Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 11
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A GREGORIO XI.
ESSENDO A CORNETO (A).
I. Della pazienzia e fortezza d’ animo, virtù necessarie ad ogni cristiano per acquistare la perfezione, e molto più a chi governa la Chiesa, per superare le avversità che s’ incontrano.
II. Lo prega a procurar la pace co’figliuoli ribelli, e già disposti a tornare all’ obbedienzia del loro padre, e raccomanda in particolare la città di Siena pregando sua santità a scusare alcuni falli commessi da’ suoi cittadini.
Lettera II.
Al nome di Jesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.
I. Santissimo e reverendissimo padre in Cristo, dolce Jesù, la vostra indegna e miserabile figliuola Catarina, vi si raccomanda nel prezioso sangue suo con desiderio di vedere il cuore vostro fermo, e stabile, e fortifidato in vera e perfetta pazienzia, considerando che ’l cuore debile, volubile e senza pazienzia, non potrebbe venire a fare li grandi fatti di Dio. Ogni creatura ragionevole, se vuole servire a Dio ed essere vestita delle virtù, conviene avere questa stanzia, fortezza e pazienzia, altrimenti non avrebbe mai Dio nell’anima; che se l’uomo si volgesse alla prosperità per disordinato diletto, delizie e piacimento di sè o del mondo: o all'ingiurie e tribolazione si volgesse per impazienzia e lassasse l'affetto delle virtù, le quali virtù ha concepute nell’animo per santo desiderio, e vuole acquistare, egli debba bene vedere, che la virtù non s’acquista nè diventa perfetta senza il suo contrario. Che se egli schifa il contrario, seguila che fugge la virtù, con la quale virtù debba contrastare ed abbattere il vizio che è contrario alla virtù; con l'umiltà cacciare la superbia; le ricchezze e delizie e stati del mondo con la volontaria povertà: la pace cacci, e sconfigga la guerra dell'anima sua e del prossimo suo: la pazienzia vinca la impazienzia per amore dell’onore di Dio e della virtù; e per odio e dispiacimento di sè, portare fortemente con pazienzia li strazi, ingiurie, scherni e villanie, pene di corpo e danni temporali. Così debba essere costante, fermo, stabile e paziente, altrimenti non sarebbe servo di Cristo, ma diventerebbe servo e schiavo della propria sensualità, la quale sensualità gli toglie questa costanzia e fallo pusillanimo con piccolo e debile cuore; ma non debba fare così, anco si debbe ponere per obietto la prima dolce verità, che col sostenere portando, e sostenendo li difetti nostri ci rende la vita. O padre santissimo, dolcissimo babbo mio, aprite l’occhio dell’intelletto e con intelligenzia vedete se l’è tanto necessaria la virtù ad ogni uomo, a ciascuno per sè medesimo per salute dell’anima sua, quanto maggiormente in voi, che’ avete a notricare e governare il corpo mistico della santa Chiesa sposa vostra (B); bisogna questa costanzia, fortezza, pazienzia. Sapete, che come voi intraste pianta novella (C) nel giardino della santa Chiesa, voi vi doveste disponere con virtù a resistere al dimonio, alla carne ed al mondo, che sono tre nemici principali, li quali ci contrastano di dì e di notte che non dormono mai. Spero nella vina bontà, che a parte di questi nemici vi ha fatto resistere, e farà in tutto, sicché egli avrà di voi quel fine, per lo quale, vi creò, cioè, perchè rendeste gloria e loda al none suo, ricevendo l’eterna sua visione, nella quale sta la nostra beatitudine (D). Ora sete vicario di Cristo, il quale avete preso a travagliare e combattere per l'onore di Dio, per salute dell’anime e riformazione della santa Chiesa, le quali cose sono a voi travagli e pene, in particulare a voi aggiunte, oltre le battaglie comuni che date sono ad ogni anima che vuole servire a Dio, come detto è; e perchè è maggiore il peso vostro, però bisogna, più ardito e viril cuore, e non timoroso per veruna cosa che avvenire potesse, che voi sapete bene, santissimo padre, che come voi pigliaste per sposa la santa Chiesa, così pigliaste a travagliare per lei, aspettando li molti venti contrarj di molte pene e tribulazioni che si facevano incontra a combattere con voi per lei; e voi come uomo virile, fatevi ricontra a questi venti pericolosi con una fortezza, pazienzia e lunga perseverantia, non volgendo mai il capo a dietro per pena, nè sbigottimento, nè timore, ma perseverante, rallegrandovi nelle tempeste e battaglie. Rallegrisi il cuore vostro, che nelli molti contrarj che sono addivenuti ed addivengono, si fanno bene li fatti di Dio, e per altro modo non si fecero mai; così vediamo che’l fine della persecuzione della Chiesa e d’ogni tribolazione che riceve l’anima virtuosa, è la pace acquistata con vera pazienza e perseveranzia, essa n’esce coronata di corona di gloria. Questo è dunque il rimedio, e però dissi, santissimo padre, che io desiderava di vedervi il cuore fermo e stabile fortificato in vera e santa pazienzia. Voglio che siate uno arbore d’amore innestalo nel verbo amore Cristo crocifisso, il quale arbore, per onore di Dio e salute delle pecorelle vostre, tenga le radici nella profonda umillà; se voi sarete arbore d’amore radicato così dolcemente, troverete in voi arbore d’amore nella cima il fruito della pazienzia e foltezza, e nel mezzo la perseveranzia coronata; e troverete nelle pene pace, quiete e consolazione, vedendovi conformare in pena con Cristo crocifisso; e così nel sostenere per amore di Cristo crocifisso con gaudio verrete dalla molla guerra alla gran pace.
