Capitolo XXXI

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XXX XXXII
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CAPITOLO XXXI.

Della umiltà appropriata all' agnello .

Umiltà, secondo che dice Longino e Origene, si è rifrenare l’alterezza della volontà dell’animo, la quale resistenza non si dee fare per modo che si caggia nel vizio della dejezione. Sant’Andronico dice che questo vizio è a sottomettersi più che non si conviene. E poi dice che è umiltà di molte ragioni: la prima si è a mostrarsi sempre minore degli altri: la seconda si è a sottomettersi a ciascuno con umiltà, come si dee: la terza a credere di potere meno che non può: la quarta si è a credere di non potere essere sufficiente a tutte le cose: la quinta a temere quello che si dee. Della umiltà discende quattro virtù: la prima si è onoranza, cioè a fare onore altrui: la seconda si è a fare riverenza a’ maggiori di sè: la terza si è a ubbidire coloro che hanno alcuna podestà di dovere comandare: la quarta si è la gratificazione, cioè riconoscere e [p. 86 modifica]meritare gli servigi che gli sono fatti. E puossi assimigliare la virtù dell’umiltà all’agnello, il quale si è il più umile animale che sia al mondo, ch’ei comporta ciò che gli è fatto, sottomettendosi a ciascuno; e però nella Santa Scrittura Cristo è affigurato all’agnello. Salomone dice della virtù dell’umiltà: Se alcuno ti fa suo rettore, non ti esaltare troppo; ma móstrati vèr lui tale ch’egli paja signore delle tue cose. Gesù Sirac dice: Non dimandare le cose più alte di te, e non cercare le cose più forti di te. Ancora dice: Tanto quanto tu se’ maggiore, tanto più t’umilia nelle cose; e dinanzi e di dietro troverai grazia. Jesus dice: Ciascuno che s’umilia, sarà esaltato; e chi si esalta, sarà umiliato. San Piero dice: Dio contrasterà agli superbi; e a chi è umile, darà grazia. San Girolamo dice: Alla sommità delle virtù non per grandezza, ma per umiltà si perviene. Aristotile dice: Vuo’ tu conoscere la persona? dágli signoria; imperocchè ’l cattivo s’insuperbisce, e ’l buono diventa umile. Longino dice: Siccome gli uccelli stringono bene l’alia quando vogliono volare in alto, così si conviene aumiliare chi vuole venire in grande stato. Aristotile dice: Fa onore ad altrui; chè l’onore è di colui che lo fa. Seneca dice: Non lodare altrui in sua presenza, e non lo biasimare in sua assenza. Socrate dice: Alcuno onore non si perde mai; chè se colui a cui lo fai non ne rende merito, altri lo ti rende per lui. Salomone dice: Umilia l’anima tua a Dio, e a’ grandi signori la testa; e a’ gridi del popolo inchina gli orecchi. [p. 87 modifica]Cato dice: Fa luogo al tuo maggiore. Jesus Sirac dice: Per la riverenza vengono molte buone grazie. Isidoro dice: Non prosumere di volere pareggiare il tuo maggiore; nè piccolo nè grande non dispregiare. Della virtù della ubbidienza dice il Savio: La mogliera ubbidiente signoreggia il suo marito. Isidoro dice: L’ubbidienza si è scala da giugnere alle cime di tutte le virtudi. Socrate dice: Chi vuoi piacere a tutte le persone, pigli il mantello dell’umiltà e dell’ubbidienza. Della virtù della gratificazione dice Cato: Quando alcuno tuo povero amico ti dà alcun dono, to’ lo piacevolmente, e ricórdati di lodarlo pienamente; ancora ricórdati di lodare il beneficio che t’è fatto, in pubblico. Galieno dice: Chi fedelmente serve si è degno di gran merito. Alessandro dice: Dal nobile cuore viene ricordarsi de’ servigj e dimenticare le ’ngiurie. Della virtù della umiltà si legge nelle Storie Romane, che quando alcuno fosse stato mandato per gli senatori di Roma in alcuna parte a combattere, e s’egli tornava con vittoria, gli Romani gli faceano tre onori e tre disonori: il primo si era, che tutto il popolo di Roma gli andava incontro di fuori della città: il secondo si era, ch’egli si era messo in sur uno carro, ch’era menato da quattro cavalli bianchi, e tutto il popolo gli andava d’intorno al carro insino al Campidoglio, e ivi lo metteano: il terzo e ultimo onore si era, che tutti gli prigionieri ch’egli avea conquistati, si gli veniano alla coda del carro. E ’l primo disonore che’ Romani faceano a costui si era, che gli [p. 88 modifica]metteano in sul carro uno uomo della più vile condizione che poteano avere; e questo si era per dare esempio che ogni uomo potrebbe venire in simigliante istato facendo bene: il secondo disonore si era, che quello vile uomo gli dava grandi gotate dicendo: non insuperbire, perchè ti sia fatto onore; ch’io sono così uomo come tu; e però sta umile, e fa reverenza al popolo che ti fa onore: il terzo e ultimo disonore si era, che ogni uomo gli potea dire ogni vitupero che volea in tutto quel dì.