CHi per lieve aura di se stesso prende
Opinion, ch’oltre il dover lo estolle;
Agevol fia che beffe e scherno incontri.
* Fu in qualche pregio un Trombettier, di nome 5Principe, del cui suono sul teatro,
Frequente usar Batillo avea costume.
Mentre in palco s’aggira (nè in quai giochi
Ciò avvenne, mi sovvien) la manca coscia,
Tal ei cadde, si ruppe immantinente, 10Per cui due destri flauti infranti arrebbe.
Fra dolenti querele, e grida, a mano
Lo riportano a casa; indi a non molti
Mesi, a guarir mentre incomincia; il volgo
De’ spettator’, qual folle lor desio 15E capriccioso il vuol, lo attende al ballo,
Che dal suon di lui prendea vigore.
Tal, che ampli giochi celebrar desia,
Sa, che Principe è presso a risanarsi;
Va, prega, ed offre, perchè almen la scena 20Renda col suo comparir più lieta.
Viene l’atteso giorno: ecco il teatro
Fremer per lui: morto talun l’accerta;
Ch’a momenti s’attende, altri assicura.
Tolto il sipario, terminati i tuoni, 25Qual peregrin costume il vuol, parlato
Avean gli’Iddii; allor che il noto canto
Al Trombetta s’impone, ed era questo: Ti allegra, o Roma: hai salvo il Prence: Voce
Risuona, che il teatro empie di gioja. 30Ad onor suo lo reca il buon Trombetta,
Ed a gli spettator’ fa baciamani.
L’ordine Equestre il folle error conosce,
E con gran risa impone, che s’intuoni
Di nuovo il canto: al suolo il buon Trombetta 35Si profonde col volto: a lui fan plauso
Con piacevole festa i Cavalieri:
Che chiegga la corona il volgo stima;
Ma poichè la sua sciocchezza ognun comprese,
Candida benda in van la coscia avvolge, 40In van bianca ha la veste, e bianco il piede;
Che presolo pe’ crin’, lo caccian fuori;
Nè a lui giovaro le onorate insegne,
Da cui ne va l’Augusta Casa altera.