Delle notti/Settima Notte
Questo testo è incompleto. |
◄ | Sesta Notte | Ottava Notte | ► |
VII. NOTTE.
Il carattere della Morte.
ARGOMENTO.
Dimostra come la Morte vibra i suoi inerì-* tabili strati, quando- V uom più si lusinga poter godere i beni della vita* & incertezza del tempo,, e del modo del morire sono i carat[pri r che- accompagnano questa fatale necessità* Prende di qua motivo il Poeta di piangere colle più trasportate lagrime la morte della, sua sposa y rapitagli dal seno quasi contemporaneamente coi figli? quando nella di lei soave amicizia egli si riprometteva ogni conforto ai proprj mali.
/^yuanto nell’ire sue, ne’ colpi orrendi
Straragante è laMorte, e quanto è cruda?
Ah, se ruotasse almen la falce arditaSovra
chi trista sorte, o grave impaccio»
5Soffre di lunga età; se di natura
Non prevenir, ma secondare il corso*
Dovesse almeno $ e se degli anni al peso
Scioglier lanciando il nostro frale ammanto r
Ne guidasse la poiVe entro la tomba!
10Ma no y che spesso dispietata e fiera*
Nella tomba ci spinge allor che in noi
Robusta gioventù verdeggia, e cresce.
Lascia la vita a noi, «e un mal si rende f
E se un bene è la vita, a noi l’invola.
15È per essa piacer 9 che^Tun felice
Cinto d’agi perisca, e resti in vita
Chi povertà risente, o rea fortuna.
Quanti ne’ più verd’anni avvolti r e chiusi
ttntro funereo vel resta» da quelli y
20De’ quai la vita altro non è che lenta’
Continua morte! E quante volte io veggio
Struggersi in pianto ud genitor cadente
Sovra il sasso feral, che i figli alberga!
- Cara Narcisa, anch’io la cupa fossa
25Con la tremula man t’apersi, e in quella?
Nel più bel fior degli anni tuoi ti chiusi
Magh anni numerar? Perchè? Tu fosti
Amica di virtù: vivesti assai*
Non segna i nostri di l’astro più bello.
30E la virtude sol ne’ fasti eterni
Ne scolpisce il valore, e il corsa intero.
Chi non segue virtù, sebben di lustri
Sia carctr, ha breve, e momentanea vita.
L’uom non visse i» quei dìy che di virtute*
35Nemici fura; e dalla tomba alter*
Ove impressi sorr gli anni in cifre aurate,.
Tolgami questi giorni. Alior che muore
Virtute in seno all’uonr, per lui più bella
L’oro divien*, per questo anela’ e suda,
40Tesòri acquista, e mai gli» tace in 4 seno
Di più ricco fesor la Fame ingorda v
Ma quanto mal la cieca instabil Dea
Conoscono i mortali! in volto il riso
Portando sempre, e la perfidia in cuore r
45I folli amanti suoi d’inganni, e pene
Sempre nudre costei «• Qual varia, e strana*
Scena vegg’io nel rimirar gli affanni,,
Le lusinghe, le cure,. i vani incensi
Di chi tenta afferrarne il crine aurato! s *
50• Né miro in chi del suo N favor si pasce
Che timor y gelosia, miseria, e lutto.
Agita la forluna all’aure in seno
Fulgide l’ali sue: pompa superba
Fa de* tesori suoi:- dall’alto caso»
55Chiama, e vuol, che di quelli ei sol! disponga,
Turba folta anelante a lei s’appressa
Ruotando e mano, e ciglio * a lei le braccia
Avida tende, e si prepara ardita
A l’ceverne i doni, usando ogni arte
60Per togliere al vicin ciò che discende.
Vedi menti*’ ella i doni suoi dispensa
Qual furor, qual tumulto! Un l’altro incalza
Questi su quel si scaglia acceso in volto
K di rabbia, e d’invidia; assalta, offende
65L’amante il caro oeretto: or sull’amico
Piomba 1* amico, e lo trafigge: il padre
Ha nel figlio un rivai e. Oh Dió, qual frode
À discucprire, e qual ferocia estrema
Ad afferrar la preda! Un raggio solo
70Mostri- del suo favor la sorte, e vano
Si rende ogni ritegno. Urta, rovescia
Privo d’ogni rimorso ognun le sante
Leggi d’onor, d’Astrea: segue dell’oro
La traccia, e soffre ogni più duro affanno
75Per ottenere e seggio, e nome illustre,
Finché ansante, avvilito, o steso al suòlo
Vittima sia dell’orgogliosa impresa.
