Elettra (Euripide - Romagnoli)/Terzo stasimo

Terzo stasimo

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Euripide - Elettra (413 a.C.)
Traduzione dal greco di Ettore Romagnoli (1930)
Terzo stasimo
Terzo episodio Esodo


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coro

Strofe

Col male il male si pèrmuta: spirano
contrarî venti su questa progenie.
Allora cadde nel bagno il mio principe,
e i marmorei vestigi e i penetrali
della reggia echeggiarono, quando il sire gridò:
«O donna infame, giungo dopo dieci novali
alla mia casa, e quivi per mano tua morrò!»

Antistrofe

Ora, colpisce Giustizia la femmina
che ruppe fede al suo letto, che al misero
sposo, che in patria, che ai muri ciclopici
erti al ciel, dopo lunga ora pervenne,
con un’arma affilata, di sua mano die’ morte.
Tu scellerata, in pugno brandisti la bipenne!
Checché patito avessi, era pur tuo consorte!

Epodo

Al par di lionessa, che pasce fra montani
folti querceti, essa lo fece a brani.

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Dall’interno della capanna si levano altissime grida.

clitemnestra

In nome degli Dei, non uccidete
la madre, o figli!

coro

Entro il tugurio odi suonare gemiti?

clitemnestra

Ahimè, ahimè!

coro

Levo anch’io grida: ché i figli l’uccidono.

Giustizia il Nume, come venne il dí
fatal, partisce: il mal che soffri è orribile
e orribile lo sposo male da te soffrí.

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Vedi, costoro dal tugurio già
escono, intrisi della nuova strage
della lor madre, ostentano il trofeo.
Onde il misero nome ognora avranno.
Dei Tantàlidi al mondo non c’è piú
sventurato lignaggio, e mai non fu.

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Rientrano Oreste, Elettra e Pilade. Si apre la porta della capanna, e l’enciclema porta avanti i corpi spenti di Egisto e di Clitemnestra.

oreste

Strofe I

O Terra, o Giove, che tutte l’opere
scorgi degli uomini, questi cruenti
scempi esecrandi mirate: giacciono
al suolo questi due corpi spenti,
e li colpiva la mia man, vindice
dei miei tormenti.

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elettra

Lagrimevoli troppo! E mia, diletto,
fu la colpa: per questa madre ond’io nacqui parvola,
fuoco m’ardea nel petto.

coro

O madre, assai fu misera
tua sorte! Orrendo, e piú

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che orrendo, fu lo scempio
dei figli; e giusto esempio
espiare lo sposo anch’esso fu.

oreste

Antistrofe I

Niun la giustizia pur vede, o Apòlline,
dei tuoi responsi: ben manifesti
sono i cordogli che infliggi: all’Ellade
di sangue un’orrida legge ponesti.
A quale or posso città rivolgermi?
Mia madre uccisi: qual uomo pio
leverà gli occhi sul volto mio?

elettra

Ahimè, ahimè, a quale danza, a quale
imenèo potrò volgermi? Qual vorrà sposo accogliermi
nel letto nuzïale?

coro

Di nuovo, ecco, il tuo spirito
muta: col vento va.
Pia ti dimostri adesso;
ma pia non fosti; il tuo fratel perplesso
era; e la tua parola indotto l’ha.

oreste

Strofe II

Vedesti come al peplo mio la misera
s’afferrò, mentre l’uccidevo, come

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il seno ella mostrò, mentre precipite
cadeva, ond’ebbi vita? Io, per le chiome...

coro

Soffristi, assai lo so,
allor che udisti della madre l’ululo
che in grembo ti portò.

oreste

Antistrofe II

La mano al mento mio protese, e il misero
grido mandò: «Ti supplico, figliuolo!»,
e la mano tendeva alla mia guancia,
sí che di man mi cadde il ferro al suolo.

coro

Misero! E come il ciglio
fissar potesti sopra lei, che l’anima
spirava? Eri suo figlio!

oreste

Strofe III

Il manto stesi sopra gli occhi miei,
e l’eccidio compiei,
cacciando il ferro alla mia madre in gola.

elettra

Io con la mia parola
l’esortai, stesi anch’io la mano al brando.

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coro

Orrido scempio, e su ogni altro nefando.

oreste

Aniistrofe III

Copri col manto il corpo senza vita,
componi la ferita. —
Ahi, gli assassini tuoi portasti in grembo!

elettra

Ti copra questo lembo,
madre cara e non cara!

corifeo

Della tua casa ecco la fine amara!