Faust/Parte terza/Paralipomeni/Pinacolo del Brocken

Paralipomeni - Pinacolo del Brocken

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Johann Wolfgang von Goethe - Faust (1808)
Traduzione dal tedesco di Giovita Scalvini, Giuseppe Gazzino (1835-1857)
Paralipomeni - Pinacolo del Brocken
Paralipomeni - Montagne dell'Harz Paralipomeni - Udienze particolari

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PINACOLO DEL BROCKEN.


SATANNO seduto sul trono; intorno a lui immensa calca di gente. FAUSTO e MEFISTOFELE nel cerchio più prossimo.

Satanno, parla dall’alto del suo trono.

      A dritta i becchi!
      Le capre a manca!
      Queste. . . . . . . . .
      Quelli. . . . . . . . .
      E perchè i becchi
      . . . . . . . . .
      Però la capra
      Il becco di seguir mai non si stanca!

Coro. Umile, riverente

             Plauda ciascuno al sir,
             Che i popoli, volente,
             Si tragge ad erudir.
               La mirifica parola
             Che per l’etere sorvola
             Della vita e di natura
             I segreti n’aprirà.
             Oh! qual fia, qual fia ventura
             Pari a quella ch’ei ne dà?

Satanno, volgendosi a diritta.

      Due tesor sonvi largiti
      Grandi, splendidi, infiniti,
      L’ôr che suona, l’ôr che luccica;
      . . . . . . . . . . . . .
      L’uno arraffa, l’altro stuzzica.
        Oh felice, oh beato
      Cui fea d’entrambi possessore il fato!

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Una Voce.

        Che va dicendo il nostro augusto sire?
      Un po’ troppo son lunge, e intero intero
      Il magnifico suo discorso udire
      Non emmi riuscito, a dire il vero.
      Anzi, non motto pur valsi a carpire
      Di quell’aureo parlar; però dispero
      Che all’occhio errante mio svelinsi altronde
      Di natura le vie cupe, profonde.

Satanno, volgendosi a sinistra.

               Due cose splendide
             Inapprezzabili
             Ecco io vi do:
             L’oro che luccica
             . . . . . . . . . . . . .
             Ognun però
          D’oro la donna sua faccia contenta.
             . . . . . . . . . .
             . . . . . . . . . . . . .

Coro. Bocconi in sul terren, col vel sugli occhi,

      Ci stiamo appiè dell’idolo sovrano!
      Oh! beato cui tocchi
      Stargli da presso, e per gli orecchi intenti
      Bearsi al suon di que’ sublimi accenti!

Una Voce.

        Son lunge, oh mio tormento!
      E ho bel fare e bel dir l’orecchio a tendere;
      Con tutto ch’io mi sto sospeso, intento,
      Ben poco io valgo a intendere.
      Di tante meraviglie ch’io perdei
      Trovar chi m’informasse ove potrei?
        Deh! chi m’addita

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      Della vita — immortal la traccia oscura?
        Deh! chi mi svela
      Di natura — l’abisso ove si cela?

Mefistofele, ad una Giovinetta.

        Perchè piangi? che hai, bocchin di mèle?
      Non han quivi che far ululi e pianti;
      V’è chi ti spinga e prema e schiacci e schianti.

La Giovinetta.

              Oh! mio martir crudele!
        Era dianzi un incanto
      Il signore ascoltar che dicea d’oro
      E di.... era dolce, e dolce tanto!
      Ma la è cosa da grandi, ahi! sol da loro.

Mefistofele.

        Non pianger, mia carina, e se ti preme
      Di saper ciò che diavolo s’intenda
      Per. . . . . . . . . . . . . . . . . . .
      . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Satanno, di fronte.

        O figliuole, che cerchio mi fate,
      Proprio al mezzo del mondo voi state.
      Tutte a tondo, figliuole, salvete,
      Che da lunge o da presso traete,
      Cavalcando le dure granate,
      Voi gentili nel dì vi mostrate.
      . . . . . . . . . . . . . . . . . .
      . . . . . . . .così quante siete
      Fide al compito vostro sarete!