Di una nuova linea per la strada ferrata lombardo-veneta

Carlo Cattaneo

1837 Indice:Di una nuova linea per la strada ferrata lombardo-veneta.djvu ferrovie Di una nuova linea per la strada ferrata lombardo-veneta Intestazione 11 aprile 2011 100% ferrovie

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BOLLETTINO DI NOTIZIE ITALIANE E STRANIERE E DELLE PIU’ IMPORTANTI INVENZIONI E SCOPERTE, O PROGRESSO DELL’INDUSTRIA E DELLE UTILI COGNIZIONI.

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Fascicolo di Aprile 1837.

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Notizie Italiane

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Di una nuova linea per la

strada ferrata lombardo-veneta


Nelle Provincie Venete è oramai fermamente stabilita l’opinione che la linea ferrata debba riunire le quattro città di Venezia, Padova, Vicenza e Verona. Infatti quelle città formano una popolazione di 240,000 abitanti intimamente connessa dalle abitudini di parecchj secoli e dalla promiscuità economica ed amministrativa. E più di 900 mila altri abitanti sono sparsi negli altri luoghi di quelle quattro provincie, le quali così costituiscono in complesso un quarto della popolazione del regno.

Il riconoscimento universale di questa verità ristringe molto il campo della questione anche per ciò che riguarda le provincie Lombarde; giacchè non si tratta più di tirar linee da Milano a Venezia, ma unicamente da Milano a Verona. La fantasia così non può più vagare impazzata sul vasto piano, cercando nuove combinazioni da cui ritrarre applauso o almeno nutrimento a uno spirito metodico di contradizione.

Milano, Verona, Peschiera giacciono alla stessa latitudine; uno stesso paralello le attraversa tutte. Questo paralello forma l’asse matematico da cui misurare le deviazioni. Brescia è lontana dall’asse rettilineo circa 5 miglia astratte. Mantova ne è lontana più di 15; Cremona ne è lontana 19. Queste non sono frasi oratorie; ma sono numeri di semplice abbachino che si rilevano da chiunque esamini all’ingrosso la carta. Chi non ne vede le conseguenze, confessi di non volerle vedere. [p. 74 modifica]Paragonando alla inflessibile linea retta la curva che comprende Brescia, e la curva che comprende Cremona e Mantova, si viene a riconoscere che quella di Brescia sarebbe più lunga un miglio o due, mentre quella di Cremona formerebbe un ampio arco di cerchio che importerebbe almeno 15 miglia di più. Dunque tutte le ragioni ragionate contro la linea di Brescia, ricadono con moltiplicato peso su quella di Cremona. Dunque a circostanze eguali crescerà il costo della strada in ragione della maggior sua lunghezza, nonchè il consumo del combustibile in ragione combinata ecc, ecc. con tutto il restante di quel ragionamento; al quale per esser ottimo manca soltanto di non esser fatto a rovescio.

Un passaggiero che dovesse recarsi da Milano a Verona, dovrà dunque fra l’andata ed il ritorno percorrere inutilmente 30 miglia e pagare in ogni gita e in perpetuo tre o quattro lire di più per comperarsi incomodo e perditempo?

Sarà molte volte un’eccellente cosa l’andare a Mantova od a Pizzighettone, come sarebbe eccellente l’andare a Bergamo o Pavia. Ma con una strada sola non si può arrivar dappertutto.

Si potrà con ragione deviare alquanto da una rigida linea retta per toccare una città industriosa e trafficante come Brescia, quando una tal deviazione mentre da un lato allunga la strada di un miglio o due, dall’altro promette un lauto compenso. Ma l’andar qua e là per il paese, seguendo il giro del sole, per comprendere tutte le città del regno in una sola infornata, è un dimenticare il primo intento della strada ferrata, cioè la più rapida corsa al più piccolo costo.

