Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 102

Lettera 101 Lettera 103

[p. 86 modifica]86 4 1 . » 4 \i I \ \ .’ ..

. 1 ìs« i * J ìftil ’ 1.. \ \ * ’. * *io ■. ■ ■ I ■’i l’i’i 1 -, - ’ ) r A MAESTRO RAIMONDO DA CAPUA il |*j * 1 l ! ^ It i It * « ‘. * _ DELI.’ ORDINE DE* PREDICATORI (J\ I. Lo prega ad essere costante tra le avversità e tribolazioni, qual ferma colonna di santa Chiesa, con procurare d’ajutarla virilmente nelle sne necessità in cui vedevasi; ed in ciò osservasse l’obedienza di sua santità.

II. Li descrive due visioni o revelazioni che aveva avnto poco fa nell’orare per li bisogni di snnta Chiesa e de’suoi figlinoli spirituali, e per.la propria salute, intorno alle quali cose era stata da\ Dio consolata; le battaglie dei demonj che in essa aveva provate e ciò che Iddio le aveva imposto per li detti bisogni della Chiesa.

III. L’esorta ad ajutare la santa Chiesa, all’ umiltà, carità co’poveri, prudenza ed altre virtù.

IV. Dell’orazione che ella faceva per l’utile della Chiesa, e prega detto padre a volerle fare per lei medesima.

Al nome di Jcsà Cristo crocifisso e di Maria dolce.

I. Ìlarissimo e dolcissimo Padre in Cristo dolce Jesù. Io Catarina, serva e schiava de*servi di Jesù Crislo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi una colonna nuovamente fondata nel giardino della santa Chiesa, come sposo fedele della Verità, siccome dovete essere, ed allora reputarò beata l’anima mia: e però io non voglio che volliate il capo indietro por veruna avversità o persecuzione, ’ ma nel[p. 87 modifica]l’avversità voglio che vi gloriate, perocché nel sostenere manifestiamo l’amore e la costanzia nostra, e rendiamo gloria al nome di Dio, in altro modo no. Ora è il tempo, carissimo padre, di perdere tutto sè, e di sè non pensare punto, siccome facevano i gloriosi lavoratori, che con tanto amore e desiderio disponevano di dare la vita loro, ed innaffiavano questo giardino di sangue con umili e continue orazioni, e col sostenere infino alla morte: guardate che io non vi vegga timido, nè che l’ombra vostra vi faccia paura, ma siate virile combattitoie, e già mai da colesto giogo del1* obedienzia che vi ha posto il sommo pontefice, non vi partite, cd anco nell’ordine adoperate quello che vedete che sia onore di Dio, perocché questo ci richiede la grande bontà di Dio, e per altro modo non ci ha posti: ragguardate quanta necessità vediamo nella santa Chiesa, che in tutto la vediamo rimasta sola, e così manifestava la Verità, siccome in un’altra vi scrivo (B), e come è rimasta sola la sposa, così è lo Sposo suo.

II. O Padre dolcissimo, io non vi tacerò i* misterj grandi di Dio, ma narrarogli il più breve che si potrà, secondo che la fragile lingua potrà narrando esprimere; ed anco io vi dico quello che io voqlio che voi facciate, ma senza pena ricevete ciò che io vi dico (C), perocché "io non so quello che la-divina bontà si farà di me, o del farmi rimanere, o del chiamarmi a sè.

