Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 52

Lettera 51 Lettera 53

[p. 62 modifica]02 A Monaci eli Cervaja* ed a F. Giovanni «li Bindo, Nicolò «li Gliida, ed altri suoi in Cristo figliuoli «le’ frati di Monte Olivcto presso Siena (i).

I. Del fuoco d’amore che si trae dal sangue di Gesù Cristo; e per quai ragioni volesse il medesimo Cristo, che dopo morte gli fosse aperto il costato; onde passa a spiegare tre sorti di battesimo datici dal medesimo Cristo.

II* Quanto dobbiamo essere solleciti in servirci del battesimo del sangue o del fuoco per purificare 1’ anima dai peccati; dimostrando quanto amore, e quai doni dello Spinto Santo acquisti 1’ anima dalla considerazione del divino amore; quanto odio disè medesimo; e quanto operi perfettamente; onde esorta i detti monaci a servirsi di questo fuoco d’ amore, particolarmente per resistere alle molestie e turbazioni di mente, che ci da il demonio per farci cadere: e dimostra come tutte queste si vincono con una vera fiducia e speranza nella misericordia di Dio. , 111. Come essendo in tenebre, dobbiamo conservare la buona volontà, per la qaale nessun pensiero cattivo ci viene imputato a peccato, ma più tosto acquistiamo maggior grazia, e cresciamo in virtù.

Al nome di Jesù Cristo crocifisso

di Maria dolce.


I. voi, dilettissimi e carissimi fratelli in Cristo Jesù. Io Catarina, serva e schiava de’servi di lesu Cristo, scrivo e confortovi nel prezioso sangue suo, il quale sangue fu sparlo con tanto fuoco d’amore, clic [p. 63 modifica]63 dovrebbe trarre a sè ogni cuore ed affetto della creatura; e non è grande fatto, se la memoria del sangue è ne’cuori de’servi di Dio, perocché elli è mescolato con fuoco: così mi ricordo che disse la prima verità una volta ad uria serva sua (B): dimandando ella e dicendo; poiché tu eri morto perchè voleri che il costato ti fosse aperto e gittasse tanta abnndanzia di sangue ? elli diceva allora: molte sono le cagioni, ma due principali te ne dirò. L’ una perch»’* io volsi, e che per 1 apritura del lato vi manifestai il secreto del cuore: perocché più era dentro l’affetto che 10 aveva all’uomo, che il corpo con l’atto di fuore non poteva mostrare. L’altra si fu il battesimo, che per li meriti del sangue mio.era dato all’umana generazione.

Sapete che elli gittò sangue ed acqua; l’acqua per lo battesimo santo che è dato a’cristiani, il quale ci dà la vita e la forma della grazia, ed il quale per 11 meriti del sangue deH’Agnello provide la divina eterna bontà per rimedio delle nostre ignoranzie e miserie; e per coloro che non potessero avere il battesimo dell’acqua, ha posto il battesmo del sangue e del fuoco, perocché il sangue loro sparto per Dio, sarebbe battesimo, siccome fu a santi innocenti; e tutto questo varrebbe loro per lo sangue del figliuolo di Dio, perché il sangue de’ martiri valse e vale per lo sangue suo: ma noi miseri, miserabili cristiani, ricevuta già la grazia, perchè non si leva su il cuore nostro freJ^» do, pieno d’amore proprio e d’ignoranzia, a riguardare tanto ineffabile fuoco d’ amore, e la sua inestimabile providenzia, che vedendo che per lo peccato noi perdiamo la grazia e la purità che riceve ì anima nel santo battesmo, il quale è di tanta eccellenzia, che non si può prendere altro, che una volta ha ordinato il battesmo del sangue e del fuoco, il quale possiamo continuamente prendere.

II. Confortianci dunque, fratelli miei, e non veniamo meno, nè per peccato commesso, nè per alcuna illusione o tentazione di dimonio; e sia la via sozza, [p. 64 modifica]\ 64 brutta quanto vuole, perocché il medico nostro Cristo ci ha data la medicina contra ogni nostra infamità, cioè il battesmo del sangue e del fuoco, nel quale l’anima purifica e lava ogni peccato, consuma ed arde ogni tentazione ed illusione del dimonio, perocché il fuoco è intriso col sangue. Adunque bene è vero che elli arde l’amore dello Spirito Santo è esso fuoco, perchè l’amore fu quella mano che percosse il figliuolo di Dio, e feceli versare sangue, ed unironsi insieme; e fu sì perfetta questa unione, che noi non possiamo avere fuoco senza sangue, nè’sangue senza fuoco; e perchè l’uomo, mentre che vive nella carcere corruttibile del corpo suo, il quale è una legge perversa, che sempre lo invita ed inchina a peccato, ha posto.

