nell'operosità di tutti i suoi e consanguinei e concittadini; - sug- gellerà, non la sua cronica che rimane interrotta, ma la vita sua stessa, come un valente soldato sul campo di battaglia,