£cbben tutti hanno in petto egual ardore,
Vario è il loro destin. L’un, troppo acceso
80Ne* voti suoi, non giunge all’alta meta *
Sol perchè s’affrettò. L’altro vi posa
Sicuro il piè: ma nel medesmo istante
_Cade, e la prpda sua già fugge, e vola
Altri superbi van di loro, imprese:
85Ma ne* trasporti lor bieca, la sorte
Talor li mira. Un impensato evento,
Qual turbine < improvviso, a loro invola
Il magnifico dono, e lo trasporta
In grembo a chi pien di stupor lo accoglie*
90Miseri, oh quanto son questi, se il core
A que’ beni si strinse, e se di quelli
La pronta fuga li tormenta, e strazia J
Ma più misero è <juei, che inutil massa
D’oro idolatra, e si consuma, e geme
95Per timor che la fame un dì l’uccida.
Fieri atroci rivali, e dove mai
Questo insano furor dove vi porta?
Sien lieti i vostri giorni, e quanto il cielo
Vi diè, godete; e questo sol vi basti,
100Questo... Non v'ha chi ascolti; a lor lo sdegno
Pon la benda sul ciglio; un odio atroce
Li trae nell’antro litigioso, in cui
Cupa vorace fiamma e splende e stride.
Batte festoso l'ali il nero augello,
105Che sul trono d'Astrea tra risse e frodi
Siede al veder la ricca preda offerta;
E delle spoglie lor fatto superbo
Spiega il nuovo piacer con rauca voce:
Venner da ricco tetto all’ardua guerra.
110Del clamoroso foro, fan ritorno
Tristi, e mendici ad una vil capanna.
Altri v’ha, che riman dal peso oppresso
Di prodiga fortuna: oh quanto è raro
Chi ben sostenga una felice sorte!
115Ma lo sdegno, o il favor della fortuna
Morte distrugge; in faccia a lei rimansi
Povero ognuno, e con egual possanza
Le reggie abbatte, ed il più vii tugurio.
Entro Puma imparziale i nomi aduna
120Be’ viventi, ed in quella accoglie, e mischia
Tntte Petà, tutte le sorti, e tutti
I varj fregi. La sua man, che ignora
Scelta, o favor, P agita sempre, e il cHo
Qualora estrae, della sua destra è guida.
125E se sceglie talor, tremi colui,
Che felice pnò dirsi j e chi di lei
Senza timor vivea, risente il primo
DelP invisibil ferro il colpo atroce.
Disse forse alla Morte il Nume eterno r
130# Fibra colpi improvvisi, e quei che panno
Di spavento maggiore empier la terra
NelP eseguir questo terribil cenno
Quanto è fedele! E quante volte inganna
I>e* viventi la speme, e insiem deride
135Di lor la sicurezza! In ogni istante
L’inesorabil Morte urta, smentisce
Ciò che Puom si figura, e ciò che in serto
Air avvenir prevede* ella confonde*
Qnanti mortali iit noi destano insiemef
140Maraviglia e tento* sol perchè ini nuovef
Guise la morte li sorprende * e quanto
In noi del duolo è lo stupor più forte!
Spande Pinstabil Diva, allor che ride*
Splendor funesto; il più terribil colpa
145Felicità minaccia allor che giunta
Si mira al colmo i e sembra aver tra lortf
Stretta nodo crildel fortuna, e morte.
Del più soave umor nudre fortuna
Le vittime* che a morte ella destina:
150Quando pingui le lia rese* al tetro altare ’
Cinte de 1 doni suoi, di fior le invia*
Spessa vidi costei cercare iti sena
D’osciira povertà chi sol vive*
Non appena a se stesso, e in aureo cocchia
155Portarla a voi tra le ricchezze * e gli agi;
Cingerlo di tesori, ogni più card
Dono versargli in sert, volger a lui
Le più tenere cure* e porlo in seggio
Altero, e tal * che ha per confine il trono {
160E allor che splende in quello, e sol risveglia.
