Discorsi di guerra/Capitolo I
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CAPITOLO I.
Il Deputato Boselli e la Guerra
Non rientra nel compito di modeste note illustrative l’esposizione di quell’intreccio di avvenimenti, di quell’insieme di ragioni, di quel complesso di sentimenti che determinarono l’Italia a prendere il suo posto nella guerra mondiale.
Ci limitiamo perciò a notare soltanto i dati di fatto degli eventi grandiosi e mirabili ai quali si riconnette il periodo più fulgido della vita politica di Paolo Boselli.
∗ ∗ ∗
Siamo nel Maggio 1915.
Volontà di popolo, sapienza di Governo, necessità di cose indussero il Gabinetto Salandra a denunziare il 4 maggio il trattato della triplice alleanza.
Gli avvenimenti precipitarono. La dichiarazione di guerra all’Austria appariva, ogni giorno di più, fatale e prossima.
Nella ripresa dei lavori parlamentari, il 20 maggio 1915, il Presidente del Consiglio, On. Salandra, nelle brevi, incisive comunicazioni del Governo presentava alla Camera dei Deputati un disegno di legge per il conferimento al Governo del Re di poteri straordinari in caso di guerra.
Egli chiedeva che il disegno di legge fosse deferito all’esame di una Commissione da nominarsi dal Presidente della Camera e che la Commissione si radunasse e riferisse in quello stesso giorno.
Il Presidente della Camera On. Marcora, dopo che la Camera ebbe approvato la proposta del Presidente del Consiglio, annunziò che la Commissione era composta di 18 membri e cioè degli On. Boselli, Luigi Luzzatti, Guido Baccelli, Coccu-Ortu, Compans, Camillo Finocchiaro-Aprile, Guicciardini, Barzilai, Bettolo, Pantano, Aguglia, Leonardo Bianchi, Credaro, Dari, Turati, Arlotta, Bissolati e Meda.
Intanto il Ministro degli Esteri, On. Sonnino, presentava, in quella seduta, i documenti diplomatici riguardanti i rapporti fra l’Italia e l’Austria Ungheria dal 9 dicembre 1914 al 4 maggio 1915 (libro verde).
Subito dopo il Presidente della Camera poneva in votazione la proposta del Presidente del Consiglio, che, qualora la Commissione riferisse oralmente, la Camera avesse ad esaminare e discutere in quello stesso giorno l’accennato disegno di legge.
Tale proposta, a termini del regolamento, doveva essere votata a scrutinio segreto e, per essere approvata, doveva riportare 3/4 dei voti favorevoli.
Si procedette alla votazione segreta sulla proposta di discutere immediatamente il disegno di legge e il risultato fu il seguente:
Votanti | 421 |
Voti favorevoli | 367 |
Voti contrari | 54 |
La seduta fu sospesa per dar modo ai Ministri di recarsi in Senato e alla Commissione di compiere il suo esame sul disegno di legge, e fu poi ripresa alle ore 17.
Il Presidente della Camera invitò l’On. Boselli, Presidente e Relatore della Commissione, a recarsi alla Tribuna per dare lettura della sua relazione.
Il resoconto stenografico delle discussioni parlamentari porta la seguente nota: «La Camera applaude vivamente l’On. Presidente della Commissione mentre egli si reca alla tribuna».
E si comprende. In quell’ora storica, nel profondo senso di responsabilità e nel medesimo tempo nel fervido entusiasmo di italianità che pervadeva la Camera, non poteva questa non comprendere tutto il significato ideale del fatto che fosse stato chiamato a riferire su quel disegno di legge l’uomo illustre che, in una vigorosa vecchiezza, dopo 45 anni di ininterrotto mandato parlamentare, prendeva quel giorno la parola a rappresentare i sentimenti non soltanto della Camera dei Deputati ma del popolo italiano.
Parve che in quel giorno tutti i grandi del nostro risorgimento parlassero per bocca dell’On. Boselli.
