Della architettura della pittura e della statua/Della architettura/Libro terzo – Cap. XVI

Libro terzo – Cap. XVI

../Libro terzo – Cap. XV ../Libro quarto – Cap. I IncludiIntestazione 14 novembre 2015 75% Da definire

Della architettura - Libro terzo – Cap. XV Della architettura - Libro quarto – Cap. I
[p. 74 modifica]

De pavimenti secondo l’opinione di Plinio, et di Vitruvio, et secondo l’opere delli Antichi; et quali sieno i tempi buoni, per cominciare, et terminare le varie sorti delle opere.

cap. xvi.


T
Ratteremo hora delli smalti, i quali sono ancora della natura de tetti. Di questi alcuni ne sono allo scoperto, alcuni ne sono di travate, et alcuni no; amenduoi bisogna c’habbino un piano finito, tirato secondo le sue linee, sopra il quale si ponghino. Quelle superficie che saranno allo scoperto, bisogna che si rilevino in modo, che almeno a ogni dieci piedi habbino di pendio due dita; et onde l’acque possino scolandosi, raccorsi nelle cisterne, o nelle fogne. A queste, fogne, se elle non si potranno mandare o in Mare, o in Fiumi, cava loro pozzi in luoghi commodi, insino che tu truovi l’acqua viva, et riempi intorno la fossa di ciottoli. Et se finalmente non potrai fare questo, dicono che si faccino fosse capaci, et vi si mettino carboni, dipoi si riempino di sabbione, che si succeranno, et inghiottiranno la superfluità dello humore. Ultimamente se il piano sarà fatto di materia ragunaticcia, si mazzanghererà accuratissimamente; et vi si distenderanno sopra pezzuoli di sassi, assodandoli con la mazzeranga. Ma se il piano harà sotto, la impalcatura, allhora si attraversi con un’altra impalcatura di asse; et poi vi si mettino i pezzuoli de sassi alti un piede, et si battino, et s’affondino con la mazzeranga. Et sono alcuni che pensano che sotto i pezzuoli de sassi, si debbino distendere ginestre, et felci; accioche il legname non si guasti tocco dalla calcina. Se i pezzuoli de sassi saranno nuovi, alle tre parti diasene una di calcina; se saranno vecchi, aggiunghisi alle cinque parti, due, et cosi mescolato si faccia divenire serrato, con batterlo eccellentemente con bastoni. Sopra questi s’aggiunga una poltiglia grossa sei dita, di terra cotta trita, che alle tre sue parti sia mescolata una parte di calcina. Ultimamente ponghinvisi sopra, o ammattonati in cerchio, o altri mattoni cotti, a spinapesce; o [p. 75 modifica]vero mezzane a filo, et secondo il regolo. Sarà il lavoro più sicuro, se infra la materia battuta, et la poltiglia, si congiugneranno insieme embrici, et tegoli con calcina rimenata con olio. Gli smalti, che non hanno a stare allo scoperto, perche son molto lodati se sono aridi, et secchi, Varrone comanda che si faccino in questo modo: Cavisi duoi piedi di terreno, et mazzeranghisi molto bene, et pongavisi sopra o un suolo di sossolini, o di mattonami; lascinvisi sfogatoi, onde l’humore possa distillarsi per i suoi canali, mettinvisi sopra de carboni, et spianati, et pesti bene, pongavisi sopra un suolo grosso di mezo piede, quasi come una stiacciata mescolata di sabbione, calcina, et cenere. Queste cose che insino a quì habbiamo dette, le habbiamo tolte da Plinio; et principalmente da Vitruvio. Racconteremo per l’advenire quelle, che io con somma cura, et diligentia ho raccolte circa gli smalti, da gli edificii de gli Antichi; da quali io confesso havere imparate molto più cose, che da gli Scrittori. Et comincerò da la corteccia di sopra, la quale è molto difficile, a fare che ella non si guasti, o non si fenda: Percioche essendo ella pregna di humore, diventa humida: Tocca poi dal Sole, et da venti adviene, che ella in pelle in pelle si risecchi: per la qual cosa, come de l’altra creta molle veggiamo, che adviene, si ristringe la scorza di sopra, et apre fessure, che non si possono rimediare; percioche quelle parti, che saranno diventate aride, non si ristringono insieme per arte alcuna, et le parti humide cedono facilmente, et vanno dietro a chi le tira. Io veggo che gli Antichi posono le ultime corteccie, o di terra cotta, o di Pietra, et i tegoli veramente, ove non si vadia su con i piedi, ho io visti posti larghi per ogni verso tre quarti di braccio congiunti con calcina rimenata con olio. Et si veggono mattoncini minuti, grossi un dito, larghi duoi, et lunghi quattro; commessi per il lato a spinapesce. Possonsi vedere in molti luoghi lastricati di Pietre, fatti di tavole di Marmo grandissime, et di segate in più minuti pezzi, et di quadretti. Oltra di questo si veggono ammattonati, o smalti antichi, fatti d’una sola materia, cioè calcina, rena, et matton pesto, mescolato per quanto io posso conietturare, per terzo. Io ho trovato che questi smalti, sono più fermi, et più forti se vi si aggiugne la quarta parte di Trevertino pesto. Sono alcuni, che lodano grandissimamente per fare tal lavoro la polvere di Pozzuolo, che e’ chiamano Rapillo. Gli smalti, che di una sola materia sono composti, bisogna esperimentarli con batterli spessissimo; et che con il batterli spesso e’ si guadagnino l’un di più che l’altro, et lo essere serrati, et la durezza loro, tal che sieno