il dolce e buono Dio questo continuo rimedio, quale fortifica la ragione e la libertà dell’uomo, cioè questa contìnua medicina del fuoco dello Spirito Santo, che non gl? è mai tolto, anco adopera continuamente la grazia ed i doni suoi, intanto che ogni dì puoi e debbi adoperare questo battesmo dolce, il quale t’è dato per grazia e non per debito. Quando dunque l’anima raguarda e vede in sè tanta eccellenzia e fuoco di Spirito Santo, innebriasi per sì fatto modo dell’amore del suo Creatore, che ella al tutto perde sé, e vivendo, vive morta, e non sente in sè amore, nè piacimento di creatura, peroccjiè la memoria s’è già piena dell’affetto del suo Creatore; e lo intendimento non si sente a intendere, nè a vedere niuna cosa creata fuore dì Dio, ma solo intende e vede sé medesimo non essere, e la bontà di Dio in sè, la quale bontà infinita vede che non vuole altro che il suo bene, ed allora l’amore suo è diventato perfetto verso di Dio; e non avendo in sè altro, nè intendendo altro, non si potrebbe tenere allora il veloce corso del desiderio; ma corre senza veruno peso o lignine, perocché egli ha taglialo da sè e levalo ogni peso che gli fosse cagione a impedire questo corso; e sono questi cotah sì legati nel giogo di Cristo, che amano loro per Dio, e Dio [p. 65 modifica]65 per Dio, ed il prossimo per Dio. A questa perfezione, carissimi fratelli (C), voi sete invitati e tratti dallo Spirito Santo, dallo stato del secolo allo stato della santa religione, e sete legati col funicolo della vera e santa obbedienzia, menati a mangiare fialoni (D) di mele nel giardino della santa Chiesa. Adunque io vi prego, poiché è tanto dilettevole, che già mai non volgiate il capo a dietro per veruna iatica o tentazione che il dimonio vi desse, e non venga mai a tristizia o a confusione i anima vostra, perocché il dimonio non vorrebbe altro; onde elli spesse volte darà molte molestie e varie battaglie, e faratti falsamente giudicare contra T obbedienzia che ti fosse imposta; e non fa questo, perche di primo colpo creda che noi cadiamo, ma solo perchè 1’ anima venga a disordinata tristizia e confusione-di mente; perocché essendo condotta l’anima in su la tristizia e confusione per tedio di sè, perde ed abbandona i suoi esercizj spirituali, li quali faceva, parendole che le sue operazioni non debbano essere accette, nè piacevoli a Dio, perchè gli’1 pare fare in tante tenebre e freddezza di cuore, parendole essere privata del calore della carità, che le pare meglio di lasciarle stare che di farle. Allora il dimonio gode, perchè la vede per la via di conducerla a disperazione, perocché in altro modo non putì guadagnare, se non per questo. Non è dunque da fare così, perocché se tutti 1 peccati si Tannassero in un corpo d’ uno uomo, e gli rimanga la vera speranza e la viva fede della infinita misericordia, non ci potrà togliere, che noi non partecipiamo e riceviamo il frutto del sangue del figliuolo di Dio, il quale il dolce Jesù sparse, volendo adempire 1’ obbedienzia del padre e la salute nostra; e perchè elli non aveva in sè altra volutila, se non adempire quella del Padre suo, ogni pena, strazio, scherni e morte li tornava a grandissima dolcezza, intantochè li parbe giungere alla pasqua, giungendo alle pene: questo parbe, che mostrasse nella S. Caterina da Siena. Opere T. IV. 3 [p. 66 modifica]66 pena, quando disse a’discepoh suoi. Con desiderio ho desiderato, di fare questa pasqua: questa era la pasqua che vedeva compiuto il tempo, e venuto quello che tanto aveva desiderato, cioè di fare sacrificio del corpo suo al Padre per noi in sul legno della santissima croce.

Or così voglio dunque che facciate voi, perocché così fa l’anima innamorata di Dio, cioè che non schifa fatica che trovi, nè per dimonio, nè per obbedienzia; ma tanto gode quanto si vede sostenere, e tanto gode ed esulta quanto si vede più ligato corto dal prelato suo per obbedienzia, perocché vede quanto l’affetto e Ja volontà è più ligata quaggiù, tanto è più larga e ligata con Cristo. /..