Egli tra l’attenzione vivissima, come nota il resoconto parlamentare, degli Onorevoli Deputati, tenne il seguente discorso:
BOSELLI, presidente della Commissione e relatore (segni di vivissima attenzione). Onorevoli colleghi! La Commissione, per la quale ho l’onore di riferirvi, vi propone, con voto unanime, (Vivissimi e prolungati applausi) di approvare il disegno di legge presentato dal Governo del Re.
Ne sono palesi le ragioni, ben giustificati i provvedimenti, ed esso concerne quanto occorra in caso di guerra e durante la guerra per i supremi intenti della difesa del paese, per i bisogni urgenti e straordinari dell’economia nazionale e anche, con ogni mezzo necessario e straordinario, per la vita finanziaria dello Stato.
Così questo disegno di legge viene suggellando efficacemente l’opera del Governo, cui fu consiglio la voce della patria, cui fu scorta il sentimento della dignità nazionale. (Vivissimi e prolungati applausi).
In quest’ora fatidica, che ci stringe in un proposito solo, ardente e forte, il vostro voto, onorevoli colleghi, sarà nuova affermazione, incomparabilmente solenne, della fede, invincibile e sicura, nel diritto e nelle glorie, della patria. (Vivissimi applausi).
Di qui muoverà oggi il grido della concordia (Benissimo!) vittoriosa in nome dell’Italia e del Re; e il paese seguirà questo grido, e quando per tutte le terre della Patria si darà ai venti la bandiera «Italia e Vittorio Emanuele», (Vivissime approvazioni) tutto il popolo italiano avrà un solo volere e un solo cuore. (Applausi).
Troppo lungamente al dolore delle genti italiane, divelte dall’Italia per le usurpazioni della forza e per lo strazio delle nazionalità (Vivissimi, entusiastici applausi — La Camera, sorgendo in piedi, grida: Viva Trento e Trieste! Viva l’Italia! Viva il Belgio!), al dolore di quella gente supremamente italiana per i decreti della natura, per la perpetuità della lingua, per il genio del pensiero, per i vincoli della storia, (Applausi) troppo lungamente rispondemmo colla parola delle speranze: e tempo è ormai di rispondere colla promessa della liberazione. (Vivissimi, prolungati, entusiastici applausi — Grida rinnovate di: Viva l’Italia!).
Sarà gloria di questa Camera, la prima eletta dal suffragio popolarmente esteso, l’aver voluto, coll’entusiasmo e colla sapienza degli ardimenti patriottici, il compimento dei destini nazionali e la difesa del diritto di nazionalità. (Applausi).
Felice la gioventù italiana risorta alle fervide idealità! (Bravo!) E noi vecchi benediciamo Iddio nella commozione di questi giorni, che così potentemente richiamano i giorni di Solferino, di Calafatimi e di Bezzecca (Applausi), e a noi pare che tornino in quest’Aula gli spiriti grandi dei fattori della redenzione e dell’unità nazionale a salutare con noi i tanto invocati e sospirati eventi. (Vive approvazioni).
È ventura nostra affidare le nostre deliberazioni ai soldati italiani (Vivissimi, prolungati applausi - Grida di: Viva l’esercito!), che sentono l’impazienza dei valorosi e la cui virtù agguaglia ogni cimento; affidare le nostre deliberazioni ai marinai italiani, (Vivissimi, prolungati applausi - grida reiterate di: Viva l’Armata!) più forti delle fortissime navi, i quali anelano di dimostrare come nelle pieghe del vessillo tricolore rifulga ancora e sempre la insegna vittoriosa di San Marco e di San Giorgio. (Applausi).
L’esercito e l’armata guardano al Re (Applausi) e ne traggono esempio di coraggio sereno, saldo, degno della sua stirpe, esempio di patriottismo italiano temperato al genio dei tempi e al sentimento della nazione. (Vivissimi, reiterati applausi — Ministri e deputati sorgono in piedi al grido di: Viva il Re!).
L’esercito e l’armata mirano al Campidoglio fulgente, mirano a Roma, nata a tutte le missioni della civiltà, a Roma, dove dall’epopea sempre viva del Gianicolo alle tombe sempre ispiratrici del Pantheon risplende ed arde la fiamma sacra ed immortale della italianità, auspicatrice di secoli nuovi per tutte le genti civili.