Se questa prima impresa ferroviaria si farà con qualche giudizio e quindi recherà lucro ai capitalisti, darà impulso ad altri progetti. La conformazione delle nostre immense pianure contornate di città sembra promettere più faustamente che non avvenga altrove. La parziale esperienza che si facesse successivamente tra città e città sulla linea Veneta, potrebbe far coraggio a tentare anche una linea per Lodi e Cremona; la quale potrebbe forse trovarsi lucrosa, massime se il commercio avesse a svilupparsi maggiormente sulla frontiera Piacentina e Modenese. Ma se si trovasse vantaggioso l’unir Cremona e Milano, credete voi che si troverebbe svantaggioso l’unir Brescia e Milano, l’unir Brescia al lago di Garda, a Verona, a Vicenza, a Venezia? E supposto che col tempo si venisse ad avere tanto una strada ferrata da Milano a Cremona quanto una da Milano a Brescia: di quale fra queste [p. 75 modifica]due vi servireste voi per andare a Verona e raggiungere la linea Veneta? Io credo che la maggioranza dei viaggiatori preferirebbe risparmiar trenta miglia, andando e tornando per Brescia. Perlochè, date le due linee, la linea di Brescia servirebbe non solo come linea provinciale Bresciana, ma eziandio come linea generale lombardo-veneta; mentre la linea di Cremona, per questo rapporto rimarrebbe unicamente linea provinciale.

Per andar dunque da Milano a Verona, ragion vuole che si vada per Brescia piuttosto che per Cremona. Nel qual caso presso Chiari e Triviglio si formerà naturalmente il deposito generale della industre provincia bergamasca. Ora quando si tratta d’industria, chi vorrà paragonare le provincie di Lodi e Cremona con quelle di Bergamo e Brescia? In quali provincie sono i forni del ferro, le fabbriche delle armi, i filatoi dei quali cento ne ha la sola provincia bresciana, le fabbriche dei panni e delle coperte, le cartiere, le concerìe? Dove sarà la maggior chiamata del carbon fossile? Dove sono le fiere più frequentate? Non sono a Bergamo, a Brescia, a Verona? Quella sola di Bergamo chiama annualmente più di 30 milioni di merci, fra le quali più di 300 mila libbre di seta. Le concerie Bresciane chiamano da Trieste 500 mila pelli crude che rimandano conce da smerciarsi a Trieste e Sinigallia. Le egregie miniere di Val Trompia non aspettano che il carbon fossile del lago di Garda e dei colli Vicentini per riprendere la perduta attività. Infine riducendoci a considerar la popolazione, tutte le proposte linee toccano le provincie di Milano e Mantova, ma la linea superione inchiude le province di Bergamo e Brescia che contano 681,000 abitanti; mentre la inferiore sostituisce le provincie di Cremona e di Lodi e Crema che ne fanno solo 396,000. La linea bresciana adunque interessa un soprappiù di 285,000 abitanti, i quali inoltre sono assai più industriosi e più bisognosi di lontane e rapide comunicazioni.

Le otto provincie percorse dalla linea superiore, Milano, Bergamo, Brescia, Mantova, Verona, Vicenza, Padova, Venezia, fanno 2,610,000 abitanti. Nessun’altra linea può congiungere tanta popolazione giacché si tratta di circa 19,000 abitanti per ogni miglio astratto di corsa.

Il proposito di passare a poche miglia da Brescia aggrappandosi con un moncherino a quella città, è assurdo; perché aggiunge la spesa di un tronco inutile, aumenta le distanze, e impaccia la facile circolazione, Del che si è già discorso più d’una volta. In una Rassegna della provincia bresciana per riguardo alla [p. 76 modifica]strada ferrata, che ho fatto inserire in altro giornale, ebbi occasione di accennare che mentre sulla linea di Brescia e Chiari in un dato spazio si trovano circa 177 abitanti, nello stesso spazio preso nel Distretto di Bagnolo si contano soli 69 abitanti cioè poco più del terzo. Ebbi ad accennare eziandio che nella provincia Bresciana mentre i borghi e le città poste sulla linea superiore sommano a 60 mila abitanti, quelli della inferiore sommano soltanto a 15 mila. Dal che si vede che in economia le conseguenze delle miglia geografiche nove e mezzo possono essere gravissime. Quelle osservazioni ricevettero maggior publicità dalla Gazzetta di Augusta che le tradusse.

