Della biblioteca di monsignor Alessandro Lazzerini e del migliore suo collocamento

Gaetano Guasti

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DELLA BIBLIOTECA

DI MONSIGNOR

ALESSANDRO LAZZERINI

E

DEL MIGLIORE SUO COLLOCAMENTO

MEMORIA

lette al Consiglio Municipale di Prato

nell’Adunanza de’ 18 agosto 1866

DA GAETANO GUASTI

E APPROVATA DAL MEDESIMO CONSIGLIO.

PRATO,

TIPOGRAFIA GUASTI.

mdccclxvi

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                    Signori,

I.

Monsignor Alessando Lazzerini è già annoverato nella serie illustre dei benefattori di questa città; ma del suo beneficio non si giova ancora il pubblico, quantunque siano corsi trentanni dal giorno che quel Benemerito legava alla patria de’ suoi maggiori la Biblioteca raccolta durante una lunga vita, e in una città qual’è Roma, con molta cura e dispendio. “Bramando (giova riferire le parole stesse del Testamento) che non rimanga dispersa la mia Biblioteca, la di cui riunione mi costa tante fatiche, brighe e spese, lascio essa intiera mia Biblioteca alla città di Prato in Toscana, d’onde proviene il ceppo di mia famiglia, unitamente a tutte le mie Opere inedite, acciò vengano da essa città pubblicate colle stampe; delle quali Opere inedite dal mio infradicendo Esecutore Testamentario si compilerà esatto Catalogo, e si renderà pubblico colle stampe a spese della mia Eredità, pria di farne la consegna, e quindi ritirerà di tutto esatta ricevuta.

Voglio poi e comando, che detta mia Biblioteca, allorquando sarà stata trasportata, sistemata e collocata in Prato, rimanga aperta a vantaggio dei giovani [p. 4 modifica] studiosi della medesima città in tre mattine di ciascuna settimana dell’anno, cioè nel lunedì, mercoledì e venerdì, per lo spazio di ore tre in ogni mattina, col nome di Biblioteca Lazzeriniana; deputando e pregando il reverendissimo Capitolo della Cattedrale di Prato di sorvegliare al pieno adempimento e direzione di questa mia disposizione: mentre in caso di rinunzia, ed inadempimento di tal mia disposizione, intendo e voglio, che sia surrogata alla ridetta città di Prato, quella di Pistoia, con le medesime sopraccennate condizioni.

Le spese però di tassa di successione, e quelle di trasporto di detta mia Biblioteca, ossia Libreria, in Prato, ed in caso di renunzia di questa città in Pistoia, intendo che siano tutte a carico e spese di una delle summentovate città, che si caricherà e porterà ad effetto tal mia volontà alla predetta mia Libreria relativa, non potendo io addossarne il peso alla mia Eredità. In qualche compenso di tali spese lascio tutte le copie di tutte le mie Opere pubblicate colle stampe, ed ingiungo l’obbligo alla detta città di Prato, o alla città di Pistoia, quante volte la prima non accettasse, di porre una lapide nella Libreria in memoria di questo mio legato.

Perchè poi con maggior accuratezza ed impegno possa portarsi ad esecuzione tal mia disposizione, e dare un compenso ad una delle due città che accetterà questo Legato della suddetta mia Libreria, lascio a favore della Biblioteca che sarà formata, ed eseguirà le mie sopra espresse intenzioni, lascio il primo piano e la bottega a me appartenente della [p. 5 modifica] casa posta in via Tordinona ni 99 e 100, con la condizione o legge, che la metà della rendita di detti stabili s’impieghi in aumento di libri per la Biblioteca, l’altra metà si dia al Bibliotecario pro tempore che verrà destinato; volendo che a tale incarico sia sempre preferito il soggetto che verrà investito del Benefizio di mia famiglia, che attualmente possiedo, quante le volte sia, e rimanga domiciliato in quella città ove sarà la Biblioteca, e sia all’oggetto abile e capace”.

II.

Le intenzioni del Testatore erano dunque:

a) che la propria Biblioteca fosse aperta nella città di Prato a benefizio pubblico, in tre giorni della settimana, per lo spazio di tre ore;

b) che co’ proventi d’uno stabile si formasse alla Biblioteca una dote, e se ne retribuisse il Bibliotecario;

c) che all’ufficio di Bibliotecario fosse preferito chi godeva il benefizio di data de’ Lazzerini, purché nell’investito concorressero i necessari requisiti;

d) che il Capitolo della Cattedrale di Prato curasse l’adempimento della sua volontà;

e) che si continuasse la stampa delle sue Opere, già iniziata in Roma.

