Favole (Fedro)/Libro quinto/VII - Il Principe trombettiere

Libro quinto: VII - Il Principe trombettiere

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Fedro - Favole (I secolo)
Traduzione dal latino di Giovanni Grisostomo Trombelli (1797)
Libro quinto: VII - Il Principe trombettiere
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FAVOLA   VII.

Il Principe trombettiere.

CHi per lieve aura di se stesso prende
     Opinion, ch’oltre il dover lo estolle;
     Agevol fia che beffe e scherno incontri.
          * Fu in qualche pregio un Trombettier, di nome
     5Principe, del cui suono sul teatro,
     Frequente usar Batillo avea costume.
     Mentre in palco s’aggira (nè in quai giochi
     Ciò avvenne, mi sovvien) la manca coscia,
     Tal ei cadde, si ruppe immantinente,
     10Per cui due destri flauti infranti arrebbe.
     Fra dolenti querele, e grida, a mano
     Lo riportano a casa; indi a non molti
     Mesi, a guarir mentre incomincia; il volgo
     De’ spettator’, qual folle lor desio
     15E capriccioso il vuol, lo attende al ballo,
     Che dal suon di lui prendea vigore.
     Tal, che ampli giochi celebrar desia,
     Sa, che Principe è presso a risanarsi;
     Va, prega, ed offre, perchè almen la scena
     20Renda col suo comparir più lieta.
     Viene l’atteso giorno: ecco il teatro
     Fremer per lui: morto talun l’accerta;
     Ch’a momenti s’attende, altri assicura.

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     Tolto il sipario, terminati i tuoni,
     25Qual peregrin costume il vuol, parlato
     Avean gli’Iddii; allor che il noto canto
     Al Trombetta s’impone, ed era questo:
     Ti allegra, o Roma: hai salvo il Prence: Voce
     Risuona, che il teatro empie di gioja.
     30Ad onor suo lo reca il buon Trombetta,
     Ed a gli spettator’ fa baciamani.
     L’ordine Equestre il folle error conosce,
     E con gran risa impone, che s’intuoni
     Di nuovo il canto: al suolo il buon Trombetta
     35Si profonde col volto: a lui fan plauso
     Con piacevole festa i Cavalieri:
     Che chiegga la corona il volgo stima;
     Ma poichè la sua sciocchezza ognun comprese,
     Candida benda in van la coscia avvolge,
     40In van bianca ha la veste, e bianco il piede;
     Che presolo pe’ crin’, lo caccian fuori;
     Nè a lui giovaro le onorate insegne,
     Da cui ne va l’Augusta Casa altera.