Viva il Re! Viva l’Italia!
(Vivissimi, entusiastici, reiterati applausi. — La Camera, sorgendo in piedi grida ripetutamente: Viva il Re! Viva l’Italia! — Quando l’onorevole presidente della Commissione lascia la tribuna è di nuovo calorosamente applaudito).
Molte voci. Chiediamo l’affissione di questa relazione in tutti i Comuni. (Approvazioni - Commenti).
PRESIDENTE. Come la Camera sa, non vige presso di noi disposizione di legge o di regolamento, che permetta l’affissione obbligatoria di discorsi pronunziati nel Parlamento. Tuttavia farò eccezionalmente tutto quanto mi sarà possibile perchè il desiderio manifestato dai colleghi sia soddisfatto. (Benissimo ).
Iniziata la discussione parlarono, nella memorabile seduta, gli Onorevoli Barzilai, Turati, Ciccotti.
Dopo di che si procedette alla votazione segreta, alla quale in via eccezionale volle prendere parte anche il presidente On. Marcora e si ebbe il seguente risultato:
Presenti | 482 |
Votanti | 481 |
Maggioranza | 241 |
Voti favorevoli | 407 |
Voti contrari | 74 |
Astenuti | 1 |
La Camera fu riconvocata a domicilio ed il Governo, forte del consenso del paese e del Parlamento, dichiarava all’Austria-Ungheria quella guerra che, iniziata il 24 maggio 1915, era diretta a riaffermare il diritto della gente italica ad essere sé stessa anche in quelle regioni sulle quali gravava da secoli la mano rapace e crudele di un ostinato e truce nemico.
* * *
I suoi sentimenti circa la guerra italiana l’Onorevole Boselli ebbe a manifestare anche al Consiglio provinciale di Torino del quale fa parte da circa mezzo secolo e del quale da più di trentasei anni è Presidente.
II 14 Giugno 1915 quel consesso deliberò di dare un contributo per l’assistenza civile.
In tale occasione l’Onorevole Boselli pronunziò il seguente discorso nel quale è notevole la stringatezza e la vigoria del ragionamento circa la decadenza della triplice alleanza ed è mirabile lo slancio ideale che lo domina:
Presidente: S. E. BOSELLI. Viene ora in discussione il num. 4 dell’ordine del giorno: Contributo della Provincia per attenuare il disagio economico derivante dalla guerra.
La Commissione di finanza è d’accordo con le conclusioni della Deputazione, la quale propone che il consiglio deliberi di mettere a disposizione un fondo di lire duecentomila allo scopo di attenuare il disagio economico derivante dalla guerra.
Il Comm. Borgesa, per la Deputazione, espose con alto pensiero e con viva eloquenza la proposta, a cui l’on. Frola, per la Commissione di finanza, diede ispirato e vigoroso plauso, ed a cui non falliranno i vostri suffragi per dovere sociale, per patriottico sentimento.
La cifra, si idealizza — secondo lo spirito che la informa - — e l’animo nostro si rivolge commosso e plaudente ai soldati italiani che, con tanto entusiasmo, mirabilmente combattono e vincono (Applausi).
Mentre noi affermiamo la concordia civile, mentre noi promuoviamo la cooperazione della fraternità e del lavoro, essi, essi tutti, che sono il fiore del popolo italiano, con una sola idea liberatrice, con un solo intrepido cuore, assicurano la vita del diritto e compiono l’indipendenza nazionale. E sia domestico orgoglio se i figli del Piemonte, sin dai primi cimenti, si mostrarono degni della loro gente e della storia loro (Bene!).
