Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 29

Lettera 28 Lettera 30

[p. 170 modifica]A PIETRO CARDINALE PORTUENSE (A).

I. Desidera vederlo uuude e mansueto agnello, ponendoli avanti gli occhi la mansuetudine e l’umiltà di Jesù Cristo per acquistare queste virtù.

II. L’csorta a vestirsi di carità, di pazienzia e dell’altre virtù per salute dell’anime ed utile di santa Ch.esa, con la memoria u dell’amore di Dio verso di noi, propunendoli l’esempio di s. Girolamo e degli altri servi di Dio.

HI. L’ esorta ad essere leone nella fortezza, imitando anco in qnesta virtù I’ istesso Cristo, il quale vinse la morte per darci vita, e come in Jesù Cristo partecipiamo di tutte tre le Divi ne persone.

IV. Lo prega ad amare il sommo pontefice, e pregarlo a voltare il gonfalone della croce contra gl’infedeli, sperando così di placare ancora i ribelli. « Al nome di.Jesà Cristo crocifisso e di Maria dolce.

I. voi, dilettissimo e reverendissimo padre

fratello in Cristo Jesù. Io Catarina, serva e schiava dei servi di Jesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo con desiderio di vedervi un agnello umile e mansueto, imparando dall’Agnello immacolato che fu umile e mansueto, in tanto che non fu udito il grido suo per veruna mormorazione, ma come agnello che non si difende, si lasciò menare al macello della santissima e dura croce. 0 inestimabile fuoco d’amore, la carne ci

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litri data in cibo, il sangue in beveraggio: tu se’quello agnello che fosti arrostito al fuoco dell’ ardentissima carità. Non veggo altro modo, padre, a potere avere virtù, se non ponendoci questo agnello per obietto agli occhi della mente nostra, perocché in lui troviamo la vera e profonda umiltà, con grande mansuetudine e pazienzia; e poniamo che sia figliuolo di Dio, egli non viene, nè sta come re, perocché la superbia e l’amore proprio di sè non è in lui, e però viene come servo vile, e non cerca sè per sè, ma attende solo a rendere onore e gloria al Padre, ed a rendere a noi la vita, la quale per lo peccato perdemmo, e questo fa solo per amore e per adempire la volontà del padre in noi, che avendo Dio creato l’uomo alla immagine e similitudine sua, solo perchè godesse e gustasse lui nella vita durabile per la ribellione che 1’ uomo fece a Dio, li fu rotta la via, sicché la dolce volontà di Dio con la quale creò l’uomo non s’adempiva, cioè d’avere vita eterna che non fu creato per altro fine.

II. Mosso dunque da quella pura e smisurata carità con la quale ci creò per adempire la sua volontà in noi, ci die’il Verbo dell’Unigenito suo Figliuolo.

Sicché dunque il Figliuolo di Dio non riguarda a sè, ma solo d’adempire questa dolce volontà: è’fatto dunque trammezzatore tra Dio e l’uomo, e della grande guerra ha fatlo pace, perocché con l’umiltà ha vinta la superbia del mondo; però disse egli, rallegratevi che io ho vinto il mondo, cioè la superbia dell’uomo che non è veruno tanto enfiato, superbo e sì impaziente che non diventi umile e mansueto, quando considererà e vedera tanta profondità e grandezza d’amore, vedere Dio umiliato a noi uomini. E però li » santi e veri servi di Dio, volendoli rendere cambio, sempre sì umiliano; tutta la gloria e la loda danno a Dio, riconoscono loro e ciò che eglino hanno, solo avere da Dio. Veggono loro non -essere, e ciò che egùno amano j amano in Dio, siano in stalo o in grandezza quanto si vuole, che quanto è più grande, più [p. 172 modifica]172.., si debbe umiliare e conoscere sè non essere, cli

nel conoscimento di sè egli s’umilia e-non leva il capo, o enfia per superbia, ma china il capo e riconosce la bontà di Dio adoperare in sè; e,così acquista la virili dell’amore e dell’umiltà, che l’una è balia e nutrice dell’altra,, e senza esse non potremmo avere la vita.