Le provincie di Lodi e Cremona sì per la copia dei cavalli richiesta dall’indole di quell’agricultura; sì per la vicinanza di tante acque navigabili, ridondano di mezzi di trasporto; nè quelle provincie sia per i loro consumi sia per i loro prodotti hanno tal connessione col commercio veneziano o triestino che si possa paragonare a quella che vi hanno Bergamo, Brescia e Vicenza.

Quanto a Mantova, la linea lombardo-veneta in ogni modo attraverserà la provincia; la città poi come emporio della navigazione del Basso Po e del commercio dello Stato Estense e del Bolognese, attira una corrente mercantile non nel senso della strada lombardo-veneta, ma in direzione trasversale. Ella può approfittar della vicinanza per gettar sulla linea maestra un tronco accessorio, senza recar disturbo al complesso dell’impresa. Le relazioni di Bergamo e Brescia con Venezia sono intime e antichissime; ma Cremona e Mantova furono sempre straniere a Venezia ed allo Stato Veneto.

Quanto ai livelli, le difficoltà non sono tali da far paura ad uomini che siano veramente dell’arte di far le strade ferrate. Ammettendo che la porta Tosa di Milano sia 116 metri sopra il livello dell’Adriatico e che il giardino botanico di Brescia ne sia a 147 metri, la differenza che è di metri 31 su una distanza di circa 78 mila metri, si riduce alla proporzione appena valutabile di 1 a 2516. La quale proporzione si rende ancora minore, se si pensa che la strada ferrata non ha alcun obbligo di passare propriamente per l’orto botanico di Brescia, ma tuttalpiù dovrebbe radere la parte più bassa della città dove fa capo la strada Cremonese. Quattro o cinque metri che destramente si guadagnassero, ci porterebbero alla proporzione di 1 a 3000. Ora non ci fu un ingegnere che voleva condurci a Como con una discesa più di cinquanta volte maggiore? con una discesa da 1 a 56? Vedete come [p. 77 modifica]sono questi uomini dell’arte, pei quali è impossibile l’andare a Brescia con una pendenza quasi impercettibile ma proposta da altri, quando con una pendenza cinquanta volte maggiore (ma proposta da loro) diventa possibile l’andare a Como.

Lo stesso può dirsi della discesa da Brescia al Lago di Garda. Tra l’orto botanico e il pelo medio del Lago non vi sono che 70 metri, mentre la distanza da Brescia a Peschiera di metri 38 mila circa, cioè, come 1 a 542. Ma non essendovi necessità nè di visitare l’Orto botanico di Brescia nè di baciar colle rotaie la sabbia del lago, i 70 metri potrebbero diminuirsi facilmente di parecchie unità. Allora ci ridurremo alla proporzione di 1 a 600. Ad ogni modo la pendenza sarebbe adunque dieci volte più agevole della famosa discesa di Como. È noto che tra Manchester e Liverpool si percorre qualche pendenza da 1 a 96. Tocca alla disinvoltura degli ingegneri il giovarsi delle dolci colline che fiancheggiano costantemente la destra della linea, per rendere la discesa graduale. E se vi fosse pure qualche cresta di colle da traforarsi o tagliarsi, sono questi lavori tali da atterrire gli uomini che hanno fatto le opere mirabili del Sempione? Sono spese queste a cui sacrificare la più grossa parte del ricavo?

Si opporrà che la discesa da Brescia al lago non è continua ed uniforme, ma si trova per così dire condensata in gran parte tra Lonato e Peschiera. Questo in qualche misura è vero; ma è vero altresì che da Lonato a Peschiera la distanza rettilinea è almeno 16,000 metri; nella quale in ragione di 1 a 96 si potrebbe discendere 166 metri; cioè 100 metri più di ciò che nel peggiore supposto ci faccia bisogno. È inutile il notare quanto sarebbe facile mettere il declivio in comunicazione col Porto di Desenzano, frequentatissimo tanto pel traffico quanto per l’amenità di quelle vaghissime spiagge.

