Come facilmente s’innamora.
Dirà forse alcuno «Oh può egli uno sottile razzo, levissimo spirito, pocolino sangue di Phedro, tanto presto, tanto forte, tanto pestilentialmente tutto Lysia travagliare?», io risponderò che questo non parrà maraviglioso se si considerrà l’altre infermità che per contagione s’appiccano: pizzicore, rogna, lebbra, mal di pecto, tisico, male di pondi, rossore d’occhi, pestilentia. E dico che la contagione dello amore agevolmente viene, e è sopra tutte le pestilentie gravissima, imperò che quello spiritale vapore e sangue, el quale dal più giovane nel più vecchio s’infonde, ha quattro qualità, come di sopra tractamo: egli è chiaro, sottile, caldo e dolce. Perché egli è chiaro, si consuona molto con la chiarezza degli occhi e degli spiriti che sono nel vecchio, e per questa consonantia lusinga e allecta: per questo adviene che da quegli avidamente si bee. Perché egli è sottile, al cuore velocemente vola, e da quello facilmente per le vene e pe’ polsi in tutto el corpo si sparge. Perché egli è caldo, con vehementia adopera e muove el sangue del vecchio, convertendolo in sua natura; e questo toccò così Lucretio: «Di qui quella gocciola della dolcezza venerea, stillando nel cuor tuo, lasciò dopo sé molesta cura». Oltr’ad questo, perché egli è dolce conforta gl’interiori, pasce e dilecta. Di qui aviene che tutto el sangue dell’uomo, da poi che è promutato nella natura del sangue giovenile, necessario appetisce el corpo del giovane acciò che habiti nelle proprie vene, e acciò che l’omore del nuovo sangue passi per le vene nuove e tenere. Adviene ancora che questo ammalato tra voluptà e dolore insieme è mosso: di voluptà per l’amore della chiarezza e della dolcezza di quel vapore e sangue (la chiarezza allecta, la dolcezza dilecta); è mosso ancora di dolore per cagione della subtilità e del caldo: la subtilità divide gl’interiori e lacera, e il caldo toglie all’uomo quello che era suo e nella natura d’altri lo muta, e per cagione di questa mutatione non lo lascia in sé medesimo posare, ma tiralo sempre inverso quella persona dalla quale fu ferito. Questo così accennò Lucretio: «El corpo ci tira a quello obiecto onde fu la mente d’amore vulnerata, imperò che comunemente e feriti cascano bocconi sopra la fedita, e’l sangue a quella parte corre, ove è la fedita; e se il nimico è proximo, inverso quello el sangue corre». Lucretio in questi versi vuole che il sangue dell’uomo, el quale dal razzo degli occhi fu ferito, corre inverso di colui che l’ha ferito, non altrimenti che il sangue di colui che fu di coltello ucciso inverso l’omicida corra. Se voi ricercate la ragione di questo miracolo io ve la chiarirò in questo modo: Hectore ferisce e uccide Patroclo; Patroclo volge gli occhi inverso Hectore che lo ferisce, onde el suo pensiero giudica doversi vendicare; subito la colera alla vendecta s’accende, dalla colera s’infiamma el sangue, el sangue infiammato subito corre alla fedita, sì per difendere quella parte, sì etiandio per vendicare. Al luogo medesimo corrono gli spiriti; gli spiriti perché sono leggeri volano fuori infino ad Hectore e passano drento a·llui, e pe ’l caldo suo infino ad uno certo tempo si mantengono, verbigratia infino a hore sette. Se in questo tempo Hectore accostandosi al fedito attentamente guarda la fedita, la fedita spande el sangue inverso Hectore; quel sangue può inverso el nimico uscire sì perché tutto el caldo non è ancora spento e il movimento interiore non è finito, sì perché poco innanzi era contro a·llui commosso, sì etiandio perché egli ricorre agli spiriti suoi e gli spiriti ad sé tirano el sangue loro. In simile modo vuole Lucretio che il sangue dell’uomo, che è d’amore ferito, inverso colui che lo ferì s’aventi. La sententia del quale mi pare verissima.