Della tirannide (Alfieri, 1927)/Libro primo/Capitolo VII

Capitolo VII

../Capitolo VI ../Capitolo VIII IncludiIntestazione 12 agosto 2020 75% Da definire

Libro primo - Capitolo VI Libro primo - Capitolo VIII

[p. 36 modifica]

Capitolo Settimo

Della milizia.

Ma, o regni il tiranno stesso, o regni il ministro, a ogni modo sempre i difensori delle loro inique persone, gli esecutori ciechi e crudeli delle loro assolute volontá sono i mercenari soldati. Di questi ve ne ha nei moderni tempi di piú specie; ma tutte però ad un medesimo fine destinate.

In alcuni paesi d’Europa si arruolano gli uomini per forza; in altri con minor violenza, e maggiore obbrobrio per quei popoli, si offrono essi spontaneamente di perdere la lor libertá o (per meglio dire) ciò che essi stoltamente chiamano di tal nome. Costoro s’inducono a questo traffico di se stessi, spinti per lo piú dalla lor dappocaggine e vizi, e lusingati dalla speranza di soverchiare ed opprimere i loro eguali. Molti tiranni usano anche d’avere al lor soldo alcune milizie straniere nelle quali maggiormente si affidano. E, per una strana contraddizione che molto disonora gli uomini, gli svizzeri, che sono il popolo quasi il piú libero dell’Europa, si lasciano prescegliere e comprare, per servir di custodi alla persona di quasi tutti i tiranni di essa.

Ma, o straniere siano o nazionali, o volontarie o sforzate, le milizie a ogni modo son sempre il braccio, la molla, la base, la ragione sola e migliore, delle tirannidi e dei tiranni. Un tiranno di nuova invenzione cominciò in questo secolo a stabilire e mantenere un esercito intero e perpetuo in armi. Costui, nel volere un esercito, allorché non avea nemici al di fuori, ampiamente provò quella giá nota asserzione che il tiranno ha sempre in casa i nemici.

Non era però cosa nuova che i tiranni avessero per nemici i loro sudditi tutti; e non era nuovo neppure che, senza aver essi quei tanto formidabili eserciti, sforzassero nondimeno i lor sudditi ad obbedire e tremare. Ma tra l’idea che si ha delle cose e le cose stesse, di mezzo vi entrano i sensi; ed i sensi, [p. 37 modifica] nell’uomo, son tutto. Quel tiranno che nei secoli addietro se ne stava disarmato, se gli sopravveniva allora il capriccio o il bisogno di aggravare oltre l’usato i suoi sudditi, soleva per lo piú astenersene; perché, mormorandone essi o resistendogli, pensava che gli sarebbe necessario di armarsi per fargli obbedire e tacere. Ma ai tempi nostri, quell’autoritá e forza che il padre o l’avo del presente tiranno sapeano bensí d’avere, ma non se la vedeano sempre sotto gli occhi; quell’autoritá e forza viene ora ampiamente dimostrata al regnante da quelle tante sue schiere, che non solo lo assicurano dalle offese dei sudditi, ma che ad offenderli nuovamente lo invitano. Onde, fra l’idea del potere nei passati tiranni e la effettiva realitá del potere nei presenti, corre per l’appunto la stessa differenza che passa tra la possibilitá ideale d’una cosa e la palpabile esecuzione di essa.

La moderna milizia, colla sua perpetuitá, annulla nelle moderne tirannidi l’apparenza stessa del viver civile; di libertá seppellisce il nome perfino; e l’uomo invilisce a tal segno che cose politicamente virtuose, giuste, giovevoli ed alte non può egli né fare né dire, né ascoltar né pensare. Da questa infame moltitudine di oziosi soldati, vili nell’obbedire, insolenti e feroci nell’eseguire, e sempre piú intrepidi contro alla patria che contro ai nemici, nasce il mortale abuso dell’esservi uno stato di piú nello stato; cioè un corpo permanente e terribile, che ha opinioni ed interessi diversi e in tutto contrari a quelli del pubblico; e un corpo che, per la sua illegittima e viziosa instituzione, porta in se stesso la impossibilitá dimostrata di ogni civile ben vivere. L’interesse di tutti o dei piú, fra i popoli di ogni qualunque governo, si è di non essere oppressi, o il meno che il possono; nella tirannide, i soldati, che non debbono aver mai interesse diverso da quello del tiranno che li pasce e che la loro superba pigrizia vezzeggia, i soldati hanno necessariamente interesse di opprimere i popoli quanto piú il possono; poiché quanto piú opprimono, tanto piú considerati sono essi e necessari e temuti.

