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consigli di sanfa Caterina, e di porgere subito la mano a’ trattati di concordia colla repubblica di Firenze. Stando egli adunque tuttora a Corneto, ove ebbe questa lettera, scrisse a quella repubblica, acciocché gli si mandassero di bel nuovo gli ambasciatori stati già in Avignone, e che giuntivi assai tardi nulla punto aveano operato a prò della concordia. Partirono questi di Firenze a 13 di gennajo, nè furono a Roma che a 25 di quel mese, ed erano Pazzino Strozzi cavaliere, Alessandro dell’Antella e Michele Castellani (1). Ma qualunque se ne fosse la cagione, le speranze concepute abortirono, accusando gli autori toscani il pontefice di durezza in non voler piegarsi punto a condizioni, che dalle città confederate aveansi in conto di ragionevoli, ed in opposito accagionandosi dalli autori dell'istorie ecclesiastiche il male animo di quei che reggeano il governo di Firenze (2); i quali mostravaono al di fuori di voler la pace, ma covavano in cuore brama ardente di guerra (3); come pure accennasi dall’Ammirato.

(F) Disposizione di qua. Il popolo di Firenze e in generale i buoni bramavano la pace; ma i magistrati fingevano di bramarla e traevano in errore i cittadini. V. l’Ammirato.

(G) Questa città tapinella. Siena aveva già innanzi lega co’ Fiorentini, e però s’era gittata al loro partito.

(II) Pregovi per l'amore di Cristo crocifisso. Quantunque fosse il pontefice sì vicino a Roma, non essendone Corneto distante che a 50 miglia, non si rende però contenta la santa, avida di vedere appieno compita questa grand’opera, cioè; che già fosse posato in quella città, ove dee stare la sedia de’vicarj di Gesù Cristo,

(1) Ammir. P. 1. T. a. Lib. 13, pag. 703.

(2) Malev. Ist. di Sieo. Pari. 2. Lib, 8. pag. 144.

(3) Par. 1. T. 2, lib. i3.