MAndaro Ambasciatori i Cani a Giove
Ad implorar mercè; poichè lor grave
Servitù s’imponeva, ed a gli umani
Strazj soggetta. Il pan, ch’a lor si porge, 5Di crusca è asperso, e l’insoffribil fame
A spegner con le feci son costretti.
Van lentamente, in ogni mondezzajo
L’esca fiutando, nè di Giove al trono
Chiamati, dan risposta. Al fin Mercurio 10Con fatica li trova, e a lui li tragge.
Ma fissar’ nel gran Padre i guardi appena,
Tal timor li sorprese, che la reggia
Tutta lordar’ di stomacose feci.
A colpi di baston cacciati fuora, 15Ch’a’ suoi riedano, Giove nol consente.
Stupiti gli altri di cotal tardanza,
Di alcun delitto lor preso sospetto,
Novelli ambasciatori destinaro.
La fama intanto il lor fallir palesa; 20Sicchè temendo, che un’ugual sciagura
Non accada a’ secondi, ad essi il podice
Di replicato e folto odor empiro.
Vanno, udienza chieggono, l’impetrano.
Siede il gran Padre, e la folgore scuote. 25Trema ogni lato: intimoriti i Cani,
Poichè giugne il rumor loro improvviso,
E feci, e odore insiem mandan dal ventre.
Grida ognun, che si dee punir tal’onta:
Ma pria che Giove a lor gastigo imponga; 30Non dèe, soggiugne, rattenere il Prence
Gli Ambasciatori, e agevol fia, trovarsi
Pari a l’onta la pena; e sarà questa.
Tardi n’andrete, e vo’ che fame insegnivi
Por freno al ventre. A que’ poi che inviaro 35Si goffi Ambasciator’, soffrir fia forza
De l’uom le ingiurie. A la prigion son tratti,
Nè si rilascian tosto. Ecco il perchè.
I Can’, che i primi Ambasciatori, e gli altri
Aspettano, se in cane ignoto abbattonsi, 40Lo fiutan dove avean l’odor riposto.