Oimè, oimè, chi sarà quello stolto bestiale, e che vedendosi amare non,ami, e che al tutto non levi e toglia da sè l’amore proprio perverso, che è principio e radice d’ogni nostro male; e non so vedere che sia veruno sì indurato che non ami, vedendosi amare, purché egli non si toglia il lume coll’amore detto. Che segno dà colui che ama ? Questo è il segno che appare di fu ore: dimandianne e vedrete Jeronimo che fu nello stato vostro (23); mortificava la carne sua con digiuni, vigilie ed orazione, con abilo sempre despetto, uccideva in sè la. superbia, e con grande sollecitudine non cercava, ma fuggiva ogni onore e stato del mondo; e come Dio coloro che sè umiliano li esalta (C), così avendo lo stato, non perde però la virtù sua, ma raffina come l’oro nel fuoco, aggiugnendovi la virtù della carità: diventa mangiatore e gustatore deH’aiiime, non teme di perdere la vita del corpo suo, perocché egli ha presa la forma ed il vestimento dello agnello dolce Jesù, perocché non ama sè per sè, nè il prossimo per sé, nè Dio per sè, ma ogni „cosa ama in Dio; non si cura nè di vita, nè di morte, nè di perseci^ zione, nè di veruna pena che sostenesse, ma attende solo all’onore della somma ed eterna verità. Oh questi sono li segni de* veri servi di Dio, di questi cotali vi prego e voglio che siate voi padre: portatemi il segno della vera umiltà, non curioso nello stato vostro, ma despetto; non impaziente per veruna pena o ingiuria che sostenessi, ma con ferma virtù di pazienzia sostenete nel corpo della santa Chiesa infine alla morte,annunziando e dicendo la verità, o consigliando, o per qualunque modo l’avete a dire senza veruno timore, attendendo solo all* onore di Dio ed alla salute dello [p. 173 modifica]anime, e alla esaltazione della santa Chiesa, siccome figliuolo vero suo notricato da sì dolce madre. Ora in questo dimostrerete la divina dolce carità insiememente con la pazienzia. Siatemi largo, caritativo spiritualmente, come detto è, e temporalmente: pensate che le mani de’poveri v’ ajutino a porgere e recare la divina grazia.

Voglio che cominciate una vita ed uno vivere nuovo; non più dormite nel sonno della negligenzia ed ignoranzia.

III. Siatemi, siatemi campione vero. Io v* ho detto che io desidero che siate uno agnello a seguitare il vero Agnello. Ora vi dico che vogho che siate uno leone forte a gittare il mugghio vostro (Z?) nella santa Chiesa, e sia sì grande in voce ed in virtù, che voi aitate a risuscitare li figliuoli morti, che dentro ci giacciano. E se diceste, dove avrò questo grido e voce forte dell’Agnello? che secondo l’umanità non grida, ma sta mansueto, e secondo la divinità dà potenzia al grido del figliuolo con la voce della smisurata sua carità, sicché, per la forza e potenzia della divina essenzia, e dèll’amore che ha unito Dio con 1’ uomo, con questa virtù è fatto l’Agnello uno leone, e stando in su la cattedra della croce ha fatto sì fatto grido sopra del figliuolo morto deir umana generazione che li ha tolta la morte e data la vita. Or da costui riceveremo la forza, perocché l’amore che trarremo dell obietto del dolce Jesù, ci farà partecipare della potenzia del padre. Bene vedete che egli è così, che ne dimonio, nè creatura ci può costringere a uno peccato mortale; perocché ha fatto l’uomo libero e potente sopra di sè. Nell’ amore partecipiamo il lume e la forza dello Spinto Santo, il quale è uno mezzo che lega 1 anima col suo Creatore, ed illumina l’intelletto ed il conoscimento, nel quale lume partecipa la sapienzia del figliuolo di Dio. O carissimo padre, scoppino e divellinsi li cuori nostri a vedere in che stato e dignità la infinita bontà ci ha posti, sì perla creazione, dandoci la immagine sua, to per la ricompera[p. 174 modifica]174 zione ecl unione die ha fatta la natura divina nell’umana!

più non poteva dare che dare sè medesimo a coloro che per lo peccato erano fatti inimici di Dio.

O ineffabile consumato amore, bene sei innamorato della fattura tua, perocché non potendo tu Dio sostenere pena, e volendo fare pace con l’uomo, e la colpa commessa si voleva pur vendicare, non esséndo sufficiente puro uomo a satisfare alla grande ingiuria che fatta era a te, Padre Eterno, tu ora coll’amore che hai a noi, hai trovato il modo, vestendo il Verbo della carne nostra, sicché insiememente t’ ha renduto 1’ onore, ed hai placata Y ira tua, sostenendo la pena nella propria carne, cioè della massa d’Adamo che commise la colpa. Or come dunque, uomo, ti poi tenere, che tu non abbandoni le medesimo, tu vedi che egli ha giocato in su la croce, e si ha lassato vincere, avendo vinto, perocché la morte vinse la morte, fecero uno tornielo insieme, al tutto la morte fu sconfitta, e la vita risuscitò nell’ uomo. Or oltre dunque correte, e non si tenga più il cuore vostro; arrendasi la città dell’anima vostra, e se non s’arrende, per altro si debba arrendere perchè egli ha messo il fuoco da ogni parte; voi non vi potete voltare, nè spiritualmente, nè temporalmente, che non troviate fuoco d’amore.

