Delle biblioteche circolanti nei comuni rurali/Introduzione - Lettera al cav. Luigi Sani
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INTRODUZIONE
LETTERA AL CAV. LUIGI SANI
Mio carissimo, per la terza volta pubblico i miei pensieri intorno alla recente istituzione educativa delle Biblioteche circolanti. Gli esposi dapprima in forma di lettere, le quali acquistarono non poca autorità dal nome tuo che portavano in fronte; poscia li ripubblicai con aggiunte in una serie d’articoli che videro la luce nel periodico mensile il Maestro degli adulti. Raccolsi in seguito altri fatti, e m’imbattei in altre questioni che ingrandirono la materia da dare la giusta mole ad un libro, che ora mando alla luce, perchè lo credo opportuno, più che altri non creda, ed utile alla cultura nazionale.
La discussione ampia e solenne che intorno a questo tema s’intavolò nel Congresso pedagogico pose fuor di controversia alcune massime intorno al modo più facile e più sicuro di ordinare le Biblioteche popolari e farle fiorire. Le quali massime vogliono essere quanto più si può diffuse, acciocché la istituzione non pericoli d’isterilire per imperizia di coloro che pur si affaticano a farla nascere.
I consigli provinciali, i comuni, i privati che fan ressa per promuovere le Biblioteche circolanti con premi e con offerte, pensarono essi al modo con cui si possono rendere utili all’educazione politica ed economica del nostro popolo? Basta egli, come in molti luoghi si fa, raccogliere libri d’ogni forma e d’ogni misura, perchè quella raccolta di libri meriti il titolo di Biblioteca popolare?
Dal caso non possono trarre origini cose che abbiano qualche valore, e tanto meno quelle che devono conferire così efficacemente all’educazione del popolo. Il libro è uno strumento e nulla più. Ora nel concetto di stromento entra per prima condizione che lo si possa, lo si sappia e lo si voglia adoperare secondo lo scopo a cui lo stromento è preordinato. Tu ben sai che uno strumento che a nulla serve è un ingombro; e Dio volesse che i libri che ai ammassano per fare biblioteche senza scelta e senza giudizio fossero soltanto un ingombro! Tu sai pure, o mio Luigi, che nell’educazione all’utilità si contrappone senz’altro intermezzo il danno; cosicché ogni mezzo che non aggiunga il suo fine è uno spreco ed un danno. Eppure a ciò non si bada nè punto nè poco. Infatti vidi recentemente un catalogo di libri raccomandato dai zelatori delle Biblioteche popolari; nel quale mancano affatto i nomi di que’ pochi scrittori nostri veramente popolari e benemeriti della educazione, per far luogo ad altri che han tanto che fare coi bisogni morali ed economici del nostro popolo quanto il codice di Manù col Vangelo. Che vuoi? Non sentiamo noi tutto di magnificare questa o quella biblioteca, perchè conta tre o quattro mila volumi? Probabilmente costoro somigliano a quel tale che per fare più esatta la statistica della sua azienda rurale annoverava fra gli animali domestici anche i topi ed i ragni. In Italia una Biblioteca di cento opere popolari, allo stato della nostra cultura presente, sarebbe tutto quello che potrebbe essere.
Avviene a un di presso lo stesso nella statistica dell’istruzione elementare. Si tien conto del numero delle scuole, ma non si sa se in esse si faccia profitto. Non è dal consumo dei banchi delle scuole che può rilevarsi l’aumento di cultura d’un popolo, ben altri criteri debbono cercarsi per dare giudizi intorno a ciò.
In tutti gli opuscoli che su quest’argomento si pubblicarono in Italia, gli scrittori si contentarono di provar l’utilità in generale delle Biblioteche, senza darsi un pensiero d’indicare le regole per tradurre in atto questa utilità possibile. Taluno si ferma tanto in coteste vaporose generalità da confondere in uno la Biblioteca ad uso degli studenti d’un liceo con quella modesta raccolta di libri, i quali noi vorremmo vedere andar fra le mani dei contadini duranti le lunghe sere d’inverno.
E non ricevi tu pure ad ogni giorno circolari ed inviti per soccorrere con doni a questa o a quella Biblioteca nascente? Che vuol dir ciò? Vuol dire che si erede d’avere una Biblioteca popolare quando si sono accatastati de’ libri dovunque vengano. Per non parere scortese tu mandi a questo e a quello non solo ciò che tu scrivesti, ma spandi quello che è stato scritto da altri, purchè tu vegga che il dono che tu fai possa giovare all’educazione del nostro popolo. Ma saranno tutti al par di te oculati nella scelta di libri che si mandano in dono? Permetti che io ne dubiti, tanto più dopo che vidi raccomandato dalla Commissione di Firenze quel tal catalogo, di cui parlava poc’anzi.
A far argine a coteste idee correnti, e diciamolo francamente, a cotesti pregiudizi quant’altri mai perniciosi, sono volti gli scritti che intitolo al tuo nome. I quali pigliano autorità eziandio dal voto unanime con cui il Congresso pedagogico accettava le conclusioni che si presentarono alla pubblica discussione.
Generalmente s’ignora che le veraci riforme nella educazione popolare devono partire dalla classe stessa a cui si riferiscono. Ogni sforzo che una classe fa per alzarsi e progredire deve promuovere quelle consolazioni e quei conforti che traggono le loro origini dalla coscienza del bene. Nulla misura meglio l’importanza che si annette alle cose quanto i sacrifizi che sì sostengono per loro, e l’attaccamento ad esse cresce in ragione di questi sacrifizi. Gli è perciò che mi è sempre parsa nocevole la gratuità della istruzione; come mi pare inconsulto il creare Biblioteche quasi all’insaputa e senza il concorso di coloro che le debbero frequentare. Il modo che io propugno per la istituzione delle Biblioteche mira appunto a far nascere questa cooperazione che deve dar la vita vera delle Biblioteche. In Germania ed in Inghilterra ve ne hanno che sono frequentatissime. A Berlino vi ha una società di operai, che si costituì per fondare de’ corsi, delle conferenze e delle biblioteche1. La più grande di queste conta tre mila soci, e possiede una Biblioteca magnifica, alla quale vi ha grande concorso. È celebre in Inghilterra associazione sotto il nome di Pionieri di Rochdale. Or bene gli operai di Rochdale pervennero a formare una Biblioteca di due mila volumi.
Come sono lodevoli quelle popolazioni lavoratrici, le quali coi loro proprii sforzi possono procacciarsi i mezzi della loro istruzione! Ma possiamo noi dire che siano molte coteste, e che le nostre segnatamente della campagna sieno a questo punto di avanzamento? Per nostra disgrazia dobbiamo dire che ne siamo lontani ancora. Ma tuttavia quale pensiero ci diamo noi per condurle a questo stato? Adoperiamo in guisa da risvegliare quell’attività che dovrà tradursi in iniziativa propria delle classi lavoratrici? No. Noi abbiamo posto in non cale l’insegnamento degli economisti e degli uomini tutti d’esperienza, che l’assistenza diretta, continua, la tutela che le classi doviziose esercitano sulla povera può esser ben di spesso sorgente piuttosto di danno che di vantaggio.
La beneficenza, o mio Luigi, sotto qualunque forma si presenti, dev’essere regolata dalla prudenza, e ricercare con essa di muovere l’attività del beneficato nell’atto che gli si porge la mano per sollevarlo dall’avvilimento in cui giace.
Le Biblioteche popolari adunque non devono essere un’ostentazione od una mostra apparente; devono essere fonte di cultura, e io saranno indubitatamente se promuoveranno il desiderio di leggere e faranno conoscere il bisogno e la utilità della istruzione.
Al malato, al convalescente non s’imbandisce una mensa ricca di molti e svariati cibi, ma gli si presenta quella vivanda che sia più facile a smaltirsi e giovi a rinvigorire le forze tutte della vita. Così è per l’appunto delle Biblioteche che noi vogliamo diffondere per tutto negli opifìci e nelle campagne. Colle norme, intorno alle quali si aggirano gli scritti che ti presento in questo volumetto, si stabilirono già nella provincia di Torino una ventina di Biblioteche o meglio raccolte di libri, i quali furono scelti appositamente, epperò capaci di circolare davvero; perchè suscitano quell’interesse che li fa ricercare ed amare dal popolo. Un libro, il quale non sia ricercato e letto con piacere, non si merita di essere posto nel novero di quelli che devono far parte della nostra Biblioteca rurale. Così è, la lettura dev’essere da prima fonte d’istruzione e di diletto e convertirsi poi in un vero bisogno.
Adoperiamoci a questo scopo, ed opereremo efficacemente sulla civiltà del nostro popolo.
Iddio ti conservi, a lungo a vantaggio del tuo paese, e de’ buoni studii.
Il tuo Vincenzo Garelli.
- ↑ Anche intorno ai corsi popolari corrono stranissimi pregiudizi; vi hanno scientisti di buon cuore e generosi, i quali si argomentano di ridurre a forma popolare le scienze. Costoro fan perdere un tempo prezioso e lo perdono essi stessi. Gli è a un di presso come se si travagliassero intorno alla quadratura del circolo. Come potrà capire il popolo la ragione de’ telegrafi elettrici o degli equivalenti chimici? I corsi popolari sono possibili quando ogni conferenza discorra intorno ad un tema che possa esaurirsi in una sola seduta, e che si aggiri in un ordine d’idee che sieno al livello della riflessione popolare. Tutto il rimanente e fiato sprecato.