Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 22
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Al) URBANO VI. (J) I I. DesìJera di vedere nel pontefice la pradentia ed tl lume della verità ebe possa ben governare la Chiesa.
II. Discorre della rispost i data dal prefetto agli ambasciatori romani, e come il papa debba contenersi in tale affare.
IH. Prega il papa a voler rimedijre ad alcuni disordini.
ZUctUt:* 22., Al nome di Jesà Cristo crocifisso e di Maria dolce.
I. tantissimo e dolcissimo padre in Cristo dolce Jesti. Io Catarina, indegna e miserabile figliuola, scrivo a voi con grande desiderio di vedere in voi una prudenzia con uno lume dolce di verità per sì fatto modo, che io vi vegga seguitare il glorioso santo Gregorio, e con tanta prudenzia vi vegga governare la santa Chiesa e le pecorelle vostre, che già mai non bisogni stornare veruna cosa la quale sia ordinata, e fatta dalla V. S., eziandio la minima parola; acciocché nel cospetto di Dio e degli uomini sempre apparisca una fermezza fondala in verità; siccome debba fare il vero santo pon-, teOce. Di questo prego la inestimabile carità di Dio ci e ne vesta l’anima vostra; perocché mi pare, che il lume e la prudenzia siano a noi di grandissima necessità, specialmente alla S. V., ed a qualunque-altro fosse nel luogo vostro, massimamente alli tempi che corrono oggi; perchè io so che avete desiderio di troCaterina da Siena, Opere. T. III. 9 13o varia in voi, però vel rammento, manifestandovi il desiderio dell’anima.
II. Ho sentito, padre santissimo, della risposta cliha fatta l’impeto del prefetto (/?), drittamente impeto d’ira e d’irreverenzia agli ambasciatori romani, sopra la quale risposta pare che debbano fare consiglio generale, é poi debbono venire a voi e caporioni, e certi altri buoni uomini (C): pregovi, padre santissimo, che come avete cominciato, così perseveriate di ritrovarvi spesso con loro, e con prudenzia legarli col legame dell’ amore, c così vi prego, che ora in quello che essi vi diranno, fatto il consiglio, con tanta dolcezza li riceviate quanto più potete, mostrando a loro quello che è di necessità, secondo che parrà alla S. V. Perdonatemi, che 1’amore mi fa dire quello che forse non bisogna dire, perocché so che dovete conoscere sì la condizione de’ figliuoli vostri romani, che si traggono e si legano più con dolcezza che con altra forza, o asprezza di parole, ed anco conoscete la grande necessità, che è a voi ed alla santa Chiesa, di conservare questo popolo all’ obbedienzia e reverenzia della S. V., perocché qui è il capo ed il principio della nostra fede; e pregovi umilmente, che con prudenzia miriate di sempre promettere quello che vi debbe essere a voi possibile di pienamente attendere (D), acciocché non ne seguiti poi danno, vergogna e confusione, e perdonatemi i dolcissimo e santissimo padre, che io vi dica queste parole. Confidomi, che l’umiltà e benignità vostra è contenta, che elle vi sieno dette non avendole a schifo, né a sdegno, perchè elle escano di bocca d’una vilissima femmina, perocché l’umile non riguarda a chi li dice, ma attende all’onore di Dio, ctl alla verità, ed alla salute sua. Confortatevi, e per niuna mala risposta che questo ribello alla santità vostra abbi fatto o facesse, non temete, che Dio provvederà in questo ed in ogni altra cosa, siccome governatore e sovvenitore della navicella della sanla Chiesa c della santità vostra. Siatemi tulio virile con uno ti-
. 131 more santo di Dio, tutto esemplano nelle parole, nei costumi, ed in tutte le vostre operazioni, tutte appariscano lucide nello cospetto di Dio e degli uomini, siccome lucerna posta in sul candelabro della santa Chiesa, alla quale riguarda e debba riguardare tutto il popolo cristiano.
III. Anco vi prego, che di quello che Leone vi disse (E), voi ci poniate rimedio, perocché tutto dì questo scandolo cresce più, non solamente per quello che fu fatto all’ambasciatore sanese (F), ma per altre cose, che tutto dì si veggono, le quali hanno a provocare ad ira li cuori debili degli uomini. Non avete oggi bisogno di questo, ma di persona che sia strumento di pace e non di guerra (G); e poniamo che egli il facci con buono zelo di giustizia: sono molti che la fanno con tanlo disordine e con tanto impeto d’ira, che escono fuora dell’ ordine e della ragione; e però prego la S. V. strettamente, che condescenda alla infermità degli uomini a procurare d’ uno medico che sappi meglio curare la infermità di lui, e non aspettate tanto che. la morte ne venga; che io vi dico, che se altro rimedio non ci si pone, la informità crescerà.
Poscia ricordovi della ruina che venne in tutta Ita! ia (//), per non provvedere alli cattivi rettori che governavano per sì fatto modo, che essi sono stati cagione d’avere spogliata la Chiesa di Dio. Questo so, che voi il conoscete: vegga ora la santità vostra quello che è da fare: confortatevi, confortatevi dolcemente, che Dio non dispregia il vostro desiderio e l’orazione de’scrvi suoi. Altro non vi dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio: umilmente v’addimando la vostra benedizione. Jesù dolce, Jesù amore. Annotazioni alla léCttcvu 22» «|fl 0 fa r ’.. t i * f 1 (,:/) Se qnesta, come m’ avvilo, fu P ultima delle lettere elio scrivesse la santa al pontefice Urbano VI, fu opera del tempo di sua ultima infermità, perchè, com’ella stessa n’assicura nella lettera 102, i primi giorni del sno penare gli scrisse d’ordine espresso del Signore.