Appare in mezzo alle schiere, nell’ora dei forti, appare, sulle contrastate vette, il Re d’Italia, colla serenità dell’ardimento, colla fede eccelsa ed ispiratrice nei destini della patria, col senso popolare che impronta tutto il suo regno. Da Torino Carlo Alberto portò per la prima volta, con gloria maggiore della fortuna, il tricolore alla Lombardia e alla Venezia; lo porterà Vittorio Emanuele III con gloria vittoriosa da Trieste a Trento, da Fiume a Zara, a tutta la Venezia ricomposta secondo la lingua e la storia; e cadrà per sempre distrutta l’iniqua opera di Campoformio (Applausi).
Credemmo, onorevoli colleghi, credemmo, col senso della civiltà italica, che è romanamente latina e universale, che si instaurasse il regno della ragione tra tutte le genti civili, che si serbasse veramente umano il consorzio fra le Nazioni, che dovunque il diritto di nazionalità fosse sulla via del giusto riconoscimento. Quando altri si levarono a smentire questa nostra fede di civiltà e di progresso, l’Italia non poteva più rimanere al loro fianco: il suo posto era diversamente segnato dai nostri pensatori, dalle nostre tradizioni, dall’anima italiana formata di coscienza giuridica e di idealità inestinguibili. Ogni vincolo di alleanza è disciolto quando ogni virtù di principii, ogni vincolo di diritto è spezzato e disperso (Benissimo!).
Noi confidammo in un’alleanza fatta a guarentigia e a difesa della patria. L’Austria mirò sempre a giovarsene come di presidio e di argomento a sostegno delle sue imprese di dominazione. Nè frenò una prima volta l’Italia l’impeto conquistatore; ma da che nello scorso anno il cozzo delle armi fu repentinamente voluto, cadde da sè, per rispetto all’Italia, per intrinseca ed effettiva fallacia, l’alleanza sorta a schermo della pace e così tramutata, per arbitrio altrui, in propagazione di guerra (Applausi).
Oh! lo seppe troppe volte il Piemonte come l’Austria formi i patti e li tradisca! e con quante insidie essa avvolse questo paese e i principi suoi.
Tentò l’Austria, sul finire del secolo decimottavo, disfare l’opera italiana della Casa di Savoia ricacciandone la potenza oltre le Alpi, e fu, in quei tempi procellosi e infelici, tarda e perfida alleata.
Intese, or fa un secolo, al Congresso che fe’ scempio delle Nazioni, intese ad umiliare i Sovrani del Piemonte, a restringere i confini del loro regno, e ad assidersi militarmente in queste contrade; volle sconvolgere la successione dinastica per svellere ogni liberale speranza; con Maria Teresa diede alla restaurazione oscuri colori e odiose tendenze; e la tracotanza minacciosa di Radetzki avrebbe oppresso la libertà del Piemonte se il Re Galantuomo non poneva a repentaglio la Corona, anzichè violare le istituzioni giurate: dal che provenne lo splendore del suo regno e la redenzione d’Italia (Applausi).
Qui Silvio Pellico raffigurò i patimenti che l’Austria suol apprestare a chi pensa per l’Italia; qui nel grido italico di Cesare Balbo risuonò il «porro unum necessarium», cioè la suprema necessità di liberare compiutamente l’Italia dall’Austria (Benissimo!).
Il momento della compiuta liberazione è ormai giunto; e presto, colla gloria del Diritto e della Patria, tornerà la pace del lavoro, la pace dei domestici focolari.
Oggi dalle più umili case alla reggia vi sono ansie di spose e di madri. Ma sono forti le donne italiane. A tutte il nostro saluto di amore e di augurio: a quelle segnatamente cui è più che raddoppiata la fatica dei campi e reso più scarso il compenso, a quelle che in ogni maniera di lavoro e di disagio più stentano e più soffrono.
Mirino tutte le donne italiane all’augusta Regina, pietosa nelle opere consolatrici, consapevole, per virtù della sua stirpe, delle lotte sublimi onde si suggella l’indipendenza dei popoli: mirino all’augusta Madre, alla figlia del cavalleresco eroe di Peschiera, la quale, perchè sa tutte le ispirazioni del genio italico, sente tutti gl’impulsi delle rivendicazioni nazionali (Approvazioni).