Padre, padre e figliuolo dolcissimo, ammirabili misteri ha Dio adoperali dal dì della circoncisione in qua, tantoché la lingua non sarebbe sufficiente a poterli narrare, ma lassiamo andare tutto quello tempo, e veniamo alla domenica della sessagesima | D), nella quale domenica furono come in breve vi scrivo, quelli misterj che udirete, che giammai uno simile caso non mi parbe portare, perocché tanto fu il dolore del cuore, che’i vestimento della tonica si stracciò, quanto io ne potei pigliare, rivoltandomi per la cappella come persona spasimata: chi mi avesselenula propriamente m avanebbe tolta la vita. Venendo poi il lunedì a sera [p. 88 modifica]88 io era costretta di scrivere a Crislo in terra (E) e a tre cardinali (F), unde io mi feci ajutare, ed andai* méne nello studio, e scritto che io ebbi a Cristo in teria, non ebbi modo di scrivere più, tanle furono le pene, che crebbero al corpo mio, e stando un poco si cominciò il terrore delle dimonià per sì fatto modo, che tutta mi facevano stordire, quasi arrabbiando verso di me, come se io vermine fusse stata cagione di tolIerli di mano quello che longo tempo hanno posseduto nella santa Chiesa, e tanto era il terrore con la pena corporale, che io volevo fuggirmi dello studiò e andarmene in cappella, come se lo studio fusse stato cagione delle pene mie. Rizzaimi dunque su, e non polendo andare m* appoggiai al mio figliuolo Barduccio (G), ma subito fui io gittata giù, ed essendo gittata, parbe a me, come se l’anima si fusse partita dal corpo, non per quello modo come quando se ne parti (//), perocché allora l’anima mia gustò il bene degl’immortali, ricevendo quello sommo Bene con loro insieme; ma ora pareva come una cosa riservala, perocché nel corpo a me non pareva essere, ma vedevo il corpo mio come se fusse stata un altro, e vedendo l’anima mia la pena di colui che era con meco, volse sapere se io avevo a fare cavelle col corpo, per dire a lui; figlinolo non temere, e io non vidi che lingua o altro membro gli potesse muovere, se non come corpo separato dalla vita.Lassai dunque stare il corpo come elli si stava, e l’intelletto stava fisso nell’abisso della Trinità; la memoria era piena del ricordamene della necessità della santa Chiesa e di tutto il popolo cristiano, e gridavo nel cospetto suo, e con sicurtà dimandavo l’adiutorio divino, offerendoli t desiderj,

costringendolo per lo sangue dcH’Agnello e per le pene che s’erano portate, e sì prontamente si dimandava che certa mi pareva essere, che elli non denegarebbe quella petizione: poi dimandavo per tulti voi altri, pregandolo che compisse in voi la volontà sua ed i desiderj miei: poi dimandavo che mi campasse dall’eterna dannazione; e stando

[p. 89 modifica]co/i per grandissimo spazio, tanto che la famiglia mi piangeva come morta. In questo tutto il terrore delle diinoniu era andato via: poi venne la presenzia delT umile Agnello dinanzi all’anima mia, dicendo. Non dubitare, che io compirò i desiderj tuoi e degli altri servi miei, lo voglio che tu vegga cli

io sono maestro buono, che fa il vasellajo, il quale disfa e rifa i vaselli, come è di suo piacere. Questi miei vaselli io li so disfare e rifare, e però io piglio il vasello del corpo tuo, e rifollo nel giardino della santa Chiesa con altro modo che per lo tempo passato, e spegnendomi quella Verità con modi e parole molte attrattive, le quali trapasso, il corpo cominciò un poco a respirare ed a mostrare che l’anima fusse tornata al vasello suo. Io era allora piena d’ammirazione, e rimase tanto il dor loro nel cuore, che anco ine 1’ ho: ogni diletto, ed ogni refrigerio, ed ogni cibo fu tolto allora da me, ed essendo poi portata nel luogo di sopra, la camera pareva piena di dimonia, e cominciarono a dare un’altra battaglia, la più terribile che io avessi mai, volendomi fare credere e vedere clic io non fusse quella che era nel corpo, ma quasi uno spirito immondo. Io chiamato allora 1’ adiutono divino con una dolce tenerezza, non refutando però fatica, ma bene dicevo.