III.

Accettato per parte del nostro Comune il legato cospicuo (deliberazione de’ 20 settembre 1830, approvata [p. 6 modifica] con rescritto de’ 20 maggio 1838); trasportati nel 1837 i volumi da Roma a Prato; fatte con il Capitolo le debite parti; si cominciò a pensare al modo di collocare questa Biblioteca. Venne subito in mente (ed era ben naturale) la inutilità di una seconda Libreria, mentre abbiamo la Roncioniana, che sta aperta ogni giorno tre ore: fu pensato che la tenue dote non avrebbe potuto dar modo d’accrescerla: non passò nemmeno inosservato, che la disposizione relativa al Bibliotecario, se prestavasi ad economizzare nella spesa del mantenimento e vantaggiava un individuo, non del pari poteva conferire sempre al maggior decoro dell’istituto e incontrare la sodisfazione del pubblico: mentre il giudizio della idoneità, o non si farebbe per amore del quieto vivere, ed ecco il danno della città; o si farebbe, ed ecco un’odiosa contestazione forse vuota d’effetto. Ove poi le due Biblioteche si riunissero, da ogni lato si presentavano vantaggi. Avere una Biblioteca di circa 20 mila volumi era invero più decoroso, che vantarne due di 12 e di 7 migliaia: gli studiosi si chiamerebbero più contenti d’avere in uno stesso luogo riunita questa suppellettile letteraria: i libri dell’una completerebbero l’altra in quelle parti della scienza che patissero più difetto: i duplicati si cambierebbero con altri libri: un solo Bibliotecario, più decentemente retribuito, lo vigilerebbe ambedue; e con gli assegni riuniti si provvederebbe meglio agl’incrementi. Nè questo provvedimento faceva contro alla volontà del Testatore; poiché s’egli non aveva contemplato il caso d’una riunione, non l’aveva neppure espressamente vietato; esprimendo solo il desiderio che la Biblioteca, oggetto per lui di tante cure e dispendi, non rimanesse [p. 7 modifica] dispersa, fosse trasportata, sistemata e collocata in Prato, dove rimanesse aperta a vantaggio de’ giovani studiosi, per tre ore, in tre giorni della settimana. Ora, la riunione non impediva nessuno di questi effetti; anzi, procurava un maggior vantaggio agli studiosi (e questo è il capitale oggetto dell’istituzione), tenendo a loro disposizione i libri per sei giorni invece di tre.

IV.

Ma vi fu un tempo che prevalse nei Rappresentanti del Municipio nostro l’idea d’una Biblioteca separata. Si pose l’occhio su quel lato di questa nostra Residenza, che una volta serviva ad uso di Teatro; e si stipulò con l’Accademia de’ Semplici (rescritto de’ 7 agosto 1840) un contratto di retrocessione (17 settembre anno detto); e si commise a due Deputati di studiare la località, e quasi condurre per mano l’architetto a disegnarvi costruzioni, che dessero spazio comodo a ricovrare l’Archivio del Comune e la Biblioteca Lazzeriniana. Quei Deputati (consigliere Luigi Pieri e dottor Niccola Mazzoni), risoluti per la collocazione della Lazzerini nel locale da adattare, combattevano l’opinione di coloro che l’avrebbero voluta porre nel piano terreno della Roncioniana; e la combattevano con buone ragioni. Quando dobbiamo andare a pigione, dicevano, e pagare settanta o più scudi per l’affitto; è meglio spendere per accomodarsi in casa propria. Ma se l’edifizio fu riattato, se vi fu traslocato l’Archivio, la Libreria rimase dov’era: chè tornava sempre in mezzo l’idea della riunione. Per giungere però a quest’intento bisognava: [p. 8 modifica](a) venire a patti con la famiglia Lazzerini, per svincolarsi dall’obbligo di conferire al benefiziato l’ufficio di Bibliotecario;
(b) trovare i termini d’accordo co’ Seniori delle nobili famiglie chiamate a rappresentare l’eredità Roncioni, che amministrano la Biblioteca omonima.

V.

Al Benefizio sotto l’invocazione di San Lorenzo, fondato da Lorenzo Casini nella chiesa della Compagnia della ss. Trinità di Prato, e oggi goduto dalla famiglia Lazzerini, fu proposto un aumento di rendita, da costituirsi con una porzione dell’assegno fatto alla Biblioteca dal Testatore; e i Lazzerini si mostrarono sempre disposti ad accettare questo tenue compenso (50 lire), ogni qualvolta potesse avvenire la riunione delle due Biblioteche e quindi restare inutile un secondo bibliotecario. Ma rinunziando al diritto, consentendo alla riunione, non omettevano di fare una riserva; volevano, cioè, che la volontà del Testatore fosse in ogni altra parte sodisfatta.

