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456 fausto.

E tu, se’ tu quel Filemone che il mio tesoro con braccio nerboruto strappasti alla furia delle onde? Il vivo chiarore del vostro faro, l’armonioso tintinnío della vostra campana valsero a far cessare la mia crudele sciagura.

E adesso, lasciate ch’io mi appressi, e contempli il pelago infinito; lasciate che, piegate le ginocchia, preghi, e torni a pregare, però che il cuor mi si spezza! (Si avanza verso la spiaggia.)

Filemone, a Bauci. Orsù, vanne speditamente ad apparecchiare la tavola nel giardinetto, dov’è più gaio e meglio fiorito. — E lascialo pur correre e spaventarsi, che non può certo credere a ciò ch’egli vede. (Dassi a seguitarlo.)

Filemone sulle tracce del Viaggiatore. Quello che un tempo vi ebbe così malconcio colle sue furie, flutti accavallati sui flutti, spumante, irrefrenabile, voi lo vedete ora tramutato in giardino che vi dà l’idea d’un paradiso. Giunto alla vecchiezza, queste membra si anneghittirono, nè più, come per lo innanzi, m’era concesso di accorrere spedito in soccorso alla gente: e dappoi che mi venian meno le forze, i marosi si ritirarono. I famigli robusti di saggi padroni scavarono fosse, alzarono argini, e si gittarono a contrastare al mare i suoi diritti, per dominare colà dove quello era sovrano fiero e prepotente. Mira all’intorno prati e poi prati, verdi e ameni pascoli, giardino, bosco e villaggio. Vien ora meco a godere un delizioso spettacolo, chè il Sole sta per lasciarci a momenti. — Tuttavia compaion da lunge i navigli che solcano le acque, in cerca di un asilo sicuro per la notte; — gli augelli conoscono il