Se colla linea di Brescia prima si sale e poi si scende, colla linea di Cremona prima si scende e poi si sale. Dacchè dunque non è possibile ottenere un unico pendio ed è inutile cercare ciò che non si può trovare, bisogna ridurci a studiar le più trattabili ondulazioni.

Quanto più si discende nella parte irrigua della pianura, tanto più cresce la complicazione delle acque; cosicchè le conseguenze dell’occupazione d’una piccola lista di terreno si estendono senza fine, e vestono un’indole rischievole e contenziosa. Lottare in perpetuo con tutte le acque della bassa e con tutti i cavilli dei loro possessori e utenti, è ben altra [p. 78 modifica]cosa che tagliare una volta la collina di Lonato. Dimandatelo a chi ha fatto questa esperienza nei canali irrigatorj. Ora uno stato contenzioso è assai più pregiudizievole ad una numerosa società che ad un privato. Questa è una delle ragioni più valide che devono far preferire la linea che percorre alle falde delle ultime colline il sommo lembo della pianura; ch’è appunto la linea di Brescia.

V’è chi teme il prezzo maggiore dei terreni in vicinanza delle più floride città, e in ragione della loro floridezza. Nell’idea di costoro le strade di ferro non si dovrebbero mai fare nelle vicinanze di Milano o di Parigi o di Londra, ma piuttosto nelle valli di Comacchio o nella selva di Baccano o dovunque lo spazio non val niente. Ma fatto si è che la terra ha maggior valore dove è più numerosa e più ricca la popolazione. La strada ha bisogno di incontrar popolo e prodotti; e queste due cose appunto son quelle che rendono l’area più cara. Perchè ci parlate d’una strada per andar da Milano a Venezia, se non perchè sono i due luoghi più popolosi e frequentati del regno?

Nelle altre strade ferrate la compera dell’area costituisce la 20.a o al più la 10.a parte della spesa totale della strada ferrata. In questo supposto se l’area su una linea dovesse costar pure il doppio che su di un’altra, si avrebbe ad aggiungere un altro 20.a oppure un decimo di spesa. Ma se con ciò si avesse su quella linea il doppio di popolazione e di prodotti, la strada prometterebbe doppio ricavo. Dunque per 1 o al più 4 ventesimi di più che si fossero spesi nella compera del terreno, si avrebbero 20 ventesimi di più nella rendita totale dell’impresa. Modificate pure queste proporzioni finchè volete, e poi vi risulterà sempre che tra i Ricordi che l’economista deve dare all’ingegnere, è a comprendersi anche questo: Cercare a preferenza i distretti dove la cifra della popolazione e dello scudato è relativamente maggiore.

Chi ebbe la pazienza di perder tempo in siffatti calcoli, ha trovato a cagion d’esempio che mentre sullo stesso spazio di terreno nel distretto d’Isola della Scala si contano 630 abitanti, in quello di Arzignano se ne ha più del doppio cioè 1526; in quello di Verona se ne ha quasi il triplo cioè 1767; in quello di Padova si ha quasi il quadruplo cioè 2405. Ora Isola della Scala è sulla linea delle campagne. I distretti di Arzignano, Verona e Padova interessano la linea delle città. Se il ricavo della strada dovesse corrispondere precisamente a questa proporzione ed essere quadruplo dove [p. 79 modifica]è quadrupla la popolazione: si potrebbe in questa ipotesi senza scapito pagar l’area ad un prezzo parecchie volte maggiore. Si faccia il calcolo e si riduca pure in pratica la proporzione alla più modica misura. Ciò che rimane mi basterà sempre. Con ciò però non s’intende che si debba fare inutile e prodigo esterminio di case e di giardini; giacchè passare a portata delle più folte e ricche popolazioni, non vuol dire passare addosso alle persone: e perciò fin dal principio di questa discussione si è sempre raccomandato di passar tuttalpiù rasente l’abitato.

