Della architettura della pittura e della statua/Della architettura/Libro quinto – Cap. VIII

Libro quinto – Cap. VIII

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De le Palestre, Studii, et Scuole publiche; Spedali da alloggiare, et da Infermi, cosi per i Maschi, come per le Donne.

cap. viii.


C
Ostumarono gli Antichi, et massimo i Greci collocare nel mezo de la Città quelli edificii, che e’ chiamavano Palestre, dove quelli che attendevano a la filosofia, havessino a ritrovarsi a le dispute. Erano in quel luogo veramente luoghi capacissimi pieni di finestre, et una bella veduta di aperture, et gli ordini da sedere, et v’erano loggie ch’accerchiavano attorno un verde et fiorito prato. Un cosi fatto lavoro si conviene assai a quella sorte di Religiosi: et vorrei che coloro che si dilettano de gli studii de le buone lettere, stessino assidui a canto a loro precettori con grandissimo piacere, et senza fastidio alcuno, o satietà de le cose a loro presenti. Et per questo io ordinerò in cotesto luogo di maniera et il prato, et le loggie, et simili cose, che per tuo diporto non vi desidererai più alcuna altra cosa. Ricevino ne l’invernata i Soli benigni, et ne la state ombra, et ventolini, il più che si puo piacevolissimi. Ma de le dilicatezze di questi edificii, ne tratteremo più distintamente al suo luogo: et se e’ ti piacerà porre gli studii, et le scuole pubbliche, dove si ragunino i Savi, et i Dottori, ponle in quel luogo, che le sieno commode ugualmente a tutti gli habitatori. Non vi sieno strepiti di Fabbri, non puzzi, o fetori cattivi, non sia luogo che vi habbino ad andare per lor piacere gli otiosi; sia anzi che nò solitario, luogo veramente degno di huomini gravi, et occupati in cose grandi, et rarissime; et habbia in se più tosto alquanto di maiestà, che di dilicatezza. Ma il luogo per gli Spedali poi dove il loro Spedalingo habbia a essercitare l’officio de la pietà verso i poveri, et gli abbandonati, si debbe fare vario, et collocarlo con grandissima diligentia: conciosia che in altro luogo è necessario alloggiare i poveri abbandonati, et in altro ricreare, et risanare gli infermi. Et infra gli infermi ancora bisogna havere cura che per volervene tenere alcuni pochi, et disutili, che tu non nuoca a’ più che sono atti ad essere utili. Sono stati alcuni Principi in Italia, che non hanno voluto che ne le loro Città vadino a uscio a uscio a chiedere la limosina certi poveracci stracciati, e stropiati, et però subito che vi capitavano, era fatto loro comandamento che non fussino veduti in detta Città starsi senza fare qualche arte, più che tre giorni, non essendo nessuno tanto storpiato che non potesse in qualche cosa giovare a gli altri huomini con la fua fatica. Che più? I Ciechi giovano ancora a girare il filatoio a funaiuoli, se non ad altro. Ma coloro ch’erano oppressi pel tutto da alcuna infermità più grave, erano dal Magistrato de gli ammalati forestieri, distribuiti per ordine, et dati in cura a spedalinghi di meno autorità. Et in questo modo i detti non chiedevano indarno aiuto a pietosi vicini, nè la Città restava offesa da la loro puzzolente malattia. In Toscana per amor di quella antica veneratione de la santità, et de la verissima regligione, de la quale sempre portò il vanto, si veggono spedali maravigliosi, et fatti con incredibile spesa, ne quali a qual si voglia Cittadino, o forestiero, non manca cosa alcuna, che e’ conosca appartenersi a la lua sanità. Ma essendo gli infermi di varie sorti, come sono i lebbrosi, et que’ c’hanno la peste, che con loro simili veleni di tali malattie ammorbino i sani, et altri che per dir cosi sieno atti a guarire: Vorrei che gli edificii di costoro fussino distinti. Gli Antichi dedicavano ad Esculapio, ad Apolline, et a la Salute loro Dii simili edificii, con le arti, et santità de quali pensavano che gli infermi recuperassero, et mantenessero la loro sanità, edificandoli in luogo del tutto sanissimo, dove spirassino venti saluberrimi, et fussino copie d’acque purgatissime, accioche gli infermi condotti in si fatti luoghi, non tanto per lo [p. 110 modifica]aiuto de gli Dii, quanto ancora per la benignità di tali luoghi, si risanassino più presto: et non è maraviglia se sopra ogni altra cosa noi desidereremo, che i luoghi dove s’habbino a tenere gli ammalati, o publicamente, o privatamente, fussino sanissimi, et a questo effetto saranno forse a proposito i luoghi asciutti, et sassosi, et agitati continovamente da venti, et non abbruciati da Soli, ma illuminati di Soli temperati; conciosia che gli humidi sieno fomenti di putredine. Ma ella è cosa manifesta, che la natura in ogni cosa gode del temperamento, anzi non è altro la sanità, che uno temperamento di complessione, et le cose mediocri sempre dilettano. In altre cose gli infermi de le infermità, che si apiccano, si debbono tenere non solamente fuori de la Città, ma lontani ancora da le strade maestre. Gli altri si tenghino ne la Città. Le stanze per tutti costoro, si debbono scompartire, et distribuire in modo, che altrove stieno gli infermi da guarire; et altrove que’ che tu ricevessi più tosto per guardargli, che per guarirgli, fino a tanto che dura il loro destino, come sono i decrepiti, et i pazzi. Aggiugni che in altri luoghi debbono stare le Donne, et in altro gli Huomini, et cosi o vuoi gli infermi, o pure coloro, che gli governano, vogliono haver stanze separate. Aggiugni ancora, che si come a servitori, cosi ancora a costoro bisogna che siano adattate ad altri altre stanze, alcune più secrete, et alcune più communi, secondo che ti mostrerà il bisogno, et il modo di governare, et de l’habitare insieme. De le quali cose non è nostra intentione trattar al presente più lungamente. Questo solo faccia a proposito, che tutte queste cose, in tutte le loro parti debbono essere diffinite da bisogni de privati. Et di loro sia detto a bastanza. Seguiteremo al presente quel che ci resta con quello ordine, che noi havevamo incominciato.