In quella che i nostri alpini rinnovano i miracoli loro, e le nostre artiglierie formidabili incalzano, e i cavalieri di Montebello risalgono in sella, e il nerbo delle milizie indomito si avanza, e i nostri marinai confidano all’Adriatico l’invocazione delle gesta gloriose, sembra, onorevoli colleghi, che una visione di poesia italiana accenda il nostro pensiero. E Antonio Rosmini benedice da Rovereto, e gli echi risvegliano i canti di Giovanni Prati, e Niccolò Tommaseo attende in Dalmazia (Benissimo!).
Nè è tutta fantasia, onorevoli colleghi. Sono memorie codeste che significano ed affermano l’italianità perpetua del genio e della stirpe. Sono memorie che si accordano colla felice vocazione dei giorni nostri, nei quali tutta la gente italiana sarà perpetuamente unita nella libertà della Patria (Prolungati applausi).
* * *
Sulla guerra l’On Boselli riprese la parola nella prima seduta (9 agosto 1915) della sessione autunnale dello stesso Consiglio, inviando all’Esercito il seguente saluto:
BOSELLI, presidente: Grato, sommamente grato è tutto l’animo mio al rinnovarsi della vostra fiducia, tanto ambita per l’alto ufficio che mi onora, tanto cara per l’affetto vostro prezioso.
E crescono oggi i motivi della mia gratitudine, del compiacimento mio, perchè, eletto da Voi e interprete vostro, mi è dato rivolgere il saluto della Provincia di Torino ai soldati italiani che gloriosamente combattono.
Soldati meravigliosi! Per il patriottico entusiasmo, per l'ardimentoso valore. Meravigliosi soldati! Non misurano i pericoli, spregiano le insidie e compiono i miracoli! Vincono dove parevano inaccessibili le asprissime vette, i formidabili ripari, dove pareva che fosse un sogno la vittoria: meravigliosi soldati! Muoiono intrepidi col nome d’Italia sul labbro, e, feriti, anelano di tornare alle concitate battaglie (Applausi!).
Vengono dessi da ogni contrada della penisola ad affermare la grande unificazione dell’eroismo nazionale, a suggellare sublimemente la unanimità dell’anima italiana per i diritti e per l’avvenire della Patria.
La tempra italiana, la tempra dell’Italia tutta appare e vale nel suo fortissimo vigore, nella generosità dei suoi impavidi impulsi. Si combatte per restituire alla Patria le terre involate, si combatte per la dignità civile e politica dell’Italia nel mondo (Bene!).
La virtù latina passa dal dominio della tradizione classica alla testimonianza di luminosi eventi. La civiltà umana sente che colla nuova Italia, è sorto un nuovo presidio e una nuova forza di idee e di volere, sacrata ad ogni giusta rivendicazione nazionale. L’Italia è superba dei suoi figli: il cuore della Nazione si eleva, e una nuova storia comincia (Vive approvazioni!).
Sia piena la letizia dei forti e fortunata ogni impresa. Onore a chi cadde, a chi cade recando in campo il grido liberatore delle Alpi, delle pianure, dei mari italiani! Onore di domestica gloria e di domestico cordoglio a coloro che, a prezzo del loro sangue, rinnovarono gli ardimenti del Piemonte guerriero! Nei desolati focolari, nelle ore in cui piangono le madri e le spose, irraggia l’immagine della Patria riconoscente e si propaga l’inno che suona immortale sulla tomba degli eroi (Benissimo!).
L’anima di Re Umberto, aleggiando sui futuri destini, esulta tra quelle dei valorosi morti per la grandezza della Patria ed esultano, intorno ad essa, le anime tutte dei martiri e dei combattenti che salendo i patiboli, morendo a Bezzecca, invocarono la liberazione che oggi si compie.
Da questa fatidica città che udì il grido di Carlo Emanuele I, donde due Re mossero alla riscossa contro l’oppressore straniero, l’animo nostro segue Vittorio Emanuele III col sentimento delle invitte tradizioni Sabaude, coll’ardore del sentimento italiano.
