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Madama de Stäel

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PP
prima di George Sand non v’era nome più grande nelle lettere francesi di quello di Madama de Stäel. Nel romanzo, nella critica, nelle questioni politiche non aveva pari. Ora nel romanzo, è affatto ecclissata, sebbene Corinna non sia tutto entusiasmo fattizio, e Delfina, non ostante l’odiosità di uno dei principali caratteri e le lungaggini, rattenga l’animo del lettore per molte osservazioni acute ed originali. Ma ella cede alla Sand quanto il talento al genio, il sentimento alla passione, l’enfasi all’eloquenza. Nella critica altresì ella fu superata; ma l’Allemagna, oltre il pregio di avere trasfuso un nuovo sangue nella critica francese, è ricca di studi e d’intuiti felici, e, per dirlo alla moderna, fa epoca. [p. 36 modifica]

Nelle questioni politiche, le sue Considerazioni sulla Rivoluzione francese sono insieme sode ed argute e degne della figlia di Necker. Imperocché non si può negare sodezza di pensiero a questo gran ministro, quantunque sia avvolta in molta pedanteria, vena abbondevolissima nella sua moglie Curchod, come anche non fè fallo al Gibbon, primo vagheggiatore di lei, e solo l’incredibile vivacità di Madama de Stàel riuscì a temperare questo funesto dono ereditario.

La sua guerra con Napoleone I non ebbe mai tregua. Il gran conquistatore non potea vendicarsi dei detrattori della sua gloria come Alessandro, a tavola, uccidendoli. Egli si ricattava con l’interdirle Parigi, di cui ella amava, più che le splendide capitali straniere, il rigagnolo della via du Bac. Più grande nella conversazione che negli scritti, ella non trovava pace e soddisfazione alla voracità del suo ingegno, che in quell’Etna di spirito che si chiama Parigi, e i valenti letterati ch’ella aveva attorno a Coppet non le bastavano. Diffatti a Parigi, come in Atene, lo spirito circola nell’aria, ed anche gli sciocchi ne inspirano una certa quantità e fanno una certa figura. Quanti appendicisti ne vivono, anche in Italia! Ella vide a terra il nemico, e quando nei cento giorni, cammuffatosi da sovrano costituzionale, la richiamava, dicendole che allora si trovavan d’accordo, rispose: so bene ch’egli non ama la costituzione più che ei faccia me. Caduto di nuovo, ella lagrimò del proprio trionfo, vedendo mutato lo scettro del despota nel flagello dell’invasione. Questa donna, non bella, ma non invida delle belle, (fu tenerissima della maravigliosa Récamier) sentì più volte la potenza d’amore, e già ben oltre con gli anni s’innamorò in un giovane [p. 37 modifica] ufficiale italiano, certo Rocca, scrittore anch’egli, ch’ella sposò segretamente. Il suo primo marito fu il Barone di Stäel-Holstein, ambasciatore di Svezia in Francia, che risedette a Parigi sino al 1799 e morì il 1802. La Stäel v’era nata il 22 aprile 1766 e vi morì il 14 luglio 1817. Dieci anni dopo morì suo figlio il Barone di Stäel, nato a Coppet nel 1790. Sua figlia sposò il Duca di Broglie. Nel suo nipote, il giovane duca di Broglie, rivive ora la mente soda di Necker, ma aiutata da migliore erudizione, e l’ingegno di Madama di Stäel, ma con una luce un po’ annacquata. Secondo il Sainte-Beuve, la Stäel aspetta ancora, come scrittrice, la sua risurrezione.