Edipo re (Sofocle - Romagnoli)/Esodo

Esodo

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Sofocle - Edipo re (430 a.C.)
Traduzione dal greco di Ettore Romagnoli (1926)
Esodo
Quarto stasimo Lamentazione
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Dalla reggia esce un servo, coi segni del piú vivo terrore,
e si rivolge al coro.


nunzio
Oh voi che siete il sommo onor di questa
terra, che scempî ascolterete, che
scempi vedrete! Quanto lutto il vostro
1220sarà, se pur, com’è giustizia, amate
la progenie di Làbdaco! lo ben credo
che né l’Istro, né il Fasi mai potranno
questa casa lavar, purificarla
degli orror’ che rinserra! E presto il male
1225al giorno si parrà: parrà spontaneo,
non mal suo grado: e piú gli affanni crucciano
che per libera scelta eletti sembrano!
corifeo
Nulla, a quelli ch’io so, manca per essere
ben pietosi: e tu, che dici a giunta?
nunzio
1230La piú grave parola a dire, a intendere:
Giocasta, sangue dei re nostri, è spenta!

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corifeo
Misera! E autor chi fu della sua morte?
nunzio
Ella si uccise. Ma di ciò che avvenne
manca il piú crudo: ché la vista manca.
1235Pur, quanto la memoria ancor mi vale,
i tormenti saprai di quella misera.
Come, in preda al furore, essa il vestibolo
ebbe varcato, al letto nuziale
súbito corse, con ambe le mani
1240strappandosi le chiome; e, appena entrata,
serrò l’uscio di dentro, ed invocò
Laio, lo sposo da gran tempo spento,
e la memoria degli antichi amplessi
ond’ei fu morto, e lei lasciò, che al figlio
1245suo generasse un’infelice stirpe:
e al talamo imprecava, ove uno sposo
generò da una sposa, e figli, oh misera!,
da un figlio. — Ignoro come poi fu spenta:
ché irruppe urlando Edipo, e per sua causa
1250veder la sorte non potei di quella;
ma volte le pupille ebbi a lui solo,
che s’aggirava per le stanze; errava,
e un ferro ci chiedeva, e dove fosse
la sua sposa non sposa, il campo duplice
1255ove esso e i suoi figliuoli ebbero vita.
Ed al furente un Nume la mostrò,
niun di quanti mortali presso gli erano.
Con un ululo orrendo s’avventò,
come se alcuno lo guidasse, contro

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1260la doppia porta, e i cardini dai perni
divelse, e nella camera piombò;
e quivi a bende tortili si vide
la donna appesa. Ed ei, come la scòrse,
con un orrendo mugolo, meschino,
1265calò la salma appesa. E poi che a terra
giacque, vedemmo un orrido spettacolo.
Le fibbie d’oro onde sostegno avevano
le vesti della donna, svelse, ed alte
le sollevò su le pupille, e in queste
1270le conficcò, perché, disse, mai piú
non vedessero i mali ond’ei fu reo,
né quelli che patí, ma d’ora innanzi,
solo nel buio in quelli si affiggessero
che non dovean veder, né conoscessero
1275chi conoscer bramavano. Cosí
impreca, ed una volta, e piú, solleva
le palpebre, e le fora; e le pupille
sanguinolente bagnano le guance:
né dalla strage umide stille sprizzano,
1280ma negra pioggia e grandine sanguigna
scrosciano insieme. — Questi mali ruppero
non già da un solo, anzi da due: comuni
alla sposa e al consorte. Ahi! Fu l’antica
vera felicità; ma ora, gemiti,
1285morte, sciagura, vituperio, cerca
quanti nomi ha sciagura, e niuno manca.
corifeo
Oh, sventurato! Ed ora, ha tregua il male?

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nunzio
Grida ch’apran la porta, e che alcun mostri
ai Cadmèi tutti quei che il padre uccise,
1290quei che la madre — orribili parole
diceva, ed io non le dirò — per essere
discacciato da Tebe, e non restare
nella sua casa, ad attirarvi il male
ch’egli imprecò. Ma di sostegno e guida
1295ora ha bisogno: il mal sue forze supera.
E da te presto lo saprai. Le porte
s’aprono già. Vedrai tale spettacolo
che l’odio stesso ne avrebbe pietà.