Il Re, sempre popolarmente ispirato, saldo e sapiente custode delle pubbliche libertà, auspice dei rinnovamenti sociali, è oggi mirabilmente valoroso fra le schiere dei valorosi, è oggi l’assertore sovrano, l’esempio incitatore alle magnanime gesta. (Prolungati applausi).
* * *
Una altra occasiona, nella quale l’On. Boselli fece sentire la sua voce durante il Ministero Salandra, si ebbe nella ripresa dei lavori parlamentari, nel dicembre 1915.
La Camera dei Deputati, dopo aver conferito al Governo i chiesti poteri straordinari in caso di guerra, aveva preso le vacanze.
Come è noto, la guerra all’Austria fu iniziata quattro giorni dopo e fu condotta dai nostri duci e soldati in modo mirabile, tanto che la lotta fu subito portata fuori dei confini della Patria.
La Camera riprese i suoi lavori il 1° dicembre 1915. In quella seduta l’On. Sennino, Ministro degli Affari Esteri, fece importanti dichiarazioni nelle quali annunziò che il 20 agosto avevamo dichiarato la guerra alla Turchia; che avevamo dichiarato guerra alla Bulgaria; che avevamo aderito al patto di Londra.
Nella seduta successiva si iniziò la discussione sulle comunicazioni del Governo. Vi presero parte gli On.li Pantano, Roi, Orlando S., Treves, Micheli, Lucci, Raimondo, Bianchi L., Colajanni, Calisse e Luzzatti.
A tutti rispose, nella seduta del 4 dicembre l’On. Salandra, Presidente del Consiglio e Ministro dell’Interno, che pronunziò un lungo ed elevato discorso.
Dopo di che si passò allo svolgimento degli ordini del giorno.
Tra essi ebbe importanza quello dell’On. Ciceotti così concepito:
«La Camera: udite le dichiarazioni del Governo; facendo eco al nobile sentimento pel quale il Paese non conta i sacrifici dell’arduo conflitto ed elimina ogni dissenso nell’azione; deliberata a secondare ogni idoneo sforzo pel trionfo delle più elevate ragioni di giustizia internazionale e delle più legittime aspirazioni nazionali; passa all’ordine del giorno.
L’On. Ciceotti lo svolse brevemente ma con ispirate parole.
Dopo lo svolgimento dell’ordine del giorno dell’On. Labriola si passò all’ordine del giorno presentato dall On. Boselli così concepito:
«La Camera approva la politica del Governo e passa, all’ordine del giorno».
L’On. Boselli pronunziò allora il seguente, incisivo, nobile discorso.
Il mio ordine del giorno chiede e conferma quella concordia di voti la quale, al di sopra e al di fuori delle divisioni parlamentari; al di sopra e al di fuori degli apprezzamenti contingenti, esprime l’anima della nazione che è tutta fortemente e ferventemente unita in un solo intento, in un volere solo (Applausi').
Il mio ordine del giorno si ricongiunge alla deliberazione con la quale questa Camera deliberò la magnanima impresa. Approvando la politica nazionale del Governo, confermando al Governo la nostra fiducia, noi diciamo che l’ha fin qui bene interpretata e che abbiamo fede che continuerà ad esplicare la politica nazionale con la stessa vigoria, con la stessa larghezza di idee, con la stessa decisione di propositi per l’Italia e per la civiltà con le quali ha fin qui proceduto (Approvazioni).
Noi abbiamo inteso le dichiarazioni del Governo, dichiarazioni le quali ci rassicurano che l’Italia proseguirà a sostenere impavidamente e senza fermarsi i diritti di tutte le genti italiane, e che darà all’Adriatico una nuova storia di italianità (Vive approvazioni).