Invida gelosìa* che angusto il core
Sente per tanti beni* e quasi ci giura
Che lo stesso non è f >P empia dal colmo
Della gloria, ove il trasse, a morte in traccia
165Precipitarlo, e trar dagli occhi il pianta
Al tramontar del di chi sul mattina
Era d’invidia un luminoso oggetto.Ergea
quercia superba al ciel 1«cime
Folte ondeggianti, e sovra il suol sparge*
170In vasto cerchio una frese’ aura i e l’ombra*
Languida al saettar del raggio estivo
Si raccoglie la greggia, e sotto a quella,
Che il sol non giunge a penetrar, si arresta *
Lunga stagione, e le tempeste, e i venti,
175Seppe sfidar; ma l’orgogliosa altezza
La bipenne lucente osserva, e addoppia.
Àrditi colpi alle radici antiche *
v Scosso da’ fieri insulti il tronco geme,
Trema l’altera chioma, e attor ©he cede,
180Ogni lata minaccia; al fin con alto
Terribile fragòr stride, sul suolo
Piomba, che il iuon ne rende, e colle braccia
Vasta parte di quello occupa, e cuopre*
Per la caduta sua agita, e frtme
185La vicina foresta, eco sonora
Fan le remote Talli, ed i torrenti
Tramandan cupo suon, che a lei risponde*
Così di Morte il formidabil ferro,
Che più infuria colà dove più ride
190Piacer, felicità vittime illustri
Svena, ei abbatte le più altere teste
Ad atterire il volgo insano, e cieco*
- Più vicina a perir è in voi la vita
Quando splende più bella. Oh quale in volto,
195Oual ne’ vivaci lumi avea Narcisa
Vigor di gioventù! Si, troppo bella
Era per trar più lunghi giorni, ed io
Era troppo felice • Ah, tal non fui
Lunga stagioni E non credei giammai,
200Che sì presto languir, mancar dovesse D’ogni
bellezza il fior: no, non potei
Un istante pensar, che quel bel labbro r
Nido di cari detti > e dolce rise y
Che a me sempre voTgea, pallido, immota
205Restar dovesse, e che gik in braccio a Morte
Fosse coler, ch’io pur mirava in vita»
Ma l’empia Morte appunto il più bel manto
Di vita, e di vigor veste, ed al ciglio
S’offre talor per ingannarlo, adorna
210L’irte, e raro suo crin di rose, e gigli*
Dal brio, da* vezzi di colei, che adora,
Sednr si lascia il cor d 1 un folle amante,
E allor che i vaghi lumi, e F aurea chioma *
Il sen di latte, ed il purpureo labbro,
215Labbro ove Amore ha sede* ove le Grafie
Ridono insiem, che a* dolci furti invita,
Mira in seno al piacer: scorda che un frale
Misero vel, che una caduca spoglia
S’idolatra da lui i nè l’infelice
220Pensa a’ gemiti tristi, al pianto amro,
Alle smanie, che a tràrgli in pochi "istanli
E dal ciglio, e dal cor s’appresta il fato.
Era già sorta in ciel l’alba foriera
Del lieto giorno, in cui la iella Aspasia
225Accoppiar con Lisandro amor dovea.
Avean fortuna amica, aveano in seno.
Tenero il core, e giovinezza, e brio,
E sembiante gentil; erano amanti.
Ognun, che lor conosce, invidia sente
230Per sì lieto destino, e sente amore
Per la coppia felice, a cui non resta
A desiar che per moìV anni, e lustri
Godere insiein di sì beata sorte.
Già s’avvicina il fortunato istante,
235Che allo splendor delle più liete faci
Gli unisca Imene. Intanto Aspasia aspetta
D’ogni piacer il colmo $ e H caro amante
In superba magion, che sul pendio
Sta della riva, e signoreggia il mare,
240Mira senza timor Tonda orgogliosa
Frangersi al piò della marmorea mole.
