Delle funzioni riproduttive negli animali/10
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§ 10. Cura de' figli.
Tutta quella mirabile scena di istinti, di passioni, di godimenti, quella pompa di vesti e di colori che la natura dispiega nelle nozze degli animali, tornerebbe a nulla se non vi succedesse l’opera più tranquilla e secreta di proteggere, difendere, nutrire i frutti di quelle nozze. Senza le pietose cure de’ genitori, i neonati non vedrebbero il giorno che per morire subito dopo. I maschi però non prendono in generale che pochissima od anche nissuna parte a queste cure, che formano invece per le madri un dovere imprescindibile, e la più soave compiacenza della vita.
Un’intiera classe di animali, la prima nella serie, è contraddistinta da organi appositi per la nutrizione de’ figli dopo la nascita: cioè dalle glandule mammarie che secernono il latte. Queste glandule sono varie in numero, e variamente disposte: or sul petto, or sul ventre, ora agli inguini. Stanno immediatamente sotto la pelle; ma in alcuni animali, come ne’ cetacei e ne’ marsupiali, sono anche ricoperte da un sottile strato di fibre scolari. I condotti escretori di esse si aprono direttamente all’esterno, all’estremità di una papilla più o meno lunga e sviluppata, che dicesi capezzolo; oppure in una cavità posta entro la glandula Fig. 19. Porzione di mammella di vacca1.stessa, detta seno della mammella, e destinata a servir di ricettacolo per una certa provvigione di latte. Tale è appunto il caso delle nostre comuni vacche (fig. 19).
Le glandule mammarie sono possedute anche da’ maschi, per altro pochissimo sviluppate e non funzionanti. Non sono però molto rari i casi del contrario; e recentemente il sig. Schlossberger fece un accurato esame del latte spremuto da un caprone.
Il numero de’ capezzoli non corrisponde a quello delle mammelle; generalmente esso è in relazione colla quantità normale de’ prodotti di ogni parto; e quindi, ridotto a due soli nell’uomo, nelle scimmie, ne’ pipistrelli, oltrepassa perfino i dieci in alcuni rosicanti e marsupiali. I soli monotremi non hanno capezzoli.
L’afflusso di sangue all’utero, per i rapporti che si devono stabilire fra questo viscere ed i prodotti del concepimento, determina per consenso un afflusso dell’istesso umore alle mammelle. Gli acini di queste glandule da prima piccoli e contratti, si rigonfiano a poco a poco, e stillano pe’ condotti un liquido biancastro albuminoso, che alla fine della gestazione prende i caratteri del vero latte. Questo latte, che è un umore bianco, più denso dell’acqua, di sapore e odore particolare e vario secondo le specie, osservato al microscopio si dimostra costituito da una moltitudine immensa di globuli nuotanti in un liquido (globuli proprj del latte), e formati da un inviluppo di materia azotata (caseina), con un contenuto di grasso. Oltre questi globuli v’hanno cellule staccate di epitelio, ed in alcuni casi abnormi, perfino globuli di sangue, di pus ed anche infusorj.
L’esame chimico del latte ci fa riconoscere, oltre una gran dose d’acqua tenente in soluzione varj sali, soprattutto fosfati (necessarj alla formazione delle ossa de’ neonati), una sostanza quadernaria azotata detta caseina; una ternaria non azotata grassa e che forma il butirro; ed un altro composto parimenti non azotato che dicesi lattina, od anche zuccaro di latte pel suo sapore e per la sua facilità a cristallizzare. Ciò nel latte maturo, fresco ed appena munto. Nel primo latte, o colostro, raccolto o poco innanzi, o subito dopo il parto, l’albumina sta in luogo della caseina, nella quale si trasforma più tardi. Ed è noto ciò che avviene nel latte dopo la sua estrazione, abbandonato alla quiete in un vaso. Il grasso si porta alla superficie; la sostanza zuccherina si acidifica, trasformandosi in acido lattico, che produce poi la coagulazione della materia caseosa.
Le diverse qualità che presenta il latte nelle varie specie de’ nostri quadrupedi domestici, dipendono principalmente dal genere di nutrimento dell’animale; e consistono tanto nel variar delle proporzioni de’ componenti ordinarj del latte stesso, come in trasformazioni subíte da uno di questi componenti. Così p. e. la caseina è più abbondante nel latte de’ carnivori che in quello degli erbivori; diminuita invece è la quantità dello zuccaro di latte, e questo non più cristallizzabile. Oltre ciò deve tenersi calcolo dell’aggiunta di qualche leggier traccia di principj particolari; così p. e. il latte delle capre deve l’odore ed il gusto suoi proprj ad un acido organico detto acido ircico.