(li) Della risposta che ha fatta l’impeto del prefetto. Il prefetto di Roma, di cui (avella la sai*!a, era Francesco da Vico, il quale d’alcuni anni tenea in signoria le città di-Viterbo e di Orla, avendole occupate già quei di sua casa infino da’ tempi dell* imperadore Lodovica di Baviera: ritolte a questa dal cardinale Egidio legato di Gregorio IX, e di nuoto «la questo. Francesco da Vi co riacquistate contro Giovanni da Agnto; avventuriere inglese, soldato del papa. Scomunicato Francesco da Gregorio, gli rientrò in grazia per la mediazione del cardinale Giovanni della Gra nge.
Urbano \i, avendo tentato per via di trattati coi Viterbesi, e in fine colla fona di levarla da questa signoria, non gli venne fatto, e Fi.ancesco per isdegno si gettò alla parte di Clemente, e molto uojava i Romani che tenevano per ’Urbano.
La dignità cK prefetto di Roma, si cospicua negli antichi secoli, pare che si rimettesse in piedi sotto gli imperatori Ottoni; era il prefetto qua»!, rappresentale della potestà imperiale, e dall’imperatore riceveva la spada, e teneva certo numero di soldati per mantenere in rispetto il popolo di Roma. ( Muratori, annali alT anno ioi5), (C) Debbono venire a- voi, e caporion. e certi altri buoni uomini.
Quei che la santa appella in questa lettera caporioni, in altra dicegli banderesi. Essendo la città di Roma divisa in Rioni, cioè in contrade, come in picciole regioni, i capi d’essi diceansi, e tutoggi dieonsi caporioni, cioè capi del Rione. Dc’buoui uomini fa pure menzione la santa ai altra lettera, ed a quell’ occasione^diremo di loro alcuna cosa.
(/)) Che con prudenzia minate di sempre promettere quello che vi debbe essere a voi possibile di pienamente attenderà. La cagione della.sommossa del popolo di Roma contro Urbano, dehb’ essere stata la mancanza alle promesse che e’ gli aveva fatte troppo larghe, nè potè poi mantenere. Gli scrittori suoi avversari mollo aggrandirono questa sua trascuranza «Ielle promesse.
(/’) Di quello che leeone vi disse. I rn* discepoli di santa Caterina non v’è alcuno tlel nome di Leone, onde se, come sembra, era questi de’familiari della santa, avendolo inviato con sua ambasciala al pontefice, lo si sarà fatto discepolo a Roma.
(’0 /Vr quello che fu fatto all’ ambasciatore sanese. Li cronaca sanese accenna di due ambasciatori inviati nel 1379 al pontefice e al prefetto Francesco da Vico, per cagione di comporli insieme; ma ignorasi se ad uno di questi sia intervenuto l’accidente che qui si addita, e qnal sia questo accidente. Anche erano stati mandati al pontefice sei ambasciatori nel 1377 a ringraziarlo della pace fatta con la lega toscana, e due erano rimasi colà. Forse alcuno di questi avrà avuto il sinistro incontro qui accennato.
(G) Non avete oggi bisogno di questo, ma di persona che sia strornento di pace e non di guerra. I confidenti del pontefice, e de’ quali molto egli ajutavasi a qnel tempo, erano singolarmente il conte di Nola e Tommaso Santa Severina, signori di chiara nobiltà e potenza. Di ciò trovasene un testimonio presso il Baluzio, che assicuraci di ciò in qneste parole: Caput suum reclinare in pectore Comitis Nolani, et Domini Thomae sanctae Severinae. Erano amendue uomini di guerra, onde d’alcuno di loro forse ella favella, non approvandone la maniera dell’ operare, che poco s'affaceva al bisogno di quei tempi.
(Il) Poscia ricordovi della ruina che venne in tutta Italia. Cioè della ribellione che fecero alla Chiesa l'anno 1375 le città, che eranle soggette, a suggestione singolarmente dei Fiorentini, onde anche furono posti all’interdetto. AL CARDINAL PIETRO n’OSTIA (A).
I. Essendo legato ia Italia, l’esorta a voler legarsi col santo legame della carità, dimostrando la forza e V utile che ap».
porta questa vii tù, e come senza questa non potrebbe ben servire a Dio’, ed esercitare la carica avuta di legato dal sommo pontefice.
II. Dell’amor proprio che c’impedisce l’acquisto del vero amore; onde l’esorta a spogliarsene totalmente.
’. ‘ » r.. i \ *11. ifr i ‘.
. ■. i ■ - ti f*f Al nome di Jesù. Cristo crocijissodi Maria dolce.
I. ilarissimo e reverendo padre in Cristo dolce Jesù.
però vi dissi, che io desideravo di vedervi legalo nel legame della carità, perocché voi sapete, che niuna utilità di grazia, nò a voi, nè al prossimo possiamo fare senza carità. La carità è quello dolce e santo legame, che lega l’anima col suo Creatore: ella lega Dio nell’uomo e l’uomo in Dio.
Questa carità inestimabile tenne confitto e chiù velia to