IV. Pregovi dunque e voglio che amiate Cristo in terra, e pregatelo dell’avvenimento suo, e che tosto drizzi il gonfalone della santissima croce sopra gl’ infedeli, e non mirate nè voi, nò gli altri, perché li cristiani si levino e sieno levati, come membri putridi e ribelli al loro dolce capo, perchè questo sarà il modo a placarli e farli tornare figliuoli. Pregatenelo e fatenelo pregare cli

tosto si faccia. Perdonate alla mia ignoranzia, che tanto presumo di favellare: scusimi l’amore ed il deàidcrio che io ho della salute vostra, e della rinnovazione cd esaltazione della santa Chiesa, che è tanto impallidita, che d cuore della carità pare che sia molto venuto meno, perocché ognuno li ruba, li toglie il cuore a lei, e ponlo a sè, cioè per amore

[p. 175 modifica].,. *’5 proprio di sè medesimo, dovendo solo attendere al bene ed alla esaltazione sua: questo è il segno de’superbi, che per essere bene grandi ed enfiati, non si curano che la Chiesa sia distrutta, ed il dimonio divori 1* anime; molto è contrario il segno loro, che sono lupi rapaci a servi di Dio, che sono agnelli e seguitano il segno deH’AgnelIo, e così desidera l’anima mia di vedervi agnello. Non dico più, che se io andasse alla volontà, anco non mi resterei. Raccomandatemi strettamente in Cristo Jesù, al nostro Cristo in terra, e confortatelo, cli

non tema per veruna cosa che avvenga.


Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Jesù dolce, Jesù amore. [p. 176 modifica]i76 I, l ’ ’ Annotazioni alla Lettera 29, (A) Pietro cardinale portuene fu fiorentino della famiglia nobilissima de’ Corsini figlinolo a Tomaso Corsini dottore illustre, ed auditore del sacro palazzo ed egli pure fu di celebre letteratura a qiiei tempi. Ebbe in commenda l’ahbadia di Firenze, e conseguì le mitre di vescovo, prima per la chiesa di Volterra, poi per quella di Firenze, e dell’opera’ sua si servi il pontefice Urbano V in alcune legazioni di Germania a gran vantaggio della Chiesa universale e di quella della patria, cui ottenne privilegi singolari daH’iniperadore Carlo IV. Fu annoverato a’sacri porporati dal pontefice stesso I’ anno 1370, e da Gregorio ebbe il,titolo di cardinale di Porto e di santa Ruffina (Chiese unite già sotto no solo pastore da Calisto II, Tanno 112,0, e che in oggi sono di titolo al cardinale Sottodecano) ma non d’Ostia, come altri ha scritto; giacché questa Chiesa fu per Gregorio assegnata al cardinale Pietro d’Esteing, cui succedette l’anno i3)8 il cardinale Bertrando Legers.

Aderì ancor esso a’ cardinali francesi, tratto a quel partito con inganno, come altrove s’osserverà.

(li) E vedrete Jeronimo che fu nello sfato vostro. Col proporre 10 queste parole a questo cardinale in esempio s. Girolamo, mostra Ai credere, che da questo santo dottore s’avesse l’onore del cardinalato di sanla Chiesa. Questa opinione è sì radicata di parecchi secoli nelle menti del volgo, mantenutavi col fomento di non pochi scrittori anche autorevoli, che già è cosa d’ogni dipintore il figurarcelo sempre colle insegne di sì eccelsa dignità, quantunque non fossero i cardinali della porpora o del cappello onorati, che a molti secoli dopo s. Girolamo. Chi bramasse vedere discussa largamente questa quistione può consultare il Baronio all’anno 382, e il Bellarmino, Controv. 5, lib. 1, cap. 16.

(C) E come Dio coloro che sè umiliano li esalta. Ancor questo passo è scorretto nella impressione d’Aldo, nè si è potuto dare emendato da’manoscritti per non aversi questa lettera a penna. In prima era di questa maniera. « E pur Dio coloro che sè umiliano 11 esalta, avendo lo stato non perdo però la virtù sua, ma raffina ec. ».

Il Farri poi nella sua impressione si raggira con molte parole per ritrovarne il senso, e ne forma questo. « Vedete che Dio tutti coloro che s’umiliano l’esalta. Non può dunque mai errare colui che s’umilia, perchè posto che egli sia in qualche alto stato, non perde però la virtù sna ec. ».

(D) Siate uno leone forte a gittate il mugghio vostro. Il mugghiare, quantunque sia proprio del bue, dal Boccaccio ài d.» nuche al Icouc, come si fu qui pure dulia sauta. [p. 177 modifica]

A BONAVENTURA

CARDINAL DA. PADOVA (A).


I. L’esorta ad esser colonna ferma e stabile di santa Chiesa, con esaltare la verità, mostrando come questa virtù della fortezza s’acquisti mediante l’umiltà e l’amore, nel conoscimento di sè medesimo, e della bontà di Dio, e suoi beneficj verso di noi.

II. Come l’anima unita con Dio per mezzo della fortezza e dell’altre sopraddette virtù, non può essere da lui separata per mezzo d’alcuna creatura; e come Dio non è accettatore di lunghi o tempi, ma solo del santo desiderio, con che lo prega a volere ajutare la santa Chiesa, ed il sommo pontefice nelle sue necessità.

Lettera 30,

Al nome di Jesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.


I. Reverendissimo padre in Cristo dolce Jesù. Io Catarina, serva e schiava de’ servi di Jesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi una colonna ferma e stabile nel giardino della santa Chiesa, acciocchè con la fermezza e stabilità vostra e degli altri, sia fortificata la fede nostra, esaltiate la verità e confondiate la bugia; dirizziate la navicella della santa Chiesa, la quale è percossa dalle onde del mare tempestoso della bugia e scisma, levate