L’istinto guida la nuova creatura a cercare il capezzolo materno ed a succhiare. Ne’ marsupiali per altro, che partoriscono i figli cotanto immaturi, e ne’ cetacei, l’allattamento sembra passivo per parte de’ figli stessi. Lo strato muscolare che abbiamo veduto coprire in questi animali le ghiandole mammarie, spinge mediante la sua contrazione il latte nelle fauci de’ neonati.
La durata della secrezione del latte varia secondo lo svuotamento periodico e regolare delle mammelle, la prosperità dell’individuo, e l’intervallo ad un nuovo concepimento.
Fuori della classe de’ mammiferi non s’incontra più un organo che rappresentando, quanto alle funzioni, la glandula del latte, somministri materiale di nutrimento alla prole. Le madri provvedono allora o recando ai figli deboli ed inetti il cibo ch’esse hanno saputo raccogliere per la campagna, o collocando le uova in mezzo a’ magazzini naturali dove gli animaletti appena dischiusi trovino alimento copioso e pronto; ovvero con previdenza ancor più maravigliosa, chiudendo nel ricovero delle uova una provvigione di cibo sempre sufficiente.
È oggetto per tutti di tenera curiosità lo spettacolo degli uccelli che imbeccano i loro piccini. E si è tentati d’accusar la natura del barbaro istinto accordato al cuculo di deporre le uova ne’ nidi altrui2, e quello più barbaro ancora del cuculo appena sbucciato, di cacciar dal nido i suoi fratelli spurj, per rimanervi solo ed assoluto, quantunque men legittimo padrone. In alcune famiglie di uccelli, soprattutto dei gallinacei e de’ trampolieri, i pulcini appena sgusciati seguono la madre in traccia del nutrimento che essi medesimi raccolgono dal terreno.
Ne’ rettili, ne’ pesci, ne’ molluschi, ne’ crostacei, i novelli individui non trovano imbarazzo alcuno a procacciarsi l’alimento, di cui hanno abbondanza all’intorno, nell’istesso mezzo, nelle stesse località dove fanno dimora i genitori. Ma nella grande classe degli insetti, e particolarmente in quegli ordini caratterizzati dalla metamorfosi completa che subiscono le larve molli, inerti, vermiformi, innanzi vestire la forma de’ genitori, è dove maggiormente si ammira la sapienza inesauribile della natura, l’istinto preveggente delle madri. Noi vediamo le farfalle depositar costantemente le uova sopra una medesima specie di pianta, delle cui foglie devono nutrirsi le larve appena sbucciate. Le femmine di molti coleotteri insinuano le uova nel legno, scegliendo sempre in una stessa pianta la porzione più ricca di albumina, che è il vero nutrimento delle future larve: sapienza così funesta talvolta alle opere dell’industria umana! Una famiglia intiera di imenotteri, quella degli icneumonidi, è rinomata per l’istinto delle femmine di deporre le uova sotto la pelle delle larve delle farfalle, che sono poi rose e distrutte da’ bachi sbucciati nel loro seno. Altri, ed assai più numerosi di quest’ordine di insetti, costruiscono invece alle loro uova un apposito nido in cui rinchiudono la scorta di cibo alle nasciture larve. Per lo più consiste quella scorta in altri insetti o piccoli ragni previamente uccisi o tramortiti dall’aculeo di cui le femmine di quegli imenotteri sono fornite (V. il Corso Elementare, pag. 263).
Verso altri animali, specialmente delle classi inferiori, la natura fu matrigna. Le femmine o per deficienza di istinto, o per la vita precaria cui sono condannate, sebbene straordinariamente feconde, non possono assicurare ai loro figli i mezzi per lo sviluppo normale. In poco tempo sarebbero sparite queste generazioni dalla faccia della terra, se la sapienza divina non avesse provveduto con altre leggi affatto particolari, ben degne della più alta nostra maraviglia, e delle quali troveremo nel paragrafo seguente una succinta esposizione.
Note
- ↑ a Acini secernenti il latte. — b Cavità dove sboccano i condotti lattiferi. — c Estremità del capezzolo.
- ↑ Ciò non avviene per vano capriccio del cuculo; bensì per bisogno e per amor della sua prole. La femmina di questa specie deposita dalle 5 alle 6 uova in una stagione: ma a così lunghi intervalli l’un dall’altro, che essa non potrebbe
covar le ultime uova, e nel medesimo tempo procacciar l’alimento ai figli nati dalle prime.
Costumi analoghi, secondo l’osservazione di alcuni viaggiatori, sarebbero quelli di un uccello americano, appartenente ad una famiglia ben diversa, e conosciuto col nome sistematico di Molothrus pecoris.