Elettra (Sofocle)/Terzo episodio
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Giunge correndo Crisotemide.
crisotemide
Per la gran gioia qui, diletta mia,
venni, obliando ogni decoro, a corsa;
ché un piacere io ti reco, ed una tregua
dei mali onde tu soffri, onde tu gemi.
elettra
E qual soccorso ai mali miei trovare
potuto avresti, se non han rimedio?
crisotemide
È giunto Oreste: udendolo da me,
sappilo certo come tu mi vedi.
elettra
Di senno uscita sei, misera? Oppure
pei mali tuoi, pei mali miei tu ridi?
crisotemide
Da nessuno l’udii: sicuri indizi
veduti ho con questi occhi; e perciò credo.
elettra
Quali indizi, o tapina? E che mai visto
hai, che ti scaldi a cosí folle gioia?
crisotemide
Ascolta prima, per i Numi, apprendi,
e dissennata poi chiamami, o saggia.
elettra
E dunque, parla, se parlar ti piace.
crisotemide
Quello ch’io vidi, fedelmente dunque,
a te dirò. Come alla fossa antica
giunsi del padre, giú dal sommo tumulo
flutti di latte or ora effuso vidi,
ed il sepolcro inghirlandato in giro
di fior’ d’ogni maniera. Io trasalii,
come ciò vidi, e il guardo attorno volsi,
se mai vicino fosse alcun degli uomini.
E, poi che tutto il luogo era tranquillo,
venni alla tomba piú dappresso; e sopra
l’estremo avello, un ricciolo reciso
da poco vidi; e subito, a vederlo,
mi si fissò nell’anima una immagine:
che d’Oreste, il carissimo fra gli uomini
tutti, un segno era quello; e lo toccai
senza il silenzio rompere; e di gioia
colma l’anima fu, l’occhio di lagrime.
Ed ora, appunto, come allora io penso:
che questa offerta sol da lui proviene.
A chi dunque, se me, se te n’eccettui,
convengono tali atti? Ed io so bene
ch’io non lo feci. E tu neppure: e come,
se neppur dalla reggia allontanarti
puoi senza pianto? E al cuor di nostra madre
grati non sono; e quando li compiesse,
nascosta a noi non resterebbe. No,
d’Oreste sono queste offerte sacre.
Dunque, cara, fa’ cuor: sopra i medesimi
uomini, sempre il Dèmone medesimo
non ha potere. Odioso fin qui
il nostro fu; ma questo giorno, forse,
origine sarà di molti beni.
elettra
La tua follia, da un pezzo, ahimè, commisero.
crisotemide
Che c’è? Col tuo piacere io non parlai?
elettra
Tu non sai dove sei, né che farnetichi.
crisotemide
Come non so, se ho visto chiaro io stessa?
elettra
Morto è, svanita ogni speranza è, misera,
in lui riposta: a lui piú non pensare.
crisotemide
Misera me! Chi tel narrò degli uomini?
elettra
Tal che quando moria presso gli stava.
crisotemide
E dov’è mai costui? Stupor m’invade.
elettra
Dentro: caro alla madre, e non infesto.
crisotemide
O me tapina! E di chi dunque mai
eran le offerte sul paterno tumulo?
elettra
Credi piuttosto che recati alcuno
li abbia in memoria del defunto Oreste.
crisotemide
Misera me! Piena di gioia io corsi
a recar queste nuove; e non sapevo
in che sciagure siamo; ed or che arrivo,
trovo agli antichi i nuovi mali aggiunti.
elettra
Son questi i fatti; e pur, se m’odi, sciogliere
potrai del cruccio ch’or t’aggrava il peso.
crisotemide
Forse i morti potrò far che risorgano?
elettra
Non dico questo, no: non son sí folle.
crisotemide
Qual atto esorti, ch’io ne sia capace?
elettra
Che ciò ch’io ti consiglio ardisca compierlo.
crisotemide
Se qualche utile arreca, io non rifiuto.
elettra
Bada, nulla s’ottien senza travaglio.
crisotemide
Lo so: tutto farò quello ch’io posso.
elettra
Ciò che fare io disegno, ascolta dunque.
Piú non ci resta, ben lo sai, soccorso
d’amici alcuno: Averno li ghermí,
ce ne privò: siamo rimaste sole.
Ora, sin ch’io seppi il fratello florido
di vita ancor, sperai ch’egli del padre
tornasse un giorno a vendicar la strage:
ora ch’ei piú non vive, in te m’affiso,
perché con me, sorella tua, tu ardisca
dar morte a quei che nostro padre uccise,
Egisto: nulla a te debbo nascondere.
E, come puoi restar tranquilla, a quale
non crollata speranza il guardo volgere?
