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148 discorso sul testo del poema di dante

una delle ambizioni de’ professori di erudizione. Taluni contesero che il Codice di Giustiniano fosse compilato a’ tempi de’ primi Imperadori, prima delle Epistole dell’Apostolo delle Genti, e degli Evangelj; perchè in tutti quei volumi di leggi e commenti non v’è parola, nè traccia di religione cristiana1. Or s’altri dicesse, che le Epistole e gli Evangelj furono compilati dopo il regno di Giustiniano, chi parlerebbe più assurdamente? Un verso del libro sesto dell’Iliade basta a Wolfio, non solo a dare corpo, forza ed armi alla ipotesi del Vico, che Omero non abbia scritto poemi, ma inoltre a desumere in che epoca della civiltà del genere umano fosse incominciata l’Iliade, e in quanti secoli, e per quali accidenti fosse continuata e finita, forse per confederazione del caso e degli atomi d’Epicuro. Heyne, disponendo fatti, tempi e argomenti a cozzar fra di loro, forse per investire la filologia del diritto di asserire e negare ogni cosa, indusse il pirronismo nell’arte critica; e chi lo consulta,


                                        mussat rex ipse Latinus
Quos generos vocet, aut quæ sese ad fœdera flectat.


Al caso e agli atomi di Wolfio e al pirronismo di Heyne si aggiunse con alleanza stranissima lo stoicismo affermativo di Payne Knight, illustratore recente di Omero; e incomincia: — Octogesimo post Trojam captam anno, Mycenarum regnum tenente Tisameno, Orestis filio jam sene, magna et infausta mutatio rerum toti Græciæ oborta est ex irruptione Dorum2: — e dalla irruzione de’ Doriesi, i quali costrinsero molto popolo Greco a rifuggirsi nell’Asia minore, la storia critica della lingua e della poesia omerica, e l’epoca e l’indole e la fortuna, finora ignotissime, del poeta, sono dedotte con arte e dottrina e perseveranza, e afiermate con la dignità d’uomo che sente di avere trovato il vero. Onde taluni che non possono persuadersi mai della probabilità di que’ fatti, si sentono convinti alle volte dagli argomenti, e ascoltano con riverenza lo storico, al quale non possono prestar fede.

XVI. Questo Payne Knight era uomo di forte intelletto; di non vaste letture, ma che parevano immedesimate ne’ suoi pensieri e raccolte non tanto per nudrire i suoi studj, quanto per essere nudrite dalla sua mente. Era nuovo e luminosissimo in molte idee; e quantunque ei potesse dimostrarne alcune e ridurle a principj sicuri, intendeva che tutte fossero assiomi ai quali non occorrono prove; e dalle conseguenze ch’ei ne traeva, escludeva inflessibile qualunque eccezione; ond’erano inappli-

  1. Brunquelli, Hist. Juris, Diss. præl., sect. 42.
  2. Carmina Homerica a Rhapsodorum interpolationibus repurgata et in pristinam formam, quatenus recuperanda essel, tam e veterum monumentorum fide et auctoritate, quam ex antiqui sermonis indole ac ratione, redacta.