Noi avvalorando questa politica, non solo corrispondiamo al mirabile patriottismo del paese, al patriottismo che tutti ci ispira, tutti ci guida, ma proseguiamo le più splendide, le più eloquenti tradizioni del Risorgimento italiano. Concedete a me, che venni in quest’aula quando era popolata da coloro che avevano, o col pensiero o col valore nell’esercito e nelle file garibaldine, creata l’èra nuova del Risorgimento nazionale, che vi dica che in questi miei vecchi anni sono commosso nel vedere come la fiamma che quegli uomini generosi ed insigni gettarono nel paese, non solo continui inestinguibile ma fu tale che oggi si è vividamente riaccesa e divampa nella Nazione nostra in tal guisa da non affievolirsi, ma da crescere sempre più e più ardente fino al giorno della vittoria per l’Italia e per la civiltà (Vivi applausi).
Vada ai nostri soldati . . . . . (Vivissimi e prolungati applausi). I deputati si alzano gridando: Viva l’Esercito!).
Vada ai nostri meravigliosi soldati l’espressione di quella gratitudine e di quella ammirazione ch’è sublime orgoglio nazionale, con la quale noi seguiamo i prodigi nuovi del loro valore in una guerra crudamente e crudelmente nuova (Approvazioni).
Il voto nostro sia come l’inno dell’esaltazione sulla tomba degli eroi (Vivi e prolungati applausi).
Vada la nostra voce ai nostri marinai, plaudente dell’opera di oggi e come presagio delle glorie del domani (Nuovi applausi). Grida di: Viva l’Armata!).
È bella ed alta cosa che mentre il Re d’Italia (Scoppio di applausi da tutti i settori ed anche sul banco dei ministri - Grida prolungate di Viva il Re!) intrepidamente combatte con tutto il popolo italiano, la Camera italiana si levi concorde ad affermare la sua fede sicura nella vittoria, il suo proposito incrollabile di conseguirla con ogni prova di valore, con ogni perseveranza di sacrifici. (Vivissimi applausi. Moltissimi deputati si affollano intorno all’oratore per congratularsi con lui).
Il patriottico intervento nella discussione dell’On. Boselli esercitò notevole influsso su molti deputati il cui animo non si trovava in completa adesione col Gabinetto Salandra.
Dopo brevi dichiarazioni del Presidente del Consiglio e dopo il ritiro degli altri ordini del giorno, l’On. Ciccotti aderì a quello dell’On. Boselli, così che la votazione nominale avvenne sull’ordine del giorno da lui presentato, sul quale il Governo aveva posto la questione di fiducia.
Il risultato della votazione fu il seguente:
Presenti |
455 |
Votanti |
454 |
Astenuti |
1 |
Maggioranza |
228 |
Risposero: Si |
406 |
Risposero: No |
48 |
* * *
Un’altra notevole manifestazione politica dell’On. Boselli si ebbe pure in quel periodo di tempo, e fu nel dicembre del 1915. Le gloriose gesta dei nostri prodi soldati riempivano il Paese di ammirazione e di fiducia, e questi sentimenti trovarono espressione nelle parole colle quali l’On. Boselli dettò l’indirizzo di augurio, per il capo d’anno 1916, a S. M. il Re’ La Camera dei Deputati, nella seduta del 12 dicembre 1915, deliberò che una Commissione nominata dal Presidente fosse incaricata di redigere tale indirizzo.
La Commissione fu così costituita: Marcora, Presidente; Rava, Segretario; Luzzatti, Pantano, Bianchi L., Dari, Bissolati, Bertolini e Boselli, Relatore.
Ecco il testo, che ben può dirsi stupendo, dell’indirizzo.
Sire!
A voi, Sire, che voleste cominciare fra le armi liberatrici l'anno fatidico per l’Italia e per la civiltà, i Deputati del popolo esprimono l’augurio fidente nelle continuate vittorie, il fervido augurio perchè gloriosamente si adempia ogni voto del Vostro alto pensiero, del Vostro animo generoso.
La Nazione risorta ai patriottici cimenti, con rinnovato entusiasmo, con rinnovata fede Vi ammira, Vi intende e Vi segue.
Alle forti e serene prove del Vostro coraggio, alla Vostra parola militarmente animatrice s’ispirano i meravigliosi soldati: essi muovono da ogni terra d’Italia, sono d’ogni ceto, di ogni parte politica, hanno aspirazioni sociali diverse, ma tutti attestano con un medesimo cuore le gagliarde virtù della nostra gente, tutti fanno manifesta l’unità della coscienza nazionale.