Dei beni priva di tuo padre, solo
ti resta il pianto, dolorar ti resta
insino a questa età senza imenei,
senza nozze invecchiare: avere nozze,
non isperar piú mai: ché tanto Egisto
stolto non è, che germogliare lasci
la stirpe tua, la stirpe mia, sciagure
certissime per lui. Ma, se tu segui
i miei consigli, avrai prima dal padre
spento sotterra lode di pietà,
e dal fratello; e poi, libera, come
sei nata, sempre sarai detta, e nozze
avrai degne di te: ché i fatti egregi
ciascuno ammira. E se alla fama badi,
non vedi tu, se tu m’odi, qual gloria
a te procacci, a me? Quale sarà
dei cittadini mai, qual degli estranei,
che non rivolga a noi, qualor ci vegga,
simili elogi: «Queste due sorelle
vedete, amici, che i paterni tetti
fecero salvi, ed alla propria vita
non ebbero riguardo, anzi ai nemici
un dì potenti, inflissero la morte?
Amarle tutti, venerarle debbono,
nelle pubbliche accolte e nelle sacre
feste, d’onore circondarle tutti,
per il loro valore». Ognun degli uomini
questo dirà: sicché, gloria perenne
in vita e in morte avremo. Odimi, cara:
al tuo padre soccorri, al tuo fratello
soccorri, me dalla sciagura salva,
salva te stessa. E pensa ciò: che turpe
è pei bennati turpemente vivere.
corifea
La prudenza alleata in tali eventi,
a chi favella, ed a chi l’ode, giova.
crisotemide
Anche pria di parlar, se costei, donne,
sconvolto il senno non avea, serbata
quella prudenza ch’or non serba, avrebbe.
E infatti, a chi mirando mai, di tanta
baldanza t’armi, e me chiami a soccorrerti?
Non vedi? Uomo non sei, ma donna; e meno
dei tuoi nemici per la man tu vali;
e la sorte che a quelli arride prospera
ogni dí piú, da noi rifugge, a nulla
ridotta è già. Chi dunque, se congiuri
d’uccidere quest’uom, dalla sciagura
illeso andrà? Vedi che, male oprando
non procacciamo a noi mali maggiori,
se i nostri detti alcuno udrà: ché libere
non ci fa, non ci giova, acquistar fama
bella, e morir d’ignominiosa morte.
Ché non è già morir la piú terribile
delle cose; ma quando a morte aneli,
e neppur morte avere puoi. Ti prego,
pria di crollar nell’ultima rovina,
di sterminar la stirpe, l’ira frena;
e ciò ch’ài detto, io lo custodirò
come non detto e non compiuto. E tu,
prendi partito, alla buon’ora, quando
nulla tu puoi, di cedere ai piú forti.
corifea
Convinciti: non han vantaggio gli uomini
miglior che la prudenza e il saggio avviso.
elettra
Nulla dici inatteso: io ben sapevo
che tu respinti avresti i miei propositi.
Con le mie mani, da me sola compiere
l’opra dovrò: ché a vuoto non la mando.
crisotemide
Ahimè!
Quando il padre mori, deh, concepita
l’avessi tu! Compiuta già l’avresti.
elettra
Pronto era il cuor; ma fiacca era la mente.
crisotemide
Quella d’ora serbar cerca per sempre.
elettra
Il tuo consiglio è un rifiutare aiuto.
crisotemide
Perché, di legge, chi mal fa, mal trova.
elettra
T’invidio il senno; ma sei vile, e t’odio.
crisotemide
Un giorno le tue lodi udir dovrò.
elettra
Dalla mia bocca, di sicuro, no.
crisotemide
Lungo è il futuro, e ne sarà buon giudice.
elettra
Va’ via: ché nulla in te v’è che mi giovi.
crisotemide
V’è; ma in te manca la virtú d’apprendere.
elettra
Va’ da tua madre, e tutto quanto narrale.
crisotemide
L’odio ch’io porto a te, non è sí grande.
elettra
A che obbrobrio mi adduci almen comprendi.
crisotemide
Ti consiglio prudenza, e non obbrobrio.
elettra
Dunque osservar dovrei la tua giustizia?
crisotemide
Quando avrai senno, entrambe allor tu guida.
elettra
Tu parli bene, e male operi: è tristo.
crisotemide
Hai detto proprio il morbo in cui tu giaci.
elettra
Che? Giusto non ti par quello che dico?
crisotemide
Danni arreca talora anche giustizia.
elettra
Non vo’ secondo le tue leggi vivere.
crisotemide
Dovrai, se il fatto compierai, lodarle.
elettra
Lo compierò: tu nulla mi spauri.
crisotemide
È questo il ver? Né muterai consiglio?
elettra
No: ché nulla è peggior d’un tristo mònito.
crisotemide
Nulla, mi par, di ciò ch’io dico approvi.
elettra
Antico, il mio consiglio è, non recente.
crisotemide
E dunque, vado: ché le mie parole
tu disapprovi, ed io l’opere tue.
elettra
Entra pure: non mai ti seguirò,
per quanta brama tu dovessi averne:
correr dietro alle inezie, è gran follia.
crisotemide
Se ti sembra assennato il tuo consiglio,
seguilo: quando poi sarai fra i mali,
dovrai lode largire ai miei propositi.
Parte.