VI.

I Rappresentanti della Roncioniana accoglievano in massima la proposta riunione, ma vi ponevano delle condizioni. Era ben naturale. Essi avevano il diritto come il dovere di premunirsi dirimpetto a una nuova autorità, che sarebbe in qualche modo venuta a ingerirsi, in un’istituzione di cui sono non meno gelosi che esatti [p. 9 modifica] amministratori. Tralasciando quello che in tanti anni di trattative (sebbene riprese a lunghi intervalli) è stato detto, scritto, deliberato, e mai eseguito; ve ne presenterò, o Signori, gli ultimi termini.

Il Comune diceva da una parte: Gli Amministratori della Roncioniana accolgano la Lazzeriniana, e si obblighino a tenerla sempre separata. Se lo spazio non basta (e già la stessa Roncioniana ha difetto di spazio), facciano nuove costruzioni; e, per tutto compenso, ricevano 2800 lire su’ capitali della nuova Biblioteca. Con un assegno annuo di L. 319. 20 (lire 380 toscane) ricompensino il Bibliotecario o il suo aiuto, e comprino libri: ma anche per questa somma compilino ogni anno un bilancio, e il Comune l’approvi; o sia poi padrone il Comune stesso di proporre una lista di libri da acquistarsi nell’annata.

A tali proposte (che si sarebbero potute fare solamente quando la Roncioniana fosse venuta a cercare del Comune, e a raccomandarsegli per ottenere la Lazzeriniana) i Rappresentanti dell’eredità Roncioni contrapponevano queste: Il Comune ci lasci liberi sul modo di conservare i libri del Lazzerini: ov’entrino negli scaffali che ora sono in piedi e nella sala esistente, noi gli terremo lì: quando mancherà spazio, lo troveremo. I volumi Lazzeriniani abbiano un’etichetta particolare che gli distingua dai Roncioniani; un’epigrafe faccia memoria delle benemerenze di monsignor Lazzerini, come già un’altra ricorda il legato del conte Casotti. Si accettano le 2800 lire, e la dotazione proposta: quelle per le spese eventuali, questa per ricompensare e per aumentare; ma liberamente, seuz’obbligo mai di renderne conto a [p. 10 modifica] nessuno. Finalmente, ci sia data facoltà di vendere le opere, che per la riunione delle due Biblioteche risultassero in doppio esemplare; e ciò per ottenere spazio, e aver modo d’acquistare nuovi libri.

VII.

Chi rappresenta il Comune può chiamarsi poco sodisfatto di queste domande: ma quando si tratta d’accordi, bisogna fare un po’ per uno a cedere; e chi giudica fra le parti, si dee mettere ne’ piedi dell’una come dell’altra. Il Comune doveva badare a due cose: che si ottenesse il maggior vantaggio del pubblico; che si rispettasse la volontà del Testatore. Il vantaggio della riunione non ha bisogno d’essere dimostrato: non vi fosse altro che il comodo d’avere tutt’e ventimila i volumi in uno stesso luogo, e l’uso quotidiano di quelli che lo stesso Lazzerini non dava al pubblico che per tre giorni della settimana; sarebbe pur qualche cosa. E i vantaggi si ottenevano anche accettando le condizioni degli Amministratori della Roncioniana: ma non poteva dirsi altrettanto rispetto alla disposizione del Testamento. Non obbligò, è vero, monsignor Lazzerini a creare per i suoi libri una Biblioteca; ma è troppo manifesto, che de’ suoi libri volle costituita una Biblioteca. Si parva licei componere magnis, bisognava far quello che nella Vaticana per alcune minori e pure insigni Biblioteche, e nella Laurenziana per la raccolta Delciana è stato fatto: conservare alla Lazzerini la sua personalità. Quindi stanza propria, catalogo a parte, amministrazione separata. Ma dall’altro lato, si poteva chiedere (non dico [p. 11 modifica] imporre) agli Amministratori della Roncioni una spesa qualunque, per dare alla Lazzerini tutti questi vantaggi? Quando si sarebbe dovuto domandar loro, che si contentassero di lasciarci costruire nell’edifìzio della Roncioniana una sala per i libri del Lazzerini, non era un linguaggio strano il dir loro: spendete due, quattro mila lire, per accomodarci una libreria, a cui il Comune si è obbligato da trent’anni di preparare una sede decente? Mentre dunque mi sembrava strano il linguaggio dei Rappresentanti Municipali, liberamente giudicavo troppo severo quello degli Amministratori Roncioniani. Ove i diritti fossero menomamente offesi, io loderei anche la severità più scrupolosa: ma quale offesa ai diritti (si poteva dire agli Amministratori), se i libri delle due Biblioteche non verranno confusi, se i duplicati non saranno venduti, se il Comune vorrà ogni anno una nota de’ libri comprati col danaro che somministra? Non vi chiediamo un titolo esterno che rammenti le due Biblioteche; ma (posto che vi piaccia esternamente cambiare quello di Bibliotheca Roncioniana, nel più semplice di Libreria pubblica) che mal sarà, che sopra una nuova sala sia scritto Lazzeriniana? Ma questa sala, quanto non aggiugne di decoro alla vostra Roncioni? alla quale, e forse non ad una sala soltanto, parve che pensassero i vostri antecessori, allora quando costruirono quell’ingresso amplissimo, quella scala nobilissima!

