Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 81
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AD ALCUNI NOVIZJ NEL CONVENTO Di MONTE OLIVETO A PERUGIA (A).
I. Gli esorta alla gratitudine verso Iddio, la quale si dimostra coll’osservanza de’suoi comandamenti, e più anco coll’adempimento de’suo* consigli, osservando i voti della religione.
II. Che la gratitudine s’esercita colla carità verso i prossimi.
III. Che tutte le virtù s’ esercitano per gratitudine.
IV. Del vero obediente e del disobediente; e delle diverse operazioni dell uno e dell’altro.
V. Dell’ esercizi dell’ orazione per acquistar 1* obedienza, e del modo di rispondere alle molestie del dimonio nel tempo dell’orazione, ed altri divoti esercizj, le quali cose prega dell» novizj ad ossei vare perfettamente.
z&ittc%ì& BU Al nome di Jesà Cristo crocyisso e di Maria dolce.
I. Ilarissimi figliuoli in Cristo dolce Jesù. Io Catarina, serva e schiava decervi di Jesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi grati e cognoscenti verso il vostro Creatore delTinfiniti benefizj ricevuti da lui, acciocché per la ingratitudine non si disecchi in voi la fonte della pietà, ma nutrichisi con gratitudine.
II. Ma attendete, che gratitudine solamente di parole non è quella che risponde, ma le buone e sante operazioni: in che la mostrarcte? in osservare i dolci 234 comandamenti di Dio, cd oltre a’comandamenti 03servarete i consigli mentalmente ed attualmente. Voi avete eletta questa via perfetta. de’consigli, e però ve li conviene osservare inlìno alla morte; altrimenti offendereste Dio; ma l’anima grata sempre gli osserva.
Sapete che nella vostra professione prometteste d’osservare obedienzia, continenzia e povertà volontaria, e se voi non gli osservaste, diseccareste in voi la fonte della pietà. Grande vergogna è al religioso a desiderare quello che già ha spregiato; che non tanto che egli non debba desiderare o possedere sustanzia temporale; ma dalla memoria si de’trarre eziandio il ricordamento del mondo, dalle ricchezze e diletti suoi, ed empirla del povero, umile ed immaculato Agnello, e con una carità fraterna vivere caritativamente.
111. Così vuole la carità fare utilità al prossimo suo, che quando 1’ anima ragguarda e vede non poter fare utilità a Dio, perchè non ha bisogno di noi, e volendoli mostrare, che in verità cognosce le grazie che ha ricevute e riceve da lui, il mostra verso la creatura che ha in sè ragione; ed in tutte quante le cose s’ingegna di mostrare nel prossimo suo la gratitudine, unde tulle le virtù sono esercitate per gratitudine, cioè che per amore che 1’ anima ha al suo Creatore, è fatta grata, perchè col lume ha ricognosciute le grazie che ha ricevute e riceve da lui in sè. Chi la fa paziente a portare le ingiurie, strazj, rimproverii e villanie dagli uomini, e le molestie e battaglie dalle dimonia ? la gratitudine. Chi il fa annegare la propria volontà, e subiugarla alla santa obedienzia, e conservare 1’ obedienzia sua infino alla morte? essa gratitudine. Chi gli fa osservare il terzo voto della continenzia? la gratitudine, che per osservarla mortifica il corpo suo con la vigilia, digiuno, e con l’umile fedele e continua orazione, e con l’obcdienzia uccide la propria volontà, acciocché mortificato il corpo e morta la volontà la potesse osservare, cd in essa osscrvanzia mostrare la gratitudine. Sicché le virtù sono uno segno dimostra235 tivo, che dimostrano che 1* anima non è sconoscente d’essere creata alla imagine e similitudine di Dio, e della ricreazione che ha ricevuta nel sangue dell umiie, dolce, crociato ed amoroso Agnello, ricreandola a grazia, la quale avevano perduta perla colpa; e cosi di tutte l’altre grazie che ha ricevute, spirituali e temporali, in comune ed in particulare, ma tutte con gratitudine la ricognosce dal suo Creatore. Allora cresce un fuoco nell’anima d uno santissimo desiderio, che sempre si notrica di cercare 1’ onore di Dìo e la salute dell’anime con pena, sostenendo infino alla morte.
