FRa la Mosca era insorta, e la Formica,
Chi di lor sovrastasse, acre contesa.
Sì cominciò la Mosca: ed ancor osi
Venir meco a tenzone? Allor che s’offre 5Vittima a’ Dei, le viscere n’assaggio.
Fra gli altari io dimoro; in capo a’ Regi
Se m’è a grado, m’assido; e su i bei labbri
De le caste matrone io m’intrattengo;
Nulla fatico, ed il miglior mi godo. 10Ch’hai tu di somiglievole, villana?
Lo seder a la mensa de gli Dei
Reca gloria, egli è ver; purchè ne sia
Invitato, non già, se avuto a schifo.
De le matrone i baci, e i re millanti? 15Quando ben mi ricorda, allor che il grano
Per il verno sollecita raccolgo,
Veduta averti d’ogni vil sozzura
Pascerti presso a’ muri. Tu gli altari
Frequenti; ma però se’ giunta appena, 20Che ti discaccian tosto: non lavori;
Ma nulla hai pronto, ove bisogno il chieggia;
Ciò che vuolsi celar, commendi altera.
Mi disfidi la state, il verno taci,
Allor che il freddo intirizzita a morte 25T’adduce; nulla io soffro, e ricca casa
Di sicuro soggiorno mi provvede.
Ecco abbastanza tua alterigia doma.
* Segna il racconto quei che finte lodi
S’arrogan, e coloro a cui virtude 30Soda gloria comparte, ed onor vero.