Elementi di economia pubblica/Parte quarta/Introduzione
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Eccoci arrivati alla parte la più interessante dopo l’agricoltura, e la più estesa di tutti questi elementi, vale a dire al commercio preso in tutta la sua estensione, cioè nelle origini e conseguenze che ne derivano, e nei mezzi che lo accrescono o lo diminuiscono; delle quali cose dando noi i principj, li daremo colla maggior brevità e nello stesso tempo nella maggior ampiezza possibile; qualità benissimo combinabili da chi non cerca d’invilupparsi nella multiplicità de’ dettagli storici, e sfuggendo la pompa d’una posticcia erudizione, cerca di formarsi una solida e ben digerita serie di adeguati principj degli oggetti, intorno ai quali medita e si affatica.
E per seguire la legge finora da noi fedelmente osservata di richiamar le cose alle origini, noi cominceremo subito dal mostrare come da tenuissimi principj il commercio sia andato avanzandosi a tanta mole ed a tanta complicazione d’affari; onde, seguendo i di lui progressi, si vedrà nello stesso tempo la serie delle cose da trattarsi.
I differenti e successivi bisogni degli uomini hanno determinate e suggerite le diverse operazioni che essi doveano fare per soddisfarli; perchè gli uomini ignoranti e selvaggi tutto al presente, pochissimo al futuro riguardando, di pochissime cose accontentandosi, ognuno da sè stesso si procacciava e si adattava le cose sue. Così le arti e le produzioni de’ popoli cacciatori dovettero essere scarsissime. Un sasso scheggiato, un rozzo bastone, quindi un legno più acuto e pungente, e poi un arco erano i soli arnesi di quelli, e ognuno se li faceva e procurava secondo il bisogno; le spoglie degli animali uccisi erano da ciascheduno delle proprie prede per uso di vesti tolte ed avvolte d’intorno: così del resto. Le occupazioni e i mezzi dei popoli pastori fattesi più lunghe e ragionate, e questi più numerosi, fecero crescere e la quantità dei bisogni, e la copia delle arti onde appagarli. Dunque le arti e le produzioni dei popoli pastori furono in maggior numero e più complicate di quelle dei popoli cacciatori. Ma crebbero a dismisura e le une e le altre nei popoli agricoltori; cosicchè rendendosi sempre più facili e più certe le operazioni produttive delle cose utili e soddisfacenti i bisogni e i comodi della vita, e crescendo la vicendevole e varia avidità e ricerca delle medesime, nacque a poco a poco un’abbondanza ed un superfluo di ciaschedun prodotto operato dagli uomini al di là dell’esigenza del bisogno particolare, che aveva ciascuno indotto ad operare tale cosa piuttosto che tal’altra: onde chi mancava di una cosa che trovavasi sovrabbondare ad un altro, dava di quella che si trovava avere di superfluo, essendogli quella dall’altro similmente richiesta; e quindi visto per esperienza essere più facile il fare sempre la stessa cosa che il farne diverse, s’indusse ciascuno degli uomini a cercare di moltiplicare la quantità di una sola produzione per averne in seguito un soverchio del bisogno, il quale poi potessero cambiare con altre cose che loro bisognassero da altri fatte e moltiplicate colle medesime viste. In questa maniera nacque il commercio ed uno stato distinto e formante epoca nel genere umano, quale è quello dei popoli commercianti, da cui solo noi dobbiamo riconoscere il raffinamento, la coltura e la perfezione presente della specie umana. E come prima nissuna cosa era stimata, se non a misura che ella era utile a soddisfare le esigenze e i comodi della vita, dal che ne venne l’idea e la parola di valore, cioè avere forza, abitudine, abilità ad adempire ad un fine; così in questo ultimo stato, le cose cominciaronsi a stimare secondo che divenivano atte a procacciarne delle altre. Onde il valore assoluto divenne in seguito relativo e venale, e significò la podestà che aveva ciascuna cosa di essere cambiata con tutte le altre; e la quantità, che di ciascuna cosa si doveva dare per un’altra, determinò e si chiamò il prezzo di questa. Dunque prima oggetto di questa Parte sarà la teoria del valore e del prezzo delle cose. Ora avvenne, che per alcune cagioni universali ed indispensabili, alcune merci per la frequenza, generalità e facilità ad essere contrattate, divennero la misura comune e il modello di paragone, al quale si rapportavano e si misuravano i valori di tutte le altre cose. Questa misura comune fu chiamata moneta; quindi secondo oggetto sarà la teoria e i regolamenti della moneta. Reso più fitto e più spedito il commercio delle varie produzioni, molti