Donne illustri/Donne illustri/Giovanna d'Arco
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elfino; io son figlia d’un pastore e il mio ingegno non fu ammaestrato in nessuna arte. Il Cielo e la Madre delle grazie si piacquero ad illuminare il mio basso stato. Ecco: mentre io parava i miei teneri agnelli e teneva il viso all’abbronzante calor del sole, la Madre di Dio degnò apparirmi, ed in una visione piena di maestà m’impose di abbandonare il mio vile ufficio e liberare il mio paese dalle calamità che lo travagliano. Mi promise il suo aiuto e mi affidò della riuscita. Ella si rivelò in tutta la sua gloria, e mentre prima io era bruna e nera, coi lucidi raggi ch’ella trasfuse in me, mi fe’ beata della bellezza’ che voi vedete. Fammi tutte le domande che vuoi ed io risponderò senza
pensarvi sopra. Prova il mio coraggio in battaglia, e vedrai che io son superiore al mio sesso. Credimi; sarai fortunato se mi accetti a tua compagna in guerra.»
Così parla Giovanna d’Arco a Carlo VII nella tragedia di Shakespeare; Carlo la prova con l’arme in mano e la dichiara un’Amazzone, combattente con la spada di Debora. Egli le si offre ad amico. Giovanna risponde: il mio cómpito viene dal cielo ed è sacro: Io non debbo cedere ai riti d’amore.
Questa era la condizione della invincibilità della vergine: non cedere ad amore — il che è divinamente espresso nelle parole della Madre di Dio a Giovanna nella tragedia di Schiller:
Di maglie vestirai la tua persona
E d’usbergo pesante il molle petto.
Al virgineo tuo cuor non si perdona
Arder in fiamma di terreno affetto.
Non t’ornerai di nuzial corona
Nè berrà del tuo latte un pargoletto,
Ma sarai per famose opre di guerra
Fra le figlie d’Adamo inclita in terra.
È un obbligo sublime: la purità, non solo della vita, ma del cuore. Di fatti, finché Giovanna rimane nella religione eterea dell’amor di Dio e della patria, opera miracoli.
Gl’Inglesi avevano in mano più che mezzo il regno di Francia. Il possente re di Borgogna era con loro. Carlo VII era animoso, ma accasciato tra i piaceri. Da principio prese alcune città forti, ma poi perdè la battaglia di Verneuil nel 1424. I Dunois, i Lahire, i La Trémouille erano valorosi cavalieri, ma pessimi generali. Ogni speranza parea svanita. Orleans era per rendersi. Ed ecco la figlia del contadino Jacopo, che fino ai diciott’anni aveva atteso a pascer le pecore (era nata a Domrémy nel 1409) in una visione è chiamata a liberare la Francia; va a Carlo VII nella sua piccola corte di Chinon; Io convince della sua divina missione; le danno alcuni soldati ed in otto giorni libera Orleans, la sola città di momento che non fosse in mano ai nemici. Prende poi altre città, vince Talbot a Patay, e tratto il re a Reims a traverso ottanta leghe di paese nemico, lo fa consacrare il 17 luglio 1429. L’anno dopo entra in Compiègne, assediata dagl’inglesi e dai Borgognoni, e il 24 maggio in una sortita cade in mano del duca di Borgogna. Consegnata agl’inglesi, questi la fecero condannare per maliarda da un tribunale composto di nove dottori della Sorbona e di trentacingue abati e monaci, presieduto da frate Martino vicario dell’Inquisizione e da Cauchon, vescovo di Beauvais, creatura di Enrico V d’Inghilterra. «Essendo da Inglesi accusata per maga e per superstiziosa cristiana, dice il nostro vecchio storico Paolo Emilio Veronese, fu posta nel fuoco ad ardere (a Rouen il 30 maggio 1431), essendone li stessi suoi nemici giudici e non avendo quasi niuno ardire di aprir bocca in defensione di questa sventurata.» Carlo VII fece rivedere il processo e il papa Calisto rendè l’onore alla sua memoria.
La poesia fu ingiusta come l’Inquisizione. — Shakespeare la fa non solo maliarda, ma lasciva snaturata, mentitrice di una nascita illustre, tanto ch’ella rinnega il povero padre che la rivede piangendo. Egli fa che per evitare il fuoco si accusi incinta e calunnii or l’uno or l’altro del suo disonore
There were so many, whom she may accuse.
Si arda, si arda, egli esclama, che l’impiccarla è poco. Schiller espiò la colpa di Shakespeare, scusabile per le parzialità inglesi, più di Voltaire che mise l’eroina alla gogna di un perverso poema. Schiller fa ch’ella cada in amore del capitano inglese Lionello e perda ogni virtù e muoia di una ferita riportata in battaglia. Ai nostri dì fu indïata dalla storia e dalla poesia di Southey e Soumet; ed ora, se vi fosse qualche fede, sarebbe implorata dai Francesi ne’ loro travagli.
Si vede però esser vecchia l’usanza d’invocar Dio a pretesto delle iniquità e crudeltà umane. Ora un popolo pretesse le ragioni di giustizia e di moralità alle sue brame di oltrepotenza e di conquista. — La Provvidenza è chiamata a consacrazione della violenza ed a scusa del sangue. Così all’assedio di Siena nel 1555 il marchese di Melegnano, con quel martello in foggia d’accetta, che soleva portare quasi sempre in campo, sì per arme come per sostegno suo, essendo vecchio e zoppo alquanto, visitando ogni mattina l’esercito, dicendo la corona, ammazzava quando uno e quando altro de’ vivandieri, che tratti dal guadagno si arrischiavano a condur vettovaglie secretamente nella città assediata1. Era giudice e carnefice, e, più felice di Guglielmo il pio, aveva la Provvidenza presente ed aiutante nella corona.