Dialoghi con Leucò/Il fiore
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Il fiore
Che a questo fatto dolce-atroce, il quale non riesce a disgustarci di un dio primaverile come Apolline il Chiaro, assistessero i leopardiani Eros e Tànatos, è di solare evidenza.
(Parlano Eros e Tànatos).
eros Te l’aspettavi questo fatto, Tànatos?
tànatos Tutto mi aspetto, da un Olimpico. Ma che finisse in questo modo, no.
eros Per fortuna, i mortali la chiameranno una disgrazia.
tànatos Non è la prima, e non sarà l’ultima volta.
eros E intanto Iacinto è morto. Le sorelle già lo piangono. L’inutile fiore spruzzato del suo sangue, costella ormai tutte le valli dell’Eurota. È primavera, Tànatos, e il ragazzo non la vedrà.
tànatos Dov’è passato un immortale, sempre spuntano di questi fiori. Ma le altre volte, almeno, c’era una fuga, un pretesto, un’offesa. Riluttavano al dio, o commettevano empietà. Cosí accadde di Dafne, di Elino, di Atteone. Iacinto invece non fu che un ragazzo. Visse i suoi giorni venerando il suo signore. Giocò con lui come gioca il fanciullo. Era scosso e stupito. Tu, Eros, lo sai.
eros Già i mortali si dicono che fu una disgrazia. Nessuno pensa che il Radioso non è uso fallire i suoi colpi.
tànatos Ho assistito soltanto al sorriso aggrottato con cui seguí il volo del disco e lo vide cadere. Lo lanciò in alto nel senso del sole, e Iacinto levò gli occhi e le mani, e l’attese abbagliato. Gli piombò sulla fronte. Perché questo, Eros? Tu certo lo sai.
eros Che devo dirti, Tànatos? Io non posso intenerirmi su un capriccio. E lo sai anche tu — quando un dio avvicina un mortale, segue sempre una cosa crudele. Tu stesso hai parlato di Dafne e Atteone.
tànatos Che fu dunque, stavolta?
eros Te l’ho detto, un capriccio. Il Radioso ha voluto giocare. È disceso tra gli uomini e ha visto Iacinto. Per sei giorni è vissuto in Amicle, sei giorni che a Iacinto cambiarono il cuore e rinnovarono la terra. Poi quando al signore venne voglia di andarsene, Iacinto lo guardava smarrito. Allora il disco gli piombò tra gli occhi...
tànatos Chi sa... il Radioso non voleva che piangesse.
eros No. Che cosa sia piangere il Radioso non sa. Lo sappiamo noialtri, dèi e demoni bambini, ch’eravamo già in vita quando l’Olimpo era soltanto un monte brullo. Abbiamo visto molte cose, abbiamo visto piangere anche gli alberi e le pietre. Il signore è diverso. Per lui sei giorni o un’esistenza non fa nulla. Nessuno seppe tutto ciò come Iacinto.
tànatos Credi davvero che Iacinto abbia capito queste cose? Che il signore sia stato per lui altro che un modello, un compagno maggiore, un fratello fidato e venerato? Io l’ho veduto solamente quando tese le mani alla gara — non aveva sulla fronte che fiducia e stupore. Iacinto ignorava chi fosse il Radioso.
eros Tutto può darsi, Tànatos. Può anche darsi che il ragazzo non sapesse di Elino e di Dafne. Dove finisca lo sgomento e incominci la fede, è difficile dire. Ma certo trascorse sei giorni di ansiosa passione.
tànatos Secondo te, che cosa accadde nel suo cuore?
eros Quel che accade a ogni giovane. Ma stavolta l’oggetto dei pensieri e degli atti per un ragazzo fu eccessivo. Nella palestra, nelle stanze, lungo le acque dell’Eurota, parlava con l’ospite, s’accompagnava a lui, lo ascoltava. Ascoltava le storie di Deio e di Delfi, il Tifone, la Tessaglia, il paese degli Iperborei. Il dio parlava sorridendo tranquillo, come fa il viandante che credevano morto e ritorna piú esperto. Quel che è certo, il signore non disse mai del suo Olimpo, dei compagni immortali, delle cose divine. Parlò di sé, della sorella, delle Càriti, come si parla di una vita familiare — meravigliosa e familiare. Qualche volta ascoltarono insieme un poeta girovago, ospitato per la notte.
tànatos Nulla di brutto in tutto questo.
eros Nulla di brutto, e anzi parole di conforto. Iacinto imparò che il signore di Delo con quegli occhi indicibili e quella pacata parola aveva visto e trattato molte cose nel mondo che potevano anche a lui toccare un giorno. L’ospite discorreva anche di lui, della sua sorte. La vita spicciola di Amicle gli era chiara e familiare. Faceva progetti. Trattava Iacinto come un eguale e coetaneo, e i nomi di Aglaia, di Eurinòme, di Auxò — donne lontane e sorridenti, donne giovani, vissute con l’ospite in misteriosa intimità — venivano detti con noncuranza tranquilla, con un gusto indolente che a Iacinto faceva rabbrividire il cuore. Questo lo stato del ragazzo. Davanti al signore ogni cosa era agevole, chiara. A Iacinto pareva di potere ogni cosa.
tànatos Ho conosciuto altri mortali. E piú esperti, piú saggi, piú forti che Iacinto. Tutti distrusse questa smania di potere ogni cosa.
eros Mio caro, in Iacinto non fu che speranza, una trepida speranza di somigliarsi all’ospite. Né il Radioso raccolse l’entusiasmo che leggeva in quegli occhi — gli bastò suscitarlo -, lui scorgeva già allora negli occhi e nei riccioli il bel fiore chiazzato ch’era la sorte di Iacinto. Non pensò né a parole né a lacrime. Era venuto per vedere un fiore. Questo fiore doveva esser degno di lui — meraviglioso e familiare, come il ricordo delle Càriti. E con calma indolenza creò questo fiore.
tànatos Siamo cose feroci, noialtri immortali. Io mi chiedo fin dove gli Olimpici faranno il destino. Tutto osare può darsi distrugga anche loro.
eros Chi può dirlo? Dai tempi del caos non si è visto che sangue. Sangue d’uomini, di mostri e di dèi. Si comincia e si muore nel sangue. Tu come credi di esser nato?
tànatos Che per nascere occorra morire, lo sanno anche gli uomini. Non lo sanno gli Olimpici. Se lo sono scordato. Loro durano in un mondo che passa. Non esistono: sono. Ogni loro capriccio è una legge fatale. Per esprimere un fiore distruggono un uomo.
eros Sí, Tànatos. Ma non vogliamo tener conto dei ricchi pensieri che Iacinto incontrò? Quell’ansiosa speranza che fu il suo morire fu pure il suo nascere. Era un giovane inconscio, un poco assorto, annebbiato d’infanzia, il figliolo d’Amicle, re modesto di terra modesta — che cosa mai sarebbe stato senza l’ospite di Delo?
tànatos Un uomo tra gli uomini, Eros.
eros Lo so. E so pure che alla sorte non si sfugge. Ma non son uso intenerirmi su un capriccio. Iacinto ha vissuto sei giorni nell’ombra di una luce. Non gli mancò, della gioia perfetta, nemmeno la fine rapida e amara. Quella che Olimpici e immortali non conoscono. Che altro vorresti, Tànatos, per lui?
tànatos Che il Radioso lo piangesse come noi.
eros Tu chiedi troppo, Tànatos.