Quanto alla divisione dei lavori tra gli ingegneri milanesi e veneziani queste sono idee superstiti al Medio Evo. Nec nominentur in nobis a proposito di strade ferrate; le quali son affari da cervelli moderni, anzi il trionfo della moderna età. La strada è fatta per associare non per disgregare. La strada è un’impresa di ordine economico e non una questione di pronuncia o di dialetto. La strada è un mezzo di guadagnar denaro ai privati e floridezza al paese; al che non vale guardar l’atto di nascita degli ingegneri. Si tratta d’una impresa unica e indivisibile, che deve essere discussa, se si vuole, da centomila persone nelle gazzette, al caffè, in piazza, in piena pienissima libertà, ed anche con frasi oratorie (da chi sa adoperarle), ma dev’essere riassunta e fermata da un solo cervello. Che direste di chi mettesse due architetti a far mezza facciata per ciascuno ad una chiesa; a far anche soltanto una mezza porta ciascuno od una mezza finestra? Quando si comincia un discorso stampato predicando la convenienza della linea più breve di tutte, e poi lo si conchiude proponendo la linea di Cremona che è la più lunga di tutte le linee possibili; quando gli uomini si curano così poco d’andar d’accordo con sè medesimi sperate dunque nell’accordo delle parti, se volete.

Che la soscrizione si sia cominciata in due luoghi, è pur troppo vero; ed è il peccato originale dell’impresa, la quale senza ciò sarebbe assai più inoltrata. Quanto più presto questo peccato si lavi e si redima, tanto meglio. Ed è a questo fine appunto che mirano i più zelanti e sagaci tra i partecipi dell’impresa. Quando si pensa che altro è il primo soscrittore, altro è il compratore e stabile proprietario delle azioni, si vedrà che appena siasi data spinta alla cosa, le due simmetriche provincialità spariscono, e vi sottentra un aggregato indistinto di capitalisti d’ogni stato e d’ogni nazione. Allora invece di due consessi sottoposti alla necessità di farsi delle riverenze e spedirsi dei [p. 80 modifica]protocolli, si avrà una direzione unica, compatta, responsabile, che lasciate da canto le etichette cammini sulla strada nuda nudissima degli interessi.

V’è chi parla di chiamare ingegneri dall’estero. Ciò facendo andremmo d’accordo con quei francesi i quali in questo istante medesimo e in mezzo ai tanti allievi della Scuola Politecnica, si servono per le strade ferrate d’un giovane ingegner milanese. Sicuramente un ingegnere degno di dare una strada ferrata alla Francia, cesserà d’esser capace quando si tratterà di darne alla sua città nativa, perchè: nemo propheta in patria. Fin qui si tratta d’un giovane a cui la nostra rara e consumata prudenza non vorrà forse affidare la somma delle cose. Ma non abbiamo forse un uomo di età matura, nutrito di forti studj e di molta esperienza e già da anni non d’altro occupato che di visitare e studiare tutte le strade ferrate che si stan costruendo in Europa? Gli amatori delle piccolezze municipali potrebbero accontentarsene, almeno per il sodo e giudizioso motivo che l’uomo in questione non essendo precisamente nè da Venezia nè da Milano, ma qualche cosa di neutro e d’intermedio, quadrerebbe con singolare e felicissima esattezza al bisogno nostro ed ai nostri pregiudizj. Del resto se dobbiamo giudicare da ciò che finora si è veduto fra noi, non tutti gli uomini dell’arte son adatti a indovinar la vena giusta in questo argomento benchè possano utilmente e onorevolmente cooperarvi.

Intanto che il sovvertimento universale del commercio rallenta le reali offerte dei capitali e assottiglia le speranze dei soscrittori, profittiamo del mal tempo e abburattiamo l’argomento, il quale è più complicato e difficile che non sembra a chi vi giunge non preparato.

Cattaneo.