VIII.

Io credo, Signori, che parlando in questo tenore la conciliazione si farebbe. E formulando il mio concetto [p. 12 modifica] in termini più precisi, ecco quali sarebbero le condizioni da proporre agli Amministratori della Roncioniana.

a) Permettano essi al Comune di costruire una sala contigua all’altra dove sta la Roncioniana, capace di contenere i libri della Lazzerini con gli aumenti di molti anni;

b) ricevano la Biblioteca per doppio Inventario, e annualmente rimettano al Sindaco la nota degli acquisti fatti, perchè vengano trascritti sull’Inventario che si conserva nell’Archivio Municipale;

c) l’amministrazione della dote rimanga presso il Comune; il quale annualmente passerà l’intiera rendita all’Amministrazione della Roncioniana, da spendersi in acquisti, in rilegature e in remunerazioni;

d ) la spesa che occorre per approntare la stanza e gli scaffali, sia rimborsata al Comune con la ritenzione di due terzi della rendita annua.

e) Per onorare la memoria di monsignor Lazzerini, per compensare i Lazzerini d’aver rinunziato al diritto che l'investito del loro Benefizio avrebbe all’ufficio e agli emolumenti di Bibliotecario, si contentino gli Amministratori della Roncioniana di ricevere nel loro collegio il maggior nato di quella famiglia, che sarà per i tempi.

IX.

Questo capitolato mi par tale da condurci una volta a vedere finita questa vergogna. Ho detto vergogna, e spero che a nessuno debba parer troppo severa parola; poiché tutti saremo d’accordo, che il Comune debba eccitare i cittadini alle opere buone e belle, non [p. 13 modifica] comprimerne i sentimenti generosi. Ora, nulla più gli comprime della noncuranza. Se il Lazzerini, quando volto un pensiero a questa città, per la quale ebbe redato da’ suoi antenati un affetto di cittadino, dettava le parole del Testamento che vi ho riferite, avesse potuto mai sospettare che i suoi libri (i quali erano a lui costati tante fatiche, brighe e spese) sarebbero per trent’anni travasati da una stanza all’altra, ora sparsi sopra il nudo terreno, ora accatastati in un angolo, offesi dalla polvere, dall’umidità, da’ sorci; io credo che, preso da grande sconforto, avrebbe deliberato altrimenti. Ma l’uomo benefico provvide al caso che Prato non volesse accettare, e chiamò in sostituzione Pistoia; non dubitò che, accettata una volta l’eredità, potesse rimanere inutile. Al male, o Signori, non v’ha che un rimedio: fare che cessi. E il Comune nostro può farlo, con piccolo aggravio della sua finanza; e definitivamente, senza aggravio nessuno. Il nostro ingegnere Ottaviano Berti ha studiato e delineato il progetto di cui vi ho tenuto parola, e che gli Amministratori della Roncioniana non esiteranno, spero, ad approvare. Avremo da fare una spesa di Ln. 4,645.60; la quale può essere rimborsata in tredici anni e qualche mese. Perchè a tutt’oggi la dote della Lazzeriniana è costituita di Ln. 4239.31, depositate nella Regia Tesoreria, e di Ln. 6782, nel Monte Pio: le quali Ln. 11,021.31 fruttano Ln. 517.15. Questo capitale si è andato formando con la vendita dello stabile di cui parla il Testatore, alienato nel 1841 (deliberazione de’ 27 giugno 1840, approvato dal rescritto de’ 5 ottobre, anno detto) per 750 scudi romani; e poi con i frutti capitalizzati di quel [p. 14 modifica] prezzo. Non istarò a rilevare come le Ln. 10,971.31 potrebbero rendere anche di più, rinvestendole in rendita dello Stato: dirò soltanto, che io non saprei consigliarvi di menomare questo capitale, impiegandone una porzione nelle spese che occorrono a far la sala o a fornirla di scaffali. Il Comune deve anticipar queste spese; e col tenue sacrifizio compensi il danno, emendi la passata trascuranza.