Se fusse ingrata non tanto che ella si dilettasse di sostenere per onore di Dio e la salute dell’anima, ma se la paglia se gli vollesse tra piei, sarebbe,ncomportabile a sè medesimo; l’onore vorrebbe dare a sè notricandosi del cibo della morte, cioè dell’amore proprio di sè medesimo, il quale germina la ingratitudine, privando 1 anima della grazia. Unde considerando me quanto è pericoloso questo cibo che ci dà morte, dissi ch’io desideravo di vedervi grati e cognoscenti di tante grazie, quante avete ricevute dal nostro Creatore; e massimamente della smisurata grazia che v* ha fatta d’avervi tratti fuore dalle miserie del mondo, e messi nel giardino della santa religione, posti ad essere angeli terrestri in questa vita.
IV. Questa è una grazia alla quale Dio vi richiede che gli mostriate segno di gratitudine con la vera e santa obedienzia, che tanto dimostra il religioso di cognoscere lo stato suo, quanto egli è obediente, e così per lo contrario il disobediente dimostra la sua ingratitudine.
Bene se ne avvede il vero obediente, che tutta la sua sollicitudine pone in osservare l’Ordine suo: e osservare i costumi ed ogni cerimonia, e compire la volontà del suo prelato con allegrezza, non volendo giudicare nè investigare la sua intenzione, nè dire, perchè pone egli maggior peso a me, che a colui?
ma semplicemente obedisce, con pace, quiete è tranquillità di mente: e già non è questo grande fatto, I I 236 perocché egli ha tolta da sè la propria volontà che gli faceva guerra: non fa così il disobediente, che dinanzi a sè non puone altro che la propria volontà, e tutti quelli modi i quali possa pigliare per compire quello che desidera. Egli diventa, non osservatore dell’Ordine, ma trapassatore; fassi giudice della volontà del suo prelato. Questi gusta Y arra dell’inferno, e sempre sta in amaritudine, ed è atto a cadere in ogni male: nor è costante nè perseverante, ma volle il capo a dietro a mirare l’aratro. Egli cerca la congregazione e fugge la solitudine: cerca la pace della volontà sua che gli dà morte, e fugge chi gli dà vita, cioè la pace della coscenzia ed abitazione della cella, ed il diletto del coro; perocchè’l coro gli pare che sia drittamente uno serpente velenose, o cibo che gli abbi a dare morte» con tanto tedio.vi sta e con tanta pena, perchè la superbia e disobedienzia ed ingratitudine sua gli hanno ripieno lo stomaco e guasto il gusto dell’amma; ma l’obediente del coro si fa giardino, dell’officio, dolci e soavi frutti e della cella si fa uno cielo; della solitudine si diletta per meglio accostarsi al suo Creatore, e non mettere mezzo tra lui e sè, e del cuore suo fa tempio di Dio, col lume della santissima fede ragguarda dove meglio trovi questa vrtù, e con che mezzo meglio la possa imparare, quando l’ha trovata, cercando-la trova nell’umile, svenato e consumato per amore dolce Agnello, il quale per obedienzia del Padre e salute nostra corse all’obbrobriosa morte della santissima croce, con tanta pazienzia, che I grido suo non fu udito per veruna mormorazione. Vergogninsi e confondansi nella superbia loro tutti i, disobedicnli a ragguardare 1 obedienzia del Figliuolo di Dio, poiché 1’ ha trovata. Con che l’acquista? col mezzo dell’orazione, la quale è una madre che concipeparturisce le virtù nell’ anima, perocché quanto più ci accostiamo, a Dio, più partecipiamo della sua.bontà, e più sentiamo 1 odore delle virtù, perchè solo egli è maestro delle virtù, e da lui, le riceviamo, e l’orazione è quella che ci unisce col Sommo bene. .