II. Pace, pace, santissimo padre, piaccia alla santità vostra di ricevere li vostri figliuoli che hanno offeso voi padre (E), la benignità vostra vinca la loro malizia e superbia, non vi sarà vergogna d’inchinarvi per placare il cattivo figliuolo, ma faravvi grandissimo onore ed utilità nel cospetto di Dio e degli uomini del mondo. Oimè, babbo, non più guerra per qualunque modo; conservando la vostra coscienzia si può aver la pace, la guerra si mandi sopra gl’infedeli, dove ella debba andare. Seguitate la mansuetudine e pazienzia dell’agnello immacolato Cristo dolce Jesù, la cui vece tenete. Confidomi in domino nostro Jesù Christo, che di questo e d’altre cose adopererà tanto in voi, che n' adempirò il desiderio vostro e mio; che altro desiderio in questa vita io non ho, se non di vedere l’onore di Dio, la pace vostra e la riformazione della santa Chiesa, e di vedere la vita della grazia in ogni creatura che ha in sè ragione. Confortatevi, che la disposizione di qua (F), secondo che mi è dato a sentire, è pure di volervi per padre e specialmente questa città tapinella (G), la quale è sempre stata figliuola della santità vostra, la quale costretta dalla necessità le è convenuto fare di quelle cose che le sono spiaciute: pare a loro, che’l bisogno lo abbia fatto fare, voi medesimo gli scusate alla vostra santità, sicché coll’amo dell’amore voi li pigliate. Pregovi per l’amore di Cristo - crocifisso (H) che più tosto che potete, voi n’andiate al luogo vostro delli gloriosi Pietro e Paolo, e sempre dalla parte vostra cercate d’andare sicuramente; e Dio dalla parte sua vi provederà di tutte quelle cose che saranno necessarie a voi ed al bene della Sposa sua. Altro non dico: perdonate alla mia presunzione: confortatevi e confidatevi nelle orazioni de’veri servi di Dio, che molto orano e pregano per voi. Domandovi io e gli altri vostri figliuoli umilmente la vostra benedizione. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Jesù dolce, Jesù amore. Annotazioni alla Lettera 11.
(A) Essendo a Corneto. Gregorio mosse d’Avignone a’ i3 di settembre 1376, e montato a Marsiglia stille galee, dopo grandissime traversie di mare, giunse a Genova a’18 d’ottob.; quivi i cardinali tentarono a tutto potere di smuoverlo dal suo divisamento, e poco mancò che nol piegassero; ma la santa, che si era portata in quella città alcuni giorni prima, e che fu da lui privatamente visitata (comee narra il beato Caffarini), il mantenne saldo nel suo proponimento. A’ 28 d’ottobre parli Gregorio da Genota, ed approdò sulla spiaggia romana non prima de’5 di dicembre; si fermò a Corneto sino a' 13 di gennajo e di là per Ostia si recò a Roma a’ 17 di gennajo, accoltoli da’Romani con una festa che mai la maggiore.
(B) Della santa Chiesa sposa vostra. S. Bernardo scrivendo ad Eugenio III (1), non gli consente l’aversi per isposo della Chiesa universale, ma solamente per amico dello Sposo; il quale, parlandosi propriamente, è Cristo Signor nostro, come s’ha in s. Giovanni e da s. Paolo (2). Par nulladimeno favellandosi a non pieno rigore, si pure il pontefice può dirsi sposo d’essa, come qui l'appella la santa; e si ha dal concilio di Leone, e provasi dal Dottor delle scuole. Poiché se dicesi il sommo pontefice padre di tutti i cristiani, che la Chiesa qual madre accoglie in seno, ajutandone colla dottrina e co’sacramenti alla formazione d’essi, può di ragione dirsi anche sposo di quella che a loro è madre (3), cioè dire della Chiesa (4).
