Eutifrone/Capitolo VI
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VI.
Socrate. Adunque mi di’: che cosa è, secondo te, il santo, che cosa è l’empio?
Eutifrone. Ecco, io ti dico che il santo è ciò che io fo ora: chi commette male (ammazzi, rubi sacri arredi, o faccia altre birbonerie) accusarlo, sia padre, madre, chiunque sia: il non far ciò è empio. E che la legge è veramente codesta, non perdonarla a niuno che pecchi, sia chi si sia, guarda, Socrate, la gran prova che ti arreco io e che ho detto già ad altri. Tutte le persone convengono che Giove è il più buono, il più giusto degl’Iddii; convengono, da altra parte, che egli messe in catene suo padre Saturno, perchè senza alcuna ragione si divorava i figliuoli, e che anche Saturno a sua volta per altre cattiverie capponò il padre suo, Urano. Se adunque si stizziscono con me perchè io accuso mio padre, che anche lui ne ha fatta una delle grosse, e’ si contraddicono sul conto degl’Iddii e sul mio.
Socrate. Ora intendo perchè m’accusa Melito; che quando mi si contano su gl’Iddii di codeste novelle, io a stento le mando giù: ed ecco perchè qualcuno va buccinando che io sono un empio. Ma ora muta specie: se ci credi tu, che in queste cose sei maestro, volere o non volere ci ho a credere anch’io. E che vuoi ch’io rifiati se di mia bocca confesso che non me ne intendo un'acca? Ma per Giove, Dio dell’amicizia, credi tu siano avvenute proprio davvero codeste cose?
Eutifrone. Coteste ed altre ben più maravigliose, che la gente non conosce.
Socrate. E tu credi davvero ci sia guerra fra gl’Iddii e inimicizie spaventose e zuffe, e cose simili che ci contano i poeti, e i bravi pittori ci raffigurano ne’ templi, e delle quali è tutto istoriato il peplo che si porta su nell’Acropoli nelle grandi feste Panatenee? E che? s’ha a dire siano proprio tutte vere codeste cose, o Eutifrone?
Eutifrone. Non solo queste, ma, se n’hai voglia, te ne conterò molte altre, delle belle, che a sentirle tu rimarrai a bocca aperta.