<dc:title> Discorso sul testo della Commedia di Dante </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Ugo Foscolo</dc:creator><dc:date>1826</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Ultime lettere di Jacopo Ortis.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Discorso_sul_testo_della_Commedia_di_Dante/VI&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20141126181753</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Discorso_sul_testo_della_Commedia_di_Dante/VI&oldid=-20141126181753
Discorso sul testo della Commedia di Dante - VI Ugo FoscoloUltime lettere di Jacopo Ortis.djvu
[p. 140modifica]VI. Il Genio nasce oggi sì come allora; meno infrequente, e più vigoroso ove gli organi dell’animale umano crescono favoriti dal clima. Credo che in alcuni individui gli organi intellettuali siano, non pure temprati di vigore sommo ed egualmente proporzionato, ma velocissimi ne’ loro moti e di mobilità inconcepibile, e tuttavia in equilibrio perpetuo fra loro. Quindi i varj poteri dell’anima cospirano simultanei a radunare affetti, reminiscenze, riflessioni, immagini e suoni, forme e colori, e combinando tutte le idee in guise diverse e nuovissime le fanno presumere creazioni. Certo, ad ogni pensiero ed immagine che il poeta concepisca, ad ogni frase, vocabolo sillaba ch’ei raccolga, muti o rimuti, esercita a un tratto le facoltà tutte quante dell’uomo. E mentre sente le passioni ch’ei rappresenta, e riflette sugli effetti dell’arte, e medita la verità morale che ne risulta, l’orecchio suo pendendo attentissimo dalle minime dissonanze o consonanze delle parole, congiunge la melodia all’armonia ne’ suoni dell’alfabeto con proporzioni esattissime di modulazioni nelle vocali, e di articolazioni nelle consonanti, e l’occhio suo vede, e guarda, ed esamina tutti i fantasmi e le loro forme e i loro atteggiamenti, e le scene ch’ei vuole creare e animare: e sembrano ispirazioni. La velocità di produrre fors’è la prima; ma la paziente longanimità a perfezionare non fu mai dote seconda, o divisa dal Genio. L’impeto e l’affluenza incredibile de’ pensieri lo sollecita e insieme lo lascia perplesso intorno alla disposizione e alla scelta. Quindi i pentimenti, le correzioni senza [p. 141modifica]fine, i miglioramenti, e le incontentabili cure, le quali talora fanno presumere che l’attitudine di immaginare sia mal secondata dalla facilità di eseguire. Ma il sommo della immaginazione poetica sta nel vedere e tentare una perfezione che ad altri non è dato d’intendere nè ideare.