O Dio! non pensa che la sua ridente
Felicità, che il suo piacer già debba
Passar veloce, ed imitar quell’onda,
245Che ’più presto si sciolga, e si dilegui
Di quel raggiò, che rotto in mar si vede.,
Candida l’alba colla man di rose
Lieto sereno il giorno ai fidi amanti
Conduce.... Ahimè, questo sì lieto giorno
250Li inirò della ftiorte al carro avvinti!
Parte Lisandro, e nel partir dal fianco
Della tenera sposa in braccio a lei
Giura di ritornar tra pochi istanti.
Ah, lo giurasti in ran! Lisandro fende
255In picciol legno il mar... *. S’oscura il ciclo,
S’infuria il vento, la procella.... in seno
Agli abissi Lisandro è senza vita.
Giunge il nunzio fatal. Tace. L’istoria
Tutta dice il silenzio. Aspasia leggo
260Ne’ mesti lumi altrui del caro amante
Il fato, e sente in sen gelo di morte.
Sente stringersi il cor. Il duolo acerbo
Lo trafigge, lo squarcia. Arresta il petto
Ogni moto vital. Vacilla, muore,
265E s'unisce allo sposo entro la tomba.
Quel sì superbo, ed invidiabil tetto,
Nido di due felici amanti, e sposi,
Più quel non è; che ognun ravvisa in quello
Gemiti, pianto, error, miseria, e morte,
270Il mar crudel, che abbandonato, e tristo
Il rese già, coll’insensibil onda
Sempre ne bagna il fianco, ed al nocchiero,
Benché impavido e fier, quell’onda stessa
Sembra che gema, e nel passar risente
275Tumulto in sen, che a Jagrimar lo invita».
Ma le lagrime altrui sfogo chè basti
Esser ponno perone? Chi fia che mai
Mi consoli nel duol, che sì mi strazia!
Vani sono i miei sforzi: il mio dolore
280Ingannar non poss’io. Quelle, ch’io tento
Vie di fuggir, a’ miei tormenti in braccio
Mi guidan sempre $ e quell’idea funesta,
Che allontanar vplea, resa è più fiera
Da quella ch’io narrai tragica sorte.- ,.
285Ah, fu permesso almen vedere insieme,
Insiem soffrir dell’empia morte i colpi
Agli amanti infelici: oh voi beati
Nelle miserie vostre! Ombre indivise
Varcar poteste almeno il guado estremo.
290No, non dovrebbe il fate unir due cori,
O non mai separarli: ah, mia Narcisa,
Se a te volgo il penwer, non posso il pianto
Frenare, e svnlo in sen spezzarmi il eore.
Figlia sol tu mi fosti, io t’apprestai.
295Forma, vita; ma pur da me diviso
Era l’essere tuo. La mia diletta
Sposa in me visse, io respirava in lei,
E per opra d’amar non era in noi
Che una mente, che un cer, che un’alma sola.
300Oh Dio! se almen la dolce mia compagna
Meco vivesse ancor!.... Ella formava
Il mio ben, la mia pace; era il conforto
Delle perdite mie. La figlia al seno
Nella madre stringeva, e di Filandro
305Mi scordava talor d’Elisa al fianco. (1).
Teneri lacci, e cari! Amabil sorte!.
Felicissimi giorni! In noi non era
310Somiglianza d’affetti. Un cor dell’altro
Era parte, sostegno* e quando il nodo
Stretto è tra lor così, no, che non resta
Illeso l’un, se l’empia morte a forza
Lo divida dall’altro. Il colpo atroce
315Ambo li fere, è ver, ma un sol ne strazia,
Un ne trafigge. In due sanguigne e guaste
Parti quel cor rimansi, ed ogni senso
Di calma e di piacer per sempre fugge
Per l’aspra via della crudel ferita.
320Quella, che in vita resta, è la pi fi trista,
La più misera parte: e questo avanzo
Tutt* di sangue intriso e smania, e geme
Finché palpita in seno: e questo in mez o
A f più crudi tormenti, al pianto amaro
325Finisce di morir.... Povero core,
T’arresta per pietà.... Non si rammenti.
Questa piaga erudel.... Taci.... Quest’alma
Troppo, ah troppo <? in tumulto... Elisa... Oh
- ↑ (*) NeW originale si trova il nome di Lu~*
eia, che potendo riuscire incomodo pel verso,
si è mutato in questo di Elisa,