X.

Non debbo, non voglio omettere di ricordare come fra i vari progetti, uno degli ultimi fu quello di collocare la Lazzeriniana presso le Scuole pubbliche, nel fabbricato di San Michele; servendosi poi dell’entrata annua nell’acquisto di libri per una Libreria circolante: e tanto più lo debbo e voglio ricordare, in quanto che da quel primo pensiero ne sarebbe scoppiato un altro; di rendere, cioè, circolante la Biblioteca stessa del Lazzerini. Ma una volta che siamo d'accordo sull’utilità e sulla convenienza della riunione, la prima parte del progetto cade di suo. Resterebbe la seconda, cioè d’usare la rendita a benefizio d’una Libreria circolante; e poi rimarrebbe l’altro progetto, di far circolare tutta la Lazzeriniana. Ma se il Comune deve collocare la Biblioteca (e ovunque si collochi, una spesa è indispensabile), se deve provvedere alla sua custodia, ognun vede che per anni e anni non v’è da parlare d’acquisti. A farla poi tutta circolante nel popolo, non vi si oppongono soltanto la volontà del Testatore e il diritto degli studiosi che la vorranno permanente almeno per tre ore in tre giorni della [p. 15 modifica] settimana; ma vi si oppone la natura stessa delle opere ond'è costituita. Bisogna ricordarsi che monsignor Alessandro Lazzerini era un professore di diritto canonico e di gius pubblico; un bibliotecario di famiglia principesca; un prelato romano, educato negli anni che ferveva più fiera la lotta tra la Chiesa o il Giansenismo; un erudito come sono usati a Roma più che in altri paesi, più anche in Roma nel secolo ch’ebbe il Bottari, il Foggini, il Fontanini, il Cenni, il Marini, il Cancellieri e altri meno noti, ma non meno dotti. La loro scienza aveva per fondamento la erudizione ecclesiastica; ma i confini di quella erudizione erano ampli, perchè le attinenze della Chiesa sono infinite, e i monumenti di Roma racchiudono la storia de’ tempi pagani, come quella del cristianesimo. Di questa universalità di sapere risente la Biblioteca del Lazzerini: e sebbene da un Catalogo imperfetto (tanto imperfetto, che il nome del dedicato vi è qualche volta tirato fuori per quello dell’autore) non si possa desumere quali materie più vi prevalgano; questo però si può accertare, che in sette mila volumi non ve ne saranno dieci per il popolo, e per il nostro specialmente; il quale non può desiderare che libri, in cui le applicazioni della scienza alle arti e ai mestieri s’insegnino, e s’insegnino con le teorie più recenti, e negli ultimi resultati. Ma di ciò basti aver detto questo, per non sembrare incuranti del pubblico bene, di cui è parte dicerto la istruzione popolare.

XI.

Conchiudendo: la Biblioteca Lazzerini potrebbe essere definitivamente collocata, e resa di pubblico uso, come [p. 16 modifica] volle il Testatore benemerito, ove al Consiglio piacesse:

a) Concedere al benefiziato, che monsignor Lazzerini designò per Bibliotecario, un’annua permanente responsione di Ln. 50; con che i signori Lazzerini, per sé e loro successori, renunziassero alla disposizione del Testamento;

b) dare alla Giunta facoltà di trattare con i signori Amministratori della Roncioniana ne’ termini sopra espressi;

c) anticipare la somma occorrente per collocare la Biblioteca, da rimborsarsene d’anno in anno co’ due terzi della sua rendita;

d ) approvare la conversione del capitale in rendita dello Stato, per averne un frutto maggiore;

e) ordinare la vendita delle Opere proprie di monsignor Lazzerini, in aumento del capitale medesimo, com’egli stesso intendeva che fosse fatto.

Vero è, che poco spaccio ce ne possiamo ripromettere, attesa l’indole delle Opere medesime: intanto che fu creduto (e vi concorse il parere di uomini rispettabilissimi) di sospendere la stampa di quelle inedite, che l’autore aveva incominciata in Roma. Ma in ogni modo si può tentare; e (quando non s’abbiano a dare a peso di carta) ogni offerta può essere accettabile. Non è però questo che urge: urge, o Signori, che si deliberi sulle proposte che ho avuto l’onore di svolgere.