III. E se mi diceste, che modo tengo quando sento le tenebre e la cecità della mente, che non pare che ci sia punto di lume; onde io mi possi attaccare a speranza; dicovelo, fratelli e figliuoli miei: voi sapete, che il peccato sta solo nella perversa e mala voluntà, e però 1’ anima, quando vede la buona voluntà in sè, che elegge innanzi la morte, che offendere attualmente il suo Creatore, debba allora abbandonare la confusione di sè, e andare per lo lume il quale trova d’una grazia nascosa nell’anima, la quale Dio gli ha data, e conservandoli la buona voluntà. Or a questa mensa dunque si debba pascere, esercitandosi in ogni santa operazione; e risponda alla confusione del dimonio, e dica. Se la divina grazia non fosse in me, io non avrei buona voluntà; ma seguitarci le malizie tue e le mie perverse cogitazioni; ma io mi confido in Domino nostro Jesù Cristo, il quale mi conserverà fino all’ultimo, della vita mia. Voglio dunque, che apriate l’occhio della ragione, fratelli miei, a conoscere voi medesimi, perocché nel conoscimento di noi medesimi 1 anima s* umilia; il qual conoscimento riceve per le molte tenebre e molestie delle dimonia,

cresce in sollicitudine ed in amore di Dio; perocché vede che senza lui non si può difendere, c trova in sè Dio per santa e buona voluntà. Così dunque abbiamo veduto

[p. 67 modifica].. ^ in che modo troviamo Dio nel tempo delle tenebre, e come nelle cose amare l’anima trova dolcezza solo per l’affettuoso e consumalo amore; il quale l’anima concipe e trova continuamente nel battesmo del sangue e del fuoco dello Spirito Santo, il quale è a noi principio, regola, mezzo e fine nostro, nel quale fine 1 inima non è più viandante, nè peregrina’ in questa vita, ma è fermata e stabilita nella visione eterna di Dio, ove riceve il frutto d ogni sua fatica. Adunque corriamo, diletti figliuoli miei, non eschifando, nò fuggendo niuna fat:.ca, ma seguitando il capo nostro Cristo Jesù. Altro non dico: volale con l’ale della profonda umiltà e della ardentissima carità. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Jesù dolce, Jesù amore. [p. 68 modifica]68 Annotazioni alla Lettera 52.

(A) Questa lettera ne contiene.tre delle impressioni d’ Aldo e del Farri, cioè le segnate già colle note 53, 54 e 87. Di queste tre lettere una sola ne diamo qui ora, giacché il porvi le altre due a nulla giova, salvo che a rendere più grosso il volume. La lettera stessa, che è a questi monaci neri di Cervnja iodi l izzata, fu dalla santa mandata ad alcuni monaci bianchi di Monte Oliveto presso Siena, cioè a Fra Gio. di Ifindo, Fra Nicolò di Ghida, e ad alcuni altri suoi figliuòli in Cristo della stessa religione; onde, per essere scritta a’ religiosi d’Ordine diverso, ed inviata ai luoghi differenti tenea il numero 53 ed il numero 87. Di questi religiosi òlivetani si favellerà ad altro luogo, avendo eglino avute altre lettere della santa. Per poco avvedimento era pure replicata al numero 54, come se fosse altra lettera alli stessi monaci di Cervaja, ma solo per metà, e di tal maniera le danno le altre edizioni, e reca non picciola meraviglia, cbe coloro che v’ ebbero parte non s’ avvedessero questa non essere altrimenti lettera particolare, ma una metà della precedente indirizzata a’ religiosi medesimi.

(B) Così mi ricordo che disse la prima verità una volta ad una serva sua. cioè la santa stessa, come altrove s’osservò. Veggasi.il capitolo 75 del libro del Dialogo, in cui per disteso s’ esprime questa dottrina. ’ _ (C) A questa perfezione, carissimi fratelli. Da queste parole avea cominciamento la lettera 54, della impressione d’Aldo. Il titolo era di questo tenore. A’ monaci del rnonasterio di Cervaja. Esortazione contro la disperazione e tristezza mentale, che procede per tentazione del demonio; e principiando dalle parole. Carissimi fratelli, voi sete invitati e tratti dallo Spirito Santo, seguita^ in Oa alla fine colle parole medesime, c’hannosi in questa lettera. Questo abbaglio medesimo di dare la lettera stessa più volte o porvela, ed intiera insieme e dimezzata non una sola fiata è tolto dagli antichi impressori, come a luogo a luogo si verrà osservando.

(V) Menati a mangiare fiatoni. Fiali diconsi da’Toscani quelle cere incavate in cui le Api pongono o pure lavorano il loro mele; onde se I’ antiche impressioni ateano fiadooi in luogo di fiatoni, nudavano fallate per ignoranza degl’impressori, cui era ignoto il significato di questa voce’toscana. La santa, per dar forza maggiore al suo intendimento, in luogo di fiali, ha posto fiatoni, come usa fare assai spesso nell’ esprimere con più d’energia il suo pensiero.

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