Dio intende al mio adiulorio. Signore, allrettali d’ajutarmi!

tu hai permesso che io sia sola m questa battaglia, senza il refrigerio del Padre dell’anima mia, del quale io son privala per la mia ingratitudine. Due notti e due disi passarono con queste tempeste; vero è che la mente ed il desiderio’veruna lesione ricevevano, ma sempre stava fisso nell’obietto suo. ma il corpo pareva quasi venulo meno. Poi il dì della purificazione di Maria volsi udire la messa: allora si rinfrescalo tutti i misterj, e mostrava Dio til grande bisogno che era siccome apparbe poi,, perocché Roma è stata tutta per rivoltarsi (/), sparlando miseramente e con molta ìrreverenzia, se non che Dio ha posto l’unguento sopra i cuori loro, e credo che a vera buona [p. 90 modifica]9° _ terminazione. Allora mi impose Dio quesla obedienzia, che io dovessi tutto quésto tempo della santa quaresima fare sacrificare i desideij di tutta la famiglia, e fare celebrare dinanzi a lui solo con questo rispetto, cioè per la Chiesa santa, e che in ogni mattina all’aurora udissi una messa, ^che sapete che a me è una cosa impossibile, ma all’ obedienzia sua ogni cosa è stato possibile, e tanto s’è incarnato questo desiderio,’che là memoria non ritiene altro; lo intelletto altro non può vedere, e la volontà altro non può desiderare, e non tanto cli

rifiuti le cose di quaggiù per questo, ma con; versando co*veri cittadini, l’anima non si può nè vuole dilettare nel loro diletto, ma nella fame loro, quale hanno ed ebbero, mentre che furono peregrini e viandanti in questa vita: con questo e con altri modi, i quali non posso narrare, si consuma e distilla la vita mia in questa dolce Sposa, io per questa’via, e i gloriosi martiri col sangue. Prego la divina bontà, che tosto mi lassi vedere’la redenzione del popolo suo. Quando egli è l’ora della terza (J), ed io mi levo dalla messa, e voi vedreste andare una morta a santo Pietro, ed entro di nuovo a lavorare nella navicella della santa Chiesa: ine’mi sto così infino presso all’ora del vespero, e di quello luogo non vorrei escire, nè dì, nè notte, infino che io non veggo un pòco fermato e stabilito questo popolo col padre loro. Questo corpo sta senza veruno cibo (K), eziandio senza la gocciola dell’acqua, con tanti dolci tormenti corporali, quanto io portasse mai per veruno tempo, intanto che per uno pelo ci sta la vita mia: ora non sa quello che la divina bontà si vorrà fare di me, ma quanto a quello che mi sento, non dico che io senta però la volontà sua in quello che elli vorrà fare di me; ma quanto il sentimento corporale, mi pare che questo tempo io il debba confermare con uno nuovo martirio nella dolcezza deU’aniiwa mia; cioè nella santa Chiesa: poi forse che mi farà resuscitare con lui: porrà fine e termine, sì alle mie miserie e sì a crociali desiderj, o egli terrà

[p. 91 modifica].. -9I i suoi modi usati di ricerchiare il corpo mio (L). Ilo pregato e prego la sua misericordia che compia la sua volontà, in me, e che voi nè gli altri lassi orfani, ma sempre vi drizzi per la via1 della dottrina della Verità, con vero e perfettissimo lume, son certa che elli il farà.

