Giuseppe Gioachino Belli

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È mejjio perde un bon'amico Er Profeta de le gabbole
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti dal 1828 al 1847

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EPPOI?

     Séguita a ffà sta vita, Zzaccheria:
Freghete l’orbo1 co’ ste tu’ donnacce:
La dimenica a mmessa nun annacce:2
Immriàchete3 sempre all’ostaria.

     Strapazza er nome de Ggesummaria:
Giuchete er core,4 intosta a parolacce.5
Tu tte penzi6 che Ccristo nun ce sia,
E llui te sta a ssegnà ttutte le cacce.7

     Va’, ccontinuva a vvive8in ner peccato,
Fra ccarte e ddonne, fra bestemmie e vvino:
Ma ar capezzale9 quer ch’è stato è stato.

     C’è ppoco ar bervedé,10 ssor figurino;
E cquanno Cristo er culo l’ha vvortato11
Vall’a rripijja allora p’er cudino.12


Roma, 20 novembre 1831

Note

  1. Fregarsi l’orbo: darsi alla cieca alle carnalità.
  2. Non andarci.
  3. Ubbriàcati.
  4. Giuòcati tutto.
  5. Rincara con parolacce; ostinati a dir parolacce oscene e empie.
  6. Ti pensi: ti vai figurando.
  7. Segnar le cacce: notare i falli. Metafora presa dal giuoco di palla.
  8. Vivere.
  9. Al punto di morte.
  10. Al belveder c’è poco: è vicino il successo. Belvedere è una parte del Vaticano.
  11. Voltare il culo, le spalle.
  12. allo a ripigliare allora pel codinio: richiamalo indietro, se puoi.