A Voi guarda intrepidamente l’armata che, vigile contro le barbariche insidie, invoca il grido delle maggiori battaglie.
Nelle insigni città come nelle umili ville s’appresta ogni conforto, si afforza ogni consenso alla magnanima riscossa: al cader d’ogni eroe sorge dalla commozione del dolore sempre più acceso il proposito delle rivendicazioni sublimi: non v’è letto di prodi feriti cui non soccorra provvidamente e non sorrida consolatrice una santa e gentile pietà: tutto il popolo italiano incontra e incontrerà vigorosamente i sacrifìci di ogni maniera e d’ogni acerbità che siano necessari al compimento del riscatto nazionale e dell’impresa di civiltà alla quale l’Italia è fermamente congiunta; — e da Voi, Sire, una nuova storia per l’Italia tutta comincia.
Questa nuova storia, che Dante presagì disegnando i confini d’Italia e alla quale Garibaldi coi suoi vittoriosi campioni diede il proemio immortale, Voi l’avete, o Sire, studiosamente pensata, Voi l’avete voluta con animo caldamente italiano, coll’impulso di quelle tradizioni che sempre serbaste preziose non per vanto di regno ma come scuola di ardimento e di dovere: — e a formare questa nuova istoria, Voi suscitaste, Voi elevaste tutte le energie popolari, mercè le riforme politiche e sociali alle quali porgeste l’incitamento del Vostro spirito liberale.
Caduto il dominio straniero odioso per l’oppressione politica, odioso supremamente perché inteso con diuturna perfidia ad estinguere in una gente italiana qualsiasi espressione, qualsiasi palpito, qualsiasi senso della propria stirpe: riacquistati i confini che ci assegnò la natura: richiamato l’Adriatico ai suoi destini italiani: rivendicate dovunque le ragioni della civiltà: restaurato il diritto delle genti ch’è oggi tradito con opere nefande: posto il diritto di nazionalità a fondamento di durevoli paci; — proseguirà, o Sire, nel Vostro memorabile Regno, proseguirà più rigogliosa e più sollecita che mai l’ascensione dell’Italia nelle conquiste della scienza, nelle fortune del lavoro, in ogni incremento della pubblica felicità.
Così possa avvenire in un tempo non lontano!
E ne avrà letizia con Voi l’Augusta Regina nella cui mente è vivida luce, nella cui virtù è l’ardente vocazione delle opere benefiche, l’Augusta Regina oggi con tutto il suo cuore auspicatrice di vittoria a due popoli che combattono strenuamente del pari per la santità del diritto nazionale.
E ne avrà letizia con Voi l’Augusta Madre Vostra, la figlia del vincitore di Peschiera, anelante ad ogni italiana grandezza, altrice di ogni eccelsa idealità.
Il giovane Principe Umberto, che presto si sentì stretto coll’anima popolare nel fervore del risveglio nazionale, apprende oggi da Voi l’esempio del Re guerriero, e apprenderà da Voi lungamente l’esempio del Re promotore degli avanzamenti civili.
- Sire!
Voi diceste di voler trascorrere questi giorni di famigliare intimità fra i Vostri soldati, la grande famiglia che Voi sempre amaste, e nella quale Voi sapete vivere mirabilmente.
E i Vostri soldati, lontani dai domestici focolari, rivolgono a Voi gli animi loro e formano intorno a Voi una famiglia più che ideale, perché è unanime operatrice di miracolose gesta.
In mezzo a codesta famiglia Vostra e dei Vostri soldati s’alza invitta la bandiera, si esalta l’anima commossa della Patria, e la Patria è orgogliosa di comprendere in un medesimo saluto augurale il suo Re e il fiore dei suoi figli.
- Sire!
L’Italia è tutta dove Voi siete, dove sono i prodi che combattono con Voi per le terre e sui mari, e l’Italia sarà tutta con Voi e con essi, ad ogni costo, fino al giorno della completa vittoria.