Discorso sul testo della Commedia di Dante/XV
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XV. Quell’affannosa, contenziosa, boriosa indagine delle date, che riduce molte storie italiane a volumi di controversie cronologiche, guasta l’ordine degli avvenimenti; e pare lo strepito di certi maestri di musica, i quali per ostentare la loro precisione nell’arte, ti picchiano le battute col loro bastone, e soverchiano i suoni di tutta l’orchestra. La irreligione e la superstizione per l’esattezza de’ tempi riescono egualmente dannose e ridicole. Se tu travolgi l’ordine cronologico di più fatti pendenti l’uno dall’altro, la cagione ti pare effetto, e l’effetto cagione; e tu ragioni su le umane cose a traverso. Ma l’armonia de’ fatti e de’ tempi è peggiormente confusa dalla ostinazione d’accertare l’anno, il mezz’anno, il mese, e spesso il giorno de’ fatti di generazioni sepolte alcuni secoli addietro. Ogni qualvolta le minime frazioni de’ tempi non si palesano a’ posteri a un tratto e spontanee, resistono più fatali a chiunque più s’affatica a vederle; e non sì tosto ei ne sbaglia una sola e la tiene per certa, ei di certo vi accomoda avvenimenti, argomenti, conseguenze e sistemi, che quanto più sembrano ragionevolmente desunti dalla immutabile serie degli anni, tanto più inducono il mondo in errori ed in eterna perplessità. Il non voler mai stare contenti alle epoche note, e l’indicarne alcune ignotissime, e fondarvi edificj di storia e di critica, è una delle ambizioni de’ professori di erudizione. Taluni contesero che il Codice di Giustiniano fosse compilato a’ tempi de’ primi Imperadori, prima delle Epistole dell’Apostolo delle Genti, e degli Evangelj; perchè in tutti quei volumi di leggi e commenti non v’è parola, nè traccia di religione cristiana1. Or s’altri dicesse, che le Epistole e gli Evangelj furono compilati dopo il regno di Giustiniano, chi parlerebbe più assurdamente? Un verso del libro sesto dell’Iliade basta a Wolfio, non solo a dare corpo, forza ed armi alla ipotesi del Vico, che Omero non abbia scritto poemi, ma inoltre a desumere in che epoca della civiltà del genere umano fosse incominciata l’Iliade, e in quanti secoli, e per quali accidenti fosse continuata e finita, forse per confederazione del caso e degli atomi d’Epicuro. Heyne, disponendo fatti, tempi e argomenti a cozzar fra di loro, forse per investire la filologia del diritto di asserire e negare ogni cosa, indusse il pirronismo nell’arte critica; e chi lo consulta,
mussat rex ipse Latinus |
Al caso e agli atomi di Wolfio e al pirronismo di Heyne si aggiunse con alleanza stranissima lo stoicismo affermativo di Payne Knight, illustratore recente di Omero; e incomincia: — Octogesimo post Trojam captam anno, Mycenarum regnum tenente Tisameno, Orestis filio jam sene, magna et infausta mutatio rerum toti Græciæ oborta est ex irruptione Dorum2: — e dalla irruzione de’ Doriesi, i quali costrinsero molto popolo Greco a rifuggirsi nell’Asia minore, la storia critica della lingua e della poesia omerica, e l’epoca e l’indole e la fortuna, finora ignotissime, del poeta, sono dedotte con arte e dottrina e perseveranza, e afiermate con la dignità d’uomo che sente di avere trovato il vero. Onde taluni che non possono persuadersi mai della probabilità di que’ fatti, si sentono convinti alle volte dagli argomenti, e ascoltano con riverenza lo storico, al quale non possono prestar fede.