HI. Ora prego e costringo, voi padre e figliuolo, dato da quella dolce madre Maria (M), che se voi sentite che. Dio volla 1’ occhio della sua misericordia verso di me, vuole rinnovellare la vita vostra, e come morto ad ogni sentimento sensitivo, voi vi gilliale in questa navicella della santa Chiesa, e siate sempre cauto nelle conversazioni: la cella attuale poco potrete avere, ma la cella del cuore voglio che sempre abbiate e sempre la portiate con voi, perocché, come voi sapete, mentre ohe noi ci siamo serrati dentro, i nemici non si possono offendere; poi ogni esercizio che farete sarà dirizzalo ed ordinato-secondo Dio. Anco vi prego che maturiate il cuore con una santa e vera prudenzia, e che la vita vostra sìa esemplo negli occhi de’ secolari, non conformandovi mai con coslumi del secolo; e quella larghezza verso i poveri e povertà volontaria che avete avuta sempre, si rinnovi e rinfreschi in voi co^i vera e perfetta umilità, e per veruno stato o esaltazione che Dio- vi desse (A7) non l’allentate mai, ina più vi profondate nella valle d’essa umilità, dilettandovi in su la mensa ’della croce, ed me prendete il cibo deH’anime, abbracciando la Madre dell’umile, fedele e continua orazione con la Vigilia santa, celebrando ogni dì, se non fusse per caso necessario!

fuggite il parlare ozioso e lcggioio, e siate e mostratevi maturo nel parlare ed ili ogni’uiodu: gittate da voi ogni tenerezza di voi medesimo, ed ogni timore servile, perocché la Chiesa dolce non ha-bisogno di sì fatta gente, ma di persone crudeli a loro e pietose a lei. Queste sono quelle Cose le quali io vi prego che vi studiate d’osservare. Anco vi prego che il libro (O), ed ogni scrittura la quale trovaste di me voi, fiate Bartolomeo e frate Tomaso (P), ed il maestro ve [p. 92 modifica]9i..

le rechiate per le mani, e fatene quello che vedete che sia più onore di Dio con missere Tomaso insieme, nel quale io trovava alcuna, recreazione. Prcgovi ancora, che a questa famiglia, quanto vi sarà possibile voi le siate pastore e governatore, siccome padre, a conservarli in dilezione di carità ed in perfetta unione, sicché non siano, nò.rimangano sciolte come pecorelle senza pastore; ed io credo fare più per loro e per voi dopo la morte mia che nella vita.

IV. Pregarò la Verità eterna, che ogni plenitudine di grazia e doni che elli avesse dati nell’anima mia, gli trabocchi sopra voi altri, acciocché siate lucerne poste in sul candelabro. Pregovi che pregate lo Sposo eterno, che mi facci compire virilmente 1* obedienzia sua, e mi perdoni la moltitudine delle mie iniquitadi; e voi prego che mi perdonate ogni disobedienzia, ir* reverenzia ed ingratitudine, pena ed amaritudine che 10 v’avesse data, e che io ho usata e commessa verso di voi, e la poca sollecitudine che io ho avuta della nostra salute, e dimandovi la vostra benedizione. Pregate strettamente per me, e fate pregare per l’amore ili Cristo crocifisso. Perdonatemi che io v’ ho scritte parole d’amaritudine: non ve le sprivo però per darvi amaritudine, ma perchè sto in dubbio, e non so quello che la bontà di Dio si farà di me: voglio avere fatto 11 debito mio, e non pigliate pena, perchè corporalmente siamo separati l’uno dali’altro; e poniamo che a me fusse di grandissima consolazione,* maggiore m’è la consolazione e l’allegrezza di vedere il frutto che fate nella santa Chiesa; ed ora più sollicitamente vi prego che adoperiate, perocché ella non ebbe mai tanto bisogno, e per veruna persecuzione vi parliate mai senza licenzia di nostro signore Io papa. Confortatevi, confortatevi in Cristo dolce Jesù senza veruna amari!udine. Altro non vi dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Jesù dolce, Jesù amore. [p. 93 modifica]93 Annotazioni itila Lettera 102.