quasi più duri, che la Pietra. Et è chiaro, che se tali smalti si bagnano con lavatura di calcina, et con olio di lino; acquistano una durezza simile al vetro, et che non è mai consumata dalle temperie. La calcina rimenata con olio, dicono che ne gli ammattonati non riceve mai cosa alcuna nociva. Sotto lo ammattonato, o smalto io veggo esservi posta materia di calcina, et di pezzuoli di mattoni minuti, et rotti, grossi due, overo tre dita. Sotto questa, si truova quasi come un ripieno, parte di pezzami di mattoni, parte di scaglie di Pietra, come quelle, che gli scarpellini levano con le subbie; et la grossezza di questa è quasi di un piede. Altrove infra quella di sopra, e questa, truovo esservi distesi pezzami di mattoni cotti; ultimamente nel più basso luogo, si trovano sassi non più grossi che un pugno. Veggonsi ne fiumi sassi, che si chiamano maschi, come sono quelli, che sono tondi, che tengono di felice, et di vetrina, che subito fuori dell’acqua si seccano, ma il matton cotto, et il tufo, et simili riserbano l’humidità gran tempo. Per la qual cosa sono molti, che affermano, che l’humidità, che esce della terra, non penetrerà mai a le corteccie de lo ammattonato, che harà sotto un suolo di tale sasso. Habbiamo visto ancora, chi sopra piccoli pilastri di tre quarti adattati sopra il suolo del terreno, con ordine quadrato, ha usato di por tegoli di terra cotta, con i quali feciono l’ [p. 76 modifica]ammattonato, o smalto, che noi habbiamo detto. Ma questa sorte di smalto s’aspetta principalmente a Bagni, de quali diremo a luoghi loro. Godono gli ammattonati de la humidità, et de la aria humida, mentre che e’ si fanno, et ne luoghi ombrosi, et humidi, si mantengono più fermi, et più interi; et a gli ammattonati nuocono principalmente la infermità del terreno, et una subita diseccatione. Percioche si come piovuto, et ripiovuto più volte, la terra a la Campagna si riserra, cosi i pavimenti inhumiditi abbondantemente, diventano di una sola, et salda durezza simile al ferro. Dove il pavimento habbia a ricevere l’acque che cascano da le grondaie de tetti; bisogna farlo di Pietre molto grandi, et molto salde; accioche egli (per dir cosi) per la malignità delle continove gocciole, che da alto impetuosamente addosso gli cascano, non sia forato, o guasto. Oltra questo, il pavimento, che sopra legname, o impalcature si distende, bisogna haver cura che le ossa, dalle quali deve esser sostenuto, sieno di forze gagliarde, et infra loro uguali. Ilche quando cosi non fusse (come se gli avenisse che alcun muro, o trave vi fusse posta sotto, molto più gagliarda che l’altra) il pavimento in quel luogo si guasterebbe, et si fenderebbe: Imperoche non tenendo il legname sempre il fermo, ma movendosi secondo la varietà de tempi, che per li humidi ingrossa, et per li alidori si risecca, et si ristrigne, non è maraviglia se per questa cagione, lo ammattonato si fende, durando fatica, et cedendo al peso le parti più deboli. Di questo sia detto a bastanza. Ma io non vorrei pretermettere quel che è molto a proposito; Imperoche altri tempi, altri annuali, et altra stagione, et qualità d’aria, si aspetta al cavare de fondamenti, altra a riempierli, altra ad alzare le mura, altra a fare le Volte, et altra al mettere delle corteccie. Imperoche i fondamenti si cavano commodissimamente mentre che il Sole è in Leone, et in esso Autunno essendo terreno asciutto: Ne impedendo le troppe acque le fosse. Molto accomodatamente ancora si riempiono certo nella Primavera, et massimo dove e’ sono molto profondi; Percioche e’ si saranno assai difesi dalli ardori della State, mediante il terreno che vi era posto attorno quasi come per difensore; ma molto più commodamente si riempieranno nel principio dell’Inverno, purche quella tale regione non sia sotto il polo, o in simili luoghi, talche in un subito egli habbino a diacciarvi, più presto che a fare la presa. Le mura ancora hanno in odio i caldi eccessivi, et i freddi crudeli, et i subiti diacci, et più che altro, il vento Aquilone. Le Volte insino a tanto c’habbino fatto la presa, desiderano più che altra muraglia stagione ugualissima, et temperatissima. Le corteccie porremo noi a tempo molto commodo, se le porremo al nascere delle stelle, chiamate Gallinelle; et in que’ giorni finalmente, che haranno soffiato assai, et inhumidito i venti Australi. Percioche se non sarà humido del tutto, ciò che si harà a intonicare, o a imbiancare, non vi si attaccherà cosa, che vi si metta, ma fesse, et spiccate l’una dall’altra, cadranno, et faranno per la scabrosità loro, il lavoro men bello. Ma delle corteccie, et delli imbiancamenti, più dissusamente ne tratteremo a luogo loro. Hora havendo finiti i modi delle cose, che si dovevano dire, passiamo alla consideratione delle altre cose più distintamente. Et primieramente tratteremo di quante sorti, et varietà sieno gli edificii, et di quello, che a qual si è l’uno si aspetti. Dipoi de gli ornamenti de gli edificii. Ultimamente discorreremo come si possino rimediare i loro difetti, che avvenuti li sono, per colpa del Maestro, o per ingiuria de tempi.