si diedero a fare ed a vendere le medesime cose, molti a comperarle; quindi la concorrenza, terzo oggetto. Frattanto queste stesse cose e soprattutto la misura comune, ossia la merce di universale paragone del valore di tutte le altre merci, andò successivamente passando da una mano nell’altra, il qual complicato fenomeno chiamossi circolazione; l’esame della natura e conseguenze della quale forma il quarto oggetto. Si distinsero le nazioni, e si fermarono frattanto in diverse e disparate situazioni, e sotto costituzioni, leggi e forme di governo differenti si riposarono, facendo corpi separati e distinti. Quando ciascuna di queste nazioni acquistava un maggior numero di ricchezze di quello che fornisse ad altre nazioni per un reciproco commercio, si disse che faceva un commercio attivo; quando ne dava una maggior quantità di quella che ne ricavava, si disse che faceva un commercio passivo, che or cresce, or diminuisce a vicenda per varie cagioni; e questa maniera di considerare il commercio chiamasi bilancio del commercio, quinto oggetto. Da tutte queste complicate combinazioni nacque la disuguaglianza nelle ricchezze e le diverse maniere di spenderle; onde il lusso, sesto oggetto. Questo lusso, questa circolazione, questo bilancio del commercio ed il commercio medesimo sono trattenuti e diretti principalmente dalla quantità del danaro. Ora questo danaro può avere varie distinzioni: e in primo luogo molti possono essere bisognosi di questo segno rappresentatore di tutte le merci, e pegno e sicurezza di ottenere una determinata quantità di cose necessarie o desiderate; molti possono trovarsi nella situazione di prestarne a chi ne chiedesse, a certe condizioni però utili al prestatore, ricompensanti il danno che egli soffre privandosi per un tempo determinato di tali valori; dunque settimo oggetto sarà degli imprestiti e degli interessi del danaro. In secondo luogo rendendosi sempre più larga ed estesa l’attività delle nazioni commercianti, diversi individui di quelle si trovano a grandi distanze a vicenda debitori e creditori, ed avrebbero di mestieri di trasportar sempre con rischio e con dispendio considerabili valute a grandi intervalli, se non si fosse trovato il modo con lettere di cambio di cedersi e tramutarsi vicendevolmente debiti e crediti rispettivi, e di trasportare colle lettere di cambio i fondi senza trasportare il danaro; quindi la teoria e natura del cambio, ottavo oggetto da considerarsi. In terzo luogo, spessissimo il solo motivo della sicurezza e della facilità e celerità delle contrattazioni ha indotto chi presiede alla pubblica felicità ad aprire dei pubblici depositi sotto la tutela della suprema autorità, dove potesse ciascuno mettere il proprio danaro con sicurezza ricevendone un biglietto di credito, il quale poi circolava nella contrattazione colla medesima forza che aver potesse il danaro che esso rappresentava; talvolta i pubblici bisogni esigevano che si prendesse dai privati danaro ad imprestito col pagarne un annuo frutto, al quale danaro dai particolari ricavato si sostituivano parimenti autentici biglietti che entravano in circolazione; quindi nono oggetto sarà dei banchi, dei monti pubblici, loro vantaggi ed inconvenienti, e leggi di quelli. Da questi tre ultimi oggetti, che ingrandiscono e stringono le relazioni delle nazioni le une colle altre, ne nasce il credito pubblico, cioè la confidenza che hanno reciprocamente i diversi corpi dei negozianti di differenti nazioni, gli uni verso degli altri, il che come nasca, cresca, si mantenga e si diminuisca, forma il decimo oggetto di questa Parte. Questi formeranno la materia di altrettanti capitoli, ai quali aggiungeremo un undecimo che tratterà di alcuni punti di disciplina commerciante; se per esempio convenga escludere alcuni ceti dal commercio; se siano giammai utili le compagnie esclusive di commercio; e qualche cosa intorno alla navigazione, più per l’integrità della materia che per bisogno che ne abbia la nazione milanese, tutta mediterranea e limitata alla piccola e breve navigazione dei laghi e dei fiumi, esclusivamente dalla grande ed autorevole del mare. Finalmente sarà terminata tutta la materia dal così detto commercio di economia e dalla differenza delle leggi e principj di questo col commercio di derrate e manifatture, non omettendo qualche cenno intorno a quel commercio che i negozianti chiamano commercio di speculazione, procreatore di così rapide ricchezze e così pronti fallimenti: le leggi del quale per prevenire e frenare questi ultimi chiuderanno la quarta Parte.