(C) Pianta novella. Anche per aver egli ottenuto assai giovane le maggiori dignità. A 18 anni fu fatto cardinale, a 4° pontefice. Morì di 48.
(D) Ricevendo l’ eterna sua visione, nella quale sta la nostra beatitudine. Seguendo santa Caterina il sacro instituto di s. Domenico, accomodasi ancora agl’insegnamenti della scuola del suo angelico maestro; ond’è, che tiene l’eterna beatitudine aversi, strettamente favellando, per la visione di Dio; in contrario a quello che inseguano i seguaci di Scoto; i quali recano questo vanto all’amore; ed a quello, che ad altri piace, cioè che abbiasi la beatitudine, anche a tolto rigore per l’un atto e per l'altro, delle due più nobili potenze dell’anima; cioè l’ intelletto e la volontà.
(E) Piaccia alla santità vostra di ricevere li vostri figliuoli, che hanno offeso voi padre. Non lasciò il pontefice di ricevere in bene i
(1) Ep. 237.
(2) Cap. 3, Ad Ephts. c. 5. In cap. ubi Periculum de Elect. Iu 6. Opus. 19. c. 4.
(3) D. Thom. Opus. 19, c. 4.
(4) V. Raiu. Ponlific. pag. 122. consigli di sanfa Caterina, e di porgere subito la mano a’ trattati di concordia colla repubblica di Firenze. Stando egli adunque tuttora a Corneto, ove ebbe questa lettera, scrisse a quella repubblica, acciocché gli si mandassero di bel nuovo gli ambasciatori stati già in Avignone, e che giuntivi assai tardi nulla punto aveano operato a prò della concordia. Partirono questi di Firenze a 13 di gennajo, nè furono a Roma che a 25 di quel mese, ed erano Pazzino Strozzi cavaliere, Alessandro dell’Antella e Michele Castellani (1). Ma qualunque se ne fosse la cagione, le speranze concepute abortirono, accusando gli autori toscani il pontefice di durezza in non voler piegarsi punto a condizioni, che dalle città confederate aveansi in conto di ragionevoli, ed in opposito accagionandosi dalli autori dell'istorie ecclesiastiche il male animo di quei che reggeano il governo di Firenze (2); i quali mostravaono al di fuori di voler la pace, ma covavano in cuore brama ardente di guerra (3); come pure accennasi dall’Ammirato.
(F) Disposizione di qua. Il popolo di Firenze e in generale i buoni bramavano la pace; ma i magistrati fingevano di bramarla e traevano in errore i cittadini. V. l’Ammirato.
(G) Questa città tapinella. Siena aveva già innanzi lega co’ Fiorentini, e però s’era gittata al loro partito.
(II) Pregovi per l'amore di Cristo crocifisso. Quantunque fosse il pontefice sì vicino a Roma, non essendone Corneto distante che a 50 miglia, non si rende però contenta la santa, avida di vedere appieno compita questa grand’opera, cioè; che già fosse posato in quella città, ove dee stare la sedia de’vicarj di Gesù Cristo,
(1) Ammir. P. 1. T. a. Lib. 13, pag. 703.
(2) Malev. Ist. di Sieo. Pari. 2. Lib, 8. pag. 144.
(3) Par. 1. T. 2, lib. i3.A GREGORIO XI.
I. Procura di rimuovere il papa dal pensiero della guerra, ed indurlo alla pace, mostrandoli i danni di quella e l’utilità di questa.
II. Dei disordini del Cristianesimo, ed in particolare degli ecclesiastici e de' ministri di santa Chiesa.
Lettera 12.
Al nome di Jesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.
I. Santissimo e dolcissimo padre in Cristo Jesù. Io, vostra indegna e miserabile figliuola Catarina, serva e schiava dei servi di Jesù Cristo, scrivo alla vostra santità nel prezioso sangue suo con desiderio, che io ho lungo tempo desiderato di vedervi portinajo virile e senza veruno timore; portinajo sete del cellajo di Dio, cioè del sangue dell’unigenito suo Figliuolo, la cui vece rappresentate in terra, e per altre mani non si può avere il sangue di Cristo se non per le vostre: voi pascete e nutricate li fedeli cristiani: voi sete quella madre, che alle mammelle della divina carità ci nutricate, perocchè non ci date sangue senza fuoco, nè fuoco senza sangue, perocché il sangue fu sparto con un fuoco d'amore. O governatore nostro, io dico che ho lungo tempo desiderato di vedervi uomo virile e senza veruno timore, imparando dal dolce ed innamorato verbo, che virilmente corre all’obbrobriosa morte della