Non accade nella tirannide, come nelle vere repubbliche, [p. 38 modifica] che le interne dissensioni vengano ad esservi una parte di vita; e che, saggiamente mantenutevi ed adoprate, vi accrescano libertá. Ogni diversitá d’interesse nella tirannide accresce al contrario la pubblica infelicitá e la universal servitú: e quindi bisogna che il debole per cosí dire si annichili, e che il forte s’insuperbisca oltre ogni misura. Nella tirannide perciò le soldatesche son tutto ed i popoli nulla.

Questi prepotenti, o siano volontariamente o sforzatamente arruolati, sogliono essere, quanto ai costumi, la piú vile feccia della feccia della plebe; e sí gli uni che gli altri, appena hanno rivestita la livrea della loro duplicata servitú, fattisi orgogliosi, come se fossero meno schiavi che i loro consimili, spogliatisi del nome di contadini di cui erano indegni, sprezzano i loro eguali e li reputano assai di meno di loro. E in fatti, i veri contadini coltivatori nella tirannide si dichiarano assai minori dei contadini soldati, poiché sopportano essi questa genía militante, che ardisce disprezzargli, insultargli, spogliargli ed opprimerli. E a questa sí fatta genía potrebbero lievemente resistere i popoli, se volessero pure conoscere un solo istante la loro forza, poiché si troverebbero tuttavia mille contr’uno.

E se tanta pur fosse la viltá degli oppressi che colla forza aperta non ardissero affrontare questi loro oppressori, potrebbero anche facilmente con arte e doni corrompergli e comprarli; che quel loro valore sta per chi meglio lo paga. Ma da un sí fatto mezzo ne ridonderebbero in appresso piú mali; tra cui non è il menomo il ritrovarsi poscia fra il popolo una sí gran moltitudine d’enti, che soldati non potrebbero esser piú, e che cittadini (ove anco il volessero) divenir non saprebbero.

Vero è che il popolo li teme e quindi gli odia; ma non gli odia pur mai quanto egli abborrisce il tiranno, e non quanto costoro sel meritano. Questa non è una delle piú leggere prove, che il popolo nella tirannide non ragiona e non pensa; che se egli osservasse che senza codesti soldati non potrebbe oramai piú sussistere tiranno nessuno, gli abborrirebbe assai piú; e da quest’odio estremo perverrebbe il popolo assai piú presto allo spegnere affatto cotali soldati. [p. 39 modifica]

E non paia contraddizione il dire che senza soldati non sussisterebbe il tiranno, dopo aver detto di sopra che non sempre i tiranni hanno avuto eserciti perpetui. Coll’accrescere i mezzi di usare la forza, hanno i tiranni accresciuta la violenza in tal modo che, se ora quei mezzi scemassero, verrebbe di tanto a scemare nei popoli il timore, che si distruggerebbe forse la tirannide affatto. Perciò quegli eserciti, che non erano necessari prima che si oltrepassassero certi limiti, e prima che il popolo fosse intimorito e rattenuto da una forza effettiva e palpabile, vengono ad essere necessarissimi dopo: perché natura dell’uomo è che chiunque per molti anni ha avuto davanti agli occhi e ceduto ad una forza effettiva, non si lasci piú intimorire da una forza ideale. Quindi, nel presente stato delle tirannidi europèe, al cessare dei perpetui eserciti, immantinente cesseran le tirannidi.

Il popolo non può dunque mai con verisimiglianza sperare di vedersi diminuito o tolto questo continuo aggravio ed obbrobrio, dello stipendiare egli stesso i suoi propri carnefici, tratti dalle sue proprie viscere, e cosí tosto immemori affatto dei loro piú sacri e naturali legami. Mail popolo1 ha pur sempre non la speranza soltanto, ma la piena e dimostrata certezza di tôrsi egli stesso questo aggravio ed obbrobrio, ogniqualvolta egli, veramente volendolo, non chiederá ad altrui ciò che sta soltanto in sua mano di prendersi.

