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38 | dialoghi con leucò |
fiore. Questo fiore doveva esser degno di lui — meraviglioso e familiare, come il ricordo delle Càriti. E con calma indolenza creò questo fiore.
tànatos Siamo cose feroci, noialtri immortali. Io mi chiedo fin dove gli Olimpici faranno il destino. Tutto osare può darsi distrugga anche loro.
eros Chi può dirlo? Dai tempi del caos non si è visto che sangue. Sangue d’uomini, di mostri e di dèi. Si comincia e si muore nel sangue. Tu come credi di esser nato?
tànatos Che per nascere occorra morire, lo sanno anche gli uomini. Non lo sanno gli Olimpici. Se lo sono scordato. Loro durano in un mondo che passa. Non esistono: sono. Ogni loro capriccio è una legge fatale. Per esprimere un fiore distruggono un uomo.
eros Sí, Tànatos. Ma non vogliamo tener conto dei ricchi pensieri che Iacinto incontrò? Quell’ansiosa speranza che fu il suo morire fu pure il suo nascere. Era un giovane inconscio, un poco assorto, annebbiato d’infanzia, il figliolo d’Amicle, re modesto di terra modesta — che cosa mai sarebbe stato senza l’ospite di Delo?
tànatos Un uomo tra gli uomini, Eros.
eros Lo so. E so pure che alla sorte non si sfugge. Ma non son uso intenerirmi su un capriccio. Iacinto ha vissuto sei giorni nell’ombra di una luce. Non gli mancò, della gioia perfetta, nemmeno la fine rapida e amara. Quella che Olimpici e immortali non conoscono. Che altro vorresti, Tànatos, per lui?
tànatos Che il Radioso lo piangesse come noi.
eros Tu chiedi troppo, Tànatos.