V. Adunque con qnesto mezzo acquistiamo la virtù della vera obedienzia: elli ci fa forti e perseveranti nella santa religione, che per veruna cosa 11011 rivoltiamo il capo a dietro. Ella ci dà lume a cognoscere noi medesimi, e 1’afFetto della carità di Dio, e gl’inganni delle dimonia. Elli ci fa umili, tantoché per umiltà l’anima si fa serva de’ servi: fa aprire tutto sè medesimo nelle mani del suo maggiore, e se per lo tempo passato o per lo presente il dimonio avesse obumbrata la coscienzia sua per battaglie, o eziandio fusse attualmente caduto in colpa di peccato mortale, umilmente manifesta la sua infirmità, siccome a medico, tante volte, quante li accadesse, e per vergogna non se ne ritrae, nè debba ritrarre, ma con pazienzia riceve-la medicina e correzione, che’l medico suo spirituale gli desse, credendo con fede viva, che Dio gli darà tanto lume quanto è bisogno alla salute: così debba fare, acciò tagli la via al dimonio, che non vorrebbe altro se non ponere una vergogna negli occhi nostri, acciocché tenessimo dentro nel) anima nostra » difetti, e le cogitazioni, e non gli manifestassimo.
Questa madre dell’ orazione ci leva questa vergogna, come detto è. Ella é di tanta dolceiza, che la lingua nostra noi potrebbe narrare. Adunque doviamo con sollicitudine esercitarci in essa, e riposarci al petto suo, e mai non lassarla, e perocché alcuna volta il dimonio stando noi in orazione, o dicendo l’offizio, obumbrasse la mente nostra d’ una tenebre, con diverse e laide cogitazioni, non doviamo però mai lassare la nostra orazione, ma perseverare in essa, e col pensiero santo cacciare il pensiero rio, cd osservare la buona e santa volontà, che non consenta a quelle cogitazioni!
facendo così non cadrà mai in confusione, ma pigliarà speranza in Dio, e con pazienzia portarà quelle fatiche della mente, umiliandosi dirà: Signor niio, io cognosco che non sono degno della pace e quiete della mente come gli altri servi tuoi, pure che tu mi conservi la buona e santa volontà, sicché mai 238 non offenda te. Allora Dio, che ragguarda alla perseveranzia ed umilità de’servi suoi, dona in quell’anima il dono della fortezza, infonde in essa uno lume di verità ed uno accrescimento di desiderio di virtù, con una allegrezza.cordiale, che tutto pare che vi si dissolva con uno ardoie di carità verso Dio e verso il prossimo suo. Tante sono, le grazie e doni che si ricevono da Dio col mezzo dell’orazione, che la lingua nostra non è sufficiente a narrarle, ma vuole essere umile, fedele e continua, cioè col continuo santo desiderio.
Con questo santo desiderio fare tutte le nostre operazioni manuali e spirituali, facendolo sarà uno continuo orare, perchè óra nel cospetto di Dio il santo e vero desiderio; faravvi dilettare nelle fatiche ed abbracciare la viltà: dilettaravvi nella mortificazione che vi fusse fatta fare per lo vostro maggiore.
Non mi distendo più sopra questa materia, che troppo, averemmo che dire; ma pregovi che v’inebbriate del sangue di Cristo crocifisso, dove trovarete l’ardore dell’obedienzia: tiratelo a voi coll’amo dell’orazione, acciocché mostriate d’essere grati e cognoscenti a Dio, siccome egli vi richiede per la grazia che avete ricevuta; non facendolo, vi tornarebbe a morte quello che egli v’ha dato in vita. Altro non.vi dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Jesù dolce, Jesù Amore. 239 Annotazione alla Lettera SI.
(A) Questi che qu» appellatisi novi/.j, non erano tali in tutto 3nel rigore, con cui dare si suole un lai titolo a quei, che entrati i fresco in religione, non per anche passati sono ad essere veri religiosa col legame de’ sagrì voti, dacché aveano già fatta professione, come vedesi dal tenore della lettera. Diconsi adnnque noviij, e per essere di novello liscili dal mondo, e perchè forse abitando tnttora insieme co’ veti nov«zj, giusto il costume, che og"i pare s’osserra, faceano vita con essi. Il monistero principale degli olivetani in Perugia è quello detto di Monte Morcino discosto non molto dalla città, ed e opera della generosità del cardinale Niccolò Capoccio che fablmcollo l’anno i366.