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Lib. IV. Fav. XVII. 225

     A spegner con le feci son costretti.
     Van lentamente, in ogni mondezzajo
     L’esca fiutando, nè di Giove al trono
     Chiamati, dan risposta. Al fin Mercurio
     10Con fatica li trova, e a lui li tragge.
     Ma fissar’ nel gran Padre i guardi appena,
     Tal timor li sorprese, che la reggia
     Tutta lordar’ di stomacose feci.
     A colpi di baston cacciati fuora,
     15Ch’a’ suoi riedano, Giove nol consente.
     Stupiti gli altri di cotal tardanza,
     Di alcun delitto lor preso sospetto,
     Novelli ambasciatori destinaro.
     La fama intanto il lor fallir palesa;
     20Sicchè temendo, che un’ugual sciagura
     Non accada a’ secondi, ad essi il podice
     Di replicato e folto odor empiro.
     Vanno, udienza chieggono, l’impetrano.
     Siede il gran Padre, e la folgore scuote.
     25Trema ogni lato: intimoriti i Cani,
     Poichè giugne il rumor loro improvviso,
     E feci, e odore insiem mandan dal ventre.
     Grida ognun, che si dee punir tal’onta:
     Ma pria che Giove a lor gastigo imponga;
     30Non dèe, soggiugne, rattenere il Prence
     Gli Ambasciatori, e agevol fia, trovarsi
     Pari a l’onta la pena; e sarà questa.