Faust/Parte seconda/Atto quinto/Aperta campagna

Atto quinto - Aperta campagna

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Johann Wolfgang von Goethe - Faust (1808)
Traduzione dal tedesco di Giovita Scalvini, Giuseppe Gazzino (1835-1857)
Atto quinto - Aperta campagna
Atto quarto - La tenda del pseudo-imperatore Atto quinto - Nel giardinetto
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APERTA CAMPAGNA.

Un Viaggiatore. Quelli, sì, quelli sono gli opachi tigli in tutta la vigoria della loro vecchiaia; doveva io pur finalmente rinvenirli dopo tanto correre ed affannarmi! Ed ecco l’antico ricinto, la capanna dov’ebbi ricetto quel dì che una furiosa tempesta gittavami su queste aride sabbie. Oh! mi fosse dato di benedire a’ miei ospiti, così pronti a soccorrere, una coppia eccellente, troppo a quel tempo avanzata negli anni perch’io speri oggi di riscontrarla. La era proprio gente caritalevole e dabbene! Busserò io? O farò di chiamarli? — Salvete, o voi, apostoli dell’umanità, se oggi ancora gustate l’invidiabile e rara dolcezza di operare il bene!

Bauci, donna di piccola statura, estremamente decrepita. Piano! mio buon forastiere, piano! zitto! Lascia che mio marito riposi; un lungo e placido sonno porge al vecchio un po’ di lena troppo necessaria alla sua corta vigilia.

Il Viaggiatore. Dimmi, o madre, se’ tu qui per accogliere di bel nuovo il mio tributo di riconoscenza per quanto un giorno, tu e il tuo consorte, faceste a conservarmi la vita? Se’ tu quella Bauci le cui sollecite cure richiamarono l’esistenza in sulle labbra già livide e smorte del giovinetto? (Il marito si avanza.) [p. 456 modifica]E tu, se’ tu quel Filemone che il mio tesoro con braccio nerboruto strappasti alla furia delle onde? Il vivo chiarore del vostro faro, l’armonioso tintinnío della vostra campana valsero a far cessare la mia crudele sciagura.

E adesso, lasciate ch’io mi appressi, e contempli il pelago infinito; lasciate che, piegate le ginocchia, preghi, e torni a pregare, però che il cuor mi si spezza! (Si avanza verso la spiaggia.)

Filemone, a Bauci. Orsù, vanne speditamente ad apparecchiare la tavola nel giardinetto, dov’è più gaio e meglio fiorito. — E lascialo pur correre e spaventarsi, che non può certo credere a ciò ch’egli vede. (Dassi a seguitarlo.)

Filemone sulle tracce del Viaggiatore. Quello che un tempo vi ebbe così malconcio colle sue furie, flutti accavallati sui flutti, spumante, irrefrenabile, voi lo vedete ora tramutato in giardino che vi dà l’idea d’un paradiso. Giunto alla vecchiezza, queste membra si anneghittirono, nè più, come per lo innanzi, m’era concesso di accorrere spedito in soccorso alla gente: e dappoi che mi venian meno le forze, i marosi si ritirarono. I famigli robusti di saggi padroni scavarono fosse, alzarono argini, e si gittarono a contrastare al mare i suoi diritti, per dominare colà dove quello era sovrano fiero e prepotente. Mira all’intorno prati e poi prati, verdi e ameni pascoli, giardino, bosco e villaggio. Vien ora meco a godere un delizioso spettacolo, chè il Sole sta per lasciarci a momenti. — Tuttavia compaion da lunge i navigli che solcano le acque, in cerca di un asilo sicuro per la notte; — gli augelli conoscono il [p. 457 modifica]loro nido, — chè veramente laggiù evvi ora un porto. Così puoi contemplare nell’ampio orizzonte, prima la fascia azzurrina del mare, e poi a dritta, a manca, e in giro, uno spazioso tratto ove di giorno in giorno crescono e si affollano gli abitatori.

Bauci allo Straniero. Tu taci, e stai lì immobile senza portare il boccone alla bocca spalancata!

Filemone. Giurerei ch’egli va mulinando intorno al prodigio, e si strugge di udirne qualche cosa; tu che hai a chiacchierare si buona grazia, fa d’informarnelo.