Eutifrone/Capitolo VII
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VII.
Socrate. Eh, non me ne farei caso; me le conterai a comodo, un’altra volta. Ma ti prego di chiarirmi meglio ciò ch’io t’ho dimandato dianzi. T’ho dimandato che cosa è il santo; e tu non m’hai insegnato abbastanza infino a ora, ma sì m’hai detto che santo è quello che tu stai facendo, accusare d’omicidio tuo padre.
Eutifrone. E ho detto vero.
Socrate. Può essere. Ma credi, Eutifrone, che di cose sante ce ne sia molte altre?
Eutifrone. Ce n’è.
Socrate. Ricordati ch’io non t’ho pregato d’insegnarmi una o due delle molte cose sante; ma sì quell’istessa idea per la quale tutte le cose sante son sante: che tu mi hai detto che per una certa idea le cose empie son empie, e le sante sante; o non te ne rammemori?
Eutifrone. Sì, me ne rammemoro.
Socrate. E insegnami dunque codesta idea, che è mai; acciocchè, contemplando quella e giovandomene come di esempio, io dica santa ogni azione che le si assomigli, la faccia tu o chiunque; e quella che no, no.
Eutifrone. La vuoi? te la dico.
Socrate. La voglio.
Eutifrone. Ecco: ciò ch’è caro agl’Iddii è santo; ciò che no, empio.
Socrate. Bene assai: m’hai proprio risposto come volevo io. Se è il vero, non lo so ancora; ma tu mostrerai bene che è vero ciò che tu di’, non ne dubito.
Eutifrone. Ma Sì.