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parte seconda. 457

loro nido, — chè veramente laggiù evvi ora un porto. Così puoi contemplare nell’ampio orizzonte, prima la fascia azzurrina del mare, e poi a dritta, a manca, e in giro, uno spazioso tratto ove di giorno in giorno crescono e si affollano gli abitatori.

Bauci allo Straniero. Tu taci, e stai lì immobile senza portare il boccone alla bocca spalancata!

Filemone. Giurerei ch’egli va mulinando intorno al prodigio, e si strugge di udirne qualche cosa; tu che hai a chiacchierare si buona grazia, fa d’informarnelo.


NEL GIARDINETTO.


A tavola in tre.

Bauci. Affè che fu proprio un prodigio! e ne provo oggi ancora un affanno indicibile: chè il modo onde ciò fu visto a succedere non mi pronostica nulla di buono.

Filemone. Che male ha fatto l’Imperatore a rinunziargli codesta spiaggia? Non trasse forse un araldo a leggere ad alta voce il decreto? Le prime tracce vennero prese poco discosto dalla nostra duna, — e là sorsero lende e capanne! — nè andò molto che di mezzo alle frasche fu costrutto un palagio.

Bauci. Fin ch’era giorno, s’affannavano indarno gli operai, trattando pale e picconi, a raddoppiare con grande frastuono colpi su colpi; nella notte poi, vedevi a serpeggiare qua e là vive fiammelle; e la