(A) Potrebbe altri trovar nuovo questo titolo cb

in questa e nelle seguenti lettere vien dato a Fra Raimondo: di cbe è da avvertire ch’egli terso questo tempo dorelle esserne insignito per ordine del papa, siccome consta da breve d’Urbano in data di 3o novembre i3^9, che conservasi in Siena, onde a Fra Giacomo AItonò maestro in divinità dell’Ordine de* Predicatori, è imposto cbe insieme ad altri maestri esamini e promuova a quel grado Fra Raimondo.,’Sella impressione d’Aldo leggeasi qoesta lettera con un tal titolo:.» A maestro Raimondo da Capua dell’Ordine de’ predicatori, nella quale Epistola essa predice la morte sua a di 15 di febbrajo 1379, e poi morì a dì 29 d’aprile i38o «. Ma acciocché nitri non prenda abbaglio credendo scritta dalla santa questa lettera Quattordici mesi prima del suo morire, avvertiremo che d computo egli anni non è qui secondo il costume comune dalla nascita del Redentore, o dal principiare di gennajo; ma dall’iucarnazione del Verbo divino cbe cade nel 20 di marzo. Con ciò vedrassi cbc la santa non iscrisse questa lettera cbe due mesi e mrzzo pinna del suo morite, mentre il i5 di febbrajo del 1379, alla maniera di buona parte di Toscana, spettava al i38o giusta la nostra, ed ella passò al sno celeste Spuso ’29 d’aprile del i38o, nel quale anao, ambedue le forme di computare s accordano; giacché, sebbene a Siena, come io altri luoghi di Toscana, l’epoca cristiana fosse fermata a’25 di marzo, non pero uel numerare gli anni si andava innanzi a quei cbe l’aveano al principiar di geunqo. A ciò è da por mente nel leggere i fatti di Siena e d’altri luoghi di 1 osca na, per non cadere in errore intorno le date.


(B) Siccome in un’altra vi scrivo. Accenna la lettera che segue, la qnale è come continuazione di questa.

(C) Dia senza pena ricevete ciò ch’io vi dico. Da queste parole e da altre che s’banuo nella lettera presente, si trae avere avuto la santa qualche indizio dal cielo del suo vicino passaggio alla beata eternità.

(D) Veniamo alla domenica della sessagesima. Nella vita, della santa Ieggeasi domenica di settuagesima in luogo di sessagesima.

Ma che sia fallo scorsovi per inavvertenza de copiatori o degli stampatori, pruovasi e per questa ietterà e pel computo delle domeniche che vanno innanzi alla Pasqua. L’ anno bisestile i38o, in cui è scritta questa lettera, ebbe per lettere delia domenica le A. G., e la solennità di Pasqua cadde nel 25 di marzo, onde per conseguente la domenica di sessagesima fn a’ 29 di gennajo, cioè quattro giorni appunto prima della Purificazione. Lo sbaglio correggesi da’continuatori dell’opera del Bollando, e nella impressone novella della leggenda della santa dal suo illustrissimo traduttore.

(E) lo era costretta di scrivere a Cristo «ft terra. La lettera qc [p. 94 modifica]accennata è la vigesima seconda, che fu anche I’ ultima cbe ella scrivesse ad Urbano VI.

(F) E a tre cardinali. Non iscrisse ella quest’altra lettera di troppo gravandola il uiale. La lotterà trentesima pi una, è di verità indirizzata a tre cardinali italiani, ma quella è opera dell’anno 13^S, quando era nato Io scisma, nè potè scriversi di questo anno a quei tre cardinali, dacché’1 Orsini, IVuno d’essi, era morto a quindici d* agosto del 1379. .

.. (G) Al mio figliuolo Barduccio. Barduccio Cassi’ ani nobile fiorentino, ed uno de’discepoli de’seguaci e degli scrittori della santa.

Scrisse egli una bellissima lettera di ragguaglio di quanto accadde nell’ultiina infermità e morte di questa vergine, e può vedersi nel fine del primo tomo di - quest’opera.

(II) Non per i/uello modo come quando se ne partì. Accennasi con queste parole lo stupendo avvenimento del sno morire,‘e tornare novellamente a.vivere, di coi a disteso favellasi dal beato Raimondo nella leggenda della santa. Leggasi qnanto essa di questo latto rapportò ni suo confessore, e che qui in corte parole soltanto accenna.

(I) Roma è stata tutta per rivoltarsi. Di questo fatto favellano gli autori de’sagri annali, e noi pore parlammo!nell’ annotazioni alla lettera ventesima. Che poi il tumulto posasse alle esortazioni della santa, e piu aucora alle calde preghiere offerte per essa al Signore, acciocché uou permettesse che gli spirili maligni più incitassero.

il popolo di Roma già tutto acceso di furore a’danni del pontefice; oltre al Mairnbnrg, oh» ivi fu addotto, lo asseriscono il linaio Raimondo, Fra Ferdinando del Castillo, e la santa medesima in parte qui/l’accenna; come pure, che una tale vittoria per essa avuta dell’.inferno le fosse di tanto costo, che in ultimo vi perdesse ancora la vita. \ oggasi ciò che a1 osservò di sopra nelle annotazioni alla lettera 20 e 21* (J) Quando egli e l’ orti della terza, ec. Giusta il racconto cb

ne fa Barduccio Canìgiani nella Epistola citata di sopra, all’ aurora ella udiva messa nella propria casa per concessione fattatene dal pontefice Gregorio XI, e un tri va l’anima del pane angelico; dopo di che la portavano come morta sopra d un letto, sì era sGnita di forze; e pure indi a due o tre ore andatasene alla basilica di s. Pietro, viaggio d’ un lungo miglio, abitando ella nella contrada detta di piazza Colonna presso la Minerva, in una casa ridotta oggi ad uso di chiesa e confraternita della Piiinziatclla a rimpetto delle monache di santa SI.irta, e la strada diccasi via del papa.


(I()’ Questo corpo sta senza venato cibo. Da’primi giorni di genn.ijo aveva’ella cessato dal prendere alcun ristoro di cibo, e nè pureguttava la poca acqua che usava di prima,;iusta la testimonianza del Cauigiani nella lettera citata.

(L) O egli terrà t suoi modi usati di riccrchiare il còrpo mio.

Era ella condotta a tale slìmiueiito di forze, cbe piu non potrà il corpo reggersi in vita senza miracolo; onde prevedeva la vicina sita motte, se il Siguure, come già altra volta la tornò n vita, così [p. 95 modifica]ora non le rinnovellava il corpo, o come ella dice, ricerchiava, togliendo la siuiiglijnza dalla botte, che quasi si rinnova col cerchiaria ii nuovo.

(M) Padre e figliuolo, dato da quella dolce madre Maria. Come s’ avvertì ad altro luogo, le fu dato da nostra Duiina il beato Raimondo io confessore.

(N) Per veruno stalo o esaltazione che Dio vi desse. Forse tacitamente gli pronunzia la dignità di -generale dell’Ordine, a cui tu egli innalzato indi a pochi mesi, (0) Anco vi prego che il libro. Cioè il Libro del Dialogo, in cni con maniera mirabile della divina previdenza favellasi da essa composto.

(P) Voi frate. Bartolomeo

frate Tomaso, ec. I qui nominati sono Fra Bartolomeo di Domen co, religioso di gran bontà e dottrina, cni scrisse ella più lettere; Fra Tomaso Nacei Calìa ri ni, eminente in virtù c sapere, o pure Fra Tomaso della Fonte, religiosi domenicani; maestro Giovanni Tantucci reIigio»o eremitano di s. Agostino, chiaro per santità e familiare pur della santa, ai quali pure scrisse; e (omaso Iluonconti nobile pisano, discepolo pure di questa vergiue; o forse monsignor Tomaso Pietra, abbreviatore e poi segretario di Urbano VI, divotissimo «Iella santa, e cbe di suo pnguo scrisse la prima delle orazioni di santa Cateriua, che favellava stando fuore de »ensi,