Esilio/Compagni di strada/L'Uomo sepolto
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L’UOMO SEPOLTO.
Miniera di Senghenydd.
Ottobre 1913.
Georg, biondo atleta: non udisti un rombo
sovra il tuo capo?... uno sparar di cento
cannoni, a un tratto?... — Ora, silenzio. — È spento
4il tempo. L’aria è come fuso piombo.
Pietre su pietre franano alle bocche
degli anditi. Ove sono i tuoi fratelli?...
Non ti vale dell’unghie far coltelli,
8nè, ruggendo, divellerti le ciocche
scomposte, nè cozzar con sanguinanti
membra contro la notte che t’acceca.
Di là nella stessa ombra sorda e cieca,
12son mille o più di mille agonizzanti.
Scagliansi in mucchio verso l’orifizio
distrutto, con feroci granfie il dorso
l’uno all’altro raspando, a pugno e morso
16fuggir primi tentando al gran supplizio:
ma fumo e fiamma indietro li ricaccia,
non v’è più strada non vi son più porte:
solo, e despota, il caos.... — Ma tu sei forte,
20Georg. — Taci. — Guarda la tua fine in faccia.
Ricordi tu come sia fatto il cielo?...
.... Grigio ora, e curvo sui sinistri pozzi
della miniera; e un getto di singhiozzi
24immenso, fino a quel livor di gelo.
E donne e donne coi bambini in collo
e al fianco, con irti aridi cernecchi
di furie al vento; e infermi e storpi e vecchi
28guatanti il mostro non ancor satollo....
E invocano, che il mostro dal suo fondo
vomiti all’aria le ingoiate squadre:
e v’è fra essi la tua bianca madre,
32Georg!.. V’è tuo padre. Hanno te solo al mondo.
Le ossature dei pozzi han somiglianza
di scheletri: il silenzio fa spavento
più dell’urlo: nel livido sgomento
36della folla ancor trema una speranza:
ma non rende la bocca maledetta
quel che inghiottì.... — Con gesto di flagello
leva la folla come un sol coltello
40le braccia, a testimonio di vendetta.
٭
.... Georg, il corpo tuo grande si fa pietra
fra pietre: e l’una e l’altre uguali stanno
ormai nel tempo; e ciò che fu l’affanno
44d’un’ora, è calma immota in ombra tetra.
Ma non è morte, e non è tomba. Esiste
sol la materia che caduche imagini
di carne transustanzia entro compagini
48sacre, irridendo alle querele triste.
Tenebra di caverne, fulvo dorso
di monte, erbosa immensità di piano,
tutto non è che sedimento umano,
52nè s’arresta Re Atomo in suo corso.
E chi calchi l’orecchio sul fecondo
solco, o lungo le vertebre del masso,
sente il respir dei morti, che il trapasso
56sciolse in vene d’occulto hùmus pel mondo.
Georg, biondo atleta, umile eroe sommerso
nell’ombra, a giorni effimeri perduto,
a giorni eterni assunto, — io ti saluto: —
60prima eri un corpo; ed or sei l’universo.