Ogni tiranno europeo assolda quanti piú può di questi satelliti, e piú assai che non può; egli se ne compiace, se ne trastulla e ne va oltre modo superbo. Sono costoro il vero e primo [p. 40 modifica] gioiello delle loro corone: e, mantenuti a stento dai sudori e digiuni del popolo, preparati son sempre a beverne il sangue, ad ogni minimo cenno del tiranno. Si accorda, in ragione del numero dei loro soldati, un diverso grado di considerazione ai diversi tiranni. E siccome non possono essi diminuire i satelliti loro senza che scemi l’opinione che si ha della loro potenza: e siccome una persona abborrita, ove ella mai cessi di essere temuta, apertamente si dileggia da prima, e tosto poscia si spegne, egli è da credersi che i tiranni non aspetteranno mai questo manifesto disprezzo precursore infallibile della loro intera rovina, e che sempre dissangueranno il popolo per mantenere coi molti soldati se stessi.

I tiranni, padroni puranche per alcun tempo dell’opinione, hanno tentato di persuadere in Europa, ed hanno effettivamente persuaso ai piú stupidi fra i loro sudditi, cosí plebei come nobili, che ella sia onorevole cosa la loro milizia. E col portarne essi stessi la livrea, coll’impostura di passare essi stessi per tutti i gradi di quella, coll’accordarle molte prerogative insultanti ed ingiuste sopra tutte le altre classi dello stato, e massime sopra i magistrati tutti, hanno con ciò offuscato gl’intelletti ed invogliato gli stoltissimi sudditi di questo mestiere esecrabile.

Ma una sola osservazione basta a distruggere questa loro scurrile impostura. O tu reputi i soldati come gli esecutori della tirannica volontá al di dentro; e allora può ella mai parerti onorevol cosa lo esercitare contra il padre, i fratelli, i congiunti e gli amici, una forza illimitata ed ingiusta? O tu li reputi come i difensori della patria; cioè di quel luogo dove per tua sventura sei nato, dove per forza rimani, dove non hai né libertá, né sicurezza, né proprietá nessuna inviolabile; e allora, onorevol cosa ti può ella parere il difendere codesto tuo sí fatto paese, e il tiranno che continuamente lo distrugge ed opprime quanto e assai piú che nol farebbe il nemico? e l’impedire in somma un altro tiranno di liberarti dal tuo? Che ti può egli togliere oramai quel secondo che non ti sia stato giá tolto dal primo? Anzi, potrá il nuovo tiranno, per necessaria accortezza, trattarti da principio molto piú umanamente che il vecchio. [p. 41 modifica]

Conchiudo adunque che, non si potendo dir patria lá dove non ci è libertá e sicurezza, il portar l’armi dove non ci è patria riesce pur sempre il piú infame di tutti i mestieri; poiché altro non è se non vendere a vilissimo prezzo la propria volontá e gli amici e i parenti e il proprio interesse e la vita e l’onore, per una causa obbrobriosa ed ingiusta.


Note

  1. E una volta per tutte mi spiego che io, nel dir «popolo», non intendo mai altro che quella massa di cittadini e contadini piú o meno agiati, che posseggono propri lor fondi o arte, e che hanno e moglie e figli e parenti: non mai quella piú numerosa forse, ma tanto meno apprezzabile classe di nullatenenti della infima plebe. Costoro, essendo avvezzi di vivere alla giornata; e ogni qualunque governo essendo loro indifferente, poiché non hanno che perdere; ed essendo, massimamente nelle cittá, corrottissimi e scostumati, ogni qualunque governo, perfino la schietta Democrazia, non dée nè può usar loro altro rispetto, che di non lasciarli mai mancare né di pane, né di giustizia, né di paura. Che ogniqualvolta l’una di queste tre cose lor manchi, ogni buon ordine di societá può essere in